Just Press Play

Music has, since time immemorial, been a fundamental teaching tool. From the earliest rhymes and rythyms heard from our mother’s embrace or croaking songs from our father’s arms, music has seemingly found it’s way to stimulate our memories and tickle our desire for learning more.

Before literacy and the advent of the written word, the Celtic Bardic traditions of song and poetry, for example,  kept the histories of the the tribes intact and through strict adherence to the rhythm and lyrics, allowed for the histories and stories held within to be passed through the generations with very little loss of information and language.

 The importance of song  as a medium of passing knowledge  over generations has diminished greatly but the learning aspect remains as valid as it has ever been, particularly  when it comes to language and vocabulary. It has been found that songs assists in the learning of a new language by assisting the memory to retain sentence and phrase constructions as well as learning new vocabulary in context. With the additional benefit being a lot more entertaining to listen to  than a droning teacher. 

The introduction of musical streaming sites such as Spotify and Tide has helped the gathering together of these musical resources for easy use in a classroom context. Whereas in the past the relative awkwardness of recording on to magnetic tape or burning onto CD hindered the full use of music , its utility in the class was not always ideal, we can now ,in minutes and a single click, find, organise and optimise our playlists to suit whatever teaching subject we require. Present Perfect Continuous?; Led Zeppelin, Since I’ve Been loving You; Modal Auxiliaries ; Muse , Resistance. The options are boundless  because where there is song , there are words and vocabulary and also grammar. Spotify and such sites have added an ease to the use of music in language teaching that is difficult to overstate and both students and teachers are reaping the benefits both in class participation and enjoyment as well as fluency and lexical enhancement.

Passeggia e parla

Se non fosse già evidente, almeno per gli/le insegnanti più attenti/e, ci hanno pensato le neuroscienze a dimostrare le interconnessioni tra percezione, emozione e apprendimento. Le dimensioni corporea ed emotiva entrano prepotentemente in gioco nei processi attivati dalla didattica. Non è un caso che, sempre più, la ricerca è orientata allo sviluppo di “competenze crossmodali”, ovvero a un approccio complessivo (corporeo-emotivo-empatico) attraverso il quale potenziare le più generali competenze di tipo disciplinare.

Alcune pratiche didattiche possono essere molto utili a questo scopo. Ne illustriamo solo una come esempio. Il “walk and talk”, una pratica derivata da tecniche di storytelling, consiste nell’organizzare la classe in “coppie di camminata”. Ai bambini e alle bambine della classe viene chiesto, passeggiando, di svolgere un compito disciplinare. Un esempio tipico è uno scambio verbale, con domande e risposte, su un argomento di studio. L’abbinamento tra compito cognitivo e attività motoria attiva sia il principio della motivazione che l’attenzione.

La progettazione di una lezione dovrebbe tenere conto dell’andamento dell’attività cognitiva e dell’andamento generale della concentrazione. In un’ora di lezione, infatti, è stato dimostrato che il massimo potenziale è concentrato all’inizio (prime time) e non supera i dieci-quindici minuti. Segue un veloce calo cognitivo (down time) che viene solo in parte recuperato verso la fine dell’attività. Ne consegue che, volendo sostenere l’attenzione e la concentrazione di tutta la classe, una buona progettazione dovrebbe seguire la successione di “alti e bassi”.

In questo quadro, l’attività motoria dovrebbe seguire la richiesta di compiti ad alta resa cognitiva, soprattutto nel momento del down time, e non essere concepita solo come specifica disciplina. Si tratterebbe di una piccola innovazione dalle grandi ripercussioni sugli apprendimenti. 

Una decisione informata ai tempi della pandemia

I ragazzi e, con loro, le famiglie che si apprestano a scegliere la scuola superiore sono stati messi a dura prova dalla pandemia. E l’epidemia influirà sicuramente sulle loro scelte: alla scuola non si chiede più solo di formare e di insegnare ma di essere maggiormente presente in tutti i momenti cruciali della vita dei giovani. Il ruolo della scuola nell’immaginario collettivo sembra aver finalmente conquistato la giusta importanza che gli compete. 

I ragazzi e, soprattutto, i genitori ora sanno che qualcosa può accadere e vogliono sapere come l’istituto che sceglieranno saprà farvi fronte. La scelta influenzerà la vita quotidiana di tutta la famiglia: a differenza della primaria e della secondaria di primo grado, la scuola ora non si sceglie più in base alla vicinanza all’abitazione. È la prima volta “da grande”; un momento simbolico di crescita e indipendenza. 

Il primo bivio che ragazzi e famiglie incontrano è la suddivisione tra licei e istituti tecnici e professionali: i primi sono ritenuti un viatico per l’università, i secondi sono riservati agli altri, a coloro che cercano uno sbocco lavorativo più immediato. In realtà la divisione non è così netta. L’offerta formativa, in questi anni, si è ampliata per venire incontro al cambiamento della società e del mondo del lavoro. I licei spaziano dai più classici classico, scientifico, artistico e linguistico, fino al coreutico e musicale, passando per lo scientifico con opzione scienze applicate e per il liceo delle scienze umane opzione economico-sociale. 

Gli istituti tecnici, suddivisi in due settori e vari indirizzi, dotano gli studenti di una preparazione dal carattere scientifico e tecnologico, adeguata sia per accedere al mondo del lavoro che per frequentare l’università, in modo particolare per le facoltà di carattere economico e scientifico. D’altro canto, i tanti indirizzi degli istituti professionali che, spesso, sono inseriti nel territorio in cui si trovano e cercano di rispondere alla domanda del locale mercato del lavoro, sono strutturati per una rapida immissione nello stesso. 

Il consiglio preliminare è di ascoltare i ragazzi, aiutarli a prendere consapevolezza dei loro desideri e interessi e a individuare i propri talenti e le proprie passioni. E poi frequentare gli open day, informarsi, chiedere, fare domande sulle materie, sugli orari, sui corsi pomeridiani, sull’accessibilità, sui trasporti, sull’organizzazione e su tutto quello che l’istituto offre. 

Non è un salto nel buio: ci sono dirigenti e docenti molto impegnati che si mettono a disposizione per accogliere al meglio i ragazzi. Quanto la scuola abbia a cuore la propria missione lo ha ampiamente dimostrato negli ultimi tre anni. I dirigenti scolastici, con i loro staff, hanno lavorato senza sosta, con la serietà e il senso di responsabilità che li caratterizza, per non far venir meno il servizio, a volte anche sopperendo alle carenze organizzative e di risorse umane di altre istituzioni. 

E con questa consapevolezza mi rivolgo proprio ai ragazzi: in questa guida troverete molti dirigenti che raccontano con passione il loro lavoro e la loro scuola; leggeteli con attenzione e poi andateli a trovare.

Se tornasse indietro il 40% dei diplomati cambierebbe scuola

Per scegliere la scuola giusta ogni strumento può essere utile. Anche un flashforward. Come quello che arriva da AlmaDiploma e che riporta il grado di soddisfazione degli studenti alla fine delle superiori. Ebbene, se potesse tornare indietro, il 40% dei diplomati ne approfitterebbe per cambiare l’indirizzo di studio o l’istituto. Un numero che, tornando indietro nel tempo, va letto in abbinata con quel 60% e passa di alunni che nella scelta iniziale si era lasciato guidare soprattutto dai genitori. Un doppio indizio del fatto che la strada da fare sull’orientamento degli alunni nella fase di passaggio da un grado di istruzione all’altra è ancora lunga. Specialmente quando si tratta di passare dalla terza media alla prima superiore. 

I dati di AlmaDiploma

AlmaDiploma è un ente senza scopo di lucro, costituito nel 2000, che supporta le scuole – attualmente ne associa oltre 240, con circa 40mila studenti coinvolti – nelle attività di orientamento degli studenti allo studio e al lavoro, nella valutazione dell’offerta formativa e nella programmazione delle attività didattiche. Potendo contare, da un lato, sul supporto della sua “sorella maggiore” AlmaLaurea e, dall’altro, sull’attività del dipartimento di Scienze dell’educazione “Giovanni Maria Bertin” dell’università di Bologna. Ogni anno redige un rapporto sulla condizione occupazionale dei diplomati. E proprio dal rapporto 2022 uscito a febbraio emergono alcuni dati interessanti. 

La scelta delle superiori 

Il primo elemento interessante riguarda il “chi” e il “come” influenza tale decisione. A partire dai genitori. È a loro, infatti, che il 63,2% dei 31mila diplomati del 2021 intervistati da AlmaDiploma attribuisce un ruolo rilevante (il 24,2% in maniera «decisa» e il 39% «moderata»). Ben distanziati gli insegnanti delle medie che si fermano al 40% del campione. Contro il 32,8% di compagni o amici. Percentuali che variano sia in base all’indirizzo di studio – il peso della componente genitoriale è del 63,9% tra i liceali, del 63,8% tra i professionali e del 62% tra i tecnici – sia in base al contesto socio-culturale di appartenenza. Con i figli dei laureati che risentono molto di più (fino al 69,1%) dell’ascendente esercitato dal padre o dalla madre rispetto alle famiglie che non sono arrivate neanche al diploma. 

Il tipo di scuola frequentata porta spesso con sé una diversa percezione del ruolo dei prof. La quota di alunni che dichiara di essere stata guidata dal corpo docente al momento di iscriversi in prima superiore ammonta al 43,4% tra i liceali, al 41,2% tra i tecnici e al 34,6% tra i professionali. Tendenzialmente, gli studenti dei licei sono più critici nella valutazione dei docenti rispetto ai loro coetanei dell’istruzione tecnica e professionale: qui la figura dell’insegnante, in particolare nei percorsi professionali, sembra caratterizzarsi per un maggiore dialogo con le ragazze e i ragazzi, più di quanto avvenga negli altri percorsi, trovandosi spesso a svolgere un ruolo di supporto oltre a quello svolto dalla famiglia. 

Il pentimento post diploma 

Il secondo elemento d’interesse ascrivibile alla rilevazione di AlmaDiploma riguarda il check sugli studenti arrivati a fine corsa. Se tornasse ai tempi dell’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado, infatti, il 60,7% dei diplomati del 2021 confermerebbe la propria scelta. Laddove il 38,9% degli interpellati preferirebbe cambiarla: il 9,7% riconfermerebbe indirizzo/corso ma in un’altra scuola, il 7,8% sceglierebbe un diverso indirizzo/corso del proprio istituto e il 21,4% rivedrebbe entrambi i termini della sua decisione. Indipendentemente stavolta dal tipo di percorso prescelto. Ce n’è abbastanza per auspicare che la riforma dell’orientamento prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – che punta a introdurre moduli di 30 ore già alle medie – proceda spedita. Così da arginare la piaga della dispersione scolastica che nel nostro paese, complice la crisi, ha ripreso a sanguinare.

Dal Pnrr il rilancio dei professionali per territori e filiere

Gli istituti professionali sono istituti superiori che, nel sistema nazionale di istruzione, si distinguono dai licei e dagli istituti tecnici in quanto caratterizzati dal riferimento a specifiche filiere produttive ed economiche di rilevanza nazionale. 

Si tratta di scuole territoriali dell’innovazione che valorizzano le attitudini e le capacità personali, favorendo da un lato l’inserimento nel mondo del lavoro e dall’altro l’orientamento per la prosecuzione negli studi universitari e nell’alta formazione post-diploma. 

Dalla riforma introdotta dal Dlgs 61/2017, ormai al terzo anno di attuazione, escono rafforzate la didattica laboratoriale e l’adattamento dei percorsi alle richieste del territorio. Gli istituti professionali assicurano, al contempo, una solida base di istruzione generale e competenze tecnico-professionali in linea con le esigenze delle attività produttive ed economiche cui si riferisce ciascun indirizzo. 

Il Pnrr vuole dare una rinfrescata a queste scuole, anche per frenare l’elevato abbandono scolastico e il calo di iscritti che si registra da anni. L’obiettivo è allineare i curricula alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese. 

Struttura dei percorsi 

I percorsi di istruzione professionale sono strutturati in un biennio unitario, che consente l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, e un successivo triennio nel quale prevalgono le ore delle materie di indirizzo, con la conseguenza che risulta favorita una più incisiva dimensione laboratoriale, per un’efficace formazione dello studente nelle possibili declinazioni dell’indirizzo prescelto. Il nuovo ordinamento prevede 11 indirizzi di studio, con possibilità di declinare e personalizzare i percorsi formativi in relazione alle vocazioni della scuola e secondo la specificità del sistema produttivo del territorio. 

Si spazia dall’agricoltura all’industria e artigianato per il made in Italy, dai servizi commerciali all’enogastronomia e ospitalità alberghiera. 

Nel nuovo ordinamento introdotto dalla riforma, il triennio degli istituti professionali non è più strutturato in articolazioni e opzioni come, invece, accadeva finora. Ciascuna istituzione scolastica declina gli indirizzi di studio in percorsi formativi coerenti con la vocazione del territorio, secondo le priorità individuate dalle Regioni nella propria programmazione. 

Pertanto, al termine del primo biennio, con l’ausilio di un’opportuna attività di orientamento, gli studenti scelgono una delle declinazioni concretamente offerte, che potranno essere diverse da una scuola all’altra, anche laddove l’indirizzo sia lo stesso. Il profilo in uscita è descritto dal decreto interministeriale n. 92/2018, unitamente ai risultati di apprendimento in termini di competenze, abilità e conoscenze, con riferimento alle attività economiche referenziate ai codici ATECO. 

Si sottolinea come sia fondamentale la consapevolezza delle caratteristiche dei nuovi indirizzi e la conoscenza delle innovazioni didattiche, metodologiche e organizzative che caratterizzano i nuovi istituti professionali. 

Al termine dei cinque anni del corso di studi, lo studente consegue il diploma di istruzione secondaria di secondo grado che dà accesso all’istruzione universitaria e dell’alta formazione, oltre che al mondo del lavoro e delle professioni. 

Raccordo con l’offerta regionale 

In aggiunta, gli istituti professionali possono, con modalità individuate dalle singole Regioni, rilasciare diplomi di qualifica al terzo anno e diplomi professionali al quarto anno, in regime di sussidiarietà complementare o integrativa. Questo significa che ciascuna scuola potrà, nella propria autonomia, adattare la proposta formativa per favorire un rapido inserimento nel mondo del lavoro fin dal terzo anno di corso, continuando comunque a garantire la possibilità di proseguire gli studi. In tale sistema di passaggi tra Istruzione professionale (IP, percorso quinquennale) e Istruzione e Formazione Professionale (IEFP, percorsi triennale e quadriennale) è assicurata la reversibilità delle scelte, in modo da contrastare l’insuccesso scolastico e la dispersione. 

Rafforzamento scuola-lavoro 

La riforma del 2017 dei professionali consente, inoltre, di rafforzare i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO; ex alternanza scuola-lavoro), che risultano attivabili già dalla seconda classe, con una forte valenza orientativa e professionale nell’ottica di un efficace inserimento lavorativo. Il sistema consente agli studenti di imparare lavorando, grazie al costante raccordo con le strutture del territorio, e favorisce l’espressione dei loro talenti anche attraverso l’apprendistato formativo di primo livello. In attesa dei miglioramenti annunciati nel Pnrr.

L’istruzione professionale

Indirizzi di studio
Agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane
Pesca commerciale e produzioni ittiche
Industria e artigianato per il Made in Italy
Manutenzione e assistenza tecnica
Gestione delle acque e risanamento ambientale
Servizi commerciali
Enogastronomia e ospitalità alberghiera
Servizi culturali e dello spettacolo
Servizi per la sanità e l’assistenza sociale
Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: Odontotecnico
Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: Ottico

 

Istruzione professionale, un laboratorio permanente di ricerca e innovazione 

L’istruzione professionale, nella rinnovata versione introdotta dal dlgs 61/2017, ha l’obiettivo di formare persone che sappiano affrontare positivamente la mutevolezza degli scenari sociali e professionali, persone resilienti, capaci di adattarsi e reinventarsi in ogni momento della propria esistenza. È veramente un peccato che siano, ingiustamente, spesso poco valorizzati dai consigli orientativi. 

Apprendimento personalizzato, un bilancio formativo per ciascuno studente, docenti tutor che lavorano con i singoli per motivare, orientare e costruire in modo progressivo il percorso formativo, un modello didattico che raccorda direttamente gli indirizzi di studio ai settori produttivi di riferimento per offrire concrete prospettive di occupabilità. E ancora, metodologie didattiche per apprendere in modo induttivo attraverso esperienze di laboratorio e in contesti reali, lavoro cooperativo per progetti, possibilità di attivare percorsi di alternanza scuola-lavoro già dalla seconda classe del biennio e, al termine del quinquennio, il diploma di istruzione secondaria di secondo grado utile per la prosecuzione degli studi nei percorsi Its e universitari. Ecco cosa offre l’istruzione professionale. 

Il panorama delle scelte è molto ampio, vi sono infatti ben 11 indirizzi di studio in grado di intercettare ogni passione, ingrediente essenziale perché la scelta della scuola non si trasformi in un incubo lungo cinque anni. Dall’Enogastronomia e ospitalità alberghiera alla Manutenzione e assistenza tecnica, dai Servizi per la sanità e l’assistenza sociale ai Servizi commerciali, questi sono solo alcuni esempi tra quelli più tradizionali; di nuova introduzione sono invece Pesca commerciale e produzioni ittiche, Servizi culturali e dello spettacolo e l’attualissimo Gestione delle acque e risanamento ambientale. 

Per ciascun profilo vi è il riferimento alle attività economiche dei codici Ateco nel cui quadro ogni scuola può progettare percorsi innovativi coerenti con esigenze specifiche del territorio. Ad esempio, per l’indirizzo Servizi commerciali della mia scuola abbiamo creato la curvatura “Web Community”, che ha l’obiettivo di formare figure professionali capaci di occuparsi della gestione aziendale della comunicazione sui social network e della realizzazione di campagne di web marketing; per l’indirizzo M.A.T., invece, abbiamo puntato sulla formazione di figure tecniche altamente specializzate nell’installazione e manutenzione di apparecchiature meccaniche ed elettroniche in linea con le nuove tecnologie. 

Insomma, scegliere un istituto professionale oggi significa orientare la propria formazione a modelli didattici nuovi, che inseriscono lo studente in un laboratorio permanente di ricerca e innovazione, preparandolo a professioni strategiche per l’economia del Paese.

Il giusto mix tra competenze, abilità e conoscenze.

Liceo scientifico, un curricolo che integra umanesimo e Galilei

La scelta del liceo scientifico, ormai consolidata come maggioritaria con il 26.9% delle preferenze, pare quella più capace di realizzare le attese di formazione e realizzazione. Ci sono probabilmente almeno tre ordini di motivi alla base di questa prevalenza. 

In primo luogo, il liceo scientifico, a chi abbia intenzione di investire a lungo termine sugli studi a livello universitario, propone un curricolo bilanciato tra discipline matematico-scientifiche e storico-umanistiche, tale da assicurare una salda formazione culturale generale, permettendo altresì la consapevole maturazione delle scelte successive, senza anticipazioni troppo nette e vincolanti. 

D’altra parte, è ormai un dato consolidato la maggiore capacità di assicurare occupazione (e qualità occupazionale) da parte delle cosiddette lauree Stem (corsi scientifici, tecnologici, ingegneristici e matematici). Secondo i dati di AlmaLaurea, a cinque anni dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione dei laureati Stem è pari all’89,3%, con le maggiori possibilità per i gruppi economico-statistico (94,8%) e delle ingegnerie (94,6%). 

Ma il motivo forse decisivo della preferenza sta in una caratteristica profonda, per così dire “genetica” del liceo, fin dalla sua ormai secolare formulazione gentiliana. Il liceo scientifico, per – diciamo – tradizione, orienta allo studio di saperi fortemente astratti e formalizzati, punta a fare acquisire competenze cognitive complesse, con un alto grado di consapevolezza e di riflessione sul sapere stesso – sia nella sua dimensione di sviluppo storico, sia in quella di analisi critico-filosofica ed epistemologica. 

Si può dire che tale caratteristica innervi tutto il curricolo liceale, sia nella sua configurazione tradizionale, sia in quella propria dell’opzione di “scienza applicate”. Entrambe incardinano il curricolo sulle discipline di indirizzo di matematica, fisica e scienze; ma, mentre la configurazione tradizionale mantiene uno spazio peculiare dedicato allo studio della lingua latina, come potentissimo strumento di organizzazione espressiva logico-formale e di approfondita consapevolezza culturale, l’opzione di “scienze applicate” prevede sia lo studio dei linguaggi formalizzati dell’informatica, applicati alla matematica e alla fisica, sia l’ampliamento dello studio delle scienze in contesti laboratoriali, per un apprendimento basato sull’indagine e sul metodo sperimentali, preziosa eredità del passato, tra Piano Nazionale Informatica e Progetti Brocca. 

Insomma, laddove la sua proposta metodologica non si areni nelle paludi della ripetizione di regole astratte, nel curricolo del liceo scientifico è possibile ritrovare l’immensa ricchezza della proposta umanistica, la radicale curiosità galileiana, l’esercizio del metodo scientifico come errore, percorso, ricerca e costruzione di senso: esperienza di apprendimento, insomma, tra curiosità e stupefazione, con il passo e il ritmo del romanzo. Nel solco di quell’alto ideale scientifico tecnologico, di radice propriamente umanistica italiana e poi europea, che, oramai, dovrebbe convincere il nostro paese, per meglio rimanere fedele alla propria storia e, insieme, affrontare il futuro, a ripensare barriere e divisioni, troppo facili e spesso perniciose non solo sul piano degli apprendimenti, tra le astrazioni della licealità e le applicazioni della istruzione tecnica, tra cultura scientifica e umanistico-letteraria.