Sviluppo sostenibile, economia circolare, responsabilità sociale d’impresa; analisi di un’impresa e del suo bilancio; redazione del marketing plan

Secondaria di 2° grado Secondaria di secondo grado Contabilità e bilancio Discipline economico aziendali Pianificazione

Sviluppo sostenibile, economia circolare, responsabilità sociale d’impresa; analisi di un’impresa e del suo bilancio; redazione del marketing plan

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Elettronica a scuola con Arduino e Tinkercad

L’avanzamento della tecnologia negli ultimi decenni è stato in buona parte foraggiato dallo sviluppo dell’elettronica. La rivoluzionaria invenzione dei microchip e la grande spinta impressa al loro perfezionamento ci hanno portato a essere circondati da apparecchi elettronici, che utilizziamo quotidianamente senza nemmeno farci troppo caso.

A questa diffusione capillare di dispositivi sempre più sofisticati, però, non si è accompagnato un altrettanto capillare approfondimento del loro funzionamento. Se da un lato sembra ovvio che le questioni squisitamente tecniche siano appannaggio dei soli specialisti, dall’altro è evidente che la maggior parte delle persone ignori i principi base di funzionamento di un qualsiasi calcolatore, sia lato software che lato hardware. Questa carenza può avere delle importanti conseguenze sulla capacità dei cittadini di leggere la realtà e interpretare ciò che li circonda, configurandosi quindi a tutti gli effetti come un deficit culturale.

Questo è specialmente vero nel caso della maggior parte dei giovani. Ancora una volta, quindi, la scuola ha il compito di intervenire per colmare questa lacuna.

Arduino

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative e le proposte per introdurre l’elettronica educativa nelle scuole secondarie di primo grado. In particolare, sembrano essere particolarmente efficaci quelle iniziative in cui gli studenti possano sviluppare dei progetti, lavorando attivamente.

Una delle soluzioni più adottate a livello scolastico è certamente Arduino, una scheda con un microcontrollore e una grandissima quantità di espansioni possibili, che la rendono flessibile e utilizzabile in tanti contesti diversi, da quello scolastico, a quello scientifico, a quello aziendale.

Arduino è probabilmente la scheda oggi più diffusa (ne esistono parecchie varianti) e deve il suo successo anche al fatto che è open-source sia a livello di schema dell’hardware (che è liberamente disponibile online) che a livello di software distribuito per la sua programmazione. 

Simulare Arduino con Tinkercad

Non tutti però hanno a disposizione Arduino e comunque, prima di mettere le mani su una scheda reale, può essere utile fare esperienza in un ambiente virtuale, dove non si rischiano cortocircuiti. Per questo può venire in aiuto Tinkercad, una web app il cui nome è evocativo: rende possibile attività di tinkering sia nell’ambito della modellazione 3D (il settore in cui è nato) che nell’ambito della simulazione di circuiti elettrici.

Tinkercad è poi in grado di simulare il funzionamento di una scheda Arduino e dunque rappresenta un utilissimo banco di prova virtuale, con la possibilità di programmare anche tramite un linguaggio a blocchi.

Una vista di un progetto Tinkercad che simula un semaforo a chiamata pedonale azionato da Arduino Uno

Una parentesi

Vale la pena aprire una piccola parentesi sulla metodologia didattica che può essere più adatta per proporre un lavoro in aula con gli strumenti citati. Essi si prestano infatti ad attività di laboratorio, in cui gli studenti sono liberi di sperimentare, di sbagliare, di farsi domande. In questo caso il laboratorio è quindi inteso nel senso delle Indicazioni Nazionali: non tanto un luogo, quanto più una modalità per avvicinarsi in modo attivo e operativo all’oggetto di studio.  

Le Indicazioni Nazionali arrivano ad elevare questa modalità a riferimento costante per la didattica della tecnologia.

Alcuni esempi

Ci sono diversi progetti sul web che possono essere utili fonti di spunti didattici.

Un gran classico con cui si può partire è il semaforo, che consente di introdurre i LED e i resistori. Il lavoro può essere organizzato per step successivi e via via più complicati.

Progetti più sofisticati per studenti in gamba potrebbero proporre la realizzazione di piccoli giochi interattivi e/o l’utilizzo di sensori.

Per approfondire

Scopri l’opera

 Presente e futuro 

Appassionare alla storia: spunti e strategie per insegnare attraverso immagini e parole

Se, come crediamo, l’intelligenza di studentesse e studenti non è un dato immutabile, ma piuttosto un elemento modificabile grazie a stimoli sempre nuovi, allora potremo orientare in questa direzione l’insegnamento della storia nella Scuola secondaria di primo grado.

La storia, come sappiamo, richiede metodo, capacità di esplicitare i nessi causa-effetto, padronanza del lessico specifico. Nella pratica didattica quotidiana essa si rivela quindi un efficace strumento per pensare. Non è un caso, del resto, che nell’insegnamento di questa disciplina si possa utilmente ricorrere a pratiche come il problem solving o lo studio di casi.

Una tra le principali difficoltà che devono affrontare gli insegnanti ai giorni nostri (ma forse, questa, è una questione propria dell’insegnamento in ogni epoca) è quella di riuscire a motivare studentesse e studenti. Che però, oggi più che mai, appaiono iperstimolati dal mondo – reale e virtuale – che li circonda. Iperstimolati a un punto tale da risultare spesso distratti, confusi, in difficoltà nello scindere gli aspetti più importanti da quelli di secondo piano.

La sfida dell’insegnante

La sfida dell’insegnante, oggi, appare duplice: da un lato creare le condizioni favorevoli all’apprendimento di ragazze e ragazzi e dall’altro fare in modo che questo apprendimento sia durevole e non transitorio.

Il suggerimento è quello di lavorare soprattutto con immagini e parole che abbiano un contenuto semantico denso e che sappiano coinvolgere e includere. Occorrerà dunque agire sia sul piano tematico sia sul piano emotivo, con l’intento di trasformare gli stimoli in reale occasione di apprendimento.

Trasformare gli stimoli in apprendimento

Accanto al profilo storico offerto dal libro di testo, si può pertanto lavorare su più livelli: analizzando immagini (che hanno valore visivo e di fonte iconografica), impiegando realia (che hanno un valore aggiunto di tipo esperienziale), riflettendo sul lessico (che è chiave per veicolare concetti), soffermandosi sul nesso tra passato e presente (che offre spunti di attualità e di educazione civica, avvicinando la storia a studentesse e studenti). 

Vediamole più da vicino:

  1. immagini: devono essere immagini significative e di forte impatto, in grado di veicolare un evento, un concetto, un’epoca; si devono prestare ad essere analizzate ed interpretate in quanto fonti. Possono essere miniature medievali così come fotografie di inizio Novecento.
  2. realia: sono oggetti di uso comune, legati alla vita quotidiana, che rimandano a concetti e vocaboli; fanno comprendere che “tutto è storia”, mostrando aspetti tipici di una determinata cultura; stabiliscono legami con la storia personale e con la storia del territorio; coinvolgono i sensi secondari di studentesse e studenti, come per esempio il tatto. Si pensi ad alcuni elettrodomestici ormai fuori commercio degli anni Settanta e Ottanta.
  3. lessico: occorrerà selezionare parole capaci di attraversare il tempo, in modo tale da poterne osservare i cambiamenti di significato avvenuti con il mutare delle società umane; se ne potranno analizzare aspetti come l’etimologia, il significato nel contesto storico, l’uso effettivo nella lingua attuale. Si pensi a termini come “confine”, “repubblica”, “progresso”.
  4. nesso passato-presente: va individuato su fenomeni con effetti di lunga durata, avendo però sempre la premura di esplicitare le differenze tra ieri e oggi; aiuta a superare l’idea che la storia si occupi solo di fatti lontani, giacché – come diceva Marc Bloch – «la massima virtù dello storico è la facoltà di apprendere ciò che vive». Si pensi al tema “Consenso e propaganda”, che può essere affrontato a partire dall’epoca di Ottaviano Augusto sino ai giorni nostri.

A conclusione ricordiamo che tutte queste piste di apprendimento possono essere valorizzate da un lato dall’impiego di strumenti digitali e software didattici, dall’altro dal ricorso a strategie di insegnamento quali la flipped classroom, il cooperative learning e il debate.

Per approfondire

  • M. Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico, Einaudi, Torino 2009 (1a ed. italiana 1950)
  • R. Feuerstein, R.S. Feuerstein, L. H. Falik, Y. Rand, Il Programma di arricchimento strumentale di Feuerstein, Erickson, Trento 2008
  • Le umanistiche Live: intervento del 28/10
  • Per risorse utili per la Didattica Digitale Integrata, inclusi i Lesson Plan di Storia 
  • Sito del Museo del Novecento di Mestre
  • Istituto Luce

Storytelling e mobile storytelling: racconto moderno multidisciplinare

Quando un giorno è passato non c’è più. Che cosa ne rimane? Nient’altro che una storia. Se non si raccontassero storie l’uomo vivrebbe come gli animali, solo per il presente. Oggi viviamo, ma per domani questo giorno sarà soltanto una storia. Tutto il mondo – tutta la vita – altro non è che un lungo racconto.

(I. Singer, Naftali il narratore e il suo cavallo Sus)

Lo storytelling è il raccontare storie e raccontare storie è un’abitudine innata e ben radicata nell’essere umano. Attraverso il racconto si tramandano memorie, conoscenze e tradizioni.  La narrazione, che può essere scritta o orale, diventa tanto più efficace quanto più sappiamo usare un linguaggio accattivante, coinvolgente e persuasivo e mezzi di comunicazione capaci di arrivare a un pubblico ampio.

Ecco perché lo storytelling può essere uno strumento utile anche per la scuola. Utilizzare in classe questo tipo di attività permette una didattica laboratoriale e prevede il diretto coinvolgimento dello studente nell’attivazione di un percorso creativo articolato attraverso diverse metodologie di esposizione, ed è per questo una sfida interessante.

I ragazzi oggi sono abituati a fruire di contenuti diversificati, distribuiti su mezzi che sempre più spesso vengono consultati in movimento dallo smartphone. La loro cultura è rapportata a un nuovo modo di esprimersi, caratterizzato da tempi brevi e da un linguaggio contratto. Il ruolo della scuola e del docente deve essere orientato alla comprensione di questa trasformazione, all’approfondimento del fenomeno linguistico in evoluzione e alla ricerca di un metodo che possa coinvolgere gli studenti, riportando sul loro piano di interesse gli argomenti che costituiscono il percorso didattico.

Assecondare questa predisposizione ad ascoltare e guardare storie, diffuse principalmente attraverso i social media, è uno dei metodi che possono sollecitare l’attenzione delle nuove generazioni. In questo senso l’utilizzo dello storytelling attraverso tutte le sue declinazioni multimediali può essere considerato particolarmente utile.

Mobile storytelling per estendere il processo creativo

Per esempio il mobile storytelling offre al docente, nel processo di creazione del percorso didattico, l’opportunità di far sfruttare ai ragazzi i loro smartphone al fine di creare contenuti e fare tutto questo in mobilità, ovunque, senza limiti di luogo e tempo, avendo anche la possibilità di estendere il processo creativo oltre l’orario scolastico.

Storytelling in classe

Per attivare percorsi di storytelling prima di tutto bisogna scegliere cosa raccontare e lo spunto può arrivare da tante parti: un testo antologico, un personaggio storico, un personaggio della letteratura italiana o straniera, reale o immaginario. Da lì si può partire per creare interviste immaginarie, interviste doppie, racconti con finali alternativi o narrati da un punto di vista diverso rispetto a quello di partenza e tante altre cose. 

Una volta scelto il soggetto, è necessario valutare, assieme agli studenti, gli strumenti, i linguaggi e i “luoghi” di distribuzione del racconto. Fare storytelling in classe vuol dire ispirare i ragazzi con un argomento e lasciarli liberi di interpretarlo attraverso la tecnologia e i nuovi linguaggi espositivi/comunicativi. Questo processo può prevedere il coinvolgimento di una o più discipline.

 

Le patologie podali: la Dermatite Digitale Bovina

La Dermatite Digitale (DD) è una patologia multifattoriale prevalentemente di origine batterica causata da batteri del genere Treponema della famiglia delle Spirohetacee. Questi microrganismi sono di tipo anaerobio e trovano il loro habitat nella lettiera umida tipica delle stalle a stabulazione libera con cuccette. Il batterio si incista nello spazio interdigitale dei due unghioni creando delle lesioni che progrediscono rapidamente se non curate tempestivamente generando problemi di locomozione (zoppie).

La DD si manifesta con differenti livelli di gravità e viene classificata secondo un sistema di valutazione visiva chiamata M-stage Scoring System. I livelli di gravità secondo questa scala sono 4 ovvero M1, piccola lesione di 2 cm, M2 con una lesione acuta di maggiori dimensioni. Questi primi due livelli sono curabili con una buona percentuale di guarigione. Gli stadi M3 ed M4 invece interessano un’area più ampia interessata dalla lesione della cute interdigitale e sono classificati come difficilmente guaribili.

La DD, secondo uno studio in un gruppo di allevamenti inglesi, risulta essere la principale causa di zoppie nelle vacche da latte (Barker et. al., 2010). In questo studio la prevalenza media delle zoppie causate dalla DD è stata del 36,8% con un range compreso tra 0% (aziende con assenza di DD) e il 79,2%. La DD nelle vacche da latte risulta una delle principali cause di riforma dove, mediamente, la percentuale di capi eliminati per problemi all’apparato locomotore, risulta tra il 17 ed il 26% (Tassinari et. al, 2016).

La DD è causa di una riduzione significativa della produzione media di latte fino a 0,75 kg/giorno per vacca (Badan M., 2013). Diversi studi hanno identificato che la DD colpisce in modo più significativo le manze in concomitanza con il primo parto. In uno studio condotto in Canada, la prevalenza di DD nelle manze al primo parto è risultata mediamente compresa tra il 7,8 ed il 12,0% (Jacobs et al., 2017). Altri studi effettuati a livello internazionale hanno evidenziato un range di prevalenza della DD compreso tra il 15 ed il 30%.

La cura della DD negli stadi iniziali (M1 ed M2) avviene prevalentemente con la pulizia della parte lesa e con l’applicazione di soluzioni disinfettanti a base di prodotti disinfettanti e battericidi quali lo iodio, il solfato di rame, il perossido di idrogeno, l’acido peracetico e la formalina (gluteraldeide diluita) o, in alternativa con principi attivi antibiotici ad uso topico. La cura degli stadi più gravi della DD viene effettuata con la pulizia della parte lesa ed una terapia antibiotica sistemica.

Vista l’elevata incidenza di questa patologia podale risulta fondamentale adottare delle buone pratiche gestionali di prevenzione. Una pratica molto diffusa è il bagno podale che consiste nel far passare le bovine in una vasca contenente una soluzione disinfettante immergendo il piede per almeno 10-15 cm. Questa soluzione però comporta un grande spreco di prodotto in quanto le vasche per i bagni podali hanno una capienza media pari a 2-300 litri e vanno completamente rinnovate ogni 2-3 giorni riversando il contenuto in concimaia.

Attualmente sta crescendo l’attenzione nella pratica di adottare soluzioni di precisione al fine di effettuare trattamenti altamente efficaci con un minor uso di prodotti (Roijakers D. et al., 2019). Questi sistemi prevedono l’applicazione del prodotto disinfettante individualmente mediante uno spruzzatore a bassa pressione sia manuale o automatizzato (applicabile anche alla stazione di mungitura robotizzata come ad esempio il LELY Meteor).

In conclusione, la prevenzione della DD con la disinfezione mirata degli unghioni o mediante bagni podali dei capi presenti in stalla, risulta fondamentale per eradicare la patologia all’interno delle aziende (Roijakers D. et al., 2019).

 

Come un albero

  • Destinatari > Alunni della scuola primaria (adattabile dalla classe II alla V)
  • Tempi indicativi > 3 ore 
  • Materiali necessari > Albo illustrato “Come un albero” di M. Gianferrari (o video-lettura proposta in questo articolo) | fogli | pennarelli | tablet o smartphone e LIM (se si propone l’attività digitale)
  • Discipline coinvolte > scienze, educazione civica, arte e immagine, tecnologia ed informatica, italiano.

Il 21 novembre 2021 ricorre la Giornata mondiale dell’albero: potrebbe essere un’occasione preziosa per presentare ai bambini queste meravigliose creature e riflettere insieme sulla loro importanza.

Prima di immergerci con i nostri alunni nella scoperta degli alberi attraverso le attività che tra poco vi proporrò, ritengo sia doveroso fare una piccola introduzione al fine di presentare loro la chiave di lettura che fa da sfondo a questo laboratorio: esiste una forte somiglianza tra albero ed essere umano.

Difficile a credersi, vero?  Provo a fornirvi alcune argomentazioni in merito a questa tesi!

Forse non ci avete mai fatto caso, ma la nostra struttura fisica è simile a quella di un albero: la colonna vertebrale è il tronco, la pelle è la corteccia, i piedi sono le radici, le braccia i rami; mentre il nostro cuore ci dà forza e sostegno, come fosse linfa.

Inoltre, proprio come gli umani, gli alberi sono esseri sociali: essi si aiutano, si proteggono, si prendono cura gli uni degli altri, come fanno i membri di una famiglia o di una classe affiatata. Gli alberi, addirittura, comunicano tra loro, in particolare si trasmettono informazioni su insetti, siccità o altri pericoli attraverso un intreccio di radici e la proliferazione di funghi speciali.

Lo sapevi che gli alberi che hanno più zucchero lo condividono con i vicini, in modo da garantirne la sopravvivenza? 

Ora, per convincervi ancora di più sulla somiglianza tra albero ed essere umano, vi leggo un libro poetico, impreziosito da splendide illustrazioni. Spero possiate cogliere l’invito ad ammirare la bellezza e la maestosità degli alberi e ad imparare da loro come diventare una persona migliore.

Video-lettura

 

Dopo aver condiviso con i bambini la lettura di questo albo, è opportuno aprire una riflessione condivisa. Potrebbe ruotare attorno a questi due quesiti:

  • In che modo possiamo contribuire a salvare un albero?
  • Se ognuno di noi è un albero in una foresta, cosa possiamo fare per la nostra comunità?

Vi fornisco alcuni spunti! In merito al primo interrogativo si potrebbe discutere sull’importanza del riciclo della carta e della riduzione del suo consumo e scrivere con i bambini alcune “buone prassi” da condividere nella scuola.

Inoltre, si potrebbe organizzare un evento speciale di piantumazione di un alberello e cominciare a prendersene cura.

Per quanto riguarda la domanda “Siamo una foresta: cosa possiamo fare per la nostra comunità?” si potrebbe proporre ai bambini un’esperienza che li sensibilizzi nei confronti degli “alberi più fragili”.

Un’idea potrebbe essere scrivere una lettera agli anziani che vivono in una casa di riposo per augurare loro serene festività. Un’altra proposta è una raccolta di provviste da donare ad associazioni che si occupano di sostegno ai senzatetto e ai bisognosi.

Infine, per tenere traccia di questa riflessione, si potrebbe concludere il laboratorio costruendo la foresta della propria classe.

Ecco, dunque, due suggerimenti:

  • analogico: ogni bambino disegna sé stesso in veste di albero. Successivamente tutte le creazioni saranno incollate su un unico supporto (magari dipinto come fosse una foresta).
  • Digitale: si può scaricare su un tablet (o uno smartphone) l’applicazione “Andar per boschi” creata dal Centro Zaffiria. Essa, in maniera piuttosto semplice e intuitiva, permette di realizzare composizioni naturalistiche in un bosco che si anima. 

Di seguito vi lascio il tutorial per l’utilizzo di questa applicazione:

 

Qui, invece, trovate il link per scaricare l’App “Andar per boschi”: https://www.zaffiria.it/andar-per-boschi/
Non mi resta che augurare a voi e ai vostri bambini buon diverti-apprendimento!

L’autrice

Gloria Ragni

Insegnante di scuola primaria, promotrice del “fare per apprendere” e sostenitrice dell’utilizzo integrato del digitale nella didattica. 

Ha un blog didattico https://maestraglo.altervista.org e condivide su Instagram le sue avventure da maestra (la trovate come @maestraglo). 

Educazione civica e matematica

La legge n°92 del 20 agosto 2019 ha reso obbligatorio, a partire dall’anno scolastico 2020/21, l’insegnamento dell’educazione civica in tutti i gradi dell’istruzione. Per una sua corretta attuazione, il ministero ha emanato specifiche Linee guida nelle quali si ribadisce che l’Educazione civica è un nuovo insegnamento, trasversale a tutte le discipline, per il quale è prevista una valutazione e a cui vanno dedicate almeno 33 ore all’anno, suddivise tra tutte, o parte, delle materie dell’ordine di riferimento.

L’insegnamento dell’educazione civica ruota intorno a 3 nuclei concettuali: STUDIO DELLA COSTITUZIONE, SVILUPPO SOSTENIBILE e CITTADINANZA DIGITALE, tre assi tematici che costituiscono i pilastri della legge, con l’obiettivo di:

  •  formare cittadini responsabili che partecipano attivamente alla vita civica, culturale e sociale della comunità di appartenenza;
  • formare cittadini che rispettano se stessi e l’ambiente, capaci di tutelare il patrimonio materiale e immateriale del proprio  territorio, con uno sguardo consapevole ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU;
  • fornire agli studenti gli strumenti per utilizzare in modo consapevole, critico e responsabile i nuovi mezzi di comunicazione e gli strumenti digitali.

Da una lettura attenta emerge che il concetto chiave è formare cittadini. Un obiettivo alto a cui si perviene per gradi, con una quotidiana attenzione ai temi indicati negli assi culturali di riferimento e con attività tese ad acquisire conoscenze e abilità utili per sviluppare le competenze riportate negli allegati delle Linee guida. 

Ma in che modo la matematica può concorrere allo sviluppo di competenze civiche e di cittadinanza attiva?
Nel documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari del 2018 viene ribadito che:

…La matematica fornisce strumenti per indagare e spiegare molti fenomeni del mondo che ci circonda, favorendo un approccio razionale ai problemi che la realtà pone, contribuendo […] alla costruzione di una cittadinanza consapevole…
… “In particolare, la matematica […] contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri.” Tali competenze sono rilevanti per la formazione di una cittadinanza attiva e consapevole, in cui ogni persona è disponibile all’ascolto attento e critico dell’altro e a un confronto basato sul riferimento ad argomenti pertinenti e rilevanti. In particolare l’educazione all’argomentazione può costituire un antidoto contro il proliferare di informazioni false o incontrollate.

Alla luce di queste riflessioni, cosa può proporre agli studenti l’insegnante di matematica?
Ecco alcuni spunti presenti nel testo Tangram per la scuola secondaria di primo grado.

Scarica gli spunti didattici da Tangram

Inoltre, nella guida del docente sono stati inseriti tre percorsi pluridisciplinari, uno per ogni nucleo concettuale.
Scarica i percorsi pluridisciplinari

Per approfondire

  • Indicazioni Nazionali e nuovi scenari Febbraio 2018 – Documento messo a punto dal Comitato Scientifico Nazionale per le Indicazioni 2012 per il curricolo dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione
  • Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica (D.M. n. 35 del 22.06.2020) 

Scopri l’opera

  • Tangram, il nostro corso di matematica per la scuola secondaria di primo grado, di L. Ferri, A. Matteo, E. Pellegrini – Fabbri Editore – Rizzoli Education, 2020

Educare allo sviluppo sostenibile in un’ottica investigativa

Basta aprire un giornale o ascoltare un telegiornale per sentir parlare di sostenibilità: è un tema sempre più centrale nell’agenda politica dei vari governi e nella scuola. Nei documenti ufficiali della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo si parla di sviluppo sostenibile: con questa espressione si intende il modo in cui l’umanità può progredire assicurando “il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.

Ciò significa che è necessario progettare un futuro che rispetti gli spazi in cui viviamo, senza negare alle generazioni che seguiranno la possibilità di soddisfare a loro volta i propri bisogni, vivendo in città e comunità in buona salute. Il concetto di sostenibilità è molto ampio, perché tocca settori molto diversi delle attività umane: dall’economia, all’uso delle risorse ambientali, fino alla vita in comunità. Infatti, possiamo distinguere tra:

  • sostenibilità economica, che significa operare in modo da garantire a tutti un lavoro e un reddito dignitosi;
  • sostenibilità ambientale, che vuol dire utilizzare le risorse dell’ambiente rispettandolo: è necessario evitare sprechi e ogni forma d’inquinamento, permettendo alla natura di rigenerarsi;
  • sostenibilità sociale, che indica la capacità di garantire a tutti le stesse condizioni di benessere, senza disuguaglianze tra classi sociali e tra generi.

Dunque, tante sono le sfide che abbiamo di fronte e che devono coinvolgere senza alcun dubbio anche l’istruzione e la formazione dei giovani: il cambiamento climatico, l’inquinamento, la perdita di biodiversità, una gestione delle risorse naturali e delle fonti di energia tale da permetterne a tutti l’approvvigionamento. Sono questioni complesse tra loro collegate, dove le variabili in gioco sono molteplici:  non vanno semplificate troppo perché si rischia di banalizzarle, bisogna far emergere la complessità e guidare gli studenti nell’individuare le relazioni di causa-effetto.
L’educazione alla sostenibilità richiede metodi di insegnamento partecipativi, che coinvolgano gli studenti motivandoli e stimolandoli a riflettere sui loro comportamenti e ad agire per promuovere il cambiamento, andando al di là delle semplici opinioni e del senso comune.
L’IBSE (Inquiry Based Science Education), approccio didattico che favorisce la riflessione sui fenomeni, permette senza dubbio di curvare l’insegnamento verso temi di attualità e di ampio respiro come quelli della sostenibilità, considerandone gli aspetti globali e locali. Si tratta di un metodo attivo che, partendo da esempi tratti dalla realtà, privilegia gli aspetti laboratoriali ritenuti cruciali per la costruzione delle competenze.

Per affrontare, ad esempio, il problema dell’inquinamento da plastiche e microplastiche, si può partire da immagini e video che coinvolgano emotivamente gli studenti: la Grat Pacific Garbage Patch, l’isola di plastica nel Pacifico, l’ingestione di microplastica da parte di un organismo planctonico, una “tartaruga dalle orecchie rosse” con il corpo deformato perché rimasta impigliata in un anello di plastica.

 Dal confronto di idee emergeranno le domande su cui la classe potrà lavorare in step successivi: Come si è formata l’isola della plastica? Quali danni provocano le plastiche agli animali marini? Che cosa sono le microplastiche e perché sono così pericolose? Perché si accumulano sia in superficie che nei fondali marini?

Ad alcune domande si potrà rispondere attraverso una sperimentazione diretta, ad altre attraverso l’analisi di dati; a questo scopo il docente fornirà documenti appropriati sotto forma di testi scritti, tabelle, grafici. Durante l’analisi dei dati, gli studenti imparano a organizzare le informazioni e a dare loro un significato. Naturalmente i contenuti disciplinari sono indispensabili: per comprendere le cause e le conseguenze dell’accumulo di plastica, gli studenti dovranno conoscere le correnti marine, la composizione del plancton, le catene alimentari, il galleggiamento, la densità, il concetto di biodegradabilità, il ruolo degli organismi decompositori. 

Si passa infine dalla dimensione globale a quella locale, proponendo al termine del percorso un’attività che implichi il coinvolgimento diretto degli studenti: imparare a differenziare correttamente i rifiuti, anche attraverso l’uso di app dedicate; analizzare le buone e cattive abitudini attraverso un questionario da somministrare a familiari e conoscenti; stilare un decalogo di regole e azioni da seguire per salvaguardare gli ambienti naturali dall’inquinamento; riciclare in modo creativo imballaggi e vuoti a perdere organizzando anche una mostra. Le attività che si possono svolgere in classe sono davvero tante!

La riflessione sui comportamenti individuali è uno degli obiettivi più importanti e ambiziosi dell’educazione alla sostenibilità; il messaggio da veicolare è che le azioni e le scelte personali hanno conseguenze più ampie a livello ambientale, sociale ed economico.

Per approfondire

Scopri l’opera

  •  “Alla scoperta!” di A. Alfano, V. Boccardi, E. De Masi, G. Forni- Fabbri Editore – Rizzoli Education, 2019 – Testo di scienze per la scuola secondaria di primo grado

Blend it!

In 2003 blended learning was recognized to be one of the top ten emerging trends in the knowledge delivery industry by the American Society for Training and Development.¹

Nowadays the pandemics has brought back the need to find new ways to deliver knowledge and blended learning can be a good solution. But, what do we mean by blended learning?

There are a lot of definitions that have been given but the main concept is always the same: mixing face to face teaching with multiple online learning techniques and materials.²

Since 2002, when some University in California started delivering knowledge using both face-to-face lessons and internet, there has been no fixed pattern for blended learning but the possibilities are endless.

In 20 years many changes have occurred and online possibilities are now many more and diverse. Moreover, the new challenges of Didattica a Distanza have given us the chance to explore new possibilities.

The elements that play a role in Blended learning are mainly four: Space, Time, Fidelity and Humanness. The different mix of the four elements gives life to an infinite number of activities³ such as flipped classroom, team-based learning, experiential learning, problem-based learning, cooperative learning and many more.
________________________________________________________________________
¹ 
Graham, Dziuban, Blended learning environments, Handbook of Research on Educational Communications and Technology: A Project of the Association for Educational Communications and Technology, 2007.
² G.Picciano, Blended Learning: Research Perspectives, Volume 2, Routledge, 2013.
³ Curtis, Bonk, Graham, The Handbook of Blended Learning: Global Perspectives, Local Designs, 2005.

Pros and cons

Like every other teaching approach, blended learning has both pros and cons.

PROS

  • Personalisation – blended learning gives the possibility to match students’ needs
  • Time management – Online materials are available anywhere at any time 
  • 360° Educational experience thanks to the varied material provided

CONS

  • Organising a blended unit is time consuming
  • Technology sometimes can be challenging
  • Time spent in front of a screen increases

Examples

The following examples are meant to be just general outlines of what teachers can plan for a blended teaching unit.

A DAY IN THE LIFE OF… | FOCUS ON WORK

  • Vocabulary for jobs and skills required
  • Interview somebody asking him/her about the tasks involved in his/her job and the skills needed
  • TV Series – Dirty jobs. Let your students choose an episode and investigate a particular job that is not that common in their area
  • Strange jobs around the world – group research (Dabawalla, Train pusher, Smokejumper…)
  • Write a paragraph on the job you find perfect for your teacher

WHERE LIFE IS TOUGH | FOCUS ON WAR LITERATURE

START CREATING YOUR OWN BLENDED LESSON

https://ed.ted.com/videos

Alla scoperta del Realismo Magico

La storia dell’arte si dipana in maniera a volte schizofrenica rispetto alla tendenza del gusto e degli interessi visuali del grande pubblico, che trascura spesso fenomeni e personalità artistiche di indubbio valore e di grande fascino. Valerio Terraroli, curatore della mostra in corso in questi mesi a palazzo Reale a Milano, dedicata al Realismo Magico, ci introduce nel mondo fascinoso e sottilmente inquietante di questo fenomeno artistico dai riflessi internazionali, cui l’Italia ha dato un contributo di alto spessore.

Il Realismo Magico – definizione coniata nel 1925 dal critico tedesco Franz Roh e ripresa e codificata da Massimo Bontempelli nel 1927 – non è uno stile o una corrente artistica organizzata, bensì un modo di percepire e interpretare la realtà quotidiana attraverso una pittura che, opponendosi alle tensioni dinamiche futuriste e alle sensibilità deformanti espressioniste, si distingue sia da un generico “ritorno all’ordine” antimodernista intriso di classicità, sia dalle più esplicite invenzioni metafisiche.

La rappresentazione oggettiva di un’atmosfera sospesa

L’ossimoro che descrive il Realismo Magico sottolinea la coesistenza di una rappresentazione oggettiva e di atmosfere sospese e surreali: la realtà, infatti, è il punto di partenza di una trasfigurazione che passa attraverso l’immaginazione e la meraviglia, capace di rivelare il mistero che si nasconde dietro il mondo rappresentato.

La declinazione realistico-magica emerge alla fine della Grande Guerra, con degli antefatti negli anni Dieci, e attraversa la pittura italiana degli anni Venti come una linea di forza autonoma e riconoscibile, in specie rispetto al Novecento italiano di Margherita Sarfatti, condividendo la sua rapida parabola con il panorama artistico internazionale e, in particolare, con quella pittura tedesca, definita della Neue Sachlickheit (“Nuova Oggettività”), contraddistinta da una figurazione oggettiva e cristallina, sospesa e straniante. Questa straordinaria stagione pittorica dell’incanto si estende fino agli esordi degli anni Trenta, prima di essere assorbita dalla più generale tendenza novecentista.

“La magia non è soltanto stregoneria: qualunque incanto è magia (…). Forse è l’arte il solo incantesimo concesso all’uomo e dell’incantesimo possiede tutti i caratteri e tutte le specie: essa è evocazione di cose morte, apparizione di cose lontane, profezia di cose future, sovvertimento delle leggi di natura, operati dalla sola immaginazione.”

(Massimo Bontempelli, 1927)

I precedenti e le suggestioni

Preludio alla poetica del Realismo Magico sono le ricerche di quegli artisti che operano un percorso a ritroso verso le fonti più limpide della pittura, ricercando la grazia della visione, la semplicità del sentire, la nostalgia dell’origine.

“Tutto è ritornato come nelle ere primordiali” scrive Carlo Carrà nel 1916, anno in cui l’artista comincia a meditare la lezione degli antichi maestri e a orientare il proprio lavoro nella direzione di una sorta di colto primitivismo. Un desiderio di semplicità e autenticità che fa riemergere quella ricerca carica di candore arcaico che rimanda alla naïvité del Doganiere Rousseau, ma che porta alla creazione di una pittura tutt’altro che ingenua, frutto di uno studio approfondito dell’arte antica e della geometria che dona alla composizione rigore e equilibrio.

I caratteri che connotano maggiormente l’arte del Realismo Magico – una quieta narrazione che cela un senso di attesa e di meraviglia, l’impressione di assistere a un’inspiegabile epifania – si possono riconoscere in Le figlie di Lot (1919) di Carrà [1] e in Silvana Cenni (1922) di Felice Casorati [2], così come nel bassorilievo di Arturo Martini Gli amanti (1920) [3] che condividono questa ricerca di un nuovo equilibrio nel quale la realtà viene filtrata alla luce di uno sguardo nitido, geometrico, immobile, in altre parole purificato da qualsiasi deformazione espressiva e interpretativa.

In tutti è sotteso il magistero della pittura di Giorgio de Chirico, che il fratello Alberto Savinio definisce “mago moderno”, artista capace di far emergere il mistero che si cela dietro l’apparenza.

L’opera manifesto

Dopo l’orgia, dipinto nel 1928 da Cagnaccio di San Pietro [4], è emblematicamente uno dei manifesti pittorici del Realismo Magico per la potenza dell’oggettività descrittiva e per l’assoluto straniamento che l’immagine suggerisce: verità e sogno, Eros e Thanatos, denuncia e compiacimento voyeuristico si fondono in questo capolavoro rifiutato dalla giuria di accettazione della XVI Biennale di Venezia presieduta da Margherita Sarfatti per la crudezza della scena e per il sottile riferimento alla corruzione morale dei dirigenti fascisti (il fascio littorio nel gemello del polsino abbandonato sul tappeto).

Se il riferimento più esplicito è a Meriggio [5] esposto da Felice Casorati alla propria personale in Biennale nel 1924, Cagnaccio qui risolve la monumentale composizione su un piano di estrema durezza figurativa, sotto una luce artificiale e violenta in cui la carica erotica dei nudi femminili, diversamente scorciati, è totalmente anestetizzata da un alone di morte e di gelo fortemente affine a contemporanee soluzioni proposte dalla Neue Sacklickeit tedesca.

Fanno da contrappunto a questa oggettualizzazione del corpo femminile Primo denaro (1928), sempre di Cagnaccio, e, nella sua esplicita ambiguità, Arcadia proposta da Carlo Levi alla XIV Biennale (1924) [6], e da corollario le più elegantemente classicheggianti tele di Mario Tozzi (La toeletta del mattino; 1922) [7] e, soprattutto, del romano Mario Broglio (Le nacchere, La piscina, Romanzo) in cui il nudo contemporaneo è rivisitato alla luce dei modelli classici. Classicismo che innerva, per l’ormai novecentista Ubaldo Oppi, Nudo disteso (1925) “più vero del vero, fa pensare a correnti attuali della ricerca di un realismo esasperato. Il tappeto rossastro buttato in diagonale in un cortile (lo stesso ambiente ospiterà tra poco i gelidi Chirurghi) accoglie un’odalisca di Ingres passata dallo studio di Delacroix […]. Un gelido calore, per ridare vita all’eterno mito di Pigmalione” (Maurizio Fagiolo dell’Arco, 1988).

Una parabola di breve durata

Il Realismo Magico, in realtà, conclude la propria parabola nell’arco di pochi anni. Questa formula riemerge a più riprese nelle opere di Edita Broglio (Ritratto di signora su tarsia), di Ferruccio Ferrazzi, di Ubaldo Oppi (il decisamente antinovecentista e nuovo oggettivo Tre chirurghi [8], del 1926), ma soprattutto degli “inflessibili” Cagnaccio di San Pietro e Antonio Donghi, i quali perseverano nella loro scelta poetica e stilistica per tutti gli anni Trenta e poco oltre.

Cagnaccio descrive l’atmosfera malinconica della laguna veneziana, la dignità silente delle due popolane vestite di nero e in preghiera in La sera [9], del 1923, con la stessa modalità analitica con cui descrive, dopo più di un decennio, le tensioni muscolari e lo sforzo dei due barcaioli che trascinano la barca, in L’Alzana (1935) [10], come un novello Lucas Cranach, o meglio come il nuovo oggettivo Christian Schad, e con lo stesso approccio dipinge ritratti austeri, quali L’operaia, così come, nei medesimi anni, Edita Broglio dipinge il raffinato ritratto femminile pensato come un intarsio quattrocentesco. Ma è Antonio Donghi a portare all’estremo limite la parabola realistico magica con l’incomunicabilità raggelata riconoscibile in Gli amanti [11], Bambini alla finestra e nel malinconico Pescatore, ma soprattutto nello smaltato ed emblematico Suonatrice di chitarra.

La cifra inconfondibile del Realismo magico è, dunque, l’idea di un approccio mimetico alla realtà, dove mimesis non è mai sinonimo di meccanica riproduzione naturalistica, quanto costruzione di una realtà artificiale, per quanto verosimile, in cui la vita viene congelata affinché sia possibile scorgerne l’incantato e tragico mistero. Distanti anni luce dal generale diffondersi del novecentismo, nelle sue diverse declinazioni,  e dal muralismo sironiano, i due artisti si ritirano ai margini dell’agone artistico e culturale poiché il mondo intorno a loro ha rinunciato al mistero, all’incanto dello sguardo, così come è rifuggito dalla lucidità critica e dalla descrizione analitica del quotidiano e della realtà contingente, insomma da quelle superfici smaltate, da quell’apparente distacco che, invece, dell’esistenza e del contingente è in grado di rivelare, inesorabilmente, tutte le contraddizioni interne e le irrisolte ambiguità.

La mostra

La mostra Realismo Magico in corso a palazzo Reale a Milano (dal 19.10.2021 al 27.02.2022) ripercorre le vicende, i temi prediletti e gli autori principali del fenomeno Realismo Magico attraverso una selezione di capolavori provenienti da un’importante collezione privata intorno alla quale si sono costruiti dei confronti e delle suggestioni con opere italiane e straniere. La mostra è dedicata alla memoria di Elena Marco che ha sempre creduto e sostenuto questo progetto e ad Emilio Bertonati, il gallerista che ha fatto conoscere l’arte del Realismo magico italiano e della Neue Sachlickeit tedesca a partire dai primi anni Settanta.

Per approfondire l’argomento con l’analisi di alcune opere presenti alla mostra milanese fatta dalla viva voce del curatore, puoi vedere il video:

Didascalie delle immagini

1 Carlo Carrà, Le figlie di Loth, 1919, olio su tela, 111×80 cm, Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto / Collezione VAF-Stiftung

2 Felice Casorati, Ritratto di Silvana Cenni, 1922, tempera su tela, 205 x 105 cm, collezione privata.

3 Arturo Martini, Gli amanti, 1920, bassorilievo in gesso patinato, 75 cm x 12 cm x 90 cm, Milano, Casa Necchi Campiglio.

4 Cagnaccio di San Pietro, Dopo l’orgia, 1928, olio su tela, 140 x 180 cm, collezione privata

5 Felice Casorati, Meriggio, 1923, olio su tela, 119,5 x 130 cm, Trieste, Museo Revoltella, Galleria d’Arte Moderna

6 Carlo Levi, Arcadia, 1923, olio su tela, 66,5 x 103,5 cm, Roma, Fondazione Carlo Levi in prestito permanente al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

7 Mario Tozzi, La toeletta del mattino. Composizione, 1922, olio su tela, 106 x 114 cm, Verbania, Museo del paesaggio

8 Ubaldo Oppi, Tre chirurghi, 1926, olio su tela, 148×123 cm, Vicenza, Musei civici

9 Cagnaccio di San Pietro, La sera, 1923, olio su tela, Genova, Galleria d’Arte moderna

10 Cagnaccio di San Pietro, L’alzana, 1926, olio su tela, 200 x 173 cm, Venezia, Collezione d’arte della Fondazione Cariplo di Venezia

11 Antonio Donghi, Gli amanti alla stazione (La partenza), 1933, 116 x 67 cm, Campodarsego (PD), Fondazione Chiara e Francesco Carraro