La fase dell’asciutta nella bovina da latte

L’asciutta è l’interruzione forzata della lattazione che permette alle bovine di effettuare un periodo di pausa e di riposo per prepararsi alla successiva lattazione. Le motivazioni che sono alla base di questa fase di allevamento sono: 

  • garantire un periodo di ripristino dell’ambiente ruminale;
  • garantire il ripristino del tessuto ghiandolare secernente della mammella;
  • soddisfare i fabbisogni fetali;
  • ripristinare e mantenere le riserve lipidiche corporee (BCS – Body Condition Score).

La fase dell’asciutta ha una durata convenzionale di 60 giorni (Sguerrini, 2015) e risulta un momento improduttivo dove le bovine rappresentano esclusivamente una voce di costo per il bilancio aziendale.

Diversi studi scientifici hanno evidenziato che, un’asciutta con una durata pari a 35 giorni, può far diminuire la produzione di latte di una quantità che può variare tra il 20% e il 4,4% in meno nelle lattazioni successive (Santschi et al., 2014). Questa perdita può essere compensata dalla produzione di latte che può variare tra i 400 e i 500 kg in più durante i giorni di extra lattazione. L’asciutta con una durata ridotta a 35 giorni inoltre garantisce una miglior efficienza ruminale in termini di minore stress dovuto al cambio dieta e miglior ripresa dell’attività ruminale nel post parto/inizio lattazione. Questo a patto che le diete formulate per l’asciutta siano ben equilibrate (Drackley, 2011).

Durante il periodo di asciutta emergono però due importanti criticità che possono evidenziarsi nei primi 15-20 giorni dopo l’ultima mungitura (periodo chiamato dry-off) e, successivamente, nei 15-20 giorni che precedono il parto (periodo chiamato close-up).

Ci concentriamo qui sulla prima criticità che vede, a seguito della messa in asciutta, l’alta probabilità di insorgenza di mastiti cliniche o subcliniche (Schukken et al., 2011) che, successivamente, non verranno diagnosticate generando ingenti perdite economiche (la causa è la mancanza di controlli oggettivi da parte degli allevatori in concomitanza dell’ultima mungitura). La mastite è un’infiammazione della ghiandola mammaria dovuta a diverse cause che prevalentemente si riconducono a infezioni di tipo batterico (Zecconi et al., 2013). Per tale motivo la cura di queste patologie avviene con l’utilizzo di terapie a base di principi attivi antibiotici. Le nuove norme comunitarie (reg. 2019/6 EU) di tracciamento, controllo e uso dei farmaci veterinari promuovono un uso più consapevole degli antibiotici al fine di contrastare l’antibiotico resistenza (AMR – Anti Microbial Resistance). Durante la messa in asciutta, in concomitanza con l’ultima mungitura, è prassi consolidata trattare gli animali con una terapia antibiotica ad ampio spettro d’azione con un tempo di sospensione pari a 60 giorni. Questa strategia però vanifica gli obiettivi comunitari di riduzione dell’uso di antibiotici perché prevede l’utilizzo indiscriminato di farmaci anche su animali sani. Una recente indagine ha evidenziato che il 53% degli allevamenti italiani utilizza ancora questa strategia, il 9% non utilizza nessun antibiotico ed il 38%, invece, applica la terapia antibiotica selettiva (Bonellli et al., 2020).

La terapia antibiotica selettiva prevede di somministrare il farmaco solo a quegli animali che evidenziano un numero di cellule somatiche superiore alle 200.000 cellule/ml (Zecconi, 2019). L’utilizzo dell’asciutta selettiva permette di diminuire l’utilizzo di antibiotici generando un notevole risparmio economico senza causare perdite produttive e senza influire negativamente sulla salute delle bovine. 

Tema di discipline turistiche aziendali

Coltivare lettori

Leggere a voce alta fin dai primi mesi di vita

Una ricerca scientifica presso la Ohio State University ha calcolato il bagaglio lessicale dei bambini che entrano a scuola in relazione alla quantità di libri che sono stati letti loro dalla nascita fino ai 5 anni. Sembra infatti vi sia una correlazione tra la proprietà lessicale e la quantità di parole conosciute dai bambini ai quali sono stati letti molti libri.

Stiamo parlando di una differenza impressionante: i bambini piccoli a cui i genitori leggono cinque libri al giorno entrano alla scuola dell’infanzia dopo aver sentito circa 1,4 milioni di parole in più rispetto ai bambini ai quali non sono mai stati letti libri. Questa ricerca fa nascere una riflessione: quanto fondamentale può essere la lettura ad alta voce, fin dai primi mesi, ma soprattutto lungo tutto l’arco scolastico?

Leggere a voce alta a scuola

La letteratura per l’infanzia ha il potere di arricchire il mondo interiore dei nostri bambini e delle nostre bambine, ma allo stesso tempo pone domande, fa nascere curiosità, costruisce significati nuovi e diversi, apre orizzonti di senso e fa crescere il desiderio di leggere ancora. Fin dai primi giorni di scuola l’insegnante con la lettura ad alta voce può seminare il piacere della bellezza, attraverso la lettura di storie sempre diverse ma soprattutto di qualità. L’orizzonte da tenere a mente è sicuramente ampio e non raggiungibile in tempi brevi, perché ci vuole tempo, per formare “lettori per sempre, abituati a ricavare una reading zone lungo l’intero arco della vita, buongustai della lettura e delle storie” (S. Pognante).

Comprendere e interpretare

Quando parliamo di formare lettori intendiamo bambini e bambine abituati ad andare in profondità delle storie, dove il piacere della lettura passi anche attraverso i collegamenti e le connessioni con la propria vita e con i significati molteplici delle narrazioni. Infatti se abituiamo i nostri alunni e le nostre alunne a riconoscere e interpretare i segnali forniti dal testo, saranno in grado di comporre significati e potranno confrontarsi con la pluralità di orizzonti che le storie aprono.

Buone pratiche di lettura a scuola 

  1. Lettura come abitudine e non solo come riempi-tempo: è fondamentale dedicare un tempo specifico per la lettura, sia individuale, che di gruppo. Non basta infatti leggere in classe gli ultimi dieci minuti prima della campanella, ma la lettura necessita di un tempo dilatato e dedicato. Una buona abitudine è quella di riservare almeno 15 minuti al giorno di lettura autonoma con i più piccoli, aumentando sempre di più il tempo. Inoltre, nel laboratorio di lettura, è previsto anche un tempo dedicato per la lettura collettiva ad alta voce.
  2. Anche l’insegnante legge: durante i momenti di lettura dedicati, anche l’insegnante con il proprio libro legge, dà l’esempio e dialoga di lettura con i propri alunni e le proprie alunne.
  3. Spazio dedicato: all’interno della classe possiamo dedicare uno spazio specifico per la lettura, un angolo con cuscini o tappeti, dove il momento della lettura sia anche comodo e personale. Nella mia classe, ad esempio, i bambini e le bambine si tolgono le scarpe e si mettono comodi quando è ora di leggere.
  4. Quantità di libri a disposizione: i libri devono essere a portata di mano, dovremmo avere in classe una piccola biblioteca e uno spazio dove bambini e bambine possano prendere facilmente i libri e gli albi letti insieme e sfogliarli, leggerli e approfondirli, da soli o insieme.

Parlare di libri

L’esplorazione di un libro fatta in modalità collettiva non ha sicuramente lo scopo di verificare la comprensione del testo o il suo gradimento, ma tende a mettere il lettore al centro, che come un detective individua gli indizi per costruire significati e categorie. Dobbiamo fare attenzione alla modalità con cui parliamo di libri con bambine e bambini, in quanto vi sono domande che inibiscono la conversazione, perché richiedono categorizzazioni e richieste specifiche, che non abituano i lettori ad andare a fondo.

Le domande non funzionali sono ad esempio: di cosa parla il libro? Chi sono i personaggi? Ti è piaciuto? Che cosa ci insegna la storia?  Dall’altra parte alcune domande funzionali invece sono: Cosa ne pensate? Avete notato qualcosa di interessante? Come lo sapete? Come si capisce che..? Puoi farci vedere dove hai visto..? Il nostro obiettivo è quello di fare in modo che i significati e le categorie, insieme all’interpretazione, siano costruiti sul campo, attraverso l’analisi collettiva e approfondita del testo.

Giocare con i libri

  • La copertina. Prima dell’inizio della lettura, in circle time, con bambini e bambine si può osservare la copertina e andare a caccia degli indizi che le immagini forniscono, chiedendo di esplicitare aspettative o ipotesi sulla storia. In questo modo si inizia a lavorare sulle inferenze, stimolando all’osservazione attenta ai dettagli e alla rielaborazione dei suggerimenti per accedere ai significati della storia.  Al termine della lettura si verificano insieme le ipotesi iniziali. All’inizio è anche possibile nascondere il titolo per stimolare le ipotesi anche su questo, e alla fine chiedere a bambini e bambine quale titolo potrebbe andar bene per la storia letta, svelando l’originale solo alla fine. 
  • Stop alla storia. L’insegnante nel mezzo della lettura, magari in un momento significativo della narrazione, può fermarsi improvvisamente chiedendo alla classe di fare ipotesi sulla continuazione, anche in base ai dettagli raccolti nella prima parte della storia. Qui si aprirà una conversazione di approfondimento, dove potremo stimolare a raccontare ipotesi esplicitando anche il pensiero che li ha portati a tali conclusioni. Lavoreremo ancora una volta sulle inferenze e aiuteremo gli alunni e le alunne a costruire significati in un processo attivo di costruzione e scoperta.
  • L’intervista. A lettura conclusa possiamo chiedere a bambini e bambine di preparare un’intervista per un personaggio della storia. Per poter costruire domande mirate e precise si dovrà fare un’analisi attenta dei dettagli relativi alle azioni, ai pensieri, ai luoghi. In questo modo aiuteremo alunni e alunne ad andare a fondo della storia, immedesimandosi nelle vicende narrate.
  • Rilettura. Molto spesso gli alunni chiedono la rilettura di alcuni testi, o possiamo noi docenti prevederla a priori. Potremo allora sfruttare l’occasione per omettere alcune parole, chiedendo ai bambini e alle bambine di ricostruire i pezzi mancanti. Un’altra attività potrebbe essere quella di lavorare sui sinonimi e parole nuove, chiedendo di raccogliere le parole nuove per arricchire il vocabolario di classe o trovarne delle nuove da utilizzare nella storia per sostituire le originali. 

Il tempo dedicato alla lettura è prezioso: se ai bambini si fa sperimentare la bellezza, se si fa loro toccare con mano la meraviglia e lo stupore, saranno poi attenti a riconoscerla nel mondo, sapranno cogliere la bellezza delle piccole e grandi cose, della natura dell’arte o dell’intelletto. (Capetti, 2018)

Per approfondire

  • Capetti, A. (2018). A scuola con gli albi. Insegnare con la bellezza delle parole e delle immagini. Franco Angeli.
  • Picherle, S. B. (2015). Formare lettori, promuovere la lettura. Riflessioni e itinerari narrativi tra territorio e scuola. Topipittori.
  • Riz, J. P., & Pognante, S. (2022). Educare alla lettura con il WRW – Writing and Reading Workshop. Edizioni Centro Studi Erickson.

Promuovere la lettura ogni giorno. Il potere delle routine

“Non legge!”, “Non gli piace leggere.”, “Vorrei che leggesse di più…” sono espressioni che sentiamo molto spesso e che ci vengono rivolte sia dai colleghi insegnanti che dai genitori. Leggere è una questione di prossimità e di routine, dove per prossimità intendiamo la possibilità di accedere a un numero discreto di libri e per routine un’azione deliberata e ripetuta nel tempo.

Se vogliamo che i bambini leggano di più dobbiamo metterli nella condizione di avere a disposizione un buon numero di libri. Per farlo dobbiamo approntare un angolo o uno scaffale in classe preposto a questo scopo. Ma quando leggere? A scuola sembra non esserci mai tempo eppure, la competenza LETTURA è a tutti gli effetti uno degli obiettivi del curricolo della Lingua Italiana e dell’intero consiglio di classe che è chiamato, secondo le Indicazioni Nazionali per il Curricolo di Italiano, a promuovere la lettura in tutte le discipline. Quindi occorrerà creare delle routine affinché questo obiettivo possa essere portato avanti trasversalmente. Di seguito elenchiamo cinque routine che possiamo instaurare proficuamente in classe:

  • Lettura a inizio giornata: per quanto possiamo essere organizzati e celeri, all’inizio della giornata dobbiamo espletare alcune formalità, come la compilazione del registro, le presenze in mensa, ecc. Questo momento di solito prende dai cinque ai quindici minuti a seconda che ci siano comunicazioni delle famiglie e ritardi. Possiamo rendere questo momento proficuo creando una routine, che preveda che i bambini leggano il libro che tengono sotto al banco. Se l’intero consiglio di classe concorda su questa routine, alla fine della settimana i bambini avranno letto in media 25- 40 minuti a settimana. Se moltiplichiamo questo tempo per 33 settimane, alla fine dell’anno avranno letto per 22 ore, portando a termine la lettura di cinque/sei libri.  
  • Lettura come riempitivo: se alla prima routine aggiungiamo quella di leggere quando si è portato a termine un lavoro, il tempo di lettura, per alcuni bambini, aumenta ancora. In questo caso ovviamente avremo un divario tra chi è più veloce a portare a termine le consegne e chi è più lento. Facciamo in modo di lasciare qualche minuto anche ai più lenti, in modo che non si creino divari troppo importanti. 
  • Lettura a casa: alle routine a scuola possiamo aggiungere la routine di leggere a casa un libro alla settimana o al mese, in base alla lunghezza dei testi. 
  • Lettura in biblioteca: creiamo un appuntamento fisso in cui far visita alla biblioteca della scuola o alla biblioteca cittadina. Segniamo sul calendario questi momenti e creiamo l’attesa. In biblioteca lasciamo i bambini liberi di girare, esplorare e scegliere i libri che preferiscono. Leggere deve essere innanzitutto un piacere. Piuttosto, se il libro scelto è troppo semplice, proponiamo di prenderne in prestito due.
  • Lettura per la Giornata del libro: creiamo una festa per i libri. A inizio anno segniamo sul calendario il 23 aprile (Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore) e poi durante l’anno coinvolgiamo i bambini nel preparare questo evento, facciamo domande come: “Cosa potremmo fare per la festa del libro?”, “Come possiamo organizzare la giornata?”. Questa può essere proprio l’occasione per coinvolgere tutte le discipline nell’evento, ad esempio decidendo di iniziare ogni lezione leggendo un libro o un brano inerente alla propria materia. Nel 2018, in una classe prima, avevamo proposto che ogni bambino venisse a scuola con un albo illustrato a sua scelta. Ogni bambino avrebbe dovuto spiegare perché consigliava quel libro. Alla fine delle presentazioni si sarebbe effettuata una votazione e l’insegnante avrebbe letto ad alta voce i cinque libri che li avevano incuriositi maggiormente. I bambini furono così entusiasti che alla fine leggemmo tutti i libri. L’anno successivo, in classe seconda, i bambini proposero di essere loro a leggere ai loro compagni un passaggio da un libro che gli era piaciuto. In classe terza la Giornata del libro rischiò di essere cancellata a causa della pandemia, ma i bambini non vollero rinunciare, così la lettura fu organizzata sotto forma di pigiama party. Tutti collegati da casa e rigorosamente in pigiama (compresa la maestra), furono i bambini stessi a leggere un passaggio del loro libro ai compagni. In classe quarta, siccome la festa cadeva di domenica i bambini e le bambine proposero di trovarsi alla biblioteca cittadina, che era aperta. Ovviamente rimandammo l’evento al lunedì successivo, ma questo denota come una routine ben organizzata e vissuta può diventare forte e radicata. In classe quinta i bambini organizzarono una lettura recitata per i compagni più piccoli.

Il libro che abbiamo scelto questo mese per accompagnare l’azione didattica è “È un libro” di Lane Smith edito da Rizzoli; si tratta di un albo illustrato molto ironico che vuole mettere in evidenza le differenze tra un libro e i dispositivi digitali.

Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:

  • prima parte: lettura espressiva della storia;
  • seconda parte: presentazione del lavoro;
  • terza parte: video tutorial con i passaggi per realizzare i segnalibri.

Video

Materiali

Le autrici

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

Lettrici e lettori esperti

Il report sulla produzione e sulla lettura di libri elaborata dall’Istat fornisce dati sempre molto interessanti. Nel documento dato alle stampe nel dicembre 2022, per esempio, si scopre che il 78,1% dei lettori compresi tra i 6 e i 18 anni ha genitori lettori. Un dato poco sorprendente, specie per chi tutti i giorni si confronta a scuola con i bambini e le bambine.

Andando a spulciare meglio i dati, però, si scopre che il 36,3% della fascia d’età compresa tra i 6 e i 18 anni legge a prescindere dai genitori. Proviene, cioè, da famiglie di non-lettori.  Entrambi i genitori non sono lettori. Si tratta di una percentuale importante e che può essere probabilmente interpretato come un successo alla scuola. Ulteriori informazioni sulla ricerca dell’Istat si possono trovare in questa sintesi.

La scuola rappresenta in tutta evidenza uno snodo cruciale per lo sviluppo della lettura come attitudine e la lettura, a sua volta, è un vero e proprio motore per gli apprendimenti. A questo punto la domanda che si impone è: come sollecitare il gusto della lettura? Ascoltare la lettura da parte di un adulto svolge un ruolo positivo, negativo o neutro?

Secondo alcune ricerche piuttosto recenti, un’ora di lettura ad alta voce ogni giorno, ad opera dell’insegnante, incide fino al 20% su aspetti cruciali dell’apprendimento e  del successo scolastico. In particolare, sono stati documentati miglioramenti a livello di intelligenza verbale, comprensione del testo e abilità cognitive connesse ad azioni quotidiane.

Il dato è ancora più significativo se si considera che i benefici riportati sopra sono indipendenti dalle condizioni iniziali: rappresentano cioè un vero e proprio valore aggiunto per l’apprendimentoLa lettura da parte di un adulto, a patto che sia costante nel tempo e sufficientemente “ingaggiante”, non solo avvia alla lettura autonoma ma produce di per sé effetti positivi.

Non resta che definire che cosa vuol dire “lettura ingaggiante”. È ormai abitudine consolidata classificare i libri per fasce di età. Ormai quasi tutte le collane di narrativa propongono una rigida classificazione in base all’età dei lettori e delle lettrici. Si tratta, ovviamente, di una distinzione arbitraria e che, al limite (proprio al limite), può essere utile per la lettura autonoma. Nel caso della lettura da parte dell’insegnante, invece, ci si può affidare al gusto della storia, a testi complessi e avvincenti. 

Nella nostra esperienza, per esempio, abbiamo verificato negli anni che a entusiasmare maggiormente le classi sono proprio le storie pensate  per un pubblico un pochino più maturo: La fabbrica di cioccolato in prima o Harry Potter in seconda, per esempio, fino ai libri cosiddetti Young Adult in quarta e in quinta. Con la mediazione dell’insegnante, infatti, è interessante spingere i bambini e le bambine in letture considerate nella loro zona di sviluppo prossimale. 

Se leggere in modo sistematico alle classi favorisce il piacere della narrazione, per far scattare il gusto della lettura anche autonoma occorrono ovviamente diverse azioni sinergicheTra quelle che ci sembrano maggiormente efficaci consideriamo:

  • dedicare del tempo alla lettura silenziosa individuale nell’organizzazione settimanale (un quarto d’ora al giorno, un’ora a settimana…);
  • organizzare eventi dedicati alla lettura: letture animate, reading, bancarelle del libro, flash mob di lettura…;
  • evitare le classiche “schede del libro”, sostituendole con compiti di realtà più ingaggianti, come la realizzazione di booktrailer, di lapbook, di presentazioni del libro “tutto in una pagina” o in scatole…;
  • creare occasioni per scambiarsi consigli e pareri sulle letture in classe, come dei circoli di lettura.

La fantasia non manca e in ogni scuola si attivano progetti per incentivare il piacere della lettura. Ultima, non per importanza, raccomandazione: come docenti dobbiamo conoscere i libri che proponiamo alle classi. I primi lettori esperti dovremmo essere proprio noi: conoscere tanti titoli, anche tra le pubblicazioni più recenti, ci rende competenti nel suggerire, consigliare, dibattere e, senza dubbio, ci rende più credibili.

Quindi, buone letture a tutti noi!

Perché “leggere” un albo illustrato a scuola?

Sono una di quelle maestre che colleziona albi illustrati e – oltre alla libreria piena – ne ha sempre almeno uno nella borsa della scuola. Lo tengo lì – tra i testi scolastici, l’agenda e il taccuino – perché mi conferisce una certa sicurezza. Lo considero una sorta di airbag: so che – in caso di caduta o di scontro – attutisce il colpo. L’albo illustrato, infatti, è la soluzione perfetta per ogni evenienza:

  • bambini troppo stanchi? 
  • bambini troppo agitati?
  • bambini troppo preoccupati?
  • qualche bambino triste o pensieroso?
  • qualcosa che va storto nel corso della giornata?

Ecco, in questi casi (e non solo!) ricorro all’albo illustrato e, grazie a lui cerco di dare una svolta. Badate bene che scrivo “lui” e non “esso” volutamente, in quanto lo percepisco “presenza viva”! Arriviamo allo snodo centrale della riflessione che vorrei proporre… perché “leggere” un albo illustrato a scuola?  “Leggere” è tra virgolette perché mi sembra un verbo piuttosto riduttivo (quasi svilente): un albo illustrato non lo si legge soltanto. Generalmente lo si esplora, lo si scopre, si disvela il senso più profondo… lo si vive!

Comunque, perché proporre un albo illustrato? 

La prima finalità – forse anche la più ovvia – per la quale propongo un albo illustrato è veicolare contenuti con leggerezza. Un albo illustrato, infatti, mi consente di travestirli in altre forme e renderli più “appetibili” e “digeribili”. Ci sono concetti astratti che diventano improvvisamente a portata di mano grazie all’intercessione di un albo illustrato. Persino le emozioni assumono un contorno più nitido e possono essere definite, senza però correre il rischio che siano ingabbiate!

La seconda è favorire la comprensione e la memorizzazione, anche grazie al ricorso ad almeno due mediatori: la voce ascoltata e le immagini osservate. È – senza dubbio – uno strumento inclusivo!

Il terzo desiderio che mi anima ogni volta che propongo un albo è comunicare l’incomunicabile e dare voce all’ineffabilità. Ci sono, infatti, temi che le parole non riescono a dire, valori che stentano a trasmettere, concetti su cui si incespicano. Pensiamo al tema della perdita o – purtroppo tanto attuale – della guerra! Come spiegarlo a bambini e bambine? Beh, l’albo illustrato può venire in nostro soccorso.

Un’altra finalità è coinvolgere per favorire un’immersione. L’albo illustrato attira tanto il lettore quanto il fruitore e li ingloba nelle sue pagine, tra parole e immagini. Li fa entrare dentro alle questioni, li invita ad assumersi un ruolo, a schierarsi, a prendere parte alle vicende. Ma, l’aspetto meraviglioso – a mio avviso – sapete qual è? Quell’immersione non è solo nelle parole e nelle illustrazioni, ma è anche dentro di sé! Marcel Proust affermava saggiamente: “Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto uno strumento ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”.

E poi, la lettura condivisa di un albo può rivelarsi una preziosa occasione per intessere e corroborare le relazioniGrazie all’albo che funge da mediatore, tra chi legge e chi, attivamente, ne fruisce si crea un feeling talvolta inaspettato e persino difficile da spiegare. Pensate al gioco di sguardi, alla prossimità fisica, alla bellezza di sostare insieme nella stessa storia, che, come per magia, – benché sia la medesima – risuona in ciascuno di coloro che la accolgono in maniera totalmente diversa. A tal proposito, vi dono una frase molto bella di Umberto Eco, il quale sostiene che “Condividere una storia significa condividere una passeggiata nel bosco narrativo.”.

Infine, propongo un albo perché desidero educare. “I libri sono educatori silenziosi. Poco a poco facciamo in modo di mettere questo mondo sottosopra nuovamente nel verso giusto, cominciando dai bambini. Mostreranno agli adulti la via da percorrere”, affermò Jella Lepman. Ecco, propongo albi illustrati per educare, inteso come educere, cioè condurre fuori, portare alla luce ciò che – magari a livello germinale – è dentro ad ogni nostro bambino.

L’autrice

Gloria Ragni
Insegnante di scuola primaria, formatrice e autrice di testi scolastici, promotrice del “fare per apprendere” e sostenitrice dell’utilizzo integrato del digitale nella didattica. Ha un blog didattico www.maestraglo.it e condivide su Instagram le sue avventure da maestra (la trovate come @maestraglo). 

La magia dei numeri principi

Il binomio narrativa e matematica sembrerebbe a prima vista improponibile: cosa c’entra la matematica con la lettura di un libro? Eppure ci sono dei risvolti estremamente interessanti. Lo scopo dell’articolo è proprio questo: comprendere come le storie possano diventare strumento potente ed efficace, non solo per introdurre chiunque nel mondo della matematica, ma per far scoprire e sperimentare significativi apprendimenti. Attraverso la storia, l’intreccio e la tensione narrativa si mantiene viva la motivazione ad apprendere e si consente di aggirare “gli ostacoli” della matematica.

Gli alunni si immedesimano nei protagonisti e personaggi della storia, vivono le loro emozioni, entrano dentro l’intreccio narrativo e sperimentano le situazioni apprenditive proposte all’interno della storia stessa. Il linguaggio narrativo diventa complementare a quello logico-analitico, stimola l’immaginazione nel visualizzare gli scenari di problem solving , favorendo processi dialogici di interazione tra loro e riflessione critica.  

Un libro per superare la paura della matematica

Il libro scelto per il percorso didattico proposto è “Il mago dei numeri” di Hans M. Enzensberger: un meraviglioso viaggio “dentro” il mondo matematico. Il protagonista è Roberto, un bambino di 10 anni, che ritiene la matematica, odiosa e incomprensibile tanto da averne paura, ma che grazie all’aiuto di un eclettico mago, impara a risolvere quesiti sempre più complessi, tanto da superare la sua “avversione matematica”. Una notte, in sogno, Roberto incontra un anziano signore piccolo, rosso ed irascibile, che dichiara di essere il Mago dei Numeri. Inizialmente scettico, il bambino continua a sognare il Mago per ben dodici notti, ed in ogni sogno gli fa scoprire in modo divertente le meraviglie della matematica. Noi ci soffermeremo su ciò che Roberto scopre nel sogno della terza notte: l’esistenza di numeri molto particolari, i numeri principi.

La proposta didattica

Il percorso didattico illustrato, sperimentato con bambini di classe 4 e 5, si inserisce in un progetto più ampio che ha visto gli alunni coinvolti nella lettura di tutto il libro in questione. 

Prima fase: la lettura della terza notte

L’attività inizia con la lettura veloce (senza soffermarsi in questo primo momento sui contenuti matematici specifici) del terzo capitolo nel quale il mago chiede di riflettere sui numeri che possono esser divisi in modo esatto senza resto, riattivando la comprensione del concetto di multipli e divisori, fino ad arrivare a scoprirne alcuni che sono divisibili solo per 1 e per se stessi: i numeri principi (numeri primi)

Seconda fase: Brainstoming, condivisione e argomentazione collettivi

Si chiede ai bambini di riflettere su quanto ascoltato e poi rispondere scrivendo in un foglietto (per evitare che si influenzino l’un l’altro), alle seguenti domande:

  • Quali sono i numeri di cui parla il mago quando dice che si possono dividere? 
  • Cosa si intende per divisibilità?
  • Quali sono secondo te i numeri che il mago chiama: numeri principi?
  • Perché secondo te li chiama proprio cosi?

Può accadere che non tutti riescano a rispondere in modo completo ai quesiti, lasciamo liberi i bambini di scrivere ciò che pensano, sarà poi nel confronto collettivo che i ragionamenti prenderanno forma e si struttureranno, grazie anche al contributo dell’insegnante che guiderà e solleciterà nuove riflessioni rilanciando ulteriori quesiti: il 4 è un numero principe, perché? Il numero 3? Il numero 15? Ecc….

Terza fase: lettura selettiva, scoperta e analisi dei ragionamenti matematici

Subito dopo si procede alla rilettura della parte nella quale il mago dei numeri dà indicazioni su come scoprire, tra una serie di numeri quali sono principi e quali non lo sono. L’insegnante legge e poi chiede ogni volta agli alunni di rappresentare sul quaderno la situazione illustrata dal mago (schema 1 in allegato) per individuare e scoprire i numeri principi prima entro il 50 e poi all’interno dei primi 100 numeri.  Al termine nel grande gruppo si condividono e argomentano le “scoperte matematiche” acquisite.

Quarta fase: monitoraggio e valutazione

Al termine di tutta l’attività, quando gli alunni hanno sperimentato modalità di scoperta dei numeri primi all’interno della sequenza numerica entro il 100, si propone il gioco: “Alla ricerca dei numeri primi” (allegato 2), grazie al quale sia gli alunni stessi sia gli insegnanti, possono monitorare e valutare lo stato di avanzamento di quanto appreso, consolidare e rinforzare (qualora ce ne fosse bisogno) le nuove acquisizioni. Il gioco diventa così anche un prezioso strumento di autodeterminazione: i bambini possono liberamente decidere quante volete ripeterlo per diventare sempre più sicuri di quanto hanno imparato. Al termine di tutto il percorso, l’insegnante promuoverà momenti di autovalutazione attraverso discussioni in circle time, schede di autopercezione dei lavori svolti e dei processi cognitivi attivati da ciascuno.

Per approfondire

Allegato 1 – Prima dimostrazione
Allegato 2 – Gioco alla ricerca dei numeri primi

Simulare Arduino e i suoi sensori con Tinkercad

Le Indicazioni Nazionali per il curricolo nella scuola secondaria di primo grado individuano chiaramente il laboratorio come “riferimento costante per la didattica della tecnologia”, intendendolo “soprattutto come modalità per accostarsi in modo attivo e operativo a situazioni o fenomeni oggetto di studio” in cui combinare “la progettazione e la realizzazione di semplici prodotti originali con la modifica migliorativa […] di quelli già esistenti”.

L’orientamento del documento sembra molto ambizioso e forse alcuni potrebbero ritenere utopici questi traguardi nel contesto tecnologico, che è sempre in rapida evoluzione. I dispositivi con cui entriamo in contatto quotidianamente sono oramai talmente complessi che può sembrare impossibile che gli alunni riescano a coglierne i principi di funzionamento o, addirittura, a cimentarsi nella loro progettazione o nel loro miglioramento.

Negli anni sono invece fiorite diverse possibilità che consentono di proporre un percorso laboratoriale con i ragazzi, anche quelli che frequentano la scuola secondaria di primo grado.

Arduino e Tinkercad

Una delle opzioni più consolidate è certamente Arduino e il suo “ecosistema”, costituito da schede governabili tramite un microcontrollore facilmente programmabile. Arduino si può interfacciare infatti a una grandissima quantità di dispositivi di output e di input. In particolare, è disponibile in commercio una grande varietà di sensori, in grado di raccogliere informazioni: non solo i dati ambientali come la temperatura o la concentrazione di gas, ma anche la distanza dagli oggetti o il semplice contatto di un apposito sensore con altri oggetti, sino ad arrivare ai microfoni o alle telecamere.

Parte di questo ecosistema può essere simulato virtualmente con Tinkercad, una piattaforma di progettazione online che consente – tra il resto – la simulazione di circuiti elettrici. Si può quindi prescindere dal possesso dell’hardware e cercare di effettuare degli esperimenti virtuali.

Un esempio di progetto in Tinkercad realizzato dall’utente Ali Lamborghini, che permette di simulare un circuito elettrico creato da una serie di LED alimentati da una patata.

Sperimentare con i circuiti

Per poter operare con Arduino senza rischiare di rovinare il materiale che si maneggia, è bene conoscere i principi di funzionamento di base di un circuito elettrico. In questo, le simulazioni con Tinkercad possono essere un ottimo modo di introdurre dei ragazzini all’elettronica facendo esperimenti virtuali. Ad esempio, è possibile cercare di dedurre (e poi anche “formalizzare”) le due leggi di Kirchhoff e la prima legge di Ohm, come anche le leggi che descrivono resistori in serie e in parallelo. Anche le più semplici applicazioni con Arduino, infatti, pongono tipicamente davanti alla necessità di avere a che fare con dei resistori ed è dunque opportuno che gli studenti – anziché procedere a casaccio o comunque senza capire che cosa stiano facendo – cerchino di capire il ruolo e l’importanza dell’utilizzo di questi componenti.

Una board Arduino Uno R3 connessa a un sensore di distanza a ultrasuoni e, tramite una breadboard, a tre LED. Per poter utilizzare i LED senza bruciarli è necessario aggiungere dei resistori.

Un esempio: il sensore di parcheggio

Un esempio di progetto semplice da cui partire per implementare un sensore su cui si potrebbero poi proporre alcune variazioni sul tema è l’emulazione di un sensore di parcheggio.

Grazie al sensore di distanza a ultrasuoni e ad alcuni LED si può infatti realizzare un semplice segnalatore di ostacoli che aziona diversi segnali luminosi a seconda che il sensore rilevi oggetti che siano lontani, vicini o a distanze intermedie. La programmazione di Arduino per condizionare l’accensione dei LED alle distanze misurate dal sensore è particolarmente semplice su Tinkercad, che implementa un linguaggio a blocchi che consente di evitare le difficoltà della sintassi C-like (che resta comunque disponibile).

Un semplice codice riferito al circuito con Arduino dell’immagine precedente, che condiziona l’accensione dei LED alla lettura dei dati del sensore di distanza emulando un semplice sensore di parcheggio.

Questo era davvero solo un piccolo esempio. Non ci resta che esplorare le tantissime possibilità offerte da Tinkercad per simulare progetti di elettronica con (e senza) Arduino.

Il limite è soltanto la nostra fantasia!

Per approfondire

  • Elettronica a scuola con Arduino e Tinkercad
    Un breve articolo riguardo l’introduzione di Arduino a scuola e l’azionamento di LED e altri dispositivi.
  • Coding e tecnologia: semaforo verde per Arduino
    Un webinar del 2021 in cui si propone l’introduzione di Arduino a scuola per la realizzazione di semplici progetti di attivazione di componenti di output, ovvero gli attuatori. Si propone in particolare la realizzazione di un semaforo tramite dei LED, con diversi livelli di complicazione.
  • Arduino e Tinkercad per l’utilizzo di sensori
    Un webinar del 2023 in cui si propone l’introduzione di Arduino a scuola per la gestione di input, vale a dire dei dati provenienti da alcuni sensori, come in questo nostro articolo.
  • Electric Circuits
    Una playlist con dei video in inglese (sottotitolati) che illustrano i principi di funzionamento dei circuiti elettrici con un supporto grafico. I dispositivi illustrati sono di differente livello di complicazione, ma il modo in cui sono presentati cerca di addolcire le difficoltà tecniche.