La vendemmia è il momento più denso di attese di tutta la stagione viticola; in questa fase si concretizzano i risultati del lavoro di un’intera annata che devono però essere valorizzati con la scelta del momento ideale della maturazione delle uve. Al di là dei parametri di valutazione dello stato di maturazione, da utilizzare in riferimento al tipo di vinificazione che si intende realizzare, vanno sempre considerati altri importanti aspetti legati alla vendemmia a partire dalle modalità di raccolta e dei relativi tempi di esecuzione che variano a seconda che si attui una vendemmia manuale o meccanica.
Vendemmia manuale
La vendemmia manuale è la soluzione indispensabile per le uve destinate a determinate tipologie di vinificazione, in particolare, ma non solo, vini bianchi e spumanti, e per viticolture di territori particolarmente difficili. Il principale vantaggio consiste nel massimo rispetto dell’integrità dei grappoli; questo sistema, inoltre, non richiede forti investimenti iniziali per ciò che concerne le attrezzature. Nelle piccole realtà imprenditoriali può essere eseguita con manodopera aziendale mentre in contesti più grandi richiede l’assunzione di ulteriore personale con tutte le difficoltà legate alla reperibilità, alla formazione e alla gestione.
Vendemmia meccanica
La vendemmia meccanica è una soluzione di raccolta ormai ampiamente affermata e diffusa con grande successo sia in pianura che in collina. Ha il vantaggio di permettere la raccolta di grandi quantitativi di uva in tempi molto brevi, permettendo di cogliere per tutta la produzione il momento idealedi maturazione e di raggiungere interessanti economie sugli oneri di raccolta. Impone una buona organizzazione con particolare riferimento alla rapidità con la quale il prodotto vendemmiato e ammostato viene indirizzato alla pigiatura.
Vigneti predisposti
Per eseguire la vendemmia meccanica occorrono vigneti e forme d’allevamento predisposte per lo scuotimento orizzontale; le forme d’allevamento oggi più diffuse in Italia non solo rispondono a questi requisiti ma vengono appositamente realizzate per assecondare al meglio il lavoro delle macchine.
Le macchine
La vendemmia meccanica nel nostro paese vanta oggi la presenza di circa 3.000 macchine vendemmiatrici che, a parità di tempo, sono in grado di compiere il lavoro che richiederebbe l’intervento manuale di 80/120 persone. Le macchine vendemmiatrici possono essere trainate o semoventi, nel caso siano rispettivamente agganciate a una trattrice o dotate di motore.
Valori in campo
La vendemmia può essere realizzata con macchine aziendali o affidata a contoterzisti. Sul fronte dei costi esistono molte variabili e risultati differenti per ciò che riguarda le perdite di prodotto in campo. Questi aspetti devono essere valutati in funzione di ogni singola realtà aziendale.
Quando ci si avvia alla conoscenza di una lingua e una cultura straniera non bisogna mai dimenticare che, accanto al vocabolario e al modo di esprimersi, altrettanta importanza hanno gli aspetti tradizionali e sociali dei luoghi in cui tale lingua è parlata. Nella scuola primaria non è sufficiente imparare l’Inglese, è essenziale fornire anche ai bambini gli strumenti per comprendere meglio la mentalità, le tradizioni e la cultura di coloro che parlano Inglese come lingua madre. Per fare questo è imperativo dedicare dei momenti alla scoperta della storia, delle radici e del folklore di Paesi come la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Australia.
Un’occasione per fare ciò è senza dubbio data dalla ricorrenza di Halloween, importata recentemente in Italia secondo il modello anglosassone e in particolare nordamericano. I bambini nelle nostre scuole sono ormai abituati a celebrare la notte del 31 ottobre vestendosi da fantasmi, streghe e zombie e bussando di porta in porta per il trick-or-treat. Poco siamo consapevoli, però, che le modalità con cui in Italia festeggiamo non sono sempre le stesse con cui lo fanno i bambini statunitensi. Questo spunto può essere un’interessante occasione per ampliare il proprio vocabolario in L2 e il proprio ventaglio di conoscenze del mondo. Vediamo come.
Halloween vocabulary
Le parole associate ad Halloween sono molto più di quelle che si potrebbe pensare: ghost, witch zombie, goblin, monster, candy, scared, night… in realtà in molte zone degli Stati Uniti Halloween è anche una ricorrenza profondamente legata ai prodotti naturali dell’autunno come: pumpkin, corn, acorns cranberries, chestnuts… per aiutare i bambini a memorizzare questo semplice vocabolario possiamo proporre numerose attività didattiche.
Un Memory che prepareremo associando ad ogni parola la sua immagine.
Un Domino che, anche in questo caso, assocerà parole a immagini .
The Halloween Bingo, per creare il quale useremo le immagini sulle cartelle dei bambini e le parole chiamate dall’insegnante.
Halloween rules
Presentiamo gli studenti la scheda allegata, che elenca in inglese le regole rispettate dai loro coetanei americani per il trick-or-treating. A livello meramente linguistico possiamo soffermarci su aspetti come la forma imperativa, l’imperativo negativo, il periodo ipotetico. A livello di contenuto, dopo aver tradotto insieme le regole si può:
intavolare una discussione per trovare somiglianze e differenze rispetto al trick-or-treating italiano.
Proporre le domande WHY? e WHAT DO YOU THINK? per attivare una riflessione più generale sui comportamenti accettabili e non accettabili. Sarebbe interessante anche incoraggiare i bambini a raccontare le loro esperienze non sempre positive durante la sera di Halloween.
Stilare, in inglese, una ipotetica lista di regole che viene seguita dai bambini italiani.
Immaginare e descrivere il Dream Costume. Dopo aver riflettuto sul fatto che negli Stati Uniti i bambini si vestono da qualsiasi cosa per Halloween, distribuiamo ai nostri alunni la fotocopia in allegato, chiedendo loro di completarla con un immaginario costume dei loro sogni. Dopo averlo disegnato e colorato chiederemo loro di descriverlo il più accuratamente possibile. Esporremo poi tutti i disegni in forma anonima e, sempre anonimamente, leggeremo una descrizione alla volta chiedendo alla classe di collegarla al disegno corrispondente.
Halloween representations
L’immagine di Halloween che abbiamo “importato” si basa principalmente sulle rappresentazioni cinematografiche che ci sono giunte dagli USA, spesso pensate più per impressionare che per fotografare la realtà. Proponiamo ai ragazzi la visione di alcune clips tratte da film che mostrano bambini americani che festeggiano Halloween. Tra questi:
E.T.
Casper
Il Diario di una Schiappa
Wonder
Riflettiamo insieme su quello che abbiamo visto: da cosa erano vestiti i bambini delle clip? Che età avevano? Com’era l’ambiente in cui si muovevano? Notiamo delle differenze tra il nostro Halloween e il nostro?
Alcune curiosità interessanti
In molte zone degli Stati Uniti il cambio dell’ora si fa sempre il sabato dopo Halloween, proprio per permettere ai bambini di fare trick-or-treating ad un orario in cui c’è ancora luce fuori.
Chi non vuole essere disturbato la sera di Halloween si limita a spegnere la luce all’ingresso di casa. Per convenzione, si bussa solo alle porte delle case con la luce accesa.
La “zucca azzurrina” segnala una casa in cui ci sono intolleranze alimentari. Quando si bussa a quella porta, si sa che si riceveranno piccoli oggetti come matite, adesivi e gomme colorate, ma non dolci.
La giornata mondiale degli insegnanti, quest’anno spegne 29 candeline. Se consideriamo invece il 5 ottobre 1966, la data in cui è stata firmata la “Raccomandazione sullo Status dei Docenti” presa come riferimento per la celebrazione, di anni ne sono passati 57.
Cinquantasette anni durante i quali ONU e UNESCO hanno continuato a ribadire che:
Gli insegnanti costituiscono un fondamento essenziale della forza a lungo termine di ogni società – essi forniscono ai bambini, ai giovani e agli adulti le conoscenze e le competenze necessarie per soddisfare le proprie potenzialità.
Irina Bokova, Direttore Generale dell’UNESCO
Per noi, tuttavia, questo è ancora poco. Per noi, che a scuola ci andiamo tutti i giorni carichi di fogli, colla, forbici, libri e ottime intenzioni, quello dell’insegnante è un lavoro da fiaba. Proviamo a buttar giù gli ingredienti scovati dal vecchio Vladimir Propp (o, anche meglio, da Joseph Campbell e discepoli) e vediamo se vi convinciamo.
Ogni fiaba che si rispetti ha bisogno di un protagonista, un eroe, o un’eroina certo. Sul fatto che il nostro sia un mestiere da eroi non ci sono dubbi, visto che ci confrontiamo quotidianamente con problemi che il resto del mondo ritiene impossibili. No: i problemi di apprendimento degli alunni e delle alunne non c’entrano perché i problemi veri sono creati dagli antagonisti (siamo in una fiaba, ricordate?).
I più innocui sono i mostri burocratici, ognuno con il proprio acronimo (Ptof, Rav, Byod…) mentre i più pericolosi sono più subdoli, tendono a restare nell’ombra. Un certo atteggiamento esclusivo, per esempio, che porta a privilegiare alcuni rispetto ad altri, la divergenza educativa tra insegnanti e famiglie, i continui tagli alla spesa pubblica… brutte bestie davvero.
Però non c’è tanto da preoccuparsi. Non si diventa eroi per caso e ogni insegnante sa di poter contare su dei validi aiutanti. Il team, per esempio, quando funziona non lo ferma nessuno, oppure la formazione, quella buona. Una formazione ben fatta aumenta gli oggetti magici a disposizione di ogni insegnante. L’elenco potrebbe essere lungo, ma di sicuro nel nostro baule volante non possono mancare:
una programmazione ben fatta. In rete se ne trovano tante pronte all’uso, ma la programmazione davvero efficace è quella costruita intorno alla classe, alle caratteristiche dell’insegnante, alle risorse a disposizione della scuola. Una programmazione ben fatta è il primo passo che porta verso l’immancabile lieto fine.
Un approccio universale alla didattica, un modo di concepire il nostro intervento in classe per tutti e per tutte. Le soluzioni che vanno bene per i bambini in difficoltà molto spesso vanno bene per tutta la classe: perché farne a meno?
Un ambiente che partecipa all’apprendimento. L’aula non è solo uno spazio fisico, ma anche una precisa scelta culturale e metodologica. Pensare all’ambiente come una risorsa per l’apprendimento vuol dire garantire ai bambini e alle bambine l’autonomia di sperimentare, ricercare, muoversi. Decisamente, non è poco…
Una valutazione solidale. Anche se sulla valutazione si è detto molto, specie negli ultimi anni, raramente si è sottolineato il suo valore “magico”. Una valutazione mal organizzata e condotta può risvegliare negli alunni e nelle alunne ombre e spettri mai del tutto sconfitti. Una valutazione solidale, partecipata e orientata all’empowerment, all’opposto, rende più forti e consapevoli. A ben vedere, di tutti i poteri magici, la valutazione intesa in termini solidali è il più magico di tutti.
Potremmo continuare a lungo per dimostrare che il nostro è proprio un mestiere da fiaba. Tutte le mattine entriamo in classe e aggiungiamo al nostro viaggio dell’eroe un’altra tappa. Tutte le mattine i bambini e le bambine entrano in classe con noi e portano il futuro. E noi vediamo il futuro come impugnare la matita, fare domande, inciampare e poi -se siamo bravi, se sappiamo incoraggiare nella giusta maniera- rialzarsi.
Ecco, il 5 ottobre, giornata mondiale degli insegnanti, leggete una fiaba ai vostri bambini, sceglietene una qualsiasi, non importa quale e non importa nemmeno se non siete insegnanti di Italiano. Leggete e fateci caso. Se vivete in una fiaba, fateci caso.
Nel 1994 l’UNESCO ha istituito ufficialmente, il 5 Ottobre, la Giornata Mondiale degli Insegnanti – World Teachers’ day, un giorno dedicato a riflettere sul ruolo centrale che gli insegnanti possono avere e hanno nella formazione degli adulti di domani e nella creazione di un mondo migliore in futuro.
Non una giornata SUGLI insegnanti, ma PER gli insegnanti
Nelle intenzioni dell’UNESCO questa giornata non ha tanto uno scopo celebrativo o, peggio ancora, autocelebrativo, ma dovrebbe piuttosto essere un’occasione per ragionare su come supportare i bisogni e le necessità dei docenti, affinchè possano, come persone e professionisti, essere in grado di svolgere al meglio il loro compito, mettendo a frutto i loro talenti e le loro passioni all’interno di un clima sociale positivo, incoraggiante, di supporto. Il World Teachers’ Day non dovrebbe servire tanto a dire ai docenti “Come siete bravi”, quanto “Vogliamo esservi d’aiuto, come possiamo fare?”.
Anche a scuola, da insegnanti, possiamo sensibilizzare l’utenza, affinchè tanto genitori quanto studenti si rendano sempre più conto che i docenti con cui interagiscono quotidianamente sono persone “a tutto tondo”, con desideri, passioni, pensieri e preoccupazioni come loro, e non semplici operatori del sapere e dispensatori di conoscenze. Soprattutto, è importante che tutte le parti in causa sviluppino la consapevolezza che una comunità educativa efficace e serena è quella in cui TUTTI i membri si sentono valorizzati, compresi gli insegnanti. Su questo obiettivo si può lavorare sia a livello di classe, sia a livello di istituto non solo in Italiano, ma anche coinvolgendo la Lingua 2, per ampliare non solo la conoscenza dei propri docenti, ma anche quella della lingua target. Vediamo come.
The good teacher: IS… HAS… DOES…
Quando si parla di insegnanti, tutti, anche i bambini, hanno chiaro in mente cosa e come pensano che l’insegnante ideale debba essere. Le interpretazioni possono cambiare molto da persona a persona, da eta’ a eta’ da ruolo a ruolo, ma e’ interessante capire cosa pensano i nostri studenti quando pensano all’immagine del GOOD TEACHER ideale. L’attivita’ IS… HAS… DOES… e’ una delle piu’ efficaci per avviare gli studenti alla descrizione delle persone in generale, e in questo caso specifico puo’ essere adattata al tema “teacher”. Sul quaderno chiediamo ai bambini di preparare tre colonne che saranno compilate rispondendo alle seguenti domande: How IS the good teacher? What HAS the good teacher got? What DOES the good teacher do? Le risposte che otterremo probabilmente ci lasceranno a bocca aperta – e ci riveleranno molte cose dei nostri studenti.
Teacher’s Special ID
Gli studenti sono sempre affascinati e intrigati dalle notizie “segrete” che possono scoprire sui loro insegnanti. Condividere alcuni aspetti di vita non scolastici aiuta a ridurre le distanze, rilassare le relazioni, dare via a un dialogo. Lavorando a livello di istituto, ciascun insegnante è invitato a compilare la “carta d’identità” allegata, sia in Italiano sia in Inglese, e ad appenderla, insieme a quelle dei colleghi, fuori dalle porte delle aule in cui insegna. Durante l’intervallo o nei momenti di spostamento, sarà sorprendente notare quanto i bambini saranno interessati a leggere le notizie curiose sui docenti, a commentarle, magari scoprendo di avere più in comune con alcuni di loro di quanto non avessero mai pensato! E, poiché avremo creato anche la versione in Inglese, sicuramente troveranno parole che non conoscono e saranno altamente motivati a ricercarne il significato.
Interview: “What do you do when you don’t teach?”
Molti bambini pensano che gli insegnanti vivano a scuola e che la scuola sia la loro vita! Al contrario, l’Unesco precisa in più passaggi dei suoi documenti relativi agli insegnanti quanto essi, per essere efficaci e per poter svolgere al meglio i loro lavoro, debbano essere valorizzati nella loro interezza come persone. Per aiutare i bambini a comprendere come i loro docenti siano “persone a 360 gradi”, creiamo con loro una Teacher Interview da proporre a tutti i docenti del plesso. Stabiliremo insieme le domande, per conoscere meglio le PERSONE che ci stanno di fronte; alcune di esse potrebbero essere:
What are your hobbies?
What are your dreams?
What would you do if you did not teach?
Sarebbe interessante che l’intervista non si limitasse ai docenti che operano sulla classe, ma coinvolgesse anche altri insegnanti della stessa scuola.
The talking books
Parlare di insegnanti, apre la porta per affrontare l’argomento SCHOOL e SCHOOL ITEMS durante le lezioni di L2. Proponiamo la scheda allegata, per lavorare sul vocabolario relativo alle materie scolastiche e ai loro argomenti principali. Con gli studenti dell’ultimo biennio questo tipo di attività permette di ragionare insieme sul vocabolario CLIL che si è acquisito nel corso del tempo, oltre ad apprendere nuovi termini che saranno utili man mano che si affronteranno nuovi argomenti usando questa metodologia.
Read about the Teachers
La letteratura in lingua Inglese per bambini è ricca di figure di insegnanti significativi e attenti, in grado di fare la differenza per i loro alunni. Anche se alcuni passaggi possono essere un po’ articolati, è interessante proporre ai bambini la lettura di estratti da libri originali in lingua. Proponiamo la scheda allegata, che riporta tre descrizioni di “insegnanti letterari” – Ms. Honey, da “Matilda” di R. Dahl, Professor McGonagall da “Harry Potter and the Philospher’s Stone” di J.K. Rowling, Miss Stacy da “Anne of Green Gables” di L.M. Montgomery. Leggiamo loro i brani, lentamente, cercando insieme le parole conosciute e sottolineandole. Sono parole positive o negative? Riusciamo a capire il senso generale di quello che è stato letto? Conosciamo questi insegnanti, magari dal libro letto in Italiano o dalla sua trasposizione cinematografica? Dopo aver lavorato sul testo, sul vocabolario, evidenziando i termini noti e ricercando quelli nuovi, completiamo la scheda aggiungendo tre aggettivi qualificativi per ciascun docente presentato.
E per finire…
La Giornata Mondiale degli Insegnanti è una giornata PER gli insegnanti! Non dimentichiamoci, il 5 di Ottobre, di prenderci del tempo per noi, festeggiarci come meglio riteniamo, che sia un caffè con i colleghi, un giro in libreria, una passeggiata in centro o godendoci il nostro dolce preferito!
Buona Giornata Mondiale degli Insegnanti, colleghi!
All’inizio di un nuovo anno scolastico è di fondamentale importanza, rilevare le competenze possedute in entrata da ogni alunno/a per costruire su di esse i nuovi apprendimenti in modo contestualizzato e personalizzato. Dopo questo primo e necessario step conoscitivo e prima di procedere con la proposta dei nuovi apprendimenti, si consiglia di progettare occasioni e situazioni apprenditive per ri-pescare e ri-attivare le conoscenze pregresse negli alunni e nelle alunne, dando loro anche la possibilità di mobilitare strategie e risorse personali costruite fino a quel momento.
Cosa dicono le Neuroscienze
Gli studi neuroscientifici, negli ultimi anni, grazie alle nuove tecnologie messe in campo, ci hanno fornito preziose informazioni sul funzionamento di un cervello che apprende: come risponde ad uno stimolo, come riceve le informazioni dai nostri sensi, come funziona la memoria di lavoro e come da qui le nuove acquisizioni si stabiliscano o meno nella memoria a lungo termine.
Sappiamo oggi che per apprendere, cioè per acquisire nuove conoscenze sul mondo che ci circonda, allo scopo di adattarci sempre meglio e indirizzare positivamente i nostri comportamenti futuri,è essenziale metterle a confronto e connetterle con ciò che si sa già. Quando arrivano nuove informazioni al cervello, queste hanno bisogno di ritrovare dei link, dei collegamenti, degli agganci di senso a cui connettersi, formando nuovi circuiti neuronali e che permetteranno loro di transitare nella memoria a lungo termine per essere trattenute. Questi agganci avvengono per analogia con ciò che già è presente nel nostro cervello, possono essere immagini, emozioni, colori, profumi, sapori, che rimandano a esperienze vissute in modo significativo e per questo trattenute nella memoria a lungo termine pertanto vengono richiamate e ri-attivate.
L’apprendimento che avviene grazie alla formazione di questo continuo “andirivieni” tra la memoria di lavoro, dove arrivano e transitano le nuove conoscenze-informazioni e che ha uno spazio di contenimento limitato e la memoria a lungo termine, dove avendo trovato un “gancio” significativo verranno trattenute, risulterà tanto più efficace quanto più significativa sarà l’analogia a cui connettersi. Alla luce di tutto ciò risulta quindi essenziale attivare gli apprendimenti pregressi che, oltre a favorire collegamenti e connessioni significative e durature, consentiranno ad ogni bambino ed ogni bambina di costruire le nuove conquiste apprenditive sulle loro reali potenzialità, presenti in quel preciso momento, sollecitando contemporaneamente la messa in campo delle strategie che via via nel tempo ognuno si è costruito.
Assume una rilevanza prioritaria quindi il ruolo di “progettista didattico” che ogni insegnante deve assumere, nell’ideare e proporre occasioni e contesti didattici capaci di ri-attivare e mobilitare tutte le risorse conoscitive e strategiche che ognuno possiede. Una scelta efficace in questa direzione è quella di proporre agli studenti di sperimentarsi in situazioni concrete, a volte ludiche e a volte legate più strettamente alla loro realtà di vita e di gioco, proprio perché vissute in modo più coinvolgente e significativo, quindi più facilmente ripescabili per analogia.
Una utile proposta: i dadi numerici
Uno strumento potente per favorire questo tipo di esperienze apprenditive e utilizzabile in ogni classe sono i dadi numerici per lavorare sul valore posizionale delle cifre nella costruzione del numero, richiamando non solo le conoscenze pregresse relative alla struttura del numero (più o meno complesso in base all’età dei bambini) ma anche delle operazioni aritmetiche che si possono mettere in campo per costruirlo. Nella esperienza proposta sono stati utilizzati dadi numerici a dieci facce triangolari una per ogni cifra con l’indicazione chiara del valore effettivo che ogni cifra possiede in base alla posizione che poi avrà nella ricostruzione del numero:
dado nero per rappresentare le unità;
dado blu per le decine;
dado verde per le centinaia;
dado giallo per le migliaia;
dado bianco per le decine di migliaia;
dado rosso per le centinaia di migliaia.
Percorso di ri-attivazione
Avendo la possibilità di lavorare a partire dalle unità fino alle centinaia di migliaia, ogni insegnante può adeguare e contestualizzare il percorso alla propria classe e alle esigenze apprenditive dei propri alunni utilizzando i relativi dadi necessari. Il percorso proposto è pensato per un inizio classe 4 o 5 utilizzando tutti i dadi disponibili.
Obiettivo didattico: attivare apprendimenti relativi alla conoscenza del sistema di numerazione decimale e posizionale dei numeri, alla loro operatività e all’applicazione di strategie di calcolo.
Svolgimento: per rendere più divertente e motivante l’attività, si propone di organizzarla come un gioco, una sfida di coppia (o piccolo gruppo da tre componenti) strutturata in tre fasi successive
Prima fase di coppia: i bambini si distribuiscono tre dadi a testa, e tirandoli sul banco alternativamente ricostruiscono il numero ottenuto. Inizia il bambino che possiede il dado con le unità tirandolo e registrando sul foglio di gruppo la cifra uscita relativa alle unità. Segue il lancio del bambino che possiede il dado con le decine (può anche essere lo stesso bambino) che verranno registrate accanto alle unità, seguirà il lancio del dado con le centinaia e relativa registrazione e cosi di seguito fino ad arrivare a lanciare tutti i dadi. Al termine, insieme all’interno della coppia, si ricostruisce il numero di 6 cifre, si scompone in forma polinomiale o anche in potenze del 10 (se i bambini hanno già avuto modo di sperimentarla in passato) e si scrive il nome del numero a parola.Esempio: se i numeri usciti sulle facce dei dadi sono: 4 +50 +300 + 3000+70000+100000 il numero sarà 173 354 centosettantatremilatrecentocinquantaquattroScomposizione: (1 x 100000) + (7 x 10000) + (3 x 1000) + (3 x 100) + (5×10) + (4 x 1)
Seconda fase individuale: con il numero ricostruito ad ogni componente si richiede, in un tempo concordato inizialmente insieme, di scoprire 3 (o anche più a discrezione dell’insegnante) modalità di ricostruzione utilizzando liberamente, questa volta, le operazioni aritmetiche conosciute.Esempio: una modalità potrebbe essere: 150000 + 23000+ 354 o ancora 173000 + (400-46); ovviamente i bambini sono liberi di utilizzare solo un tipo di operazione o diverse in combinazione tra loro, attivando le proprie risorse e strategie di calcolo. Offrire ai bambini questa possibilità diventa una preziosa occasione di osservazione per l’insegnante che potrà constatare come ognuno si trovi ad un livello diverso di conoscenza e padronanza nell’uso matematico dei sistemi di calcolo mentale.Al termine del tempo, all’interno della coppia, ognuno condivide con l’altro le tre soluzioni individuate e insieme correggono e/o integrano se necessario, presentando le sei modalità di ricostruzione come lavoro di sintesi della coppia.
Terza fase di argomentazione collettiva: ogni coppia illustra e argomenta il proprio lavoro nel grande gruppo, presentando il numero e motivando di volta in volta le scelte di calcolo effettuate.Ulteriore rilancio: nei giorni successivi potrebbe essere interessante proporre ad ogni coppia di “prendere” il numero formato dalle altre e provare a scoprire diverse modalità di costruzione dello stesso numero utilizzando questa volta ad esempio un numero maggior di operazioni (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione). Questo è solo uno dei numerosi possibili rilanci che si possono effettuare.
Valutazione formativa in itinere:
Per tenere traccia di quanto osservato e rilevato dall’insegnante nel corso dell’attività di ria-attivazione proposta potrebbe risultare utile registrare nella seguente check list le evidenze apprenditive emerse
ABILITÀ E CONOSCENZE NUMERICHE
Riconosce e utilizza correttamente il valore posizionale delle cifre nella ricostruzione del numero?
Utilizza correttamente la struttura decimale nella scomposizione polinomiale?
Effettua correttamente calcoli a mente?
Mobilita risorse e strategie personali?
AUTONOMIA
Si mostra autonomo/a nei lavori richiesti?
COLLABORAZIONE
Accetta il confronto nel gruppo?
Dà il suo contributo per portare a termine il lavoro comune?
ARGOMENTAZIONE
Illustra e motiva le proprie proposte di soluzione?
Per approfondire
Geake J.C. (2017), Il cervello a scuola. Neuroscienze e educazione tra verità e falsi miti, Erickson, Trento.
Gentili, G., (2022), Didattica Universale Matematica classi 1-2-3. Erickson, Trento.
Gentili, G., (2023), Didattica Universale Matematica classi 4-5. Erickson, Trento.
Reffieuna A. (2012), Come funziona l’apprendimento. Conoscerne i processi per favorirne lo sviluppo in classe, Erickson, Trento.
Il 26 Settembre, da 21 anni, si celebra la Giornata Europea delle Lingue. Secondo il Consiglio d’Europa “la diversità linguistica è uno strumento per ottenere una migliore comprensione interculturale e un elemento chiave nel ricco patrimonio culturale del nostro continente”. La lingua che parliamo non solo ci caratterizza dal punto di vista espressivo, ma influenza anche il nostro modo di vedere le cose, di percepire i nostri rapporti con le persone, di rispondere agli stimoli sensoriali.
Di questa realtà sono particolarmente consapevoli gli insegnanti che, oggi più che mai, si trovano ad operare in una realtà scolastica sempre più variegata dal punto di vista linguistico. La Giornata Europea delle Lingue è sicuramente uno spunto utile e interessante per lavorare in classe e a scuola. Vediamo come.
La Giornata delle Lingue a Scuola
Secondo i dati pubblicati dal MIUR, nella scuola primaria in Italia gli alunni con cittadinanza non italiana sono circa il 13,3%, ovvero più di 216 mila, provenienti da più di 200 Paesi diversi. Come possiamo valorizzare questa ricchezza a livello di istituto?
Creare un cartellone di BENVENUTO multilinguistico Selezioniamo un’area all’ingresso della scuola, o nell’atrio, dove bambini e famiglie possano vederla. Con un grosso foglio di carta da pacco creiamo un cartellone sul quale scriveremo BENVENUTO in tutte le lingue dei bambini che frequentano la nostra scuola.
Impariamo (e insegniamo) i saluti in tante lingue. Con un piccolo sforzo, ciascun insegnante può imparare a salutare nella lingua dei suoi alunni e accoglierli nel loro idioma di origine alla mattina. Tutti gli studenti possono essere coinvolti, imparando così a salutarsi a vicenda.
Riempire il Barattolo delle Lingue e delle Culture Utilizzando un barattolo di grandi dimensioni, si possono invitare i bambini della scuola a riempirlo, inserendo ciascuno una perlina del colore corrispondente alla lingua parlata in casa, secondo una legenda definita in precedenza. All’interno di una bella cerimonia di istituto, ciascun bambino farà la sua parte inserendo nel barattolo la perlina – o le perline – corrispondente alle lingue che sente parlare dai suoi cari.
La Giornata delle Lingue in Classe
Ci sono molte attività che si possono mettere proporre, con piccolo sforzo e in maniera coinvolgente, per aumentare la consapevolezza dei bambini e incuriosirli rispetto all’universo della diversità linguistica. Eccone alcune:
Creare un Domino delle Lingue della Classe. L’insegnante selezionerà cinque o sei parole comuni e significative – es: i saluti, i ringraziamenti…- e si le tradurrà in tutte le lingue parlate dai suoi studenti. Con le parole così ottenute realizzerà, su semplici strisce di carta, un domino il cui scopo del gioco sarà di abbinare tra loro parole che, in diverse lingue, abbiano lo stesso significato.
Tabulare le Lingue parlate in Classe – e parlate dagli adulti di riferimento. I ragazzi più grandi possono approfittare della Giornata delle Lingue per lavorare su alcuni contenuti didattici, come la tabulazione dei dati e la statistica. Se l’insegnante avrà predisposto e distribuito con anticipo un questionario da compilare insieme agli adulti di riferimento, si potrà costruire un istogramma che rappresenti i risultati linguistici emersi dalle risposte. Attenzione, però, perché non tutti gli adulti di riferimento potrebbero essere in grado di leggere e comprendere il questionario! Sarà opportuno predisporre due o tre versioni dello stesso, una in Italiano e almeno una in Inglese e in Spagnolo.
Lo Storytelling multi linguistico. L’insegnante selezionerà una fiaba o una storia non troppo lunga e la dividerà in sequenze. Con l’aiuto di alcuni adulti che si saranno resi disponibili tradurrà ciascuna storia in almeno altre due lingue di quelle parlate dai suoi studenti. Per lo storytelling sarebbe bello poter invitare alcuni adulti madrelingua, che facciano da cantastorie per i bambini. Ogni sequenza della storia sarà letta, in successione, da ciascuno degli adulti nella propria lingua, Sarà molto interessante notare come lo stesso contenuto possa variare moltissimo a seconda della lingua in cui è pronunciato.
Perché è importante celebrare?
La consapevolezza della diversità linguistica e del suo valore, se da un lato ha una evidente utilità pratica, aiuta soprattutto ad allargare i propri orizzonti, ad ampliare le proprie conoscenza, a riconoscere che noi – e la nostra lingua – non siamo che un pezzetto del bellissimo e variegato puzzle che è l’umanità!
In questo periodo, dopo l’uscita del bando del PNRR, si sta facendo un gran parlare di come cambiare le aule e gli ambienti di apprendimento. Aule aperte o aule chiuse? Aule speciali? Aule di disciplina? Banchi con le ruote o senza ruote? Corridoi arredati con isole per piccoli gruppi, … e via così.
Gli insegnanti guardano le opzioni, discutono e sognano un assetto che permetta loro un cambio di didattica, dimenticando che non è l’assetto a fare la differenza ma le persone e il loro mettersi in gioco. Infatti, l’aula e l’arredo più funzionali, non faranno alcuna differenza se non avverrà anche un cambiamento nella didattica e nella forma mentale di tutti i protagonisti del fare scuola: insegnanti, alunni e genitori.
Gli insegnanti per primi devono ripensare al come, piuttosto che al dove. Se si desidera fare un lavoro a gruppi, non sarà l’assetto a fermare l’insegnante convinto. Ma un’aula disposta a isole non farà alcuna differenza se l’insegnante deciderà di fare comunque lezione frontale. Lo stesso vale per i bambini e le bambine, se non vengono abituati a lavorare insieme, nulla potrà la disposizione dei banchi: nasceranno comunque conflitti e il lavoro ne risentirà. Infine, in questo processo di cambiamento vanno coinvolte le famiglie, condividendo con esse il metodo, l’idea e la visione di quello che stiamo facendo: ricordiamoci che i genitori hanno vissuto un’altra scuola e un cambio di metodologia li fa sentire estranei e preoccupati.
Quindi per cambiare i luoghi di apprendimento, prima dobbiamo cambiare le persone che li abitano. Partiamo quindi dai bambini e da come aiutarli a stare insieme. Una classe è un insieme di persone, finite insieme per caso, che devono imparare a camminare insieme, ognuna nel rispetto del proprio passo. Per avviare una riflessione su questo tema, questo mese abbiamo scelto di accompagnare l’azione didattica con l’albo illustrato “Il mio amico Albert” di Isabelle Arsenault edito da Mondadori; si tratta di un albo illustrato che racconta di Albert, un bambino che desidera leggere, e per farlo si isola dai compagni, che però uno alla volta lo vanno a cercare per coinvolgerlo nelle proprie attività. Albert pian piano diventa sempre più insofferente fino a quando non esplode e li rimprovera perché non riesce a leggere in pace. A questo punto gli amici, invece di arrabbiarsi e lasciarlo solo, accolgono il suo bisogno e ognuno va a prendere un libro per leggere insieme a lui e così fare comunque qualcosa tutti insieme.
Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:
prima parte: lettura espressiva della storia;
seconda parte: presentazione del lavoro;
terza parte: video tutorial con i passaggi per realizzare il template.
Video
Materiali
LE AUTRICI
Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.
Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.
En la Edad Media hubo dos grandes grupos de personas: aquellos, como los campesinos, que no abandonaban su lugar de nacimiento; y aquellos que pasaban su vida viajando. A este último grupo pertenecían los soldados de fortuna, las cortes de los reyes, las delegaciones diplomáticas y eclesiásticas, los pastores trashumantes, los predicadores, los artistas, los artesanos, los vagabundos, los maleantes y los peregrinos.
Peregrinar en estos años era realmente una aventura peligrosa, no como en la actualidad. Los peregrinos tenían poca información sobre los lugares que atravesarían y no siempre era segura. Además, no sabían hablar las lenguas de los países y regiones por lo que iba a pasar, ni sus costumbres, no tenían mapas que les indicaran los caminos. De ahí que los peregrinos que emprendían el viaje estuvieran asustados por los peligros que se decía que debían afrontar.
El peregrino antes de ponerse en marcha hacía testamento porque sabía que a lo mejor no volvía a ver a su familia. De hecho, muchos morían a lo largo del viaje no solo a causa de los bandidos que encontraban por el camino, sino también por accidentes y enfermedades.
La mejor manera de peregrinar era ir en grupo no solo porque los peregrinos se podían ayudar mutuamente en caso de peligro, sino también darse ánimos, hablar y divertirse y hacer así el camino más ameno. De hecho, durante el camino, como sucede en la actualidad, se forjaban grandes y bonitas amistades.
La mayoría de las personas era gente sencilla y hacía el camino andando, de ahí que su equipaje fuera ligero. Solían llevar una escarcela, una esclavina, un bordón o báculo y un sombrero de ala ancha. Pocos elementos, pero muy útiles.
Por ejemplo, el peregrino que iba a Santiago se cosía en su ropa conchas de las vieiras, figuritas de hueso o azabache.
Sin embargo, el camino también lo hacía gente rica y poderosa, como nobles o reyes, que, acompañados con todo su séquito, viajaban cómodamente a caballo y con todas las cosas necesarias para sentirse casi como en su casa. Su llegada al centro de peregrinación era todo un acontecimiento en la ciudad.
Peregrinos famosos a Santiago.
Se conocen muchísimos personajes ilustres que fueron en peregrinación a Santiago de Compostela, como el duque de Aquitania Guillermo X, Luis VII de Francia, Jean van Eyck o el duque Cosimo III de Medici.
En la Edad Media había diferentes centros de peregrinación, pero los principales eran: Jerusalén, Roma y Santiago de Compostela.
Curiosidades
Ser romero: en origen significaba “viajar en peregrinación a Roma”. Ser palmero: era el peregrino que iba a Jerusalén porque de Tierra Santa traía palma.