Sviluppo delle competenze e valutazione nell’IBSE, l’insegnamento delle scienze basato sull’investigazione

Nell’IBSE (Inquiry Based Science Education) gli studenti partecipano in prima persona alla costruzione delle conoscenze attraverso una sperimentazione diretta o tramite una ricerca documentaria che implica la raccolta e l’analisi di dati. Attraverso le investigazioni gli studenti allenano un ampio ventaglio di competenze

  • formulano ipotesi,
  • pianificano e realizzano esperimenti, 
  • interpretano i dati raccolti,
  • traggono valide conclusioni basate sulle evidenze sperimentali.  

L’insegnante organizza le attività in modo da impegnare gli allievi sia individualmente che in gruppi e promuove i momenti di discussione durante tutto il processo di investigazione. Le attività di gruppo sviluppano competenze che implicano la relazione con gli altri quali le competenze comunicative, argomentative, di collaborazione e partecipazione.

Nella fase iniziale di coinvolgimento, l’engage, si propone una situazione di vita reale connessa alla tematica che si intende affrontare e si pongono domande mirate; altre domande in genere emergono spontaneamente dagli studenti nel corso della discussione. Ecco un esempio di engage, tratto dal libro di testo “Alla scoperta, che introduce lo studio dei vertebrati e del loro rivestimento corporeo.


I ragazzi affrontano l’attività attingendo alle loro conoscenze e mobilitando le proprie risorse. Ai fini dello sviluppo delle competenze, la modalità più efficace è quella che vede l’apprendimento collocato in un contesto di vita vissuta. In questa fase gli studenti manifestano liberamente le loro idee senza avere il timore di sbagliare, perché l’insegnante le accoglierà tutte senza esprimere giudizi di valore; siamo in un momento di valutazione diagnostica che aiuta l’insegnante a capire quali siano le conoscenze pregresse e le eventuali misconoscenze degli studenti. È importante mantenere una traccia scritta delle idee iniziali così i ragazzi potranno riconoscere gli errori commessi e apprezzare i loro progressi quando al termine della lezione o dell’unità di apprendimento saranno riproposte le stesse domande e potranno confrontare quanto hanno imparato con le loro idee iniziali. Dunque, la valutazione diagnostica costituisce anche una forma di autovalutazione per gli studenti.

Una misconoscenza diffusa è che i piumini (e quindi piume o pellicce degli animali) siano di per sé caldi, rinforzata dal linguaggio comune (“il mio maglione è caldo”).  È necessario, quindi, coinvolgere gli studenti in un’attività che metta in discussione fino a sradicarle le conoscenze errate e faccia acquisire il concetto di isolamento termico. La domanda investigabile è: Quale può essere il ruolo di piume e pellicce, forse limitano la dispersione di calore?
Aiutati dall’elenco dei materiali che hanno a disposizione, gli studenti devono progettare e realizzare un modello, poi testarlo per verificare l’ipotesi: il rivestimento del corpo ha un potere isolante.  Alla fase individuale, segue la condivisione di gruppo. 

Questa attività contribuisce allo sviluppo della competenza in problem solving, una competenza complessa che ne comprende molte altre: secondo l’indagine PISA (Programme for International Student Assessment) promossa dall’OCSE è “la capacità di mettere in atto processi cognitivi per comprendere e risolvere situazioni problematiche per le quali il percorso di soluzione non è immediatamente evidente”.

Per approfondire

  • L’IBSE – Inquiry Based Science Education: una sfida ineludibile nell’insegnamento delle Scienze Naturali anche in Italia, Pascucci A., in “Scienze Naturali con la LIM” di Forni G., Pascucci A., Goracci S., Ed. Erickson, 2013
  • Matescienze Live, Promuovere le competenze in un’ottica investigativa, V. Boccardi e G. Forni

Scopri l’opera

Le figure sono tratte dal nostro libro di testo “Alla scoperta!” di A. Alfano, V. Boccardi, E. De Masi, G. Forni- Fabbri Editore – Rizzoli Education, 2019 – Testo di scienze per la scuola secondaria di primo grado

Storia della matematica: perché utilizzarla nella pratica didattica

La matematica è considerata la regina delle discipline scientifiche. Ma proprio per questo se ne ha paura e molti alunni sono convinti di non esserne “portati” o che per capirla bisogna essere molto intelligenti. Purtroppo, spesso, le convinzioni di questi alunni sono avallate da adulti che a loro volta asseriscono la medesima cosa nei riguardi di se stessi, generando così un feedback positivo su un pregiudizio che diventa difficile da scardinare.

Se a questo aggiungiamo che la matematica spesso è vissuta dagli studenti solo come la capacità di saper fare i calcoli o come un insieme di formule, definizioni e teoremi da imparare a memoria, il primo ostacolo che un docente di matematica deve superare entrando in classe è proprio quello del pregiudizio nei confronti della disciplina che insegna.

Un approccio storico alla matematica può aiutare a scardinare questi pregiudizi, perché ci permette di evidenziare che la matematica è legata ad un contesto,  è fatta da uomini e donne come noi (sempre più donne nel corso del tempo…) e ciò che la contraddistingue sono un linguaggio condiviso e un metodo, cioè un approccio alla conoscenza del mondo e alla sua rappresentazione.

Sapere che esiste una “storia” della matematica ci può farci comprendere alcune cose.

  • Che questa disciplina, come le altre, non è sempre stata uguale a se stessa, dai tempi di Euclide a oggi, ma ha avuto un’evoluzione nel tempo, con inciampi e magnifiche corse in avanti.
  • Che la matematica si è sviluppata anche in uno spazio fisico. Ha la sua geografia, i suoi luoghi, e si è diffusa grazie alla contaminazione tra persone, idee e saperi.
  • Che esiste un contesto sociale e culturale di riferimento all’interno del quale avvengono i fatti, quindi anche le intuizioni dei matematici, di ieri e di oggi…
  • Che la matematica è espressione dell’animo umano, nel senso che è stata concepita da menti di uomini e di donne, sicuramente talentuosi, ma appartenenti alla nostra stessa specie. Con i loro pregi e i loro difetti. E questo non per ridurre la narrazione all’aneddoto, ma sicuramente per incuriosire, motivare e avvicinare l’alunno ai matematici come persone e non come supereroi.
  • Che la matematica può nascere sia da esigenze concrete sia dal bisogno insito nella natura umana di porsi domande, di formulare problemi e provare a trovarne le soluzioni, di dimostrare le proprie affermazioni.
  • Che non esistono verità assolute, come ci dimostra, per esempio,  la scoperta degli irrazionali.

Alla luce di queste riflessioni, nel testo Tangram, abbiamo deciso utilizzare la storia della matematica come elemento in grado di suscitare curiosità e motivazione.  

Ogni unità, infatti, si apre con una pagina nella quale abbiamo scelto di presentare la storia della matematica attraverso aneddoti significativi della vita di un matematico o di una matematica i cui studi sono legati ai contenuti affrontati nell’unità stessa (matematica dal “volto umano”). 

Ognuna di queste pagine, riccamente illustrata,  è completata da una cartina su cui sono evidenziati i luoghi dove il matematico è vissuto o ha lavorato (contestualizzazione geografica) e da una linea del tempo sulla quale sono riportati gli eventi più significativi del periodo storico in cui egli  è vissuto (contestualizzazione storica). 

Ma l’aspetto storico può interessare anche l’evoluzione di un oggetto matematico nel tempo, attraverso un laboratorio o la realizzazione di un compito di realtà, come viene esplicitato ad esempio nelle pagine che trovate al seguente link, estratte sempre dal testo Tangram.

Matescienze Live

  • Motivare attraverso la storia della matematica, E. Pellegrini –  Intervento all’interno del Matescienze live La Matematica Live tenuto da A. Campisano, E. Pellegrini, A. Matteo, L. Ferri, E. Del Santo

Per approfondire

  • Il cammino della matematica nella storia, M. Paola Nannicini, Stefano Beccastrini – Armando Editore, 2008

Consigliati per i ragazzi

  • Che scoperta! – Storie di idee fulminanti, Irene Venturi – Einaudi Ragazzi,2012
  • La nonna di Pitagora L’invenzione matematica spiegata agli increduli, Bruno D’amore, Martha Isabel Fandiño Pinilla – Edizioni Dedalo, 2013
  • Lampi di genio, Luca Novelli – Editoriale scienza (collana)   

Scopri l’opera

  • Tangram, il nostro corso di matematica per la scuola secondaria di primo grado, di L. Ferri, A. Matteo, E. Pellegrini – Fabbri Editore – Rizzoli Education, 2020 

12 de octubre, día del orgullo del mestizaje cultural

Decía el prestigioso hispanista Hugh Thomas que “el mestizaje fue la mayor obra de arte lograda por los españoles en el Nuevo Mundo”.

La Fiesta Nacional de España (Festa Nacional d’Espanya, en catalán; Festa Nacional de España, en gallego; Espainiako Jai Nazionala, en vasco) conmemora la efeméride histórica del descubrimiento de América, un hito histórico trascendental no solo para España, sino para todo el mundo.

Fue el escritor Ramiro de Maeztu quien – en un artículo en la revista Acción Española titulado “La Hispanidad” – tuvo la idea de hacer coincidir la Fiesta Nacional de España con esta fecha. 

El 12 de octubre del año 1935 se celebró por primera vez en Madrid el Día de la Hispanidad, pero la fiesta no fue regulada de forma legal hasta el año 1958.

Actualmente la fiesta viene contemplada por la ley 18/1987 que omite el término “Día de la Hispanidad” y solo se refiere a esta fecha como “Fiesta Nacional”.

Hoy en día se sigue hablando de racismo, sin embargo, a pesar de todos los tópicos históricos con que muchos se refieren al hablar del descubrimiento y de la presencia española en América (colonialista, imperialista, expoliadora), la realidad es que de todas las potencias coloniales solo los españoles se mezclaron con los nativos sin el menor atisbo de racismo. De hecho, Hispanoamérica es el único territorio donde triunfó el mestizaje. Este proceso se puso en marcha hacia el siglo XVI. Fue un proceso lento y poco regulado: la inmensa mayoría de los mestizos nacieron fruto de relaciones extraconyugales (buen ejemplo de ello es don Martín Cortés Malintzin, hijo del famoso conquistador extremeño y su amada Lengua), y no de matrimonios canónicos, como Isabel de Moctezuma o el Inca Garcilaso.

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Cabe señalar que la integración cultural y la hispanización se vieron favorecidas por la real cédula, aprobada en 1514 por Fernando el Católico en la que se validaba cualquier matrimonio entre varones castellanos y mujeres indígenas, abriendo así las puertas no solo al mestizaje sino también la simbiosis cultural, características estas exclusivas del imperio español. 

Por lo tanto, festejemos este día, acogiendo lo mejor del descubrimiento, la simbiosis cultural, y descubramos – permítanme la repetición – con nuestros alumnos cuáles son frutos de este intercambio, sin importarnos si se llama Fiesta Nacional, Día del Respeto a la diversidad cultural (Argentina), Día de la descolonización (Bolivia), Día del Descubrimiento de los dos Mundos (Chile), Día de la Resistencia Indígena (Venezuela), Día de la Interculturalidad y Plurinacionalidad (Ecuador), Día de la Raza (México) o Día de Colón (EEUU).

Fuentes

Joséphine Baker: une «humaniste» noire au Panthéon

Après huit ans de demandes et de campagnes, le 30 novembre 2021 Joséphine Baker entrera au Panthéon, le célèbre mausolée parisien dédié aux grands personnages de la nation française. Elle sera ainsi la sixième femme à avoir été panthéonisée, avec Sophie Niaudet, femme du chimiste Marcellin Berthelot, la physicienne Marie Curie, la résistante Geneviève de Gaulle-Anthonioz, l’ethnologue et résistante Germaine Tillion et Simone Veil, grande femme politique décédée en 2017. Elle sera surtout la première femme noire à entrer dans le temple des gloires de France.

Mais connaissez-vous son histoire et pourquoi une meneuse de revue franco-américaine a attiré l’attention du président Macron et l’a amené à lui accorder une place si importante au Panthéon? Il faut immédiatement dire que Joséphine Baker n’est pas seulement la première icône noire internationale ou la muse des Cubistes, mais surtout une figure de premier plan de la Résistance et de la lutte contre les inégalités, la ségrégation et le racisme. 

Née en 1906 dans une famille très pauvre et métissée du Missouri, elle travaille comme domestique dans une famille aisée, mais elle ne pense qu’à danser. Toutefois, l’Amérique des années Vingt, marquée par la ségrégation, la considère trop maigre, petite et, surtout, trop noire pour ses spectacles. Après avoir quitté son pays, elle débarque à Paris et remporte un énorme succès grâce au rôle principal dans la Revue nègre, un spectacle musical créé en 1925. Ensuite, c’est la renommée internationale grâce à des chansons comme J’ai deux amours (1931) et au film Zouzou à côté de Jean Gabin.

En 1937, elle devient française et, pendant la Seconde Guerre Mondiale, elle s’engage dans la Résistance, devient un agent secret de la France libre et lieutenant de l’Armée de l’air. Elle reçoit ainsi la médaille de la Résistance, la Croix de guerre et la Légion d’Honneur. À la fin de la guerre, elle achète un château en Dordogne et, ne pouvant pas avoir d’enfants, elle en adopte 12, de toutes les couleurs et origines: une «tribu arc-en-ciel», comme elle l’appelait, un véritable exemple de fraternité multiraciale et multiconfessionnelle.

Mais son engagement ne s’arrête pas là: elle lutte inlassablement contre le racisme et le suprémacisme blanc qui lui interdit encore, malgré sa renommée, de séjourner dans un hôtel avec les blancs. En 1963, on la voit à côté de Martin Luther King, figure mythique de l’Amérique des années 1950 et 1960, pendant la marche pour les droits civiques à Washington.

Joséphine Baker a donc été un « modèle de femme vaillante et généreuse » (Roselyne Bachelot, ministre de la Culture, sur Twitter ) et le symbole le plus puissant de la France antiraciste et antifasciste. Du reste, il ne faut pas oublier que la culture française doit beaucoup à des personnalités provenant de pays et cultures différentes.  Et la France n’a jamais cessé d’honorer et récompenser les grands qui ont incarné l’esprit civique de la nation. Le Panthéon, avec ses 80 tombes en est l’exemple le plus éloquent.

Bibliographie 

Pour connaitre Joséphine Baker et ses chansons :

Pour approfondir la nouvelle de son entrée au Panthéon :

Pour présenter le Panthéon :

Une idée pour le travail en classe

Faites réaliser une interview « impossible » entre Marie Curie et Joséphine Baker. Ensuite, faites revivre les deux personnages en utilisant des applis que vous allez trouver sur Internet (Voki, Speakpic…).

Il linguaggio di programmazione C#

Cara lettrice, caro lettore,
sapevi che, secondo la Online Historical Encyclopaedia of Programming Languages, dal XVIII secolo a oggi sono stati sviluppati quasi novemila linguaggi di programmazione? In realtà oggi se ne usano molti di meno: per esempio, i progetti ospitati sulla piattaforma GitHub, usata da più di quaranta milioni di sviluppatori, sono realizzati con meno di quattrocento linguaggi diversi.

Il processo di sviluppo dei linguaggi di programmazione

Ogni linguaggio di programmazione ha un ciclo di vita. Per prima cosa nasce, cioè viene sviluppato e poi rilasciato per l’utilizzo. Dopo il rilascio il programma non rimane così com’è, ma entra in un’ulteriore fase di crescita. Possiamo riconoscere questa fase per esempio in un linguaggio di programmazione ormai datato, ma ancora molto popolare: il C. La prima versione è stata rilasciata nel 1972, ma il suo sviluppo non si è mai fermato: negli anni ’80 ne sono state implementate varie versioni ottimizzate per diversi tipi di piattaforma (mainframe, minicomputer e così via), tanto che fu necessario stabilirne una versione standard. Lo standard ANSI C venne definito nel 1990, ma nemmeno questo fu il punto finale dell’evoluzione del linguaggio. Ulteriori versioni vennero rilasciate alla fine degli anni ’90, nel 2011 e nel 2019. Questo percorso non è ancora terminato: ancora oggi è corso di sviluppo la prossima evoluzione del C, che già entro la fine del 2021 potrebbe diventare il nuovo standard di riferimento per questo linguaggio.
Lo sviluppo di un linguaggio di programmazione può durare molto a lungo. Nel caso del C, è in corso da quasi cinquant’anni! Prima o poi, però, potrebbe emergere un nuovo linguaggio in grado di renderlo obsoleto. Questo è successo per esempio al Pascal: rilasciato nel 1970, dopo un periodo di grande diffusione (basti pensare che negli anni ’80 era il linguaggio di programmazione più insegnato nelle università) all’inizio degli anni ’90 è stato soppiantato dal C e poi dal C++. Il suo sviluppo non si è arrestato del tutto, ma oggi il Pascal si può considerare al termine del suo ciclo di vita.

Molti linguaggi per molti scopi

Come mai esistono così tanti linguaggi di programmazione e come mai ne vengono continuamente sviluppati di nuovi, a scapito di quelli precedenti? Il motivo va cercato negli scopi per cui ciascun programma viene realizzato. Per esempio, il FORTRAN, che risale agli anni ’50, è stato creato per sostituire il coding in linguaggio macchina. L’introduzione del C++ invece è stata motivata dal desiderio di estendere il linguaggio C a un nuovo linguaggio orientato agli oggetti. Un altro successore di C e C++ è C#, introdotto nel 2000. Anch’esso è orientato agli oggetti ed è molto più versatile dei suoi predecessori.

I mille usi del C#

Uno dei punti di forza del C# è permettere lo sviluppo di applicazioni multipiattaforma, cioè che possono funzionare su dispositivi diversi (per esempio Windows, Linux e Mac sui personal computer e Android o iOS sui dispositivi mobili). Infatti, uno stesso codice C# può essere richiamato da diverse interfacce grafiche ottimizzate per ciascuna piattaforma.
Per lo stesso motivo, il C# è utilizzato anche nello sviluppo di videogiochi. Per esempio, la piattaforma Unity per lo sviluppo di videogiochi in 3D utilizza C#. Questo le permette di realizzare giochi che possono essere rilasciati per Windows, Linux, Mac e dispositivi mobili. Unity è utilizzata per esempio dalla Blizzard Entertainment, che l’ha adottata per realizzare il gioco di carte collezionabili Heartstone.
Un altro vantaggio di C# è la quantità di librerie che permettono di aumentare le funzionalità del linguaggio. Per esempio, sono disponibili librerie per la gestione dei database, per lo sviluppo di programmi con multithreading (funzionalità non disponibile per esempio nel C++, che deve affidare la gestione dei processi al sistema operativo), ma anche per la simulazione di computer quantistici.

Per approfondire

  • Il sito che riporta l’albero genealogico dei linguaggi di programmazione non è attualmente online, ma la pagina è stata archiviata nel marzo 2021 e si può consultare qui: https://web.archive.org/web/20210301031609/https://hopl.info/
  • Il FORTRAN è usato ancora oggi in tutti quegli ambiti in cui l’uso di linguaggi più moderni, ma che utilizzano più risorse, rallenterebbe troppo l’esecuzione dei programmi. Questo accade per esempio nell’ambito delle previsioni meteorologiche, nell’esecuzione di modelli matematici e fisici, nonché nella chimica computazionale.
  • Nel webinar di Valentina Falucca e Pietro Palladino è spiegato come realizzare un’applicazione multipiattaforma con interfaccia grafica: https://www.rizzolieducation.it/webinar/finalmente-interfaccia-grafica/
  • Il sito ufficiale di Unity: https://unity.com/

Primi passi con Visual Studio

Cara lettrice, caro lettore,
qual è il tuo stile di programmazione? Sei un’affezionata della linea di comando o stravedi per la programmazione a blocchi? Padroneggi a fondo un unico linguaggio o ogni anno ne impari uno nuovo? Qualsiasi sia il tuo stile, probabilmente avrai già sentito parlare di ambienti di sviluppo. Si tratta di software che aiutano nella programmazione riunendo diverse funzioni (scrittura, compilazione, debug…) in un unico programma. Alcuni ambienti di sviluppo, come Java Development Kit, sono dedicati a un unico linguaggio, in questo caso Java. Invece altri ne supportano diversi. In questo articolo ti parlerò di Visual Studio, che appartiene alla seconda categoria.

Primi passi con Visual Studio

Visual Studio è un ambiente di sviluppo multilinguaggio: permette di sviluppare per esempio in C++, C#, Python, e altri linguaggi del framework .NET. Inoltre include integrazioni per lavorare con altre piattaforme: per esempio Xamarin, per lo sviluppo di app per Android e iOS, e Unity, per lo sviluppo di videogiochi. Permette anche di realizzare pagine HTML con supporto per CSS e JavaScript. È disponibile in una versione gratuita, chiamata Community, e in due versioni a pagamento con funzionalità avanzate per le aziende.
Dopo aver scaricato il programma base, è necessario scegliere quali componenti aggiuntive installare. Queste dipendono dal linguaggio di programmazione scelto e dal tipo di applicazioni che si vogliono sviluppare.

Le funzionalità di base

Visual Studio permette di creare programmi di moltissimi tipi diversi. È possibile realizzarne con interfaccia a riga di comando, come in ambienti di sviluppo più essenziali, oppure costruire interfacce visuali per Windows o per altre piattaforme. Visual Studio è anche integrato con GitHub: questa funzionalità è molto utile per muovere i primi passi con un nuovo linguaggio di programmazione senza dovere per forza partire da zero: è sufficiente scaricare un progetto esistente dal cloud e iniziare a modificarlo.
Forse la funzione più importante di questo ambiente è di permettere il riutilizzo del codice su più applicazioni, siano esse a riga di comando o a interfaccia grafica. In altre parole, una volta scritto il codice di un programma tradizionale, è possibile riutilizzarlo per realizzare una app per Android e viceversa.

Alcune funzionalità avanzate

Visual Studio offre molte altre funzionalità avanzate: per esempio unit test, ottimizzazione del codice, integrazione con Microsoft Store per il rilascio dei programmi, sviluppo di applicazioni cloud, creazione e manipolazione di database. Qualsiasi sia il tuo stile, in Visual Studio troverai sicuramente delle funzionalità che fanno al caso tuo.

Per approfondire

Nel webinar di Valentina Falucca e Pietro Palladino è spiegato come installare Visual Studio e realizzare una prima applicazione con interfaccia grafica: https://www.rizzolieducation.it/webinar/finalmente-interfaccia-grafica/

L’ultima versione di Visual Studio si può scaricare dalla pagina ufficiale Microsoft https://visualstudio.microsoft.com/it/

Un luogo sospeso a mezz’aria: Delfi

“Delfi è a metà strada tra il cielo e la terra. E’ situata ad una altitudine di circa 570 metri, ma poiché il villaggio ed il sito archeologico sono situati su un pendio molto ripido, si ha l’impressione di essere sospesi a mezz’aria.” 

V. Alexakis, La linguamaterna, Crocetti, Milano 2001

Un santuario “pubblico e privato”

Così si presenta al viaggiatore moderno il santuario dedicato ad Apollo, che lì parlava agli uomini attraverso il più celebre oracolo dell’antichità; qui una sacerdotessa dalle virtù profetiche, la Pizia, vaticinava sia su faccende private che su questioni di Stato: non c’è quasi evento del mito o della storia greca in cui le profezie delfiche non abbiano svolto un ruolo primario, dalla tragica vicenda di Edipo agli eventi delle guerre persiane. E’ un vaticinio della Pizia che predice all’eroe che sarà causa di vicende funeste per la propria casata e, in questo modo, lo spinge lontano da Corinto e verso Tebe, dove effettivamente consumerà il suo scellerato ma incolpevole destino.

Così scrive con estrema precisione M. Scott:

All’alba la Pizia si recava a fare il bagno nella sorgente Castalia, vicino al santuario. Una volta purificata, essa tornava al santuario, probabilmente accompagnata dal suo seguito, ed entrava nel tempio, dove bruciava ad Apollo un’offerta di foglie di alloro e farina di orzo. Più o meno contemporaneamente, i sacerdoti del tempio dovevano verificare che potessero avere luogo le consultazioni. La procedura consisteva nell’aspergere di acqua fredda una capra, forse nel focolare sacro all’interno del tempio. Se la capra rabbrividiva, voleva dire che Apollo era lieto di essere interpellato. (M. Scott, Delfi, Bari, Laterza 2015).

La profezia “per enigmi” a favore di Atene

Secondo la tradizione riferita da Plutarco, sarebbe stato proprio un responso delfico all’origine della nota profezia secondo cui gli Ateniesi avrebbero trovato scampo dalla minaccia persiana difendendosi attraverso un muro di legno. 

Gli oracoli, si sa, avevano il vezzo di parlare per enigmi e quello delfico non faceva di certo eccezione; ma se si aveva la fortuna e l’assennatezza di interpretarne correttamente il verbo, essi erano in grado di indirizzare le azioni umane nel segno della verità e della prosperità. E fu così che, nel caso testé menzionato, toccò all’ateniese Temistocle di ricoprire la parte dell’accorto esegeta del responso: il muro di legno altro non indicava se non le triremi, quelle navi che di lì a non molto avrebbero garantito agli Elléni combattenti a Salamina la vittoria sulla pur potentissima flotta persiana.

I legami di Sparta con Delfi

Anche Sparta, secondo la tradizione, aveva profondissimi legami con Delfi e con la sua divinità, Apollo. Proprio lui, attraverso i suoi mediatori, avrebbe comunicato al legislatore Licurgo il nucleo fondante della costituzione spartana, la nota rhetra. Ed Erodoto ci racconta che il re di Sparta aveva dei consiglieri speciali, detti pythioi, che erano responsabili dei rapporti tra la città e l’oracolo.

Le grandi aspettative dei pellegrini

Del resto non molto diversa doveva essere l’impressione suscitata sugli antichi pellegrini che giungevano al sacrario carichi di ansie e di domande. Essi salivano al grande tempio di Apollo, che dall’alto dominava l’intero scenario e la valle dirupata che lo ospita, attraverso la “via sacra”, una strada tortuosa che si inerpicava sul fianco della collina e ai lati della quale si ergevano gli splendidi monumenti votivi offerti al dio dai Greci e dai dinasti del Vicino Oriente e i cosiddetti “tesori”, sorta di piccoli templi costruiti dalle singole città – stato e destinati ad ospitare i doni e gli ex voto offerti ad Apollo dalle diverse comunità o da privati cittadini: è la stessa strada che percorriamo noi oggi e che percorse nel II secolo d.C. il periegeta ed antiquario Pausania.

Una descrizione poetica, ancora di Alexakis

“Il mio sguardo si perde nella vallata già ricoperta di ulivi, si sofferma sulle pendici del monte che sta di fronte e da cui scorre un fiume, lo segue verso destra, in basso, e infine arriva allo sconfinato bosco di ulivi, che si estende a perdita d’occhio. In fondo si scorge il profilo morbido di altre montagne. Il mare è nascosto dalla montagna di fronte. […] In mezzo agli ulivi spuntano alcuni cipressi. E’ facile distinguerli perché sono quasi neri. Sembra quasi che il paesaggio sia costellato di punti esclamativi. Contrariamente alla terra il cielo è a portata di mano. Sembra che sia sorretto dalle rocce. […] Il soffitto del tempio di Apollo era blu, rosso e oro.”

LeggiAMO | Riscritture contemporanee di miti al femminile

Nel mito greco-romano e nell’epica le figure femminili non mancano, ma, benché svolgano spesso una funzione determinante, è raro che si trovino al centro dell’azione. Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, per esempio, viene dato ampio spazio all’analisi dei sentimenti di Medea, ma il protagonista indiscusso del poema rimane Giasone. Lo sbilanciamento in chiave maschile tipico dei racconti tradizionali fu colto già nell’antichità da un poeta sensibile e innovativo come Ovidio, che nelle Eroidi rovescia completamente tale ottica: sono infatti le donne del mito e dell’epica a parlare, scrivendo lettere ai loro celebri innamorati ed esprimendo finalmente il proprio punto di vista.

L’importanza dei personaggi mitici (e storici) femminili è stata poi riconosciuta per la prima volta, in epoca moderna, da Giovanni Boccaccio, nel suo De mulieribus claris (Le donne famose, 1362), che, partendo da Eva, comprende, tra l’altro, dee ed eroine greco-romane. La narrativa del Novecento si è confrontata spesso con i racconti mitici tradizionali, reinterpretandoli in chiave attualizzante e dando, letteralmente, una nuova voce alle figure femminili. Uno dei primi, e più interessanti esempi di tale “revisione”, è La figlia di Omero di Robert Graves, del 1955, nel quale si immagina che l’Odissea sia stata scritta da una donna. 

Ti proponiamo un percorso di lettura incentrato su alcune figure femminili del mito, reinterpretate da scrittori contemporanei. Il percorso è corredato da una serie di attività da svolgere in classe per approfondire con gli studenti il tema.

Percorso di lettura – Miti al femminile

Pat Barker, Il silenzio delle ragazze, Einaudi 2019
Le ragazze del titolo sono Briseide e le sue compagne di sventura, prigioniere di guerra divenute schiave di Achille e degli altri eroi greci protagonisti dell’Iliade. Oggetti di contesa, come una parte del bottino, confinate nelle tende e costrette alla sottomissione assoluta ai loro “padroni”, le “ragazze” offrono un resoconto crudo e destabilizzante delle vicende epiche, a partire dal giudizio espresso da Briseide sul più grande degli eroi: “Il grande Achille. Il luminoso, splendido Achille […]. Per noi era solo un macellaio”.  

Punti di forza: la narrazione irriverente, che dà una nuova vita al racconto epico.


Perché leggerlo:
per non dimenticare che le donne sono le prime vittime innocenti di ogni guerra, al di là del mito che la può avvolgere.  

Madeline Miller, Circe, Marsilio 2021
L’autrice di un fortunatissimo romanzo su Achille (La canzone di Achille) ricostruisce, con l’aiuto della fantasia, una storia mai raccontata, quella della maga Circe, nota soprattutto per il ruolo che svolge nella vicenda di Ulisse. Leggiamo così della sua infanzia solitaria e della scoperta sconvolgente dei poteri magici, dell’amore infelice per Glauco e dell’esilio sull’isola di Eea, là dove un giorno giunge Ulisse, coi suoi compagni: dal loro amore nascerà Telegono e Circe rinuncerà, alla fine, alla propria natura divina per condurre un’esistenza mortale ma felice. 

Punti di forza: lo stile evocativo, la narrazione in prima persona dal punto di vista di Circe. 

Perché leggerlo: per conoscere una Circe inedita, determinata e indipendente, antichissima eppure attuale. 

Maria Grazia Ciani, La morte di Penelope, Marsilio 2019
La cocciuta fedeltà di Penelope nell’attesa infinita del ritorno di Ulisse suscita da sempre stupore e, soprattutto nelle lettrici moderne, persino una certa irritazione, verso questa figura di donna reclusa nel suo palazzo a filare mentre lo sposo vive mille avventure, anche sentimentali. Maria Grazia Ciani immagina uno scenario diverso, in cui Ulisse non è l’eroe affascinante descritto da Omero, il principe Antinoo non è solo un selvaggio pretendente al trono e Penelope nutre sentimenti complessi e contraddittori, che la rendono umana, fragile, e molto più simpatica. 

Punti di forza: la concentrazione in poche decine di pagine di una vicenda densa, fantasiosa e coinvolgente.

Perché leggerlo: per godere dello stile raffinatissimo, quasi classico, e scoprire una versione realmente innovativa di una vicenda fin troppo nota. 

Ursula K. Le Guin, Lavinia, Cavallo di ferro 2011
Lavinia, la sposa latina di Enea, per la quale si combatte una guerra sanguinosa, nell’Eneide non parla mai, e di lei non sappiamo quasi nulla. In questo vuoto si inserisce Ursula K. Le Guin, nota soprattutto come autrice di fantascienza e fantasy, per ricostruire un’immaginaria ma verosimile vita di Lavinia, prima e dopo l’incontro fatale con Enea. Dal racconto in prima persona della giovane donna latina emerge anche un ritratto complesso e non scontato dello stesso eroe troiano. 

Punti di forza: l’ambientazione in un Lazio ancestrale e misterioso; lo stile appassionante.

Perché leggerlo: perché la storia di Lavinia merita di essere raccontata e conosciuta. 

Christa Wolf, Medea. Voci, Edizioni e/o 1996
Christa Wolf, autrice anche di una celebre rivisitazione del mito di Cassandra,  ripercorre la vicenda di Medea, rovesciandone l’immagine tradizionale di maga barbara assassina dei propri figli. Recuperando le fonti precedenti ad Euripide, infatti, la Wolf propone una versione per cui Medea è, come l’etimologia del suo nome suggerisce “colei che porta consiglio”, depositaria di un sapere antico e profondo che gli abitanti di Corinto non sanno comprendere e accettare; perciò ne fanno, in un momento di crisi, capro espiatorio della loro violenza, insieme ai suoi figli. 

 

Punti di forza: la struttura narrativa che alterna il punto di vista dei sei protagonisti, l’approfondimento psicologico dei personaggi.

Perché leggerlo: perché, col ritmo teso di un thriller psicologico, propone una versione alternativa (e già antica) di uno dei miti più affascinanti.

AA.VV., Le nuove Eroidi, Harper Collins 2019
Otto autrici italiane contemporanee si calano ciascuna nei panni di un’eroina antica, citata nelle Eroidi di Ovidio, per raccontarne in prima persona, in forma di lettera, la storia di un amore infelice, trasposta nel mondo di oggi. Ero e Leandro diventano così due migranti che attraversano il Mediterraneo in cerca di riscatto, mentre Protesilao è un corrispondente di guerra morto in missione, con cui la moglie Laodamia tenta di comunicare attraverso un’impossibile chat. E poi ci sono Fedra, Didone, Deianira, Penelope, Medea, Elena, a esporre le proprie ragioni con fierezza e talvolta con rabbia. 

Punti di forza: la varietà degli stili e delle strutture narrative.

Perché leggerlo: per ricordarci che il mito, grazie alla sua infinita capacità di adattamento e attualizzazione, parla anche di noi e del nostro mondo.  

Proposte di attività

  • Rivisita anche tu un episodio del mito o dell’epica dal punto di vista di un personaggio considerato di solito “minore”, non necessariamente femminile, raccontandone anche la storia. Per esempio puoi narrare la vicenda di Tersite (Iliade II 274-360) o quella del fedele cane Argo di Ulisse (Odissea XVII), oppure riscrivere l’impresa di Perseo dal punto di vista della Gorgone Medusa o quella di Teseo prendendo le parti di Arianna… Puoi rintracciare notizie utili su questi personaggi su internet (per esempio sui siti miti3000.it e iconos.it) o sull’Enciclopedia della mitologia di Pierre Grimal (Garzanti 2013).
  • Anche le donne hanno raccontato i miti: vai alla ricerca di autrici che hanno scritto sugli eroi e le eroine del mito e dell’epica, dal framento 16 di Saffo (su Elena) fino a Euridice di Alida Airaghi (sul mito di Orfeo e Euridice) e metti in evidenza, se ci sono, gli elementi che differenziano la loro versione da quella della letteratura “ufficiale”.

Ustica e altre occasioni per imparare a ricordare

«Spesso, quando si fa un monumento ai caduti, non è per ricordare, è per dimenticare… bisogna che questo monumento sia vivo. … Se si vuole che la gente abbia voglia di tornarci bisogna … se non succede niente la gente non verrà e questo evento sarà dimenticato…

Christian Boltanski

Il museo per la Memoria di Ustica

Il Museo per la Memoria di Ustica, aperto a Bologna il 27 giugno 2007, grazie all’Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, è uno degli esempi virtuosi di museo «vivo», luogo di vita per riunirsi, ricordare, capire quello che nelle memoria collettiva è ancora una strage senza responsabili: l’abbattimento dell’aereo civile DC 9 Itavia con a bordo 81 passeggeri, diretto da Bologna a Palermo, la sera del 27 giugno 1980.

Nell’installazione permanente donata dall’artista Christian Boltanski sopra il relitto dell’aereo abbattuto 81 luci si accendono e si spengono al ritmo di un respiro, mentre intorno ad esso 81 specchi neri riflettono chi percorre il ballatoio della sala. Dietro ad ogni specchio, un altoparlante emette frasi sussurrate, con pensieri banali, ordinari, quotidiani, forse quelli di ognuno dei passeggeri al momento della tragedia. Alle vittime rimandano anche le nove grandi casse nere che contengono oggetti personali, scarpe, abiti, borse, bambole, taccuini, tutto ciò che può essere contenuto in una valigia.

La grande forza evocativa dell’installazione, visitata annualmente da migliaia di persone, risiede proprio in questo: i visitatori si sentono accomunati alle persone che erano a bordo in un intreccio di vite.

Una domanda cruciale per gli studenti

Questo esempio ci pone di fronte a una questione cruciale per i nostri studenti, l’educazione al patrimonio culturale come esercizio della cittadinanza attiva, e a una domanda cruciale:

come la conoscenza del passato può essere trasformata in mezzo per agire sul futuro, rendendo i nostri studenti protagonisti della valorizzazione del nostro patrimonio culturale?

I riferimenti istituzionali

La domanda si può ulteriormente articolare con i riferimenti che vi riportiamo qui:

  • l’articolo 9 della Carta Costituzionale

La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione.

  • la  Convenzione Quadro del Consiglio di Europa sul valore dell’eredità culturale per la società. Faro 27.X.2005 che  considera il ruolo dell’eredità culturale decisivo e che nell’articolo 2 definisce l’eredità culturale:

«un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi»

La convenzione inoltre definisce con chiarezza anche “una comunità di eredità”:

«è costituita da un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future»

Il tema del coinvolgimento: conoscere per agire

Ricalibriamo adesso con queste informazioni la domanda cruciale detta prima:

«come i nostri studenti possono divenire parte di una comunità che desidera, nel quadro dell’azione pubblica, trasmettere, comunicare i valori dell’eredità culturale?»

Fondamentale nel perseguire la soluzione del problema è dunque il coinvolgimento dell’allievo, la sua motivazione a conoscere per agire. La conoscenza diviene così un modo per operare nel mondo, e l’allievo si assume la responsabilità di usare la conoscenza in un dato contesto per raggiungere un risultato concreto e trasmissibile.

I luoghi dell’apprendimento

In quale ambiente di apprendimento questo può avvenire? In molti ambienti ben conosciuti:

  • a scuola;
  • sul territorio; 
  • a casa usando le tecnologie digitali in una costante interazione con il mondo esterno.

Nell’ambito dell’educazione al patrimonio culturale al fine di sviluppare il senso di appartenenza alla «comunità di eredità» è importante scegliere per un progetto di valorizzazione da parte dello studente un bene culturale di prossimità che sia:

  • una testimonianza significativa della storia di quel contesto
  • che possa racchiudere anche aspetti significativi del patrimonio culturale immateriale, come storie, narrazioni di eventi della comunità
  • che veicoli il suo significato anche attraverso la sua forma come arte pubblica
  • che possa diventare un luogo di incontro e di scambio, per conoscere il passato ma anche per progettare il futuro

Fra i beni culturali con queste caratteristiche uno tra i più diffusi può essere proprio il memoriale, museo o monumento dedicati alla memoria di eventi drammatici che hanno segnato la storia delle comunità che li hanno sofferti: la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, la Resistenza, la Shoah o catastrofi naturali come un terremoto.

Oppure anche beni culturali che hanno subito le distruzioni belliche e sono poi stati restaurati sono testimonianza vive e vicine per coloro che sono in quel territorio.

Un lavoro concreto, non astratto

L’obiettivo del lavoro sarà la creazione da parte dello studente di un «prodotto», concreto, fruibile, trasmissibile che promuova la tutela e la valorizzazione di un bene del patrimonio culturale di prossimità.

Può essere un oggetto, una forma di comunicazione, un servizio, o un evento.

Si tratta di un apprendimento esperienziale fondato su un compito sfidante, fondato su  un problema autentico.

Organizzare le conoscenze e condividerle

Come valorizzare con un prodotto concreto il bene culturale, dopo averne compreso il significato e il valore? 

Come ciò che accade nell’apprendimento informale, la capacità di sviluppare nuova conoscenza deriva dal modo in cui si organizzano fatti e idee in una situazione problematica.

l percorso formativo è progettato per applicare le conoscenze disciplinari in una sequenza di attività che rendano lo studente sempre più capace di agire con autonomia e responsabilità e che siano il più possibile vicine alla pratica autentica della disciplina, in particolare storia e storia dell’arte nel lavoro congiunto. 

Quindi per lo studente occorre:

  • osservare e descrivere;
  • ricercare testi, documenti e risorse;
  • raccogliere e analizzare informazioni e dati;
  • confrontare testi;
  • riorganizzare fatti e concetti in una sintesi;
  • condividere i risultati.

La sequenza delle attività che l’insegnante costruisce attorno alle risorse, è anch’essa di importanza decisiva affinché lo studente apprenda a lavorare in modo efficace.

Per  giungere al risultato il docente deve:

  • decostruire azioni complesse, ossia assegnare compiti di lavoro che usino concetti e azioni che siano alla portata del discente;
  • ridurre il numero di passaggi richiesti per risolvere un problema semplificando il compito in modo che lo studente padroneggi il processo;
  • fornire feedback in numero adeguato che permettano agli studenti di interpretare i risultati raggiunti e rivedere i propri concetti e le proprie azioni.

Il prodotto finale

Il «prodotto» finale può essere un risultato condiviso sulla scorta di un compito individuato dal docente. Si attua così una modalità di apprendimento, quella collaborativa nella quale sono coinvolte importanti abilità trasversali quali:

  • ascoltare le motivazioni e le argomentazioni altrui;
  • spiegare le proprie motivazioni e argomentazioni;
  • fare domande;
  • sintetizzare;
  • riorganizzare le proprie idee e azioni sulla scorta dell’esempio altrui.