Giocando si impara con Arduino

È noto da sempre che ciò che apprendiamo attraverso il gioco, costa meno fatica e permane a lungo nel nostro bagaglio di conoscenze. Anche se non è facile creare modalità di apprendimento divertente nella scuola, ci è offerta una possibilità in questa direzione da Arduino, una simpatica interfaccia per PC, che permette di “inventare” piccoli automi e strumenti di misurazione più o meno complessi. Il concetto di base è che un PC è come un grande cervello ma senza mani, senza braccia  e con pochissimi organi di senso (la tastiera e il mouse). Arduino permette di espandere tutto questo. E’ una scheda elettronica che si collega direttamente tramite porta USB esattamente come un Pen Drive .

La scatola dei Lego

Proprio come con i mattoncini Lego, è possibile realizzare numerose e diverse applicazioni partendo da semplici componenti diversamente connessi fra di loro. La scheda è dotata di una serie di “pin” di connessione, ovvero dei piedini dove è possibile attaccare e staccare dei cavetti connettori, senza alcun attrezzo e senza alcuna saldatura. Oltre alla scheda è necessaria una tavoletta di connessione (la breadboard) predisposta anch’essa per il collegamento con i cavetti, con file di fori interconnessi fra di loro secondo una matrice. Su di essa si inseriranno i dispositivi che formeranno gli organi di senso,  le braccia e le gambe di Arduino. 

Gli “organi di senso”

Attraverso la breadboard è possibile collegare alla scheda qualsiasi tipo di sensore, ad esempio un sensore di pressione e temperatura, pH, movimento, posizione (angolare e lineare) ecc. È possibile trovare sensori con sensibilità più o meno elevata e conseguentemente anche con costi più o meno alti. Tuttavia per le finalità didattiche, sono sufficienti sensori non particolarmente sensibili, al costo di soli pochi euro per sensore. 

Il “cervello”

Dal PC, tramite apposito software (scaricabile in modo completamente gratuito) è possibile programmare Arduino per dirgli come e quando reperire i dati, dove depositarli e come rielaborarli. Il linguaggio di programmazione è abbastanza intuitivo, molto simile al C++, che molte classi e molti docenti già conoscono. Particolarmente interessante è la funzione grafica che permette di visualizzare l’andamento dei dati in arrivo sottoforma di funzione. Con la stessa finalità è anche possibile trasferire i dati direttamente su Excel per aggiungere ulteriori rielaborazioni, sia numeriche che grafiche. 

Le “braccia e le gambe”

Sempre attraverso il software è possibile anche dare ordini per la parte attiva, ovvero l’esecuzione di comandi diretti a dispositivi esterni. I comandi sono inviati sottoforma di segnale a bassa potenza, che risulta sufficiente nel caso di piccoli dispositivi, ad esempio diodi LED o di piccolissimi motori elettrici. Se si desidera governare potenze maggiori occorre predisporre un circuito di alimentazione apposito per questi dispositivi poi controllarne l’accensione attraverso un relè a sua volta comandato da Arduino (A corredo della scheda vengono forniti anche uno o più relè). In questo modo è possibile governare l’alta potenza come azionare un forno, una lampada, un motore ecc. 

E altro ancora…

Esistono intere comunità di appassionati che condividono su internet le loro applicazioni Arduino. La condivisione consiste nel fornire lo schema di collegamento della scheda e degli accessori e il codice software da caricare con il dispositivo. Questi siti mettono anche a disposizione manualistica, supporto per l’utilizzo delle istruzioni e chat per scambio di pareri e suggerimenti sui diversi progetti. Costituiscono un serbatoio di esperienze da cui attingere e da integrare con le esperienze nuove che la fantasia di ciascuno saprà suggerire. Tutto questo porta alla nascita di comunità virtuali di appassionati che si scambiano idee, accrescono le loro competenze in più ambiti, che giocano e che apprendono divertendosi.

Figura 1 Visione di insieme dell’interfacciamento di Arduino con sensori e dispositivi attuatori

Figura 2: Esempio di semplice dispositivo per la misurazione della CO2 prodotta da una fermentazione. Sul tappo del vaso è stato impiantato sensore di gas e di temperatura 

Figura 3: Esempio di una siringa modificata con aggiunta di sensore termobarometrico sullo stantuffo, utile per lo studio delle leggi dei gas

Figura 4: sito di acquisti on line con un esempio di scheda Arduino con alcuni accessori (Starter kit) e rispettivo costo. Nel medesimo sito, ricercando la parola “Arduino” compaiono oltre 9000 articoli

Comment combattre le blues d’après-fêtes?

Chacun de nous connait très bien les conséquences psychologiques de la rentrée après les vacances de Noël : chagrin, sensation de vide, mélancolie et retour du stress au travail. Nos élèves ne vont pas se soustraire à cette sorte de « spleen » qui caractérise le retour à la normalité. Fini la grasse matinée et les longs moments consacrés aux interactions sociales, aux sorties et à l’insouciance typique des vacances, ils rentrent à l’école assez déprimés. En plus, le mois de janvier constitue une période assez chargée en vue de la remise du bulletin scolaire. 

Face aux changements, notre corps a normalement besoin d’une phase de transition entre le bonheur à toute heure et le retour aux responsabilités. Il s’agit d’une sorte de « deuil » qu’il ne faut absolument pas éviter, mais chercher à vivre. Surtout, il faudrait transformer la nostalgie en d’excellents souvenirs. Comment ? Par exemple en proposant des activités amusantes et stimulantes comme l’organisation d’un voyage ou d’une vacance qu’on voudrait faire, d’une fête ou d’une soirée-karaoké entre copains, d’un bon diner pour sa famille ou ses amis, d’une friperie à domicile, d’une « veillée-animes », de moments de détente partagés, ….  

Et s’il est vrai qu’on ne peut pas éviter de parler de la journée internationale dédiée à la mémoire des victimes de l’Holocauste du 27 janvier, on peut également présenter les événements prévus ce mois comme le Carnaval de Guadeloupe et de Dunkerque, la Grande Odyssée Savoie Mont Blanc, la fête de la truffe, les Premiers Plans d’Angers, le Festival du Film Fantastique, le Festival de la Bande Dessinée, le Festival du Court Métrage, ou encore la fête du saint patron des vignerons.

Le but doit être celui de faire perdurer, un tantinet soit peu, les bienfaits des vacances et de ne pas retomber dans la routine qui assomme. Qu’il s’agisse de raconter, chanter, discuter, jouer, peu importe. Ce qui compte est le divertissement qui engendre toujours une dynamique joyeuse et stimulante ! Alors, vous êtes prêts à repartir du bon pied ?

Bibliographie

Sur la rentrée après les vacances de Noël :

Sur les événements de janvier 2023 :

Nebrija, el barquero que llenó el océano de palabras

Antonio de Nebrija tenía una mentalidad abierta, novedosa y pionera. Estas características hicieron que se convirtiera en el primer puente intelectual entre España y el Nuevo Mundo, no solo porque su gramática sirvió de inspiración para la redacción de las gramáticas y de los diccionarios de lenguas amerindias, sino también porque introdujo en su Vocabulario español-latino de 1495 la palabra canoa, primer término de una lengua precolombina en una obra lexicológica española y europea, solo tres años del primer contacto entre las dos culturas. 

Desde entonces el flujo de ida y vuelta no ha dejado de producir nuevas palabras, nuevas acepciones y de enriquecer el léxico del que disponemos los hispanohablantes (cfr. https://www.asale.org/damer/) como demuestran las recientes incorporaciones en la actualización 23.6 del diccionario en línea de la Real Academia Española (RAE): ej. ma, mujer o mama, o forro, persona muy atractiva (México).

Por eso, os aconsejo que, si viajáis a Madrid o alrededores entre enero y abril, visitéis la exposición Nebrija (c. 1444-1522), el orgullo de ser gramático (https://www.bne.es/es/agenda/exposicion-antonio-de-nebrija), que se puede ver en la Biblioteca Nacional hasta el 9 de abril para seguir descubriendo su genial figura. 

En el siguiente enlace podéis ver algunas actividades que se celebrarán durante estas semanas: https://www.nebrija.com/vcentenarioantonionebrija/conmemoracion-nebrija-2022.php

V centenario con sorpresa

La exposición, además de mostrar incunables, diccionarios y manuscritos, esconde una sorpresa final: un vídeo en realidad virtual, en el que con brío entrelaza dos sucesos vitales que tuvieron lugar durante el reinado de los Reyes Católicos: la construcción de la gramática de Nebrija y el viaje de Colón a América. 

 

Por cierto, ¿sabéis cuál fue el primer vocablo registrado en italiano? ¿En qué obra apareció? ¿No? Pues buscadlo, seguro que os llevaréis una agradable sorpresa.

La Croazia nello spazio Schengen e nell’area euro

Dai documenti originari alle registrazioni in P.D.

Profumi in Grecia e a Roma

I profumi hanno una particolare rilevanza in ambito storico, a causa della loro duplice natura. Da un lato infatti sono sostanze impalpabili, ma capaci di suscitare memorie ed emozioni, agendo direttamente sull’emotività umana: sono stati spesso al centro della riflessione dei pensatori del passato, e dunque sono utili indicatori per indagare la cultura dei vari popoli. D’altra parte sono anche beni materiali, inseriti in un processo di produzione e commercializzazione che permette di studiare il funzionamento delle economie antiche. 

Il profumo degli dei 

La connessione tra i profumi e la sfera del divino è sempre stata molto forte, forse proprio a causa del loro carattere effimero, intangibile, quasi spirituale. Le epifanie degli dèi sono segnalate da un profumo intenso e piacevole e alcune divinità in particolare, come Afrodite, hanno un rapporto strettissimo con i fiori e le essenze che da essi si ricavano: in una delle sue prime apparizioni nella letteratura occidentale, nel XXIII libro dell’Iliade, vediamo la dea della bellezza intenta a cospargere di olio di rosa il cadavere di Ettore, per preservarlo dalla corruzione.

Anche il nettare e l’ambrosia di cui i celesti si nutrono emanano un aroma soprannaturale, e lo stesso vale per alcuni luoghi riservati agli immortali, come le Isole dei beati, descritte per esempio da Luciano nel suo “romanzo di fantascienza” La storia vera. Inoltre il mito racconta innumerevoli vicende di fanciulli e fanciulle bellissimi e sfortunati, che dopo una tragica morte sono stati trasformati in fiori o essenze aromatiche. La vicenda più nota è forse quella di Mirra, l’eroina cui anche Vittorio Alfieri dedicò una memorabile tragedia.

La ragazza, figlia del re degli Assiri Cinira, colpita dalla vendetta di Afrodite si innamora del padre e, dopo essersi unita a lui sotto mentite spoglie, per il disonore viene tramutata nella pianta dalle cui lacrime ha origine la preziosa resina che prende il suo nome. Il legame tra profumi e divinità si riscontra anche in uno degli utilizzi principali e più antichi che le essenze avevano nel mondo antico: l’incenso in particolare veniva usato nelle cerimonie religiose e, secondo alcuni autori, come Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) e Porfirio (III-IV sec. d.C.), fu solo in un secondo momento, quando l’umanità divenne più sofisticata, ma anche più corrotta, che si cominciò a bruciare e spargere incenso e altri aromi in occasione di nozze, funerali, banchetti e gare sportive. 

Il miglior profumo? Nessun profumo.

Le affermazioni di Plinio il Vecchio si collegano alla sua posizione moralista e critica nei confronti del profumo, visto come un lusso dispendioso proveniente dall’Oriente, che ha corrotto gli austeri costumi italici. Anche per i Greci il profumo ha un’origine orientale e “barbara”: i raffinati Lidi ne hanno insegnato l’uso ai Persiani e ai Greci d’Asia, cosicché per un Ateniese dalla vita frugale come Socrate l’eccessiva profumazione si addice a un animo servile e molle. In linea con la misoginia tipica della società greco-romana, è molto diffuso in letteratura l’assioma per cui una donna troppo profumata non può essere del tutto onesta: è emblematico in proposito il verso di Plauto (III-II sec. a.C.), divenuto proverbiale a Roma, mulier recte olet, ubi nihil olet, “una donna profuma in modo onesto quando non profuma di niente” (Mostellaria, v. 273).

Personaggi “negativi” come il golpista Catilina, il corrottissimo Verre e la regina Cleopatra (autrice forse di un trattato Kosmetikon, su belletti e profumi), sono stigmatizzati anche per la loro eccessiva familiarità con aromi ed essenze, strettamente connessi alla loro natura lasciva e pericolosa. Il lusso spropositato, di cui i profumi sono uno status symbol, è stato perciò spesso colpito anche dagli strali dei legislatori, fin dal VI secolo a.C., da parte dell’ateniese Solone, e poi a Roma, per esempio con la legge Oppia, varata nel 215 a.C., contro la quale scesero in piazza (precisamente in Campidoglio) le matrone romane, per chiedere che venisse mitigata. 

Chi disprezza compra   

L’aura negativa che accompagnava le essenze aromatiche si estendeva anche ai profumieri che le producevano e vendevano ed erano spesso di origine orientale, schiavi o liberti, considerati perciò, dai soliti autori benpensanti, persone vili, a conferma del generale discredito in cui si trovano le professioni manuali nel mondo greco-romano. Il pregiudizio di pensatori e legislatori non ostacolò però in alcun modo l’enorme successo commerciale dei profumi.

Sia ad Atene che a Roma esistevano quartieri interamente riservati alle botteghe dei profumieri, alcuni dei quali talmente noti che la loro fama è giunta fino a noi. In Grecia era celebre Plangone, una profumiera vissuta forse nel III secolo a.C., che ha dato il suo nome a un’essenza, il plangonion; nell’agorà di Atene lavoravano i profumieri anonimi cui si rivolse nel IV secolo a.C. Teofrasto, filosofo allievo di Aristotele, per ricavare informazioni tecniche da inserire nel suo trattato Sui profumi, il più antico sull’argomento.

A Roma, in età imperiale, operava invece Cosmo, citato spesso negli epigrammi di Marziale: amatissimo dalle clienti, confezionava pasticche profumate per rinfrescare l’alito e, naturalmente, un profumo battezzato col suo nome, il cosmianum. L’industria profumiera era dunque floridissima e sosteneva l’economia di intere regioni: l’India e l’Arabia felix, innanzitutto, ma anche Egitto, Giudea, le isole Cicladi e, in Italia, la Campania, che, secondo la tradizione, aveva sedotto coi suoi lussi e profumi persino l’esercito di Annibale, di stanza a Capua dopo la vittoria di Canne (216 a.C.), infiacchendolo a tal punto da determinarne la successiva disfatta. 

Quali profumi?  

Ogni importante profumiere, come si è visto, metteva a punto una sua personale ricetta profumata, proprio come avviene oggi con le maisons d’alta moda, ma gli ingredienti e i processi di produzione erano grosso modo analoghi: a una base di olio (d’oliva, di mandorle dolci, di sesamo) o acqua si mescolavano essenze aromatiche ricavate dalle piante (fiori, foglie, rami, radici o resine). I profumi che se ne ricavavano erano particolarmente delicati e sensibili al calore, perciò venivano conservati in recipienti di alabastro, nella cui fabbricazione erano specializzati i vasai dell’Attica e di Corinto e che sono stati infatti ritrovati in grande quantità dagli archeologi.

Tra le essenze più popolari e più antiche vi era l’olio di rosa, rhodinon, che conteneva in effetti una varietà di ingredienti, oltre ovviamente alle rose; particolarmente apprezzato era quello prodotto in Campania, a Napoli, Paestum e Pompei, dove si diceva che questi fiori avessero una fragranza speciale e sbocciassero due volte l’anno. La regione greca di Elide, patria della profumiera Plangone, era rinomata invece per il profumo all’iris, irinon; sull’isola di Cipro d’altronde, legata al culto di Afrodite e al suo mito, sono stati trovati resti di laboratori per la fabbricazione di essenze profumate risalenti al II millennio a.C.: particolarmente rilevante era qui la produzione del cipro, un’essenza che prende il nome appunto dall’isola, da cui si ricava il colorante noto come henna/henné. 

Ma gli aromi più preziosi e costosi erano quelli esotici: cassia, incenso, mirra, cinnamomo e nardo nati in Arabia felix, raccolti ed esportati dalla tribù dei Sabei, che vivevano di questo commercio ottenendo guadagni ingentissimi; cinnamomo e cardamomo dell’India, che avevano affascinato già Alessandro Magno; il balsamo di Giudea, una resina profumatissima ricavata da alberi che crescevano solo in due giardini di proprietà del re. Molte di queste sostanze, per esempio l’incenso e la mirra, ma anche i diversi oli profumati ai fiori, avevano inoltre un uso farmaceutico, come testimonia il medico greco Dioscoride nel suo trattato Materia medica (I d.C.).

Si usavano poi anche in cucina, sia per aromatizzare il vino (con mirra, mele cotogne, mirto, timo, ecc.) sia per impreziosire le pietanze che facevano bella mostra di sé sulle tavole dei più ricchi durante i banchetti, cucinate da veri e propri chef dell’epoca, come il celebre Apicio (I-II d.C.). Nel suo libro di ricette L’arte culinaria il cuoco vissuto ai tempi dell’imperatore Tiberio menziona una grande quantità di spezie indispensabili per la perfetta riuscita dei piatti, che sono per lo più quelle presenti anche nei ricettari moderni: zafferano, pepe, zenzero, sesamo, menta, origano, scalogno, ecc. 

Un piacere costoso

Per giungere fino in Grecia e poi a Roma, molti di questi aromi dovevano essere trasportati lungo tragitti di chilometri per mare e per terra, e perciò avevano costi altissimi, che superavano, secondo Plinio il Vecchio, i 400 denari la libbra (circa 327 grammi), ovvero (con molta approssimazione) intorno ai 9000 euro di oggi. Se pensiamo al fatto che tuttora un grammo di zafferano di buona qualità costa tra i 20 e i 30 euro, la notizia di Plinio non ci stupisce più di tanto, mentre forse condividiamo in parte il suo sconcerto, riflettendo sui costi stratosferici raggiunti dai profumi esposti nelle vetrine dei negozi di via Montenapoleone a Milano, o via del Corso a Roma, corrispondenti odierni delle botteghe di Cosmo e dei suoi colleghi, nel Vicus Tuscus o nel Vicus Unguentarius.

Allora come oggi, però, al profumo si associavano una serie di significati emotivi, sociali, culturali, che valevano di certo la spesa, almeno per chi se lo poteva (e se lo può) permettere.         

Per Approfondire

Consigli di lettura:

  • Giuseppe Squillace, Le lacrime di Mirra. Miti e luoghi dei profumi nel mondo antico, Il Mulino, 2015
  • Teofrasto, I profumi, a cura di Francesca Focaroli, La vita felice 2009
  • Plinio il Vecchio, Storia naturale, 3.1. Botanica (libri 12-19), Einaudi 1984 
  • Dioscoride, De materia medica, Anguana edizioni 2022
  • Apicio, Antica cucina romana, a cura di Federica Introna, Rusconi 2018      

La Shoah: una memoria condivisa

Le ferite di una giovane nazione

La memoria dell’Olocausto si sviluppa ovviamente nello stato d’Israele prima che altrove, dal dopoguerra. Le ferite aperte nel corpo della giovane nazione sono profonde e sanguinanti. Alla fine degli anni Cinquanta, il governo israeliano stabilizza Yom HaShoah, la giornata del ricordo, il 27° giorno di Nissan, data mobile fra aprile e maggio. Si tratta, però, di una dinamica memoriale ancora tutta interna alle comunità ebraiche, come del resto conferma la scelta della giornata secondo il calendario tradizionale.

La memoria dell’Olocausto negli altri paesi

Bisogna attendere l’ultimo decennio del XX secolo perché molti paesi si dotino di una memoria “fissa” della Shoah. In generale, nei primi lustri post-bellici prevale piuttosto la rimozione del tema: basti pensare al lungo tempo impiegato da Se questo è un uomo di Primo Levi per diventare un successo editoriale. 

Gli Stati Uniti di Jimmy Carter dal 1978 per primi hanno iniziato un percorso che avrebbe condotto nel 1993 all’inaugurazione di un imponente museo/memoriale nazionale dell’Olocausto. L’attenzione riservata ai diritti umani sotto l’amministrazione Carter (1977-1980), nonché la conclusione degli accordi di pace di Camp David fra Israele ed Egitto (1978), sono stati supportati da un forte recupero culturale dell’esperienza drammatica dello sterminio degli ebrei in Europa. Lo testimonia, fra l’altro, la miniserie televisiva Holocaust, programmata proprio nel ‘78 dalla rete NBC e poi tradotta e replicata da altre emittenti a livello mondiale. 

Altri paesi hanno poi sviluppato politiche analoghe: la Francia ha fissato la data del ricordo nel 1993, utilizzando una memoria “interna” (il 16 luglio, anniversario del rastrellamento del Velodromo d’Inverno nel 1942); la Germania nel 1996 ha scelto invece la liberazione di Auschwitz (27 gennaio), e così hanno fatto la Gran Bretagna e l’Italia nel 2000.

La decisione italiana e delle Nazioni Unite sul 27 gennaio

L’Italia ha scelto il 27 gennaio dopo una discussione nel corso della quale è stata scartato il giorno del rastrellamento del ghetto di Roma (16 ottobre 1943). In un primo momento, si è cercato di “nazionalizzare” il ricordo dell’Olocausto, collegandolo ad un evento accaduto nel proprio territorio; dagli inizi del XXI secolo si è invece imposta una data comune, il 27 gennaio, suggellata dalle Nazioni Unite nel 2005.

Il patriottismo dell’Umanità

L’aspetto più significativo è rappresentato proprio dall’assunzione del 27 gennaio a data simbolo per l’intera Europa. Diversamente da quasi tutti i paesi del mondo, l’Unione si ritrova accomunata non dal ricordo di una vittoria, ma dalla ripulsa dell’antisemitismo, dal quale tutti i popoli del vecchio continente sono stati contagiati, in una fase o nell’altra della loro storia. Si celebra una sconfitta comune, quindi, in nome di un “patriottismo dell’Umanità”. E’ una novità assoluta e importante nel panorama delle diverse “memorie collettive” che animano (e hanno animato) il pianeta – in genere nazionaliste e molto etnocentriche -, della quale dovremmo tutti essere orgogliosi.

Per approfondire

Dal manuale di Storia Come siamo – La storia ci racconta di Roberto Balzani:

I festival da non perdere a febbraio

Una notte tra le pagine di Italo Calvino a 100 anni dalla sua nascita.

Ogni anno intorno al 23 febbraio, Reggionarra entra nelle case con la Notte dei Racconti, proponendo, a ogni edizione, un tema insieme a una bibliografia e invitando a leggere, narrare ed ascoltare storie tutti insieme, alla stessa ora. Possono aderire scuole, biblioteche, soggetti pubblici e privati, in Italia, in Europa e nel mondo intero.

Per costruire un racconto collettivo della serata anche sui social media, ogni partecipante può condividere le immagini della propria Notte dei Racconti con #reggionarra.

https://www.reggionarra.it/

Premi letterari 2022

Ogni anno in Italia vengono assegnati numerosi premi letterari, e molti di questi sono dedicati ai più giovani. In questa pagina abbiamo raccolto alcuni dei romanzi vincitori dei principali Premi assegnati nel 2022, romanzi che sono destinati a una fascia d’età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Esplora la sezione per scoprire gli autori e le opere premiate, le motivazioni della giuria e gli incipit dei romanzi.

Per ulteriori segnalazioni, vi invitiamo a scriverci all’indirizzo email leoperedirosettazordan@gmail.com.

Premio Orbil

Narrativa 11/14

Quattro sorelle. Enid

Malika Ferdjoukh, traduzione di Chiara Carminati, Pension Lepic

Motivazione della giuria: Pension Lepic ha portato in Italia e ai giovanissimi lettori, coetanei delle protagoniste, un vero romanzo; un romanzo familiare capace di affrontare grandi temi con vivacità e leggerezza consapevole, con grazia e fine attenzione nel guardare ai personaggi e alle loro vicende. Vicende minute e vicende grandi, svolte con un andamento pienamente narrativo, vivace e appassionante.

Enid ci conduce dentro al sentire delle sorelle Verdelaine e ci svela un’intimità profonda che genera empatia ed emoziona il lettore. Lo fa, inoltre, senza tralasciare momenti avventurosi e quel ritmo spensierato dello scorrere naturale degli eventi che ha desiderio di futuro. Un insieme di elementi compositivi e stilistici essenziali per appassionare i ragazzi.

La scrittura di Malika Ferdjoukh è precisa, intensa, divertente; ma è soprattutto la ricchezza di parole ad ammaliare il lettore. Una minuzia narrativa cesellata con grande maestria, da artigiana della parola, che la traduzione di Chiara Carminati ha saputo restituire con grande sapienza.

Premio Strega ragazzi e ragazze

Categoria 11+

Giuditta e l’orecchio del diavolo 

Francesco D’Adamo, Giunti Editore

Motivazione della giuria: Francesco D’Adamo orchestra con sensibilità una storia ambientata negli anni della lotta per la liberazione dal nazifascismo, esplora la memoria e la complessità di un passaggio fondante della nostra democrazia facendo emergere dalla pagina gli odori e i rumori della montagna, il freddo delle case e le relazioni tra i protagonisti. 

 

 

Premio Andersen

Miglior libro 9/12 anni

Il segreto 

Nadia Terranova e Mara Cerri, Mondadori

Motivazione della giuria: Per un’opera completa in cui testo e illustrazioni si mantengono linguaggi distinti ma capaci di fondersi felicemente, restituendo al lettore le atmosfere della storia e la sensazione di spaesamento e inadeguatezza della protagonista, alle prese con le difficoltà dell’adolescenza. Per la forza e contemporaneamente la delicatezza con cui vengono ritratti i personaggi che si muovono tra le pagine, intensi e affascinanti. Per una narrazione in equilibrio tra reale e fantastico, in una sospensione avvolgente, tanto malinconica quanto festosa.

 

Miglior libro oltre i 12 anni

Tutto daccapo 

A-Dziko Simba Gegele, traduzione di Raffaella Belletti, Atmosphere Libri

Motivazione della giuria: Per la capacità, attraverso una scrittura di pieno impatto, di far risuonare la voce fresca e autentica di un adolescente alle prese con le difficoltà dell’età, senza minimizzarle. Per la costruzione di una rete di affetti spigolosa e al tempo stesso accudente, in cui non è facile emergere e far prevalere il proprio punto di vista. Per le ambientazioni affascinanti, tra salite e discese di un’isola percorsa in lungo e in largo in bicicletta, trovando lo spazio per essere se stessi, anche solo per un minuto.

 

Premio Cento

Sezione scuola secondaria di primo grado

Bianco

Laura Bonalumi, Il Battello a vapore editore

La neve non smette di cadere: dopo un mese, la meraviglia iniziale lascia il posto al terrore e alla morte. La città si trasforma in un deserto freddo, affamato, sofferente, disperato, specchio delle azioni dell’uomo. Sette persone si rifugiano in una chiesa, ciascuno ha lasciato sepolto nella neve qualcosa di prezioso, tutte hanno la stessa speranza di salvezza. Le parole eterne dei libri che legge Isabella, la voce narrante, sembrano essere l’unica ancora che li lega alla vita. Un thriller serrato, potente, disarmante, un romanzo di formazione profetico e spirituale, alla ricerca di una divinità perduta, e metafora della condizione umana in cui riscoprire il valore del prendersi cura di sé e degli altri.

Premio Campiello Junior

Questa notte non torno

Antonella Sbuelz, Feltrinelli

Aziz e Mattia si incontrano per caso una notte: Mattia è scappato di casa e Aziz, dopo il lungo viaggio, è arrivato in Italia e dorme vicino a una siepe, solo e affamato. Mentre Mattia gli dà da mangiare il poco che ha e lo accoglie nel suo rifugio segreto nei sotterranei di una scuola, Aziz gli racconta la sua storia. Nella notte, però, Mattia si accorge che il ragazzino afghano scotta e ha la febbre alta. Cercando di aiutarlo, Mattia scopre la vera identità di Aziz, che non è affatto chi sembra. Un finale inatteso per una storia che alterna ai colpi di scena la scoperta più emozionante: quella dell’amicizia, dell’amore, dell’umanità.

 

Premio Leggimi forte

Sezione ragazzi

Senza una buona ragione 

Benedetta Bonfiglioli, Pelledoca

Motivazione della giuria: Per una scrittura ficcante e tagliente, che nulla tace nel raccontare una vicenda dolorosa ma vera, in cui dinamiche e conseguenze del bullismo vanno a incidere sul percorso di autodeterminazione di una adolescente. Per la capacità di evitare didascalismi, mantenendo lucida aderenza alla realtà nel raccontare le difficoltà del crescere e di intessere relazioni, anche e soprattutto in un contesto crudele. Per un romanzo che non lascia nulla al caso e tiene col fiato sospeso, riuscendo a sorprendere il lettore di fronte all’insensatezza di alcune azioni.

Premio Gigante delle Langhe

Narrativa adolescenza

Città d’argento

Marco Erba, Rizzoli

A Srebrenica, nel 1995, viene scritta una delle pagine più nere della storia europea degli ultimi settant’anni. Ma Greta non ne sa quasi nulla: lei, nata a Milano, è concentrata sulla scuola e sulla sua passione, il nuoto. Non è mai stata in Bosnia, anche se metà della sua famiglia viene da lì. Non sa nulla dell’infanzia di suo padre Edin, delle intere giornate che ha passato, lui musulmano, a giocare nei boschi con Goran, l’inseparabile amico serbo. Dal passato, però, non si può fuggire, e così Greta si ritrova a scavare nella storia della sua famiglia, tornando laggiù dove tutto è cominciato. Dall’autore di Fra me e te, un romanzo che ci riporta a vicende dei Balcani di ieri e che ci insegna tanto anche sull’oggi, mettendoci in guardia dal fatto che la paura (in questo caso del diverso per religione) può diventare odio e persino guerra. E che ci restituisce con tocco lieve e potente insieme un ritratto di ragazzi stupendi, capaci di ripartire, di sognare un futuro diverso, oltre ogni frontiera e distanza.

Premio La storia più importante

Un pinguino a Trieste

Chiara Carminati, Bompiani

Sono molte le cose che Nicolò non sa di suo padre. Non sa dove si trovi, prima di tutto: in un campo di prigionia in Eritrea, così si diceva. Ma la guerra è finita e lui non è tornato. Quando un articolo di giornale lascia intravvedere un’altra possibilità, per inseguirla Nicolò s’imbarca come piccolo di camera sulla motonave Europa, undicimila tonnellate, velocità venti nodi, destinazione Sud Africa. È la fine di marzo del 1953. A quindici anni lascia tutto ciò che conosce: Trieste, lo zio Franco che l’ha ospitato e l’ha fatto studiare, Irma, la bella sarta che gli fa da sorella maggiore e da confidente. A bordo affronta mille regole, lavora con persone che gli vogliono bene e con persone che lo detestano, e incontra Susanna, capelli di cannella, lentiggini come miele, occhi verdissimi dietro le lenti, da subito sua complice. E a terra, in città sconosciute – Durban, Cape Town – dove si parlano lingue sconosciute, insegue, solo e ostinato, la pista che lo porterà davanti a un uomo segnato dal dolore. Un romanzo di crescita e di scoperta del mondo, ideale compagno di Fuori fuoco, con cui ha in comune lo stile limpido e la tessitura fitta e precisa di storia, cronaca e immaginazione: e c’è posto anche per un piccolo pinguino vero, clandestino a bordo dell’Europa e poi consegnato a una lunga, onorata carriera come mascotte della città di Trieste.