“Ho mostrato l’espressione sorridente e l’aria sicura che sono considerati adatti quando le cosa vanno molto male” (Churchill)
Il 10 maggio 1940, nel pieno della tragedia che si stava abbattendo sull’Europa (nello stesso giorno la Wehrmacht invadeva il Belgio e l’Olanda), Winston Churchill succedeva allo screditato Chamberlain nella carica di primo ministro del governo di Sua Maestà. Come molti storici e biografi hanno sottolineato, e come lo stesso Churchill ebbe a dichiarare, l’allora sessantacinquenne statista britannico si presentava all’appuntamento sostenuto dalla ferma consapevolezza di essere l’uomo più adatto a manovrare la nave nella tempesta. Forte non solo di una lunga e prestigiosa esperienza nelle stanze del potere londinese, ma anche di una profonda consuetudine con lo studio della storia, e della storia militare in particolare, credeva davvero che quel che aveva vissuto, visto e letto fino ad allora fosse essenzialmente servito a temprarlo per affrontare quel momento fatale.
“Finalmente avevo l’autorità di dirigere l’intera scena” – scrive nella sua monumentale opera sulla seconda guerra mondiale – “Mi pareva di procedere di pari passi con il destino, come se tutta la mia vita precedente fosse stata soltanto una preparazione a quest’ora e a questo cimento”. In effetti, gli avvenimenti successivi sembrarono confermare questa sua presunzione. Dotato di intelligenza impetuosa e carattere scorbutico, certamente non amato da tutti (“Churchill è ministro della difesa e anche primo ministro. Che il cielo ci aiuti”, scrisse nei suoi diari John Reith, uno dei padri nobili della BBC), seppe circondarsi di uno staff competente e affiatato, oltre che di un solido governo di coalizione, con il quale affrontò i tragici giorni del collasso francese e organizzò l’eroica difesa che la Gran Bretagna oppose di lì a poco all’assalto nazista. Quella che fu da lui stesso battezzata “Battaglia d’Inghilterra”, incominciata il 10 luglio 1940, è a ragione considerata uno dei momenti chiave della seconda guerra mondiale. Se il morale del popolo britannico fosse crollato sotto i colpi degli spietati bombardamenti tedeschi e i piloti della RAF non fossero riusciti a contrastare efficacemente gli squadroni aerei che il Reichsmarschall Göring inviava a ondate continue sull’Inghilterra, se insomma i piani d’invasione hitleriani avessero avuto successo, la storia successiva del conflitto e probabilmente dell’intera civiltà europea sarebbe stata molto diversa. Nessun dubbio che a conseguire questa vittoria cruciale – oltre alla tempra dimostrata nell’occasione dai britannici – fu la capacità del loro primo ministro di affrontare con determinazione e lucidità la grave minaccia che proveniva da oltremanica.
Churchill vinse la battaglia, e infine la guerra contro le potenze dell’Asse, non solo con straordinario fiuto da mastino politico e innegabile intelligenza strategica, ma anche con l’entusiasmo e la passione suscitati dai suoi famosi discorsi. “Di tutti i talenti donatimi – diceva con consueta immodestia – nessuno è così prezioso come il dono dell’oratoria”. Per essa possedeva in effetti una naturale inclinazione, sapientemente coltivata fin da giovane. Lo storico Andrew Roberts, nella sua recente biografia, ricorda un articolo del 1897 intitolato “L’impalcatura della retorica”, nel quale un Churchill ancora ventitreenne elenca e descrive analiticamente i cinque principali aspetti della retorica che commuovono l’uomo: esatta valutazione delle parole, sonorità poetica delle frasi, stabile accumulazione delle argomentazioni, uso frequente dell’analogia, ricorso a un linguaggio fiorito ed esagerato.
A questi principi si attenne sempre, riuscendo di norma a infiammare l’uditorio, e tuttavia l’abilità oratoria di Churchill trovava la sua vera sorgente e la sua profondità creativa nel continuo riferimento a Shakespeare. Fu infatti l’amore quasi sovrumano per l’opera del Bardo che ne influenzò profondamente la retorica, la scrittura, l’animo stesso e l’acutissimo senso dell’eccezionalità britannica. La sua conoscenza era di antica data: a tredici anni, studente nella prestigiosa Harrow School, per pochissimo perse una competizione nella quale era richiesto d’imparare un migliaio di versi shakespeariani. Da adulto, sappiamo che era in grado di recitare a memoria e per intero almeno una mezza dozzina tra commedie e tragedie, dal Macbeth a Sogno di una notte di mezza estate. I suoi discorsi contengono naturalmente infinite citazioni e riferimenti a Shakespeare. Sir Martin Gilbert, che collaborò con Randolph Churchill alla stesura di una biografia del padre, racconta di come lo statista giunse direttamente a parafrasare l’Enrico V per rendere omaggio alle truppe inglesi che avevano sconfitto Rommel: “After the war, when a man is asked what he did, it will be quite sufficient for him to say, ‘I marched and fought with the Desert Army’”. Non stupisce dunque che, nel pieno del conflitto, Churchill chiedesse all’attore e regista Laurence Olivier di girare una versione propagandistica in technicolor proprio dell’Enrico V. Il film uscì nelle sale il 22 novembre 1944, dieci giorni dopo la trionfale passeggiata di Churchill e De Gaulle in una Parigi appena liberata. “Enrico condusse la nazione fuori dalle discordie interne verso la conquista di terre straniere. Aveva sognato e forse prospettato di guidare l’intera Europa Occidentale nella nobile impresa della crociata”, scrisse Churchill qualche anno dopo, in A History of English-Speaking Peoples. Difficile non pensare che avesse in mente, in parte o del tutto, se stesso.
Winston Churchill is one of the most iconic figures of the 20th century, a leader whose actions and words shaped the course of history during some of its darkest hours. His determination, speeches, and leadership played an important role in Britain’s survival against Nazi tyranny. Yet, his influence stretched far beyond the battlefield. His personality has inspired many artists over the years. Using poems, novels and artworks can be a good way to approach this emblematic Prime Minister.
P. Herbert was an English humorist, novelist, playwright, and Member of Parliament. He is best known for his humorous fiction and essays, often characterized by wit, satire, and a keen eye for the absurdities of everyday life. His writing frequently explored social and political issues, using humor as a tool for commentary and critique. In 1945 he wrote a poem titled Mr. Churchill
Five years of toil and blood and tears and sweat; Five years of faith and prophecy and plan! He spoke our mind before our mind was set; He saw our deeds before our deeds began. He rode the hurricane as none did yet; Our Finest Hour revealed Our Finest Man. May 13, 1945
Former PM Boris Johnson said during an interview that his inspiration had always been Winston Churchill and the very beginning of hist book highlights that when he was growing up […] there was no doubt that Churchill was quite the greatest statesman that Britain had ever produced. […] he had led my country to victory against all the odds and against one of the most disgusting tyrannies the world has seen.
In this book, he explores what makes up the ‘Churchill Factor’ and some lines of the free reading sample available online could be used in class to get a glimpse of Churchill’s life and legacy.
Many illustrated books on Churchill’s life give the possibility to A1-A2 level students to investigate the life of the Prime Minister. “Winston Churchill: Inspiring tales of a true hero” is available for free on Kindle Unlimited. It’s concise but precise and gives a general idea on Churchill’s life using very easy words.
“During his lifetime, Winston Churchill created more than 570 canvases and firmly believed that the power of observation, concentration, and creativity afforded to him by painting helped him as a leader and a statesman,” says Timothy Riley. Since he was an icon of his time he was also portrayed by other artists.
Explore some collections to look at Winston Churchill from another point of view.
President Kennedy said (quoting Ed Murrow), “He mobilized the English language and sent it into battle.” Language has two forms, written and spoken. Churchill was a master of both. His iconic speeches not only encouraged and pushed people during WWII but are still a great source of inspiration nowadays.
BIBLIOGRAFIA
Winston Churchill, La seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 1965, Vol. I (L’addensarsi della tempesta)
Winston Churchill, A History of English-Speaking Peoples, Bantam Books, New York 1956, Vol. I (The Birth of Britain)
Martin Gilbert, Road to Victory, 1941-1945, Houghton Mifflin Company, Boston 1986
Sapevi che esistono dei percorsi specialistici in cui biologia, statistica e informatica si incontrano?
Ebbene sì! Partendo da una laurea triennale in Scienze Biologiche/Biotecnologie, è possibile continuare gli studi intraprendendo uno dei corsi di laurea magistrale in biostatistica e bioinformatica.
Ma in cosa consistono e dove si può lavorare dopo aver conseguito una laurea di questo tipo?
Quando statistica e biologia si incontrano: la biostatistica
La biostatistica si occupa dello sviluppo e dell’applicazione di metodi statistici per progettare, analizzare e interpretare dati provenienti da studi biologici, clinici ed epidemiologici. Le principali applicazioni della biostatistica riguardano la sperimentazione clinica, in cui viene valutata l’efficacia dei farmaci, e si occupa anche di fare indagini epidemiologiche riguardanti la diffusione di malattie mediante l’analisi statistica dei dati.
Il biostatistico e/o la biostatistica sono professionisti altamente qualificati le cui competenze sono richieste nella ricerca scientifica, in aziende farmaceutiche, nelle CRO (Contract Research Organization) e nella sanità pubblica. Si occupano della pianificazione di studi osservazionali o sperimentali, della gestione dei dati e della redazione di report e rapporti di ricerca.
Nonostante la crescente richiesta di questa figura professionale, i percorsi formativi non sono uniformi e ben delineati. Tuttavia, in Italia stanno nascendo sempre più lauree magistrali in biostatistica o in statistica con specializzazioni in biostatistica. Questi percorsi sono aperti non solo a chi ha una laurea triennale in statistica, ma anche a chi proviene da indirizzi biologici o biotecnologici.
Per accedere ad alcune lauree magistrali in biostatistica è necessario acquisire anche dei crediti in specifici settori disciplinari.
Dopo la laurea magistrale, si può proseguire la formazione in biostatistica tramite master di secondo livello, la maggior parte dei quali possono essere seguiti online. Altrimenti si può accedere a un PhD se si desidera proseguire la propria carriera nella ricerca accademica o alla Scuola di Specializzazione per i non medici in Statistica Sanitaria e Biometria.
La bioinformatica: un ponte tra biologia e tecnologia
La bioinformatica è un campo interdisciplinare che combina informatica, statistica, matematica e ingegneria per analizzare e interpretare dati biologici. Si occupa di creare algoritmi, metodi e software per studiare sequenze genetiche, espressione genica, strutture proteiche e interazioni molecolari. Oltre a supportare la ricerca, trova applicazioni pratiche in ambito clinico per migliorare la salute.
Le sue attività principali includono l’analisi di dati genomici per identificare meccanismi associati a patologie, come il cancro, per esempio; utilizza algoritmi avanzati per comprendere la struttura tridimensionale delle proteine, le loro funzioni e interazioni; progetta strumenti come software e algoritmi per analisi biologiche e simulazione di percorsi metabolici. Per svolgere questi compiti, il/la professionista deve avere una solida comprensione della biologia, di analisi statistica, di linguaggi di programmazione come Python e R, database SQL e sistemi operativi UNIX/Linux e di machine learning.
In breve, mentre la biostatistica si concentra sull’interpretazione dei dati biologici, la bioinformatica punta a sviluppare strumenti e procedure automatizzate per analizzarli.
In Italia, la figura del bioinformatico/della bionformatica lavora prevalentemente in contesto accademico o nella ricerca sanitaria, seppur le sue competenze siano spendibili nelle aziende farmaceutiche e biotecnologiche.
L’offerta formativa è molto varia. Negli ultimi anni sono nati vari corsi di laurea triennale in bioinformatica, ma per chi si approccia a questa disciplina dopo una laurea triennale in Scienze Biologiche/Biotecnologie, le opportunità sono comunque molteplici. In molti atenei sono presenti infatti dei corsi di laurea magistrale in bioinformatica, alcuni tenuti anche in lingua inglese e a doppio titolo, che permettono di proseguire la formazione in bioinformatica con l’accesso a master di secondo livello e programmi di dottorato.
Queste discipline sono sempre più in espansione, per innovazione e per il grande contributo che possono offrire nel vasto campo delle scienze della vita. In Italia i percorsi di studio per arrivare a intraprendere queste professioni sono poco definiti; questo permette di poter aspirare a un ruolo come biostatistico/a o bioinformatico/a anche con un percorso non lineare. Se desideri unire la passione per la biologia a quella per la tecnologia, questa potrebbe essere la strada giusta per te.
Roberta Maria Serra è una laureanda in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Palermo. Unisce la passione per la scienza con la scrittura per rendere temi complessi più accessibili. Collabora con diverse realtà come Generazione Stem per avvicinare sempre più persone alla conoscenza scientifica e per contribuire ad abbattere gli stereotipi di genere.
C’est parti: ministères de l’éducation, enseignants, apprenants, universitaires, entreprises privées et organisations de jeunesse se lancent dans un projet d’envergure! L’ Union européenne propose une initiative qui s’inscrit dans un contexte de transformation sociétale liée à l’émergence des technologies numériques. En effet, notre vie quotidienne est de plus en plus interconnectée et l’enjeu majeur de ce projet ambitieux réside dans l’accompagnement des jeunes vers une utilisation toujours plus maitrisée et responsable du numérique, en saisissant ses opportunités tout en restant vigilant face à ses défis. L’édition 2025 sera consacrée à la citoyenneté numérique à l’ère de l’intelligence artificielle et aura comme objectif de «garantir la résilience et l’efficacité de l’éducation à la citoyenneté numérique dans un environnement en constante évolution». Retrouvez tous les détails du projet et téléchargez la brochure d’information sur l’année européenne: Année européenne de l’éducation à la citoyenneté numérique 2025 – Education
Vivre en tant que citoyen responsable dans le monde numérique nous invite à une première réflexion sur le concept de citoyenneté. Être citoyen ne se limite pas, nous le savons bien, à un statut légal, mais implique aussi un sentiment d’appartenance à une communauté, une volonté de contribuer à la société et un respect des valeurs communes. Se sentir citoyen signifie donc être conscient de sa place dans la société et de son rôle pour la faire avancer. Nous pourrions en conclure que cela inclut l’engagement personnel pour s’informer, échanger ses idées, agir pour le bien commun, le respect des autres et la solidarité pour agir avec responsabilité envers l’intérêt collectif.
Étendre ces concepts au numérique devient donc essentiel pour sensibiliser les jeunes face aux droits et aux responsabilités dans l’utilisation des réseaux sociaux, des technologies comme ChatGPT, etc. La citoyenneté numérique invite chacun d’entre nous à une utilisation éthique des plateformes sociales, au respect de la vie privée ou encore à la lutte contre les fausses informations. Sensibilisation, manifestations internationales et collaboration entre acteurs des secteurs public, privé et de la société civile sont autant de moyens mis en œuvre pour fixer des objectifs communs et échanger de bonnes pratiques en matière d’éducation à la citoyenneté numérique dans différentes régions de l’UE.
Véritable aventure humaine, le Vendée Globe Vendée Globe Junior: fiche détaillée est une course à la voile autour du monde, en solitaire, sans escale et sans assistance. Réputée pour être la plus difficile au monde, cette course mythique passionne à chaque édition petits et grands! Elle se dispute sur des IMOCA, des monocoques de 18 mètres de long. Imaginez un peu: les skippers partent des Sables-d’Olonne en Vendée (France), parcourent environ 45 000 kilomètres en contournant les trois caps obligatoires (Bonne-Espérance, Leeuwin et cap Horn), pour revenir aux Sables-d’Olonne. Sauriez-vous placer ces points sur une carte? Cette course, qui a lieu tous les quatre ans, est considérée comme l’une des plus prestigieuses au monde. Vendée Globe Junior: les précédents éditions du Vendée Globe La 10ᵉ édition du Vendée Globe a débuté le 10 novembre 2024, avec quarante navigateurs (34 hommes et six femmes) représentant onze nationalités. N’hésitez pas découvrir leur profil! Vendée Globe Junior: les skippers de la course en 2024! Et si vous avez manqué le départ, pas de panique, les épisodes de Vendée Globe Junior: Websérie viendront à votre secours… Tout est là pour vous immerger dans cette aventure.
Surnommée “l’Everest des mers”, cette course historique pousse les skippeurs à relever des défis de taille: solitude, météo extrême, gestion du matériel. Les navigateurs ne s’arrêtent pas! Cette course est sans escale et ils doivent tout réparer eux-mêmes. Vent fort, vagues énormes, très peu de temps pour dormir, le corps et la tête sont mis à dure épreuve. Mais tout cela n’a pas découragé la skippeuse du «DeVenir» à se lancer dans l’aventure! Violette Dorange, âgée de 23 ans est la plus jeune participante du Vendée Globe. À 15 ans, elle traversait la Manche, à 18 ans, l’Océan Atlantique en solitaire. Souvent qualifiée de «petite poucette» (féminin de Petit poucet – célèbre petit garçon pauvre du conte de Charles Perrault) de la compétition, elle a cherché des sponsors pour pouvoir acheter son bateau. Et la voilà, lancée elle-aussi dans cette épopée!
Curieux ? Alors suivez la course en direct sur internet Vendée Globe Junior: Suivez la course en direct ou sur vos smartphones avec l’appli officielle Site Officiel du Vendée Globe 2024. Retrouvez la cartographie et le classement des skippers mis à jour. Partagez l’actualité en classe : imprimez votre poster Vendée Globe Junior: fiche détaillée et positionnez vos stickers Vendée Globe Junior: fiche détaillée pour noter la position des skippers tout au long du parcours! Amusez-vous en classe grâce à ce tutoriel Vendée Globe Junior: fiche détaillée et profitez de ces fiches thématiques mises à votre disposition Vendée Globe Junior: Cycle 4 sur l’histoire de la course, les métiers de la mer et l’environnement marin. N’hésitez pas à approfondir des thèmes comme la météo et le climat, déterminants dans la progression des embarcations, l’évolution des outils de navigation, les grands navigateurs et la découverte d’un nouveau monde Vendée Globe Junior: Enseignants. Et pour les passionnés de voile, le jeu en ligne Virtual Regatta Offshore Game – Virtual Regatta vous permettra de participer virtuellement à la course, avec une version spécialement conçue pour les collégiens!
Compétition sportive, aventure humaine mais aussi excellente occasion pour sensibiliser l’opinion publique sur l’importance de la préservation des océans. Océan | Vendée Globe 2024 Les témoignages des skippers concernant les effets des changements climatiques sont l’occasion de rappeler que notre planète est en danger et que la quasi-totalité de la pollution marine vient de la terre! Et pourtant… Les océans recouvrent 70% de la surface du globe et grâce à leur écosystème et à leur biodiversité, ils offrent d’excellentes ressources d’énergies renouvelables et de solides pistes pour répondre aux problématiques humaines actuelles. Vendée Globe Junior: fiche détaillée – Vendée Globe Junior: fiche détaillée Cette édition 2025 se mobilise de façon significative et décline 10 engagements clairs, organisés autour de 4 axes: anticiper – réduire – inspirer – bâtir Les 10 engagements environnementaux|Vendée Globe 2024. Les skippers peuvent par exemple collaborer avec l’UNESCO et aider les chercheurs à relever des mesures concernant la pression atmosphérique grâce à de petits dispositifs installés à bord de leur bateau.
Plus qu’une compétition de voile, le Vendée Globe représente un défi physique et mental qui inspire les jeunes générations. L’exemple de Violette Dorange nous parle de persévérance, passion et de dépassement de soi. Un message nous arrive, fort et motivant : avec du travail et de la passion, même les rêves les plus ambitieux peuvent se réaliser. Mais cette course est aussi une sonnette d’alarme. Les skippeurs, comme cette jeune aventurière, traversent des paysages magnifiques mais fragiles. À travers leurs témoignages, ils nous racontent ce que subissent les océans (pollution plastique, fonte des glaces, disparition de certaines espèces marines). Participer à cette aventure, même depuis son téléphone ou son pc, c’est prendre conscience et s’engager pour protéger la planète. Chacun peut commencer dès aujourd’hui, même avec des gestes simples comme la réduction des déchets et le soutien à des initiatives écologiques. Et vous, si vous étiez parmi les participants de Vendée Globe, quel défi voudriez-vous relever? Quel message aimeriez-vous transmettre au monde entier? Le voyage a déjà commencé! Vous ne l’aviez pas remarqué?
Pour en savoir plus:
Sur Instagram, les comptes officiels du Vendée Globe et de certains skippers offrent des contenus réguliers:
La Basilica di San Giovanni in Laterano, situata a Roma, è uno dei luoghi di culto più significativi della cristianità. Conosciuta ufficialmente come Arcibasilica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano, è la cattedrale della diocesi di Roma e la sede ecclesiastica ufficiale del Papa, il Vescovo di Roma. Nonostante la sua importanza, molti la confondono con la Basilica di San Pietro, che è invece la sede del potere papale.
La basilica fu costruita nel IV secolo d.C., durante il regno dell’imperatore Costantino I. Costantino donò il terreno dove oggi sorge la basilica, una proprietà della famiglia Laterani confiscata in seguito alla loro caduta in disgrazia. Consacrata nel 324 d.C. da Papa Silvestro I, San Giovanni in Laterano fu la prima chiesa ufficiale costruita a Roma e rimase il principale luogo di culto cristiano per secoli.
Nel Medioevo, fu oggetto di vari restauri e ampliamenti a causa di incendi, terremoti e saccheggi, tra cui quello operato dai Normanni nel 1084. L’aspetto attuale della basilica è il risultato di restauri del XVII secolo, principalmente guidati dall’architetto Francesco Borromini, sotto il pontificato di Papa Innocenzo X.
Architettura e interni
San Giovanni in Laterano presenta una fusione di stili architettonici, con una predominanza del barocco grazie alle modifiche di Borromini. La facciata principale, completata nel 1735 da Alessandro Galilei, è un capolavoro del neoclassicismo e domina Piazza di San Giovanni in Laterano.
Elementi principali dell’interno:
Navate e soffitto: La basilica ha cinque navate, con un soffitto dorato decorato durante il Rinascimento.
Statue degli Apostoli: Le enormi statue degli Apostoli, situate nelle nicchie lungo la navata centrale, sono opera di vari scultori del XVII secolo.
Ciborio: Sopra l’altare maggiore si erge il ciborio gotico del XIV secolo, che conserva reliquie sacre, tra cui parti della testa dei Santi Pietro e Paolo.
Battistero Lateranense: Accanto alla basilica si trova il Battistero di San Giovanni in Fonte, il più antico battistero della cristianità, un edificio ottagonale del IV secolo.
Importanza Spirituale e Culturale
La Basilica di San Giovanni in Laterano è conosciuta come “Madre e Capo di tutte le Chiese del mondo” (Omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum Mater et Caput), un titolo che sottolinea la sua preminenza nella Chiesa cattolica. Ogni anno, il 9 novembre si celebra la dedicazione della basilica, un evento importante nel calendario liturgico.
L’adiacente Scala Santa, una serie di 28 gradini di marmo che si dice siano stati portati a Roma da Gerusalemme e sui quali Gesù avrebbe camminato durante il processo davanti a Ponzio Pilato, attira pellegrini da tutto il mondo.
San Giovanni in Laterano è l’unica basilica al mondo che ha il privilegio di essere chiamata “Arcibasilica” e rappresenta non solo un luogo di fede, ma anche un simbolo della storia millenaria di Roma e della Chiesa cattolica. Una visita a questo straordinario complesso è un viaggio attraverso la spiritualità, l’arte e la cultura.
Per approfondimenti, vai alla rubrica Luoghi dello Spirito della rivistaRaggi di Luceche in occasione del Giubileo ha accesso libero.
Come è ben noto, il 27 gennaio di ogni anno è la data in cui si celebra il Giorno della Memoria, istituito per commemorare le vittime dell’Olocausto e per riflettere sui terribili eventi storici legati alle persecuzioni nazifasciste. Da ormai venticinque anni, per il mondo della scuola, questo momento ha assunto un valore educativo molto profondo: un’occasione per trasmettere ai bambini e alle bambine, in modo adeguato alla loro età, i principi diella convivenza pacifica, l’importanza del rispetto reciproco e il rifiuto di ogni forma di discriminazione. Quest’anno, ci piacerebbe fare un passo in più: provare a ragionare sul Giorno della Memoria in un’ottica Universal Design.
In un’epoca come la nostra, caratterizzata da una società complessa e da contraddizioni drammatiche come quelle che ancora oggi investono il Medio Oriente, è importante ricordare che il 27 gennaio non dovrebbe esaurirsi in un semplice racconto storico, ma offrire l’occasione per una reale crescita educativa. Ed è proprio per “fare testimonianza” in modo attivo, con scelte da praticare tutti i giorni, che abbiamo scelto di fornire alcune indicazioni didattiche ispirate allo Universal Design for Learning (UDL). A nostro avviso, il miglior lavoro che possiamo fare contro l’esclusione, l’emarginazione e il razzismo consiste proprio nel fornire a tutti e a tutte il giusto ambiente di apprendimento.
L’UDL invita, infatti, a progettare percorsi didattici che offrano molteplici modalità di rappresentazione, coinvolgimento ed espressione dei contenuti. Senza entrare troppo nel dettaglio (si possono trovare molte informazioni online e in guide didattiche specifiche), possiamo dire che una progettazione UDL offre un accesso ampio e flessibile a tutti i componenti della classe riducendo al minimo le necessità di adattamento di materiali e strategie.
Ecco, dunque, quattro proposte operative da proporre in classe (il 27 gennaio e non solo) per lavorare sul tema della Memoria in modo inclusivo, partecipativo e formativo:
1. La “scatola dei ricordi condivisi”
Obiettivo didattico: Promuovere l’empatia, la capacità di riconoscere e condividere emozioni e riflettere sull’importanza dei ricordi storici e personali.
Attività:
Invitate gli alunni a portare in classe un piccolo oggetto che per loro abbia un valore speciale (una foto, un souvenir, un disegno, ecc.).
Costruite insieme una “scatola dei ricordi condivisi”, dove i bambini riporranno a turno i propri oggetti, spiegandone il significato.
Collegate questo momento ai temi del Giorno della Memoria, spiegando come certi oggetti, lettere e fotografie, siano stati (e siano tuttora) gli unici testimoni di storie preziose, spesso segnate dalla persecuzione o dall’esilio.
Per le classi più alte, si può legare questa proposta alla raccolta di materiale inerente gli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Attenzione: con i bambini della scuola primaria è sconsigliato mostrare immagini esplicite dei campi di sterminio.
UDL: Offrire molteplici modi per esprimersi (racconto orale, disegno, scrittura breve), per coinvolgere chi preferisce parlare e chi si trova più a suo agio nel disegno o nella scrittura.
2. Il cartellone illustrato “Mai più discriminazioni”
Obiettivo didattico: Lavorare sul vocabolario della pace e dell’inclusione; favorire lo sviluppo di un lessico legato all’amicizia, al rispetto delle differenze e alla solidarietà.
Attività:
Preparate un grande foglio di carta da poter appendere in classe.
Scrivete al centro la frase “Mai più discriminazioni!” e disegnate intorno tanti cerchi o riquadri vuoti.
Chiedete ai bambini di esprimere con immagini, parole o brevi frasi la loro idea di pace, rispetto e collaborazione. Potranno disegnare, colorare, incollare ritagli di giornale o scrivere slogan.
Collegate quindi questo lavoro al contesto storico del Giorno della Memoria: in che modo la mancanza di rispetto per l’altro ha portato a persecuzioni e stragi? Cosa significa mettere in pratica questi valori oggi?
UDL: Garantire diverse modalità di rappresentazione (disegni, parole, immagini ritagliate, piccoli testi). Sostenere la comprensione e la motivazione differenziando le attività (chi vuole disegnare, chi vuole scrivere, chi preferisce ritagliare e incollare).
3. Racconto animato “Una storia per la Memoria”
Obiettivo didattico: Affrontare il tema dell’Olocausto e del concetto di persecuzione in modo narrativo, adatto all’età. Incrementare la comprensione e la riflessione critica attraverso la condivisione orale.
Attività:
Scegliete un racconto narrativo che spieghi la storia della Shoah dal punto di vista di un bambino o di una bambina. L’editoria ha prodotto negli anni diversi lavori di qualità che possono essere selezionati per sensibilità e completezza di testo ed eventuali immagini. Una buona idea è scegliere storie di salvezza, nelle quali la solidarietà e la collaborazione hanno contribuito a salvare vite umane.
Leggete il racconto in classe, utilizzando toni di voce diversi, pause e immagini proiettate (o mostrate su cartelloni) per coinvolgere attivamente tutti i bambini.
Stimolate un dialogo aperto: cosa hanno provato i personaggi? Come si sono sentiti quando qualcuno ha impedito loro di andare a scuola o di giocare con gli amici? Quali effetti sono stati determinati dagli aiutanti?
UDL: Presentare la storia in più formati (letto ad alta voce, con immagini, con eventuali supporti digitali) per fornire a ciascun alunno un accesso adeguato. Invitate i bambini a esprimersi su quanto ascoltato nei modi in cui si sentono più a loro agio (parlando, disegnando, mimando alcune parti del racconto).
4. Laboratorio di musica e poesia “Voci e suoni di pace”
Obiettivo didattico: Sviluppare la creatività e la sensibilità emotiva, stimolare la collaborazione di gruppo; far cogliere il potere espressivo di musica e poesia come strumento di ricordo e speranza.
Attività:
Proponete una breve poesia o canzone sul tema della pace, dell’uguaglianza o della solidarietà. Fate ascoltare ai bambini anche la versione cantata o recitata.
Fate sperimentare diversi strumenti semplici (maracas, triangoli, tamburelli) o battiti di mani per accompagnare il testo, elaborando insieme un piccolo brano corale.
Invitate i bambini a creare, in piccoli gruppi, la loro strofa o la loro rima, ispirandosi a valori di tolleranza e fratellanza. Assemblate poi il tutto in una “canzone della classe”.
UDL: Prevedere materiali audio, testuali, visivi e la possibilità di partecipare in base alle proprie preferenze espressive (cantare, suonare, inventare rime). Per chi non si sente a proprio agio con l’espressione orale, offrite l’opzione di creare piccole illustrazioni che accompagnino la canzone.
Conclusioni Attraverso attività come queste, progettate già dall’inizio secondo i principi dello Universal Design for Learning, favorirete la partecipazione attiva e significativa di tutti i bambini e di tutte le bambine.
Va ricordato, inoltre, che l’obiettivo non è soltanto trasmettere la memoria storica dell’Olocausto, ma anche sperimentare in prima persona una cultura del rispetto, dell’inclusione e della responsabilità collettiva. Solo così la Giornata della Memoria potrà diventare un’occasione di crescita autentica: un promemoria di ciò che è stato, ma soprattutto la spinta ad agire nel presente per costruire gli “anticorpi” di cui le società aperte hanno bisogno.
«Inglese, di 25 anni, alto circa 1,70, corporatura media, cammina curvo, carnagione chiara, capelli brunorossastri, sottili baffi quasi invisibili, parla nel naso, non può dare piena espressione alla lettera “s” e non sa una parola di olandese».
Può accadere talvolta che i documenti falsi non siano meno interessanti di quelli autentici. Il testo soprastante è un manifesto nel quale il governo boero (siamo nel 1899) offrì 25 sterline per riprendere “vivo o morto” un prigioniero di guerra da poco evaso. Si trattava del giovane Winston Churchill, che per tutta la vita ritenne il documento autentico: ma l’esegesi dei caratteri intriseci (la firma del funzionario, non corrispondente al dovuto) ed estrinseci (i caratteri di stampa, diversi da quelli in uso nel 1899) ha oggi dimostrato che si trattava di un falso. Rimangono oscure le ragioni che spinsero gli ignoti autori a produrre il documento inautentico, ma è assodato che proprio da quell’episodio Churchill trasse il propellente (cioè la fama e il denaro) necessario a lanciarlo nella carriera non solo politica ma anche letteraria, quest’ultima coronata dal Nobel conseguito nel 1953.
Il padre, Lord Randolph Churchill, parlamentare alla Camera dei Comuni, era defunto il 24 gennaio 1895. Per superare il trauma, il giovane Winston aveva deciso di emulare la carriera paterna e si era arruolato (come ufficiale, dato il rango della famiglia) in un reggimento stanziato in India. La vita militare doveva essere una parentesi verso altre vette, come Winston scrisse alla madre nell’agosto 1895: «È un bel gioco da giocare, il gioco della politica, e vale la pena di aspettare una buona mano prima di darci dentro davvero […]. Più conosco la vita militare, più mi piace, ma mi convinco anche sempre di più che non è il mio métier».
Durante il servizio, Churchill riuscì a studiare sia alcuni classici della letteratura inglese, sia la legislazione e gli atti parlamentari: la frequentazione di questi documenti lo invogliò ad intraprendere una carriera parallela a quella militare, quella di giornalista specializzato nelle corrispondenze di guerra. Nel contempo partecipò a due campagne militari, acquisendo fama grazie al coraggio dimostrato e, soprattutto, decidendo di ampliare i suoi resoconti giornalistici e trasformarli in quelli che oggi si chiamano instant book, ossia narrazioni letterarie legate ad avvenimenti di cronaca recente. Così, in una lettera alla madre del gennaio 1898, Churchill descrisse l’imminente uscita del suo primo libro, The Story of the Malakand Field Force, sulla guerra indo-afghana: «La pubblicazione del libro sarà di certo l’atto più rimarchevole della mia vita. Fino a questo momento (ovviamente). Misurerò in base a come verrà accolto la possibilità di un mio eventuale successo nel mondo […]. Se sarà gradito, allora tutto potrebbe andare bene».
Il libro ebbe successo, e ne seguirono altri dello stesso tenore. Churchill decise che era giunto il momento di dimettersi dall’esercito e dedicarsi solo alla scrittura, nell’attesa delle imminenti elezioni. Era in Sudafrica come giornalista, quando fu coinvolto in un combattimento tra Inglesi e Boeri al quale partecipò, venendo catturato e poi riuscendo a evadere. Le modalità della fuga (attraversò quasi 500 chilometri di territorio nemico senza bussola, cibo e armi) lo resero una celebrità mediatica e dal quel momento divenne il corrispondente di guerra più pagato al mondo. I suoi instant book andavano a ruba.
Dall’inizio della carriera giornalistico-letteraria fino al 1901, Winston Churchill guadagnò più di un milione di sterline odierne; i proventi gli consentirono di finanziare la campagna elettorale che, nell’ottobre 1900, lo portò alla Camera dei Comuni; e la popolarità gli procurò un bacino di elettori che da allora lo seguì in 60 anni di vita politica.
Le citazioni sono tratte da:
Winston Churchill, Privata e confidenziale. La vita attraverso le lettere ad amici e familiari, (a cura di James Drake e Allen Packwood), Torino, UTET 2024;
Andrew Roberts, Churchill. La biografia, Torino, UTET 2020.
Costruire cultura storica, potenziare abilità, competenze e concetti fondanti, motivare gli allievi, renderli partecipi della costruzione del loro sapere, favorire lo spirito critico, far comprendere che la società in cui viviamo è il frutto di storie effettive svoltesi in periodi diversi, questo è il compito impegnativo che gli insegnanti devono realizzare.
La lezione frontale, più o meno dialogata, il manuale, generalmente ponderoso e di difficile comprensione e qualche sporadico laboratorio, sono gli strumenti di una mediazione didattica ricorrente e poco gratificante per gli allievi che continuano a sentire la storia come una disciplina lontana dai loro interessi, solo da memorizzare. Non trascurabile poi è la delusione degli insegnanti nel momento della verifica sia orale che scritta.
Nel terzo anno, a detta degli insegnanti, l’attenzione aumenta, il Novecento, li incuriosisce, vogliono sapere e capire cosa è successo. Il passato “recente” serve per capire il presente in cui vivono, possono così seguire alcuni programmi televisivi, film e documentari con maggior consapevolezza.
Il presente
L’indicazione che gli allievi ci suggeriscono è chiara: partire dai loro interessi, dall’analisi del presente vissuto, dai problemi del mondo di oggi per poi andare alla ricerca delle radici di caratteristiche del mondo attuale. Si tratta di guardare al passato, in modo problematico scegliendo le trasformazioni, i grandi cambiamenti avvenuti che hanno dato origine al nostro mondo.
Cosa intendere per processi di trasformazione
Per processi di trasformazione, intendiamo mutamenti consistenti che riguardano una parte ampia, significativa dell’umanità, si svolgono in tempi lunghi, e in spazi ampi. Trasformazioni che hanno modificato le caratteristiche delle civiltà e che sono visibili, rintracciabili nel modo di vivere e pensare del nostro mondo.
Un esempio significativo di processo di trasformazione è la diffusione del cristianesimo nel mondo occidentale. Il messaggio evangelico, la proposta di vita, la dottrina e l’organizzazione della Chiesa cristiana sconvolgono il mondo romano, impongono una visione del mondo nuova. La diffusione e il radicamento è avvenuto in molti secoli e ha coinvolto comunità asiatiche, africane e l’intera Europa. Il cristianesimo va trattato non come un evento, ma come un processo.
Il processo di trasformazione non è identificabile con le rivoluzioni, eventi spesso violenti, improvvisi e sconvolgenti. A volte le rivoluzioni possono costituire un evento significativo in un processo, una fase importante in una sequenza che ha prodotto un mutamento decisivo. Per affrontare in classe il processo di trasformazione è necessario che siano rispettati alcuni passaggi metodologici o fasi che indico in modo schematico:
La tematizzazione è la fase iniziale e complessa che precisa l’argomento, stabilisce se la trasformazione è prevalentemente tecnologica,politica o economica, sociale o religiosa, indica il tempo/ periodo di inizio e di fine del processo.
Descrizione dellasituazione iniziale per conoscere ciò che sta prima del processo, il contesto e riconoscere poi la trasformazione.
Descrizione della situazione finale risultata dalla trasformazione.
Confronto fra le due situazioni per cogliere il mutamento e le permanenze e di porre problemi (quali fattorihanno favorito la trasformazione?)
La problematizzazione esige la ricostruzione del processo per ottenere alcune risposte.
La narrazione dei fatti accaduti, organizzati in fasi temporali, spiega il processo. La selezione dei fatti deve essere oculata, non tutti i fatti riportati dal manuale servono per spiegare la trasformazione.
Il ritorno al presente conclude il processo di insegnamento e di apprendimento. È essenziale per capire perché il mondo di oggi è così come lo conosciamo e viviamo. L’analisi del presente deve costituire la motivazione per la ricerca nel passato e può avvenire anche nella fase del confronto.
Quanti, quali?
Nella scuola secondaria di primo grado le cinquanta ore annuali assegnate alla disciplina obbliga l’insegnante a fare una scelta delle conoscenze da insegnare e far apprendere? Tutto il manuale non può essere svolto e il salto di un tema o più, non deve angosciare né insegnanti né genitori.
L’insegnante deve selezionare le conoscenze che ritiene importanti, ineludibili in rapporto ai concetti fondanti e interpretativi che pensa di costruire, deve tematizzare processi di trasformazione che siano in relazione tra loro e con il presente. Cinque o al massimo sei processi per ogni anno scolastico. Non si tratta di abbandonare il manuale, ma di procedere alla costruzione di unità di apprendimento che diano visibilità ai processi di trasformazione che hanno costruito il mondo di oggi.
Indico come esempio alcuni processi possibili individuati sulla base degli indici dei manuali: Dalla organizzazione politica economica dell’Impero Romano nel V secolo, a quella del Sacro Romano impero carolingio nel IX sec., oppure, Dai Regni romano barbarici all’Europa di oggi, Dalla villa romana alla curtis medievale.
In seconda si può proporre: Da una economia mediterranea ad una economia atlantica dal XIV al XVII sec., La rivoluzione scientifica del XVII sec. da un mondo tolemaico a una visione scientifica galileiana, Dall’unità della chiesa cattolica romana, alla frammentazione delle chiese riformate.
Dalla servitù della gleba ai diritti dei cittadini XVIII -XX sec.
In terza la Rivoluzione industriale nelle sue diverse fasi è il grande processo che cambia il mondo. Più politici i processi di Decolonizzazione e Dai totalitarismi all’affermarsi delle democrazie.
Ma si potrebbe sfidare gli alunni a individuare processi di trasformazione che non sono trattati dalla manualistica: ad esempio, come mai ci sono orologi meccanici e orologi al polso nel mondo attuale, oppure come mai abbiamo il problema della “plastificazione del mondo”? Quando è avvenuta l’invenzione e la diffusione di orologi meccanici e di materie plastiche? Come hanno cambiato la vita sociale ed economica?
L’immagine che la Storia ci consegna di alcuni grandi personaggi è spesso il frutto dei ritratti e delle descrizioni che, di quei personaggi, sono stati tracciati. Ma tutti sappiamo che ritratti e descrizioni riflettono in modo più o meno evidente il punto di vista di chi li realizza: non sono – né possono essere – pienamente oggettivi, persino quando sono opera degli storici.
E così può capitare che un medesimo personaggio venga dipinto in modi discordanti, tanto che disponiamo di ritratti benevoli e indulgenti fatti da storici concilianti e, all’opposto, ostili e severi, fatti da storici più critici, se non apertamente sfavorevoli.
Il caso di Procopio di Cesarea
Caso del tutto singolare è però quello dello storico bizantino Procopio di Cesarea (500 ca. – 565 ca.). Frequentatore della corte di Costantinopoli e segretario del generale Belisario, Procopio nei suoi resoconti parla spesso dell’imperatore Giustiniano. E se in un primo momento lo celebra come un grande sovrano, successivamente lo critica con durezza, dipingendolo come un uomo bugiardo e spietato. Come può essere avvenuto questo cambiamento di giudizio? E qual è dunque la verità su Giustiniano?
Il buono e generoso Giustiniano
Tra il 543 e il 560 Procopio scrive due opere, la Storia delle guerre e il trattato Degli edifici, in cui Giustiniano viene lodato. In particolare nel secondo testo troviamo queste parole sul sovrano: «In questi nostri tempi regna l’imperatore Giustiniano. Egli assunse la direzione di uno Stato incurabilmente disgregato e lo rese più grande per estensione e molto più splendido, scacciandone dai confini i barbari, antichi tormentatori.» Fin qui l’elogio è sui binari canonici della celebrazione dell’uomo di Stato. Ma poi Procopio aggiunge: «Contro chi attentava alla sua persona rinunciò volontariamente all’atto di accusa, colmando invece di ogni benessere i bisognosi, usando violenza al loro destino di oppressione, tutti provvedimenti con i quali riuscì a posare esigenza di Stato e felicità.» Qui le parole dello storico assumono i toni dell’elogio personale. Forse, da uomo di corte qual è, vuole ottenere i favori dell’imperatore.
Un uomo falso e bugiardo
Pochi anni dopo, nel 565, Procopio lavora a un’opera destinata a rimanere incompiuta, intitolata Storie segrete. E qui il suo giudizio su Giustiniano cambia profondamente, tanto che di lui scrive: «Non arrossiva davanti alla gente che aveva già destinato a morte; non lasciava trapelare ira o insofferenza verso chi lo aveva offeso; al contrario, con espressione tranquilla, occhi abbassati e voce sommessa, ordinava lo sterminio di migliaia e migliaia di innocenti, la distruzione di città, la confisca di interi patrimoni. […] Preparava meticolosamente queste continue, sanguinose stragi, consultandosi con la moglie, senza lasciarsi scappare un’occasione per provocarle. […] Ecco chi era Giustiniano.»
Nel periodo in cui scrive queste righe, Procopio è ormai un intellettuale emarginato dalla corte di Costantinopoli; la sua voce, probabilmente mossa dal risentimento, copre d’infamia l’imperatore e sua moglie Teodora.
Una doppia verità
Le Storie segrete sono state più volte oggetto di discussione, tanto che per molto tempo ne è stata messa in dubbio l’autenticità. Del resto la figura di Giustiniano ha lungamente goduto di grande fama nella storiografia, soprattutto per via della sua importante riforma delle leggi, il Corpus iuris civilis. Oggi, però, non vi sono dubbi sul fatto che l’opera sia stata scritta realmente da Procopio, come certificano accurati studi filologici, che hanno riconosciuto nel testo l’inimitabile tratto stilistico dell’autore.
Le Storie segrete vengono quindi considerate una sorta di integrazione del ritratto “ufficiale” dell’imperatore bizantino, tesa a denunciare gli aspetti più negativi della sua vita privata.
Comprendere fino in fondo chi è stato veramente Giustiniano risulta difficile e sicuramente nella sua figura convivono luci e ombre. Ciò su cui possiamo concordare è come il giudizio di Procopio risulti condizionato dalla sua alterna fortuna di uomo di corte.
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