L’impianto dell’arboreto

La realizzazione di un nuovo arboreto deve essere ben ponderata tenendo particolarmente conto dell’ambiente pedoclimatico; quest’ultimo deve essere vocato alla coltura e alla destinazione del prodotto che si intende coltivare. Una volta individuata la specie, si dovranno scegliere le varietà e i portinnesti che, a loro volta, indirizzeranno le forme d’allevamento più idonee e da cui dipenderanno le scelte relative ai sesti di impianto e alla tipologia di struttura di sostegno da adottare. 

Fertilità

In funzione delle scelte fatte e prenotato il materiale vivaistico, preferibilmente con un anno di anticipo, si potrà procedere con le operazioni in campo. La prima attività da svolgere riguarderà l’analisi del terreno per valutarne le caratteristiche e per programmare un’adeguata fertilizzazione di fondo.

La fertilizzazione è necessaria in prospettiva della lunga durata dell’impianto che può oscillare fra i 15 e i 30 anni a seconda della specie; per la stessa ragione è fondamentale un’adeguata precessione colturale, in genere grano, orzo ma anche sovescio, che permetta di liberare il terreno nel periodo estivo e consentire le lavorazioni in condizioni di asciutto. Per tutte le specie arboree è fortemente sconsigliato il ristoppio vale a dire il ritorno immediato della medesima specie nella stessa annata dell’espianto. 

Preparazione del terreno

Prima delle lavorazioni profonde il terreno potrebbe necessitare di livellamenti o ruspature per garantire le corrette pendenze per lo scolo delle acque, operazioni che generalmente sono agevolate da una leggera aratura superficiale che rende il terreno più scorrevole e movimentabile. In funzione delle analisi del terreno si potrà quindi procedere alla concimazione di fondo con fertilizzanti chimici ma soprattutto con sostanza organica.

La profondità di lavorazione può variare fra i 50 e i 100 centimetri e può essere realizzata mediante aratura, ripuntatura o con entrambe le operazioni. La profondità della lavorazione ha lo scopo di migliorare la struttura di una maggiore massa di terreno. Oggi in genere, soprattutto per praticità, si esegue una ripuntatura profonda seguita da un’aratura superficiale che, rendendo particolarmente fine e soffice il terreno superficiale, faciliterà le operazioni di messa a dimora delle piante. Dopo la lavorazione, immediatamente prima dell’inizio delle operazioni di impianto, con un erpice rotante si procederà all’affinamento superficiale del terreno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allestimento della struttura

La posa in opera della struttura di sostegno delle piante può essere realizzata sia prima che dopo la messa a dimora delle piante. L’allestimento della struttura precedente la messa a dimora facilita l’individuazione delle condizioni di lavoro ideali in funzione dell’andamento climatico mentre il posticipo viene effettuato per permettere il trapianto meccanico.

Oltre alla struttura di sostegno, che potrà anche essere dotata di sistema di protezione antigrandine o predisposta per una sua futura installazione, è spesso necessario prevedere la realizzazione di un sistema fisso di irrigazione che, soprattutto nel caso dei sistemi a goccia, potrà anche essere utilizzato per la  fertirrigazione. In ogni caso la possibilità di irrigare in modo tempestivo sarà fondamentale al momento della ripresa vegetativa soprattutto in presenza di primavere particolarmente siccitose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Campionati di Informatica

Le Olimpiadi Internazionali di Informatica (IOI) sono una gara di programmazione annuale per gli studenti delle scuole secondarie patrocinata dall’UNESCO. La prima edizione delle IOI si è svolta in Bulgaria nel 1989, mentre l’ultima edizione, a fine agosto 2023, si è svolta a Szeged, in Ungheria. Questa edizione ha visto la partecipazione di 92 paesi e 354 concorrenti (ogni paese può selezionare fino a quattro concorrenti).

L’Italia ha partecipato per la prima volta alle IOI nel 2000, e dal 2001 ha avviato un’edizione nazionale, chiamata Olimpiadi Italiane di Informatica, promossa da uno sforzo congiunto del Ministero dell’Istruzione insieme con AICA (Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico)Le Olimpiadi Italiane di Informatica, che dallo scorso anno hanno cambiato nome in Campionati Italiani di Informatica, sono divise in tre fasi:

  1. SCOLASTICHE (tipicamente a dicembre): in questa fase, nelle proprie scuole, circa quindicimila studenti concorrono a risolvere, su carta, un test che coinvolge abilità di matematica, logica e programmazione. In particolare, vengono anche presentati alcuni frammenti di pseudo-codice, che gli studenti devono analizzare: evitando linguaggi specifici, possono partecipare a questa fase anche studenti che non abbiano mai programmato.
  2. TERRITORIALI (tipicamente ad aprile): in questa fase, che si svolge in circa 50 istituti scolastici in tutta Italia, circa 2000 studenti, selezionati dalla fase precedente, gareggiano risolvendo quattro problemi di programmazione.
  3. FINALE NAZIONALE (tipicamente a settembre): a circa 100 studenti viene chiesto di risolvere in modo efficiente quattro problemi di programmazione. L’ultima finale nazionale si è svolta dal 12 al 14 ottobre presso l’ITI Paleocapa di Bergamo e hanno partecipato 105 studenti di tutta italia accompagnati da 37 docenti (i loro referenti territoriali).

I migliori classificati alla finale nazionale, circa una ventina, vengono poi selezionati come candidati a rappresentare l’Italia alle IOI. Accedono quindi a un percorso formativo in cui vengono alternate lezioni e gare, fino a quando quattro di loro vengono selezionati per partecipare alle IOI. Chi non viene selezionato per le IOI ha comunque modo di tenere alta la bandiera nazionale, in altre gare a cui l’Italia partecipa: le EGOI, le Olimpiadi Europee di Informatica riservate alle ragazze (European Girls Olympiad in Informatics), le BOI (Balkan Olympiad in Informatics) e le WEOI (Western European Olympiad in Informatics).

Per i ragazzi più piccoli, da due anni sono stati inoltre lanciati i Giochi di Fibonacci, una gara di algoritmica e coding rivolta agli studenti delle scuole primarie e delle scuole secondarie di primo grado.

Per approfondire

Speciale: Holocaust Memorial Day

The poet W. S. Merwin once said “What you remember saves you”. The Holocaust Memorial Day helps us to remember what happened and to celebrate those who spent their lives for people in need.

GREAT SPEECH

(Level B2.2) – Gideon Hauser “In the name of 6 million accusers”
Download a lesson from our “Great Inspiration”

THE STORY OF SIR NICHOLAS WINTON

(Level B1.2)

WARM UPWatch the trailer of the brand new movie “One life” and complete the table:

  • WHO IS THE PROTAGONIST?
  • WHEN DID THE STORY TAKE PLACE?
  • WHAT HAPPENED?
  • WHY DID HE DO THAT?

Divide the class into groups and let them research for 15 minutes:

GROUP 1 – HISTORICAL CONTEXT
DOC 1 – ANIMATED MAP
DOC 2 – CZECHOSLOVAKIA DURING WWII

After researching prepare a digital poster to present the historical situation of the land at the beginning of the second World War.

GROUP 2 – SIR NICHOLAS WINTON IN PRAGUE
DOC 1 – THE RESCUE OF CHILDREN
DOC 2 – STATUE IN PRAGUE
DOC 3 – IN HIS OWN WORDS

After researching prepare a digital poster to present the figure of Sir Nicholas Winton.

GROUP 3 – CHILDREN IN BRITAIN
DOC 1 – KINDERTRANSPORT
DOC 2 – HE BECAME EVERYBODY’S GRANDFATHER

After researching prepare a digital poster to present the Kindertransport organized.

POETRY

(Level B2/C1) – Refugee blues by W.H.Auden

WARM UP: Consider the title of the poem and the pictures below Who is a refugee? Find differences and similarities between the two pictures (refugees today and refugees during WWII)

Say this city has ten million souls,
Some are living in mansions, some are living in holes:
Yet there’s no place for us, my dear, yet there’s no place for us.

Once we had a country and we thought it fair,
Look in the atlas and you’ll find it there:
We cannot go there now, my dear, we cannot go there now.

In the village churchyard there grows an old yew,
Every spring it blossoms anew:
Old passports can’t do that, my dear, old passports can’t do that.

The consul banged the table and said,
“If you’ve got no passport you’re officially dead”:
But we are still alive, my dear, but we are still alive.

Went to a committee; they offered me a chair;
Asked me politely to return next year:
But where shall we go to-day, my dear, but where shall we go to-day?

Came to a public meeting; the speaker got up and said;
“If we let them in, they will steal our daily bread”:
He was talking of you and me, my dear, he was talking of you and me.

Thought I heard the thunder rumbling in the sky;
It was Hitler over Europe, saying, “They must die”:
O we were in his mind, my dear, O we were in his mind.

Saw a poodle in a jacket fastened with a pin,
Saw a door opened and a cat let in:
But they weren’t German Jews, my dear, but they weren’t German Jews.

Went down the harbour and stood upon the quay,
Saw the fish swimming as if they were free:
Only ten feet away, my dear, only ten feet away.

Walked through a wood, saw the birds in the trees;
They had no politicians and sang at their ease:
They weren’t the human race, my dear, they weren’t the human race.

Dreamed I saw a building with a thousand floors,
A thousand windows and a thousand doors:
Not one of them was ours, my dear, not one of them was ours.

Stood on a great plain in the falling snow;
Ten thousand soldiers marched to and fro:
Looking for you and me, my dear, looking for you and me.

POEM ANALYSIS:

Listen to the poem.
Focus on the condition of refugees and on the three key elements of this poem:
● PERPETRATORS
● VICTIMS
● SPECTATORS

BRITISH AND IRISH HEROES OF THE HOLOCAUST

(Level A2/B1)

There are many people who helped during the second World War. Have a look at their stories and fill in the table:

  • WHO IS HE/SHE?
  • WHERE DOES HE/SHE COME FROM?
  • WHAT DID HE/SHE DO?
  • WHERE WAS HE/SHE DURING THE WAR?

HERO 1: MONSIGNOR HUGH O’FLAHERTY
HERO 2 AND HERO 3: IDA AND LOUISE COOK
HERO 4: PRINCESS ALICE OF GREECE (the most difficult among the heroes – level B1.2)

Il giorno della memoria

Il 27 gennaio si celebra il giorno della memoria, in ricordo delle vittime dell’Olocausto.

Tramontana Rizzoli Education ha deciso di dedicare il video articolo di Rivista di questo mese proprio a questo tema, perché far conoscere, approfondire e tramandare la memoria dell’Olocausto è fondamentale affinché un evento così tragico non si ripeta. Un compito che non può essere lasciato alle sole istituzioni o agli storici, ma che investe personalmente ognuno di noi.

Ringraziamo la Fondazione Memoriale della Shoa di Milano Onlus che ci ha permesso di effettuare la registrazione del video nella sua sede.

Il video 

 

Come sempre, dopo aver visionato il video, potete scaricare le schede di attività preparate per voi: un compito di realtà, da proporre alla classe, e una scheda riservata ai docenti, comprensiva di strumenti per la valutazione. Nella speranza di evitare che quanto avvenuto in questo capitolo della storia possa ripetersi. 

Materiali aggiuntivi

I Giusti tra le nazioni

Il 27 gennaio di ogni anno ricorre l’anniversario del Giorno della Memoria, una giornata dedicata a non dimenticare quanto successo durante la Seconda Guerra Mondiale. Quest’anno abbiamo deciso di affrontare l’argomento ricordando tutte quelle persone che nel loro piccolo si sono prodigate per salvare gli altri, nello specifico ci riferiamo ai Giusti tra le nazioni. Questo termine è stato utilizzato a partire dal secondo dopoguerra per indicare tutte quelle persone di origine non-ebrea che, senza trarre nessun guadagno personale, hanno messo a rischio la propria vita per salvare almeno un ebreo dal genocidio nazista.

Dal 1962 l’Yad Vashem, l’Ente Nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme, ha utilizzato questo termine per conferire un’onorificenza ufficiale a tutti coloro che hanno salvato gli ebrei conferendo una medaglia, un certificato d’onore e l’iscrizione del nome del Giusto all’interno del Giardino dei Giusti del museo dell’Yad Vashem a Gerusalemme. Il 1° gennaio 2022 l’Yad Vashem ha riconosciuto 28.217 Giusti fra le nazioni provenienti da 51 diversi paesi del mondo. Tra questi, 766 sono gli italiani che sono stati insigniti di questa onorificenza.

Ma cosa fa di una persona un eroe? Con questa domanda Peter Sís, autore del libro Nicky & Vera, si è interrogato su quali siano i valori che rendono una persona un vero eroe. In un suo viaggio a Praga scopre la figura di Nicholas Winton, un uomo inglese di origini ebree (Nicholas Winton per le sue origini non è inserito nella lista dei Giusti tra le nazioni) che nel 1938, quando i Sudeti vennero invasi dalle truppe naziste, cercò un modo per salvare il più alto numero di persone possibili.

Il suo sforzo si concentrò sull’esportazione dei bambini in quanto il governo inglese permetteva la migrazione dei minorenni sul suo territorio purché ci fosse una famiglia inglese disposta ad accoglierli e che i bambini avessero la disponibilità economica (cinquanta sterline) per poter tornare nel loro paese di origine una volta terminata la guerra. Nicholas Winton cominciò a viaggiare tra la Cecoslovacchia e l’Inghilterra per trovare famiglie affidatarie e per preparare i documenti necessari che spesso si trovò a falsificare.

Prima dell’invasione totale della Cecoslovacchia e della chiusura dei confini Winton riuscì a salvare 669 bambini. Winton non raccontò mai a nessuno quanto aveva fatto. Negli anni ‘80 quando sua moglie trovò in soffitta la documentazione che attestava quanto aveva fatto, organizzò un incontro tra Winton e i bambini sopravvissuti. Questo evento è immortalato in un coinvolgente video della BBC Peter Sís nel suo libro Nicky & Vera riesce a raccontare con estrema delicatezza il viaggio di un eroe che, come tanti altri, si è adoperato per salvare le persone in difficoltà.

Nel 2003 la onlus italiana Gariwo la foresta dei Giusti ha inaugurato il Giardino dei Giusti di tutto il mondo dove poter ricordare tutti gli uomini e le donne che hanno avuto a che fare con ogni tipo di genocidio e non solo quello della Shoah. Un luogo quindi per ricordare tutti coloro che si sono battuti per le ingiustizie e i crimini contro l’umanità. 

Oggi con questo progetto vorremmo ricordare tutti i Giusti del mondo.

Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:

  • prima parte: lettura espressiva della storia;
  • seconda parte: presentazione del lavoro;
  • terza parte: video tutorial con i passaggi per realizzare il pop-up del Giardino dei Giusti.

Video

MATERIALI AGGIUNTIVI

Scarica il template

LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

A passi leggeri

Il dibattito

Ogni anno, quando si avvicina la data del 27 gennaio gli insegnanti si chiedono quale sia la giusta via per parlare in classe della Giornata della Memoria, soprattutto con i più piccoli. Da una parte si sente la necessità di far ricordare, di coltivare nei bambini e nelle bambine un pensiero critico che sappia fare la differenza, senza ripetere gli errori del passato. Dall’altra parte però spaventa sempre affrontare questi temi così profondi e toccanti e non ci si sente mai abbastanza preparati a farlo.

Delicatezza 

Nell’affrontare queste tematiche è necessario che, qualsiasi tipo di attività si progetti, il tutto sia accompagnato da una grandissima delicatezza. Per coltivare il rispetto è necessario anche mostrare rispetto, senza banalizzare o utilizzare materiali poco significativi.

Dialogo e ricerca

Bambini e bambine, ragazzi e ragazze, davanti al tema della Shoah si pongono e ci pongono tante domande. È fondamentale che l’insegnante sia preparato, abbia fatto ricerca sulle tematiche storiche e sappia inquadrare la situazione in una cornice ampia e non riduttiva rispetto alle “vittime”. È infatti fondamentale dare alle classi anche informazioni più ampie sulle vicende, dando la possibilità di allargare lo sguardo e provare a capire la storia delle persone. Non bastano i numeri delle vittime, dobbiamo avvicinare i nostri alunni e le nostre alunne alle vite di chi ha vissuto in quel periodo.

Lo sguardo 

Spesso si è portati a dare un’impronta pessimistica alle attività della Giornata della Memoria, concentrandosi sulla strage e sulle vittime. Certamente è fondamentale raccontare con delicatezza la drammaticità, ma altrettanto importare è far vedere la speranza, raccontando come nel buio più totale ci sia stato qualcuno capace di accendere una piccola luce. 

Percorsi possibili con gli albi illustrati 

Le storie, se scelte con consapevolezza e per la giusta età, sanno parlare ai bambini meglio di noi, sanno raccontare storie difficili con parole semplici, dando spunti per il dialogo e lasciando una traccia vivida.

Albi illustrati sull’accettazione della diversità

  • Vietato agli elefanti. Lisa Mantchev. Giunti
  • Intrusi. Alfredo Soderguit. Terre di mezzo.
  • La cosa più importante. Antonella Abbatiello. Fatatrac

Albi delicati sulla guerra

  • Flon-Flon e Musetta. Elzbieta. Edizioni Aer
  • Perché? Nikolai Popov. Nord-Sud Edizioni
  • Il soldatino. Cristina Bellemo, Andrea Antinori. Zoolibri

Albi illustrati sul potere, sulle regole ingiuste

  • Il piccolo ghirighiri. Babalibri
  • E la regina disse. Bellemo, Brillo. Fatatrac.
  • Il muro. Macrì, Zanotti. Nuinui

Albi illustrati sui Giusti tra le nazioni

  • Il cavaliere delle stelle. La storia di Giorgio Perlasca. Cognolato Luca, Del Francia Silvia. Lapis
  • Il gelataio Tirelli. Tamar Meir. Gallucci

Albi illustrati sulla Shoah

  • Il volo di Sara. Farina, Possentini. Fatatrac
  • La bambina del treno. Farina, Simoncelli. Edizioni Paoline
  • Rosa Bianca. Innocenti. La margherita
  • Otto. Autobiografia di un orsacchiotto. Tomi Ungerer. Mondadori
  • Tutte le mamme di Renata Piatkowska, Giuntina

Albi illustrati sulla speranza nella Shoah

  • La città che sussurrò. Elvgren, Santomauro. Giuntina
  • L’inizio. Carballeira. Danowski. Kalandraka

Un libro particolarmente interessante e che apre percorsi interdisciplinari molto validi è Friedl e i bambini di Terezín che racconta la storia di Friedl Dicker-Brandeis, artista ebrea che attraverso l’arte cercò di migliorare la vita dei bambini deportati. I disegni dei bambini sono ancora oggi disponibili al Museo di Praga e in rete è possibile recuperarli per mostrarli alla classe. 

Una parola non vale l’altra | Esiste davvero la generazione “20 parole”?

Dare i numeri

Questa storia dei giovani che sanno sempre meno vocaboli è ciclica. Della “generazione 20 parole” se ne parla ormai da molti anni, non senza pochi allarmismi riguardo al presunto impoverimento lessicale e all’uso ridotto delle forme linguistiche più complesse. Ma davvero è tutta colpa del digitale? Quanti termini dovrebbe possedere uno studente o una studentessa della scuola secondaria di secondo grado? In principio fu un articolo de la Repubblica del 2010, intitolato proprio “La generazione venti parole”, dedicato a una ricerca condotta da Tony McEmery, un linguista dell’Università di Lancaster, che, dopo aver analizzato il linguaggio dei ragazzi sul web, è giunto alla conclusione che i giovani del tempo, ovvero i Millennial (nati e nate tra il 1980 e il 1996), utilizzano solo 800 vocaboli «di cui appena 20 monopolizzano un terzo delle conversazioni».

La questione è così cara a lettori e lettrici da essersi trasformata nel tempo in un appuntamento fisso per fare il punto della situazione con le nuove adolescenze, in particolare con la Generazione Z, relativa ai nati e alle nate tra il 1996 e il 2010. Vi dice qualcosa la ricerca di Tullio De Mauro condotta negli anni Settanta? In rete circola una vera e propria bufala secondo cui il linguista avrebbe affermato che già al tempo gli adolescenti fossero poverissimi di lessico e conoscessero dalle 600 alle 700 parole. Dichiarazione smentita. La ricerca, infatti, non esiste, ed è lui stesso a ricordarlo nel saggio L’educazione linguistica democratica (Laterza, 2022): «600 parole è il patrimonio lessicale minimo di un bambino treenne». Cosa ci insegna tutto ciò? Ogni nuova generazione è additata dal mondo degli adulti come “responsabile” di un decadimento linguistico. 

Chi ha paura dello slang?

Se è vero che si perdono molte parole (nell’uso), è altrettanto vero che se ne acquisiscono molte altre. La lingua, poi, cambia nel tempo. Pensiamo solo ai neologismi, ai calchi e ai prestiti linguistici che la rete ha contribuito a diffondere e che, talvolta, sono finiti nel “retino” del gergo generazionale: lo slang. Dobbiamo averne paura? Infetterà la lingua italiana? Nient’affatto. Ai giovani, allo slang stesso, non interessa proprio avere un contatto con la lingua nel senso che comunemente gli attribuiamo, ovvero “quella dei dizionari”. Intanto, i linguaggi giovanili (che sono tanti, non uno solo) sono una varietà dell’italiano, quindi un sottogruppo con precise caratteristiche sociolinguistiche che riguarda soprattutto − ma non esclusivamente − la fascia anagrafica giovanile.

In altre parole, fanno parte del sistema lingua, esattamente come i linguaggi specialistici, l’italiano aulico o quello burocratico. Lo slang, dunque, abita da sempre il nostro sistema di comunicazione, anche e soprattutto perché ha una funzione ben precisa: la formazione dell’identità di una comunità, quella degli adolescenti. La maggior parte delle innovazioni linguistiche dello slang rimane interna allo slang stesso, anche se può accadere che qualche elemento di un gergo vada a finire nella lingua comune, ma non senza un’attenta osservazione e archiviazione delle occorrenze da parte di un comitato scientifico. Lo slang arricchisce prima di tutto sé stesso e poi eventualmente la lingua. Avete ancora paura?

Spunti didattici

Per stimolare ragazze e ragazzi ad approfondire l’evoluzione della lingua oggi e le caratteristiche della comunicazione onlife, ti suggeriamo un’attività da proporre in classe, ispirata ai contenuti trattati nel capitolo 8 del saggio di Vera Gheno dal titolo L’antidoto (Longanesi, 2023).

  • Avvia un dibattito a partire da questa domanda: “Che lingua usiamo online?”.
  • A questo punto, prepara 6-7 affermazioni di giudizio, ad esempio “La lingua che usiamo in rete è semplificata” oppure “La lingua che usiamo in rete è povera lessicalmente”. Per ciascuna affermazione chiedi alla classe di riportare almeno un esempio tratto da un social network, come un commento o una didascalia. 
  • Gli studenti e le studentesse, in gruppetti di 3, si posizionano vicino a uno dei giudizi scritti sulla LIM ed esprimono il loro giudizio sull’affermazione. Possono essere d’accordo oppure no, l’importante è spiegare il perché. Dopo 6/8 minuti di discussione si cambia postazione e quindi muta anche il contenuto delle argomentazioni.

L’uso della lingua dei segni nella didattica dell’inglese

Negli ultimi anni sempre più ricerche hanno evidenziato i numerosissimi benefici dell’apprendimento e utilizzo della Lingua dei Segni da parte di tutti, a partire dai bambini fin da piccoli, per i quali la Lingua dei Segni di riferimento può essere affiancata alla lingua parlata. Sebbene storicamente questa forma espressiva sia associata con la comunità sorda, in realtà il suo utilizzo si è andato nel tempo allargando anche a chi sordo non è, grazie ai notevoli aspetti positivi che questa lingua può apportare all’esperienza comunicativa di tutti

La Lingua dei Segni e i suoi numerosi vantaggi

Concretamente, quali possono essere i vantaggi di conoscerla e usarla per chi sente e parla? Ecco un elenco solo parziale di alcuni, suddivisi in tre categorie: vantaggi per i bambini piccoli, vantaggi per tutti sulla lunga distanza, vantaggi per chi sta imparando una seconda lingua.

Vantaggi per i bambini piccoli (non ancora in grado di parlare):

  • permette ai bambini di esprimere i propri bisogni ancora prima di riuscire ad articolare le parole;
  • migliora la relazione adulto/bambino, proprio perché permette una maggiore comprensione reciproca;
  • diminuisce vistosamente il numero di comportamenti problematici, perché fornisce al bambino un mezzo di espressione;
  • velocizza l’acquisizione del linguaggio orale;
  • migliora la coordinazione oculo-manuale;
  • aiuta lo sviluppo della motricità fine.

 

Vantaggi sulla lunga distanza per tutti:

 

  • aumenta la consapevolezza e l’accettazione della diversità e favorisce l’inclusione come atteggiamento generale;
  • permette di comunicare con gente nuova;
  • permette di conoscere e comprendere meglio una comunità (quella sorda) che è spesso sottovalutata, isolata o oggetto di pregiudizi, e di venire in contatto con realtà culturali ricche e articolate;
  • migliora la visione periferica; 
  • previene l’artrite;
  • tiene allenato il cervello;
  • permette di comunicare anche quando non si può parlare.

 

Vantaggi per chi sta imparando una seconda lingua:

 

  • favorisce lo stile di apprendimento cinestetico;
  • facilita la memorizzazione perché stimola diversi canali sensoriali;
  • permette di legare l’apprendimento a modalità mnemoniche diverse;
  • aumenta il vocabolario in L2 in maniera più veloce e duratura.

Soprattutto quest’ultimo aspetto è particolarmente interessante per i docenti di L2, che possono trovare nella Lingua dei Segni un potente alleato al loro operare didattico.

Quale Lingua dei Segni?

Non tutti sono consapevoli che le Lingue dei Segni sono tante, e diverse tra loro, quanto lo sono le lingue orali. Ciascun Paese ha la propria Lingua dei Segni, con movimenti, espressioni, grammatica e sintassi diverse. Non soltanto, non è assolutamente detto che la Lingua dei Segni in uso in una Nazione segua le stesse convenzioni grammaticali della lingua orale ivi parlata. Quale Lingua dei Segni scegliere allora, per affiancarla all’insegnamento della L2? Poiché si tratta di sistemi completamente diversi e non legati l’uno all’altro, la scelta può essere lasciata libera all’insegnante. Il docente di Inglese può tranquillamente segnare in LIS quando presenta il nuovo vocabolario ai suoi studenti, perché non c’è nessuna connessione che leghi l’inglese parlato, per esempio, alla ASL (American Sign Language), dal momento che anche in quel caso si tratta di due lingue completamente diverse.

Alcuni suggerimenti pratici

L’affiancamento della Lingua dei Segni all’insegnamento dell’Inglese – e piu’ in generale della L2 – e’ uno stratagemma efficace, pratico e di successo per favorire un apprendimento piu’ rapido e duraturo del vocabolario di base. Tutti i docenti sanno che, più canali sensoriali si riescono a stimolare quando si insegna, più facile sarà l’apprendimento da parte dei bambini. Per questo motivo la L2, fin da subito, non deve essere solo una lingua ORALE. E’ importantissimo sovrapporre i canali sensoriali per facilitare l’apprendimento e la memorizzazione: alla parola orale bisogna il più possibile abbinare i supporti visivi e, ancora meglio, quelli motori. Vediamo come.

La Musica Segnata

 

 

L’utilizzo della musica nella didattica della L2 è un elemento importante e imprescindibile. Se, oltre alle note e alla melodia, le parole delle canzoni che vengono proposte ai bambini vengono segnate in Lingua dei Segni, sarà molto più facile che esse siano ricordate con facilità. Non si tratta solo di “gesti” di accompagnamento a fine estetico, ma di reale vocabolario segnato, di vere parole in Lingua dei Segni. Questi stessi segni dovrebbero essere riprodotti anche ogni volta che la parola viene pronunciata al di fuori del contesto musicale, per favorire la generalizzazione.

Alcune canzoni in inglese che si prestano molto bene ad essere segnate sono:

  • Ol’ MacDonald had a farm – animali della fattoria
  • The Wheels on the Bus – vocabolario della famiglia e dei mezzi di trasporto
  • This is my Happy Face – emozioni

Esistono poi alcuni programmi musicali specifici per insegnare ai bambini la Lingua dei Segni abbinandola a canzoni, ma spesso sono pensati per un pubblico anglofono e utilizzano  la ASL come sistema comunicativo. Sono però pur sempre utilissimi perché realizzati a fini didattici, e quindi particolarmente curati dal punto di vista dell’insegnante e, poiché in Inglese, efficaci per l’apprendimento della L2 in maniera naturale. In particolare, segnaliamo Signing Time di Rachael Coleman, nello specifico le seguenti canzoni:

  • Silly Pizza Song – cibo
  • What are you feeling? – sentimenti ed emozioni
  • When I get dressed – abbigliamento e daily routines

 

Le Routine Segnate

 

I momenti routinari sono essenziali nella vita di classe, e ancora di più stabiliscono una struttura e un importante quadro di riferimento nella L2. Imparare a segnare le parole chiave delle routine quotidiane aiuta a sedimentarne il significato. Parole come “Clean up”, “Potty time”, “Wash your hands”, “Line up!” sono molto più facili da memorizzare se, oltre ad essere sentite, vengono viste in azione. Ricordarsi di segnare le routine che si annunciano a voce velocizza la comprensione, facilita la ritenzione, rende più probabile la ripetizione corretta.

 

La Lingua dei Segni come Prompt Iniziale Parziale

 

Quando un bambino non ricorda una parola nella lingua straniera che sta imparando, a volte introdurre un segno, anche se incompleto e parziale, aiuta a far scattare la molla del ricordo. La memoria cinestetica si sovrappone a quella meramente uditiva e fornisce a chi sta imparando un ulteriore toolbox da cui attingere per riportare alla mente quanto imparato. Mostrare un oggetto, chiedendone il nome in Inglese, può a volte non essere sufficiente, ma se alla vista dell’oggetto si aggiunge una bozza del segno corrispondente, con approssimazione decrescente nel passare del tempo, la possibilità di avere una risposta corretta sono molto maggiori.

Meglio uno strumento in più, che uno in meno

Se da un lato sono numerose le ricerche e le sperimentazioni empiriche che supportano l’utilizzo della Lingua dei Segni anche in situazioni di apprendimento in cui non sono presenti i bambini sordi o con difficoltà uditive, dall’altro nessuno studio è ancora riuscito a dimostrare che questo approccio sia controproducente. Pertanto è sempre preferibile poter aggiungere agli strumenti di lavoro dell’insegnante la possibilità di utilizzare diversi canali comunicativi e sensoriali. La Lingua dei Sensi, in questo contesto, tanto aggiunge e nulla toglie, ed è quindi altamente consigliata come strumento compensativo aggiuntivo in grado di raggiungere un ampio numero di bambini con stili di apprendimento cognitivi differenti, facilitandone l’apprendimento.

Prepariamoci alla Giornata della Memoria

Tutti gli anni, la Giornata della Memoria ci  pone davanti a un bivio che mette insieme interrogativi didattici, culturali e psicopedagogici. Se da una parte è piuttosto condivisa la necessità di “praticare” la memoria, di ricordare il passato per analizzarne gli errori, dall’altra il tema della Shoah lascia aperti molti quesiti, soprattutto nella scuola primaria.

Affrontare esplicitamente l’argomento, infatti, l’orrore e le violenze, le camere a gas, senza risparmiare i dettagli raccapriccianti può portare a conseguenze poco auspicabili:

  • incomprensione: perché si fa riferimento a una brutalità fortunatamente lontana e difficile da rappresentare mentalmente da parte di un bambino o di una bambina di 6-11 anni;
  • trauma: perché rischia di essere un racconto poco rispettoso della sensibilità e del vissuto degli stessi bambini e delle stesse bambine.

A questo proposito, Matteo Corradini (in “Tu sei memoria”, Erickson 2022) riporta le linee guida dell’Holocaust Educational Trust che possono fornire informazioni utili su come impostare le attività in vista del 27 gennaio 2024. 

  • Creare un ambiente di apprendimento positivo, incentrato sullo studente, e dedicare tempo e spazio adeguati alla riflessione. 
  • Raccontare la lunga storia e il ricco patrimonio culturale delle comunità ebraiche europee prima della guerra, poiché senza una comprensione della vita ebraica non è possibile aspettarsi la comprensione della perdita causata dalla Shoah. Non permettere che l’ebraismo venga definito dallo sterminio.
  • Comprendere che l’identità ebraica non è esclusivamente definita in termini religiosi.
  • Concentrarsi sulle storie e sulle esperienze personali degli ebrei. Le statistiche sono impersonali e solitamente difficili, se non impossibili da comprendere. Avvicinarsi alle storie individuali rende gli eventi umanamente più vicini.
  • Scegliere le risorse con attenzione, con sensibilità verso gli studenti, le vittime e i sopravvissuti. Evitare l’uso di immagini raccapriccianti che turbano e desensibilizzano gli studenti e disumanizzano le vittime.
  • Assicurarsi che le testimonianze siano adatte all’età dei fruitori.
  • Non presentare gli ebrei solo come vittime. Assicurarsi di considerare il libero arbitrio e l’ingegno di coloro che provarono a rimanere, a nascondersi, a fuggire, a opporre resistenza in modi diversi.
  • Evitare le attività di gioco di ruolo. Una cosa è stimolare l’empatia verso le vittime del nazismo, un’altra è aspettarsi che gli studenti provino personalmente gli eventi drammatici della Shoah. La cosa espone a sconvolgimenti inutili o banalizza l’esperienza delle vittime.
  • Rendere significative le attività. Lo studio della Shoah genera impegno personale e di gruppo, e porta a considerare quanto gli eventi del passato abbiano una rilevanza ancora oggi.

A questi suggerimenti, mai come quest’anno così devastato dalle guerre, ci sentiamo di aggiungere un invito alla sensibilità e al dialogo sui temi della conoscenza storica e della riflessione critica. A tutto questo aggiungiamo, come sempre, alcuni consigli di lettura: la narrazione, infatti, è sempre il veicolo migliore e più potente per far arrivare emozioni, per sviluppare empatia, per suscitare domande e cercare qualche risposta. 

Quest’anno vi consigliamo tre titoli, tutti incentrati sulla narrazione del Bene, sulla narrazione di storie (vere) di chi ha provato a fare la differenza insieme agli altri e alle altre: storie di comunità intere che hanno saputo compiere una scelta di umanità. 

Un albo per tutti: La città che sussurrò, di Jennifer Elvgren, Giuntina
Un romanzo per i più grandi (dai 10 ai 100 anni): 40 cappotti e un bottone, di Ivan Sciapeconi, Piemme.
Un saggio per adulti: Il popolo che disse no, di Bo Lidegaard, Garzanti