Diritti per tutti e per tutte!

Il 20 novembre è la Giornata Mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e a noi piace ricordarla con la celebre frase di Malala Yousafzai, attivista per l’educazione delle bambine: “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.” Parole di grande ispirazione per chi, tutti i giorni, è in prima linea sui temi dei diritti e dell’educazione.

Una data, questa, che ovviamente non può restare una celebrazione simbolica, ma dovrebbe invitare all’azione e all’impegno in prima persona. Per questo motivo, abbiamo pensato di dedicare questo numero del Primaria Magazine quasi esclusivamente a proposte operative, pratiche e facilmente spendibili. Se, come ha affermato Nelson Mandela, “L’istruzione è l’arma più potente che puoi usare per cambiare il mondo”, allora bisogna mettersi all’opera al più presto.

Attività Didattiche per la Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

1. Il Muro dei Diritti

Obiettivo: far conoscere ai bambini i principali diritti contenuti nella Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia del 1989 (Qui un link per approfondire il tema).

Materiali: carta colorata, pennarelli, immagini raffiguranti i diritti dei bambini e delle bambine, colla, cartelloni.

Svolgimento: dopo una breve introduzione sui diritti dei bambini e delle bambine, i docenti presentano alcuni dei diritti fondamentali utilizzando immagini e spiegazioni semplici. Ogni bambino riceve un foglio di carta colorata su cui disegna o scrive un diritto che ritiene importante. Successivamente, tutti i fogli vengono raccolti su un grande cartellone, creando un “Muro dei Diritti” della classe.

Al termine, si può organizzare una discussione su come questi diritti si riflettono nella vita quotidiana e su come ciascuno può contribuire a rispettarli e difenderli.

2. La mostra dei diritti presenti e futuri

Obiettivo: stimolare la creatività e l’espressione personale riguardo ai propri diritti e sogni.

Materiali: carta, colori, materiali per decorare (paillettes, glitter, ecc.), cartoncini.

Svolgimento: ogni bambino riceve un cartoncino su cui illustrare uno spazio della mostra, rappresentando i diritti che immagina fondamentali per il proprio futuro. Possono includere elementi come l’istruzione, la salute e la sicurezza, ma anche diritti “nuovi” o non percepiti come tali, come la felicità o il diritto di stare con i genitori disconessi dai telefonini. Una volta completate, le opere vengono raccolte e discusse in classe.

La mostra dei diritti presenti e futuri viene gestita come una vera e propria mostra, con inaugurazione e visita aperta al pubblico.

3. Storie di Vita

Obiettivo: sviluppare empatia e comprensione delle diverse condizioni di vita dei bambini nel mondo.

Materiali: brevi racconti o schede descrittive di bambini provenienti da diverse realtà (paesi in guerra, zone rurali, contesti urbani poveri, ecc.), spazio per il racconto.

Svolgimento: i bambini vengono divisi in piccoli gruppi e ricevono una scheda con la storia di un bambino di varie parti del mondo (spesso presenti anche nei libri di testo). Ogni gruppo legge la storia e prepara una breve rappresentazione pubblica, attraverso un disegno, un testo o una drammatizzazione per descrivere le informazioni raccolte.

Dopo le presentazioni, si apre un momento di riflessione collettiva su come possiamo aiutare e sostenere i bambini che vivono in situazioni difficili, promuovendo la solidarietà e l’aiuto reciproco.

4. Il Diario dei Diritti

Obiettivo: favorire la riflessione personale e la comprensione quotidiana dei diritti dei bambini attraverso la scrittura e l’arte.

Materiali: quaderni o fogli di diario, matite, colori, adesivi, immagini stampate relative ai diritti dei bambini.

Svolgimento: dopo aver parlato in classe dell’importanza di conoscere i propri diritti, l’insegnante consegna a ogni bambino e bambina un “Diario dei Diritti” (è sufficiente un semplice quaderno. Gli alunni e le alunne registrano nel diario quali diritti vengono esercitati giorno per giorno: per esempio il diritto al gioco, all’educazione o alla salute. La registrazione può essere effettuata attraverso una breve riflessione personale, una storia o anche un disegno. L’insegnante precisa che gli elaborati devono essere svolti in modo personale  quindi contenere anche pensieri ed emozioni su come ci si sente quando un diritto viene esercitato. Periodicamente, si lascia uno spazio adeguato in classe per condividere alcune delle pagine scritte in modo da favorire il dialogo e la condivisione delle diverse esperienze o opinioni.

Alla fine del progetto, tutti i diari possono essere raccolti e trasformati in un libro collettivo che rappresenta la sintesi dei diritti dei bambini e delle bambine visti attraverso i loro stessi occhi.

100 bambini

La Giornata dei Bambini 

La Giornata Mondiale dei diritti dei bambini e delle bambine si celebra ogni anno il 20 novembre, data in cui – 35 anni fa – l’ONU adottò la Covenzione sui diritti del fanciullo. Moltissime sono le attività che si possono proporre in classe per far conoscere e ricordare questa ricorrenza. Ciò che vi propongo io oggi prende spunto dalla lettura di un interessante libro illustrato.

Bambini nel mondo 

Nel mondo, in diversi Paesi, vivono quasi 2 miliardi di bambini e bambine, tutti diversi, con abitudini e preferenze diverse, di diverso colore, con usi e costumi diversi, ma assolutamente tutti e tutte meritevoli degli stessi diritti. Certo che però 2.000.000.000 è un numero davvero grande da immaginare! Non sarebbe più semplice cogliere tutta la ricchezza della varietà della specie umana se ci immaginassimo il mondo come un piccolo villaggio abitato da cento persone? Da questa idea nasce “100 bambini”, un libro scritto da Christoph Drosser, illustrato da Nora Coenenberg, edito ape junior con l’intento di raccontare le caratteristiche e le usanze dei bambini e delle bambine che vivono oggi sul pianeta Terra.

100 bambini 

Se il mondo fosse un villaggio abitato da 100 bambini, 52 sarebbero maschi e 48 femmine; 56 vivrebbero in Asia, 25 in Africa, 12 nelle Americhe, 6 in Europa e 1 solo in Oceania. Di questi bambini 48 vivono in città, 12 negli slum, 5 per strada, 15 sul mare e 13 in montagna; 20 vivono con un solo genitore, 6 sono orfani, 3 bambine sono sposate e 9 hanno avuto un figlio prima dei 18 anni. Il libro prosegue poi raccontando cosa fanno questi bambini nel tempo libero, qual è il loro stato di salute, com’è la loro istruzione e come questi numeri sono cambiati nel tempo.

 

 

Risvolti didattici

Oltre ad essere una piacevole e stimolante lettura che può essere introdotta proprio in occasione della Giornata Mondiale dei Bambini per evidenziare la ricchezza della varietà umana, questo libro si presta ad innumerevoli spunti didattici: può essere utilizzato per spiegare la percentuale, per parlare di statistica, introdurre i grandi numeri, studiare la geografia da un punto di vista un po’ diverso dal solito, studiare gli ambienti naturali e antropici, le forme di governo, parlare di educazione alimentare e alla salute e soprattutto sensibilizzare sui diritti che tutti dovrebbero avere, ma che a molti (troppi!) bambini e bambine vengono negati.

 

Il valore delle immagini nella comunicazione dei concetti

Il compito fondamentale della scuola è quello di istruire le nuove generazioni; la loro educazione è invece compito più generale della società, di cui la scuola è comunque parte. Sui docenti grava il compito di rendere efficiente ed efficace il trasferimento delle conoscenze alle nuove generazioni. Ridotto ai minimi termini, è un problema di qualità della comunicazione: gesti, parole, testi, figure.

Le proposte di Benjamin Franklin

Gli studi di antropologia hanno accertato che l’uomo ha cominciato a trasmettere concetti disegnando figure. Ne era convinto anche Benjamin Franklin, che nel 1749 scrisse un articolo (“Proposals Relating to the Education of Youth in Pennsylvania”) per un nuovo modello di scuola con cui istruire ed educare le nuove generazioni in Pennsylvania. Secondo Franklin, i bambini, non appena sono in grado di tenere in mano una penna, devono essere stimolati a riprodurre o creare figure; scriveva infatti:

Drawing is a kind of Universal Language, understood by all Nations. A Man may often express his Ideas, even to his own Countrymen, more clearly with a Lead Pencil, or Bit of Chalk, than with his Tongue. And many can understand a Figure, that do not comprehend a Description in Words, …  All Boys have an early Inclination to this Improvement, and begin to make Figures of Animals, Ships, Machines, &c. as soon as they can use a Pen … “

Il valore aggiunto delle figure

In generale, le figure:

  • rendono più chiari i concetti astratti, perchè ne forniscono un’immagine visiva
  • aiutano il ricordo dei concetti, poiché è certo che il cervello fa più fatica a ricordare un testo
  • rendono i concetti più universalmente accessibili, non essendo ostacolati dalle differenze linguistiche
  • tendono a stimolare curiosità e motivazione, migliorando la qualità dell’apprendimento degli studenti

Solo i concetti più profondi e complessi sono difficili da comunicare mediante figure.

Una proposta di lavoro

Per verificare tutto questo, potremmo proporre ad un gruppo di studenti di illustrare un testo e ad un altro di descrivere una figura. Con riferimento ad una scuola tecnica, a titolo di esempio, si potrebbe considerare il funzionamento di una pompa di calore.

Testo da illustrare con un disegno

Il calore è trasportato attraverso il movimento di un fluido in un circuito. E’ presente un evaporatore in cui il fluido assorbe calore dall’aria esterna e vaporizza; la successiva compressione fa ulteriormente aumentare la sua temperatura; attraversando il condensatore il fluido cede calore, si raffredda e condensa; nel passaggio per la valvola di espansione si raffredda ulteriormente, portandosi a temperatura inferiore a quella dell’aria esterna, e vaporizza parzialmente.

Figura da descrivere

Cybersecurity V: Laboratori virtuali di Cybersecurity

La Sicurezza Informatica è la branca dell’informatica che si occupa di proteggere sistemi, reti, programmi e dati dagli attacchi digitali. Questi attacchi possono mirare a rubare informazioni sensibili, interrompere servizi, danneggiare dispositivi o chiedere riscatti e quindi sono compiuti principalmente da gruppi criminali, ma in realtà chiunque grazie a internet può diventare hacker con la giusta dose di passione e impegno.

Un hacker non è necessariamente un attore malevolo: nel mondo della cybersecurity un hacker è un esperto di sicurezza che può sfruttare le sue conoscenze per difendere i sistemi informatici dagli attacchi (defensive security) e può contribuire a questo obiettivo anche imparando ad attaccare questi stessi sistemi (offensive security) per trovare ed evidenziare le falle di sicurezza.

Imparare ad attaccare un certo sistema, infatti, vuol dire imparare a conoscerlo, imparare le sue caratteristiche e i suoi difetti ma, soprattutto, vuol dire impararare il funzionamento di computer, programmi e reti; in pratica, è una porta d’accesso verso l’informatica tout cour. Per questo è molto importante parlare di sicurezza informatica a scuola: è un altro punto di vista interessante, sicuramente con un certo appeal verso gli studenti, per avvicinarli allo studio dell’informatica o, se non altro, condurli alla conoscenza del mondo digitale che li circonda, in tutte le sue sfaccettature.

Imparare divertendosi

L’offensive security e l’hacking sono aspetti importanti della cybersecurity che hanno una certa visibilità pop, pensiamo a come nelle serie TV e nei film gli hacker sono generalmente descritti come individui in grado di fare virtualmente qualsiasi cosa; anche se non è proprio così, di certo la figura dell’hacker genera un certo fascino. Perché non sfruttare quindi questa componente intrigante per coinvolgere gli studenti in attività che li avvicinino a questa disciplina?

Uno dei metodi più efficaci per coinvolgere i giovani studenti nella cybersecurity è la gamification: utilizzare il gioco per insegnare concetti di sicurezza rende l’apprendimento più interessante e interattivo. Ci sono molti siti web che offrono laboratori pratici per acquisire esperienza diretta. Questi laboratori virtuali possono essere anche usati in classe seguendo l’approccio del learn by doing per trattare i temi più disparati: la programmazione web, le basi di dati, le tecniche crittografiche, i protocolli di rete e così via…

CTF – Capture the flag

Una categoria a sé, oltre che forse l’alternativa più semplice per iniziare, è data dai siti che organizzano e che allenano a svolgere le Capture The Flag (CTF), ovvero delle competizioni in cui gli studenti devono risolvere delle sfide di sicurezza. Ogni sfida comporta il superamento di problemi tecnici, come trovare vulnerabilità in un sistema, decrittare informazioni o bypassare misure di sicurezza. L’obiettivo è trovare una “flag”, cioè una stringa di testo nascosta, che prova la riuscita della sfida. I CTF sono usati sia per allenare le competenze tecniche che come gare tra esperti e praticanti di hacking etico. Molti eventi CTF sono progettati per principianti e possono essere un modo eccellente per apprendere le basi.  

Un sito in inglese molto interessante per sperimentare questo tipo di sfide è PicoCTF. Nella sezione Compete si può trovare il calendario delle future competizioni in aggiunta agli scoreboard delle gare passate. Nella sezione Practice è possibile invece allenarsi sui quesiti delle vecchie competizioni potendo selezionare sia la difficoltà sia la categoria. Il sito inoltre mette a disposizione un’interessante funzionalità che permette di creare delle classi (dal menu Classrooms) invitando i propri studenti a partecipare a una selezione di sfide appositamente scelte dall’insegnante.

Una valida alternativa italiana è il sito di OliCyber, in cui da un lato  sono presenti tutte le informazioni e le date degli eventi relativi alle Olimpiadi Italiane di Cybersicurezza organizzate dal Cybersecurity Nationl Lab e dall’altro un ricco portale di addestramento pieno di sfide CTF. Le sfide sono divise per categoria e per ognuna è indicato un punteggio proporzionale alla difficoltà e il numero di persone che l’hanno risolta.

Altre Risorse formative

In aggiunta ai CTF che possono essere un ottimo modo per iniziare e appassionarsi all’argomento, esistono dei siti che permettono di svolgere dei veri e propri corsi, in parte gratuiti, e di mettersi alla prova in contesti di hacking più realistici ed elaborati.

Un sito interessante a cui è possibile iscriversi è TryHackMe; qui si possono trovare diversi percorsi formativi il cui completamento permette di guadagnare punti e badge e incrementare la propria posizione nella classifica del portale. Nella sezione Practice sono presenti moltissimi laboratori caratterizzati da un diverso livello di difficoltà.

Un altro sito utile per fare esperienza e avviarsi verso lo studio della Cybersecurity è HackTheBox. Questo portale, molto usato anche a livello professionale, fornisce una Academy con diversi corsi gratuiti, un sito di sfide CTF e molte altre risorse utili, tra le quali spicca il portale dei laboratori pratici di penetration testing, in cui vengono messe a disposizioni delle macchine virtuali che gli studenti possono provare a “bucare”. Anche qui la risoluzione dei corsi e delle diverse sfide attribuisce un punteggio che permette di migliorare la propria posizione nella classifica virtuale.

In conclusione

L’approccio pratico e interattivo all’apprendimento è estremamente efficace nell’insegnamento dell’Informatica. Questo approccio, unito alla gamification proposta dalle diverse piattaforme che promuovono l’insegnamento della cybersecurity, è molto stimolante per gli studenti poiché li porta ad affrontare gli argomenti, anche teorici, dell’informatica attraverso la risoluzione di una serie di giochi e rompicapo che rendono il compito più divertente e gratificante.

Come realizzare un nuovo vigneto

Per realizzare un nuovo vigneto di uva da vino è necessario affrontare sia aspetti burocratici sia aspetti tecnici.

Aspetti burocratici: la produzione di uva da vino è contingentata a livello europeo per motivi di salvaguardia del mercato e di controllo su domanda e offerta. Per realizzare un nuovo vigneto occorre detenere un’autorizzazione alla coltivazione che si acquisisce con l’estirpazione di una equivalente superficie di vigneto o, in minima parte, da assegnazioni che i vari servizi agricoli provinciali possono riconoscere secondo un meccanismo proporzionato alla superficie viticola nazionale.

Gli aspetti tecnici: questi riguardano le scelte agronomiche a partire dall’individuazione dell’appezzamento, la sua sistemazione, la scelta della forma d’allevamento, il sesto d’impianto, le caratteristiche della struttura, la varietà e il portinnesto e non da ultimo le tecniche di impianto; scelte che ovviamente vincoleranno tutti gli aspetti legati alla gestione futura del vigneto stesso.

Le tappe fondamentali

Dal punto di vista cronologico la realizzazione di un nuovo vigneto è scandita da una sequenza di operazioni ideale che è opportuno seguire.

Analisi del terreno: il terreno nel quale realizzare il nuovo vigneto è bene che sia individuato con oltre un anno di anticipo rispetto alla data di impianto sia per la definizione della precessione colturale sia per la scelta del portinnesto, ispirata anche dai risultati dell’analisi del terreno; quest’ultima, inoltre, fornirà preziose indicazioni per la programmazione della concimazione di fondo, quella che serve a costituire la dote di nutrienti e per correggere eventuali carenze.

Prenotazione delle barbatelle: le barbatelle innestate a febbraio/marzo saranno pronte per il trapianto in campo a partire dal dicembre dello stesso anno. La combinazione portinnesto/varietà desiderata andrà quindi prenotata entro il periodo degli innesti così da essere certi di poterne disporre al momento dell’impianto che verrà realizzato, preferibilmente fra dicembre e aprile.

Preparazione del terreno: la preparazione del terreno deve essere realizzata con ampio anticipo e in condizioni di perfetta tempera (L’impianto dell’arboreto).

Rilievo GPS: con un rilievo GPS preliminare sarà possibile progettare direttamente in campo il nuovo vigneto definendo i sesti e valutando le scelte anche in funzione degli spazi di manovra necessari (un’adeguata meccanizzazione necessita di carraie di testa di almeno 7 metri). Dal progetto a mezzo rilievo satellitare sarà possibile conoscere preliminarmente la superficie netta investita, il numero di barbatelle e il numero di pali. Lo stesso progetto realizzato su di un tablet sarà utilizzabile sia da macchine pianta-pali dotate di GPS che da trapiantatrici meccaniche.

1. Barbatella a radice nuda pronta per il trapianto.

2. Ricevitore GPS e tablet per ril rilievo.

Allestimento della struttura: l’allestimento della struttura, assieme all’eventuale impianto di irrigazione, potrà essere realizzato immediatamente dopo la preparazione del terreno solo dove il trapianto delle barbatelle verrà effettuato manualmente. Dove il trapianto sarà meccanico, invece, l’interramento dei pali dovrà essere posticipato al passaggio della trapiantatrice.

La realizzazione della struttura fin dal primo anno è indispensabile per garantire un sostegno alla vegetazione delle nuove barbatelle che, in questo modo, troveranno condizioni vegetative e di illuminazione ideali oltre a beneficiare di una corretta gestione del terreno e della difesa fitosanitaria.

La struttura di un vigneto viene oggi generalmente realizzata con pali metallici posti alla distanza di 4/5 metri uno dall’altro e interrati alla profondità di circa un metro al fine di assicurare un’adeguata staticità nel tempo. Per le barbatelle che cadranno negli interspazi fra un palo e l’altro saranno necessari tutori, sempre in acciaio, ai quali verranno legati i giovani germogli. I pali vengono interrati con apposite macchine pianta-pali che oggi sempre più diffusamente sono georeferenziate da sistemi GPS. Ai pali verranno fissati e tensionati i fili di sostegno principali e per la vegetazione.

3. Struttura di un nuovo vigneto.

4. Struttura di un giovane vigneto.

5. Posa in opera dei pali con sistema GPS.

Messa a dimora delle barbatelle: le barbatelle innestate vengono poste a dimora a radice nuda nel periodo che va da dicembre ad aprile. Ritardare ulteriormente il trapianto potrebbe comportare problemi di siccità o di eccesso di caldo.

  • Con il trapianto invernale si beneficia di un immediato assestamento del terreno a ridosso dell’apparato radicale e della costituzione di una riserva idrica derivante da eventuali precipitazioni. Un trapianto precoce però espone le barbatelle al rischio di eccessivi abbassamenti della temperatura che, se scendesse oltre i -12/15 °C, potrebbe compromettere la vitalità delle barbatelle. La totale copertura delle piantine con terreno per ovviare a questo rischio non viene quasi mai realizzata perché è onerosa, dato che richiede la copertura e la successiva scopertura.
  • Con il trapianto estivo si evitano i rischi legati agli eccessivi abbassamenti di temperatura e non si compromette il risultato vegetativo della barbatella che, tuttavia, deve poter beneficiare di adeguate condizioni di umidità a disposizione dell’apparato radicale soprattutto alla ripresa vegetativa.

6. Barbatelle all’anno di impianto
adeguatamente irrigate.

 

7. Giovane vigneto all’anno di impianto.

Relativamente alla tecnica di messa a dimora va specificato che:

  • il trapianto meccanico permette di lasciare la radice lunga e assicura la massima omogeneità operativa e, pertanto, di risultato. È la soluzione ideale per terreni scheletrici dove, peraltro, il trapianto manuale è più difficoltoso mentre nei terreni argillosi necessita di perfette condizioni di tempera che non sempre si verificano nei tempi adeguati;
  • il trapianto manuale permette l’ingresso in campo prima di quanto accada con la macchina e può essere realizzato anche da un numero di persone non vincolato alla macchina stessa. Se realizzato con il taglio corto delle radici è anche meno oneroso rispetto alla soluzione precedente.

8. Interramento pali.

9. Trapianto meccanico
con guida GPS.

10. Trapianto manuale.

Cure colturali del primo anno: dal momento della loro messa a dimora, le barbatelle dovranno essere seguite e curate a partire dalle irrigazioni, tenendo conto che l’apparato radicale al primo anno è molto superficiale; si prosegue quindi con le legature per favorire la verticalità di sviluppo dei tralici. Le cimature favoriranno invece lo sviluppo di uno o due tralci dominanti che costituiranno il cordone produttivo anche già dall’anno successivo, se le condizioni di sviluppo vegetativo saranno state eccellenti e quelle di vigore adeguate. Non da ultimo va curata la nutrizione delle giovani piantine e la difesa fitosanitaria da proseguire fino a settembre inoltrato. Indispensabile è la gestione della fila con lavorazioni volte al controllo delle infestanti, che non devono far concorrenza alle giovani piantine, e all’interruzione della perdita di umidità capillare dal terreno.

Las tapas

Las tapas son una parte clave de la cultura gastronómica española, también sirven para pasar el rato en familia o con amigos. El término “tapas” proviene del verbo español “tapar“, que significa “cubrir”. El origen de este nombre está relacionado con una antigua costumbre: en las tabernas, los vasos de vino se cubrían con rebanadas de pan, queso o jamón para proteger el contenido del polvo o de los insectos. De esta práctica simple y funcional nació una tradición que ha evolucionado con el tiempo, convirtiéndose en uno de los hábitos gastronómicos más amados del país.

Las tapas no se limitan a un solo tipo de preparación; al contrario, representan una amplia gama de pequeños platos que combinan los mejores ingredientes de la cocina española. En España, es común ir de bar en bar, degustando un par de tapas en cada local antes de pasar al siguiente. Este ritual, llamado “tapeo“, es mucho más que un simple hábito alimentario; es una forma de vida, una ocasión para socializar, divertirse y compartir momentos de convivencia. 

El tapeo es especialmente popular los fines de semana, cuando los españoles se reúnen con amigos y familiares para cenar a base de tapas, creando un ambiente festivo y alegre. Este es quizás el ingrediente secreto que ha hecho que las tapas sean tan populares y apreciadas en todo el mundo: el placer de la convivencia, la idea de que la comida no es solo sustento, sino también un medio para crear lazos y compartir experiencias.

En conclusión, las tapas no son solo un plato típico español, son un fenómeno cultural global que se ha convertido en una forma de vida. Existen desde hace mucho tiempo y son una parte clave de la cultura española. Así que en tu próximo viaje a España, no te queda más que probar las tapas y sumergirte en la cultura española. 

¡Hasta el próximo artículo!

L’autrice

Alba di Egness, madrelingua spagnola, laureata in economia e con un master in marketing, si trasferisce in Italia nel 2016 e si specializza nell’insegnamento dello spagnolo per studenti di madrelingua italiana. Content creator e Fondatrice dell’Accademia Egness, la prima scuola online di spagnolo per italiani.

YouTube
Facebook
Instagram

Che Storia! | La nuova Educazione civica e l’insegnamento della storia

Le nuove indicazioni

Le nuove  Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica uscite con il Decreto ministeriale n. 183 del 7 settembre 2024 sono già operative per l’anno scolastico 2024/2025 appena cominciato e fanno riferimento agli obiettivi stabiliti dal Ministero. Nello specifico sono stati ritoccati i nuclei tematici che dovranno essere la base per l’insegnamento della materia.

È rimasto invariato il monte ore annuale minimo che continua ad essere di 33 ore, da svolgere in maniera interdisciplinare, attraverso tre nuclei concettuali, all’interno dei quali i singoli istituti e le singoli classi creeranno specifici percorsi di apprendimento.

I tre nuclei sono:

  1. Costituzione
  2. Sviluppo economico e sostenibilità
  3. Cittadinanza digitale

Essi sono articolati in 12 competenze, distribuite sui tre nuclei.

La conoscenza e la riflessione sul testo costituzionale è “il primo e fondamentale aspetto da trattare”. Oltre ai principi della Costituzione, è prevista la conoscenza e la riflessione sull’ordinamento dello Stato, delle Regioni, degli Enti territoriali, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite. In particolare, viene affermato, ci si deve soffermare sul concetto di legalità, inteso in senso ampio (dalle leggi nazionali ai regolamenti scolastici), sulla conoscenza degli elementi fondanti l’appartenenza alla propria Nazione (attraverso la conoscenza dell’Inno e della storia della Bandiera nazionale), alla proprio civiltà, sia locale sia internazionale. 

Nel secondo percorso vengono proposte allo studente riflessioni sul mondo del lavoro, sull’educazione alimentare, sulle dipendenze da sostanze e dal gioco, sull’educazione finanziaria. Nel terzo percorso sulla cittadinanza digitale ci si deve soffermare sulle novità che questo ambito genera di continuo, dal tema della privacy alla tutela dei dati, dal cyberbullismo alla novità di rilievo introdotta nelle nuove Linee guida, ossia l’Intelligenza artificiale.

Le occasioni per le ore di storia

La disciplina storica è la materia che più si presta per un discorso pluridisciplinare. Infatti, viene esplicitamente affermato che “l’insegnamento dell’educazione civica aiuta gli studenti a capire la storia intera del Paese”. Proponiamo qui, per fare qualche esempio, tre percorsi di massima che puntano direttamente alla connessione tra l’educazione civica e la disciplina storica.

  1. Le competenze legate al nucleo concettuale della Costituzione (n. 1-4) sono tutte legate alla storia. Per esempio l’obiettivo che punta all’individuazione di fattori generale e personali che “contribuiscono ad alimentare il senso di appartenenza alla comunità locale e alla comunità nazionale” può essere lo spunto per un modulo dal titolo: “Cittadino della mia città e dello stato: come diventarlo, quali pratiche scolastiche e personali attivare per sentirmi parte integrante della scuola, della mia città e della nazione?” Tale modulo può essere svolto partendo da un questionario proposto a livello di classe o classi, e discusso sulla base dei risultati e concluso individuando i punti critici emersi. (classe terza)
  2. Nella competenza 5 si parla di obiettivi legati allo sviluppo economico sostenibile: ci si può collegare a argomenti della prima e seconda rivoluzione industriale, sia vista in chiave internazionale, sia nazionale e locale, e mostrare come tale sviluppo economico nel passato fosse del tutto estraneo alle problematiche oggi invece urgenti della sostenibilità. (classe quarta)
  3. I primi obiettivi della prima competenza digitale (n. 10) riguardano l’analisi e il confronto tra le fonti, che utilizziamo per comprendere il presente. Un argomento di storia che si presta a questo confronto è il conflitto israelo-palestinese, che può essere affrontato nella sua dimensione storica e in quella di più stretta attualità, mostrando le diverse interpretazioni date agli eventi. Infatti lo scontro politico e mediatico è qui talmente alto da richiedere un’analisi veramente approfondita delle fonti in gioco. Non basta più aggrapparsi alle vecchie categorie per interpretare in maniera almeno plausibile la realtà. (classe quinta)

Articolo di test

Sed ut perspiciatis unde omnis iste natus error sit voluptatem accusantium doloremque laudantium, totam rem aperiam, eaque ipsa quae ab illo inventore veritatis et quasi architecto beatae vitae dicta sunt explicabo. Nemo enim ipsam voluptatem quia voluptas sit aspernatur aut odit aut fugit, sed quia consequuntur magni dolores eos qui ratione voluptatem sequi nesciunt. Neque porro quisquam est, qui dolorem ipsum quia dolor sit amet, consectetur, adipisci velit, sed quia non numquam eius modi tempora incidunt ut labore et dolore magnam aliquam quaerat voluptatem. Ut enim ad minima veniam, quis nostrum exercitationem ullam corporis suscipit laboriosam, nisi ut aliquid ex ea commodi consequatur? Quis autem vel eum iure reprehenderit qui in ea voluptate velit esse quam nihil molestiae consequatur, vel illum qui dolorem eum fugiat quo voluptas nulla pariatur?

Dal codice Enigma all’Intelligenza artificiale

I codici cifrati

Uno degli episodi più noti della Seconda guerra mondiale riguarda il conflitto tra sottomarini nell’Oceano Atlantico, ed ebbe come protagonista il celebre codice Enigma. Si trattava di un apparato elettromeccanico, brevettato negli anni finali della Prima guerra mondiale, destinato a criptare i messaggi che venivano trasmessi sulle radiofrequenze. Il funzionamento di Enigma era ispirato al disco cifrante inventato, a metà del XV secolo, dall’umanista Leon Battista Alberti. Di fatto l’apparecchio pensato dal geniale italiano si basava sulla combinazione di due dischi rotanti e contenenti da un lato un alfabeto ordinato per il testo da cifrare, dall’altro un alfabeto posto in disordine per il testo cifrato. 

Il funzionamento della macchina Enigma non era differente. Apparentemente sembrava una normale macchina da scrivere con però due tastiere invece di una sola. Quella inferiore era del tutto convenzionale ed era destinata alla scrittura in chiaro. Dei rotori contenuti nell’apparecchio permettevano l’interfaccia tra ciò che era scritto ordinatamente e la successione casuale delle lettere che si creava con la combinazione. Come risultato era possibile ottenere milioni di combinazioni differenti che rendevano impossibile la decifratura senza avere una macchina con le medesime predisposizioni dei rotori.

I tentativi di decifrare Enigma

Ci furono tanti tentativi di decifrare i messaggi di Enigma per tutti gli anni Venti e Trenta, in alcuni casi con ottimi risultati. Ciò malgrado il mistero sul funzionamento del codice diventò un problema enorme per la marina militare inglese che si doveva confrontare con la minaccia della guerra sottomarina. I tedeschi, infatti, avevano creato una versione molto evoluta della macchina che garantiva loro la possibilità di comunicare in modo sicuro. 

Due furono gli eventi che permisero agli inglesi di conoscere le chiavi di cifratura della marina germanica. Già nel 1941, grazie a un’abile e fortunata operazione, i servizi segreti anglosassoni misero le mani su un congegno Enigma collocato su un sottomarino tedesco, riuscendo soprattutto a mantenere il segreto sull’acquisizione e convincendo gli stessi nemici che il sommergibile era stato affondato. Da tempo inoltre era stato allestito un gruppo di ricerca volto alla decifrazione dei messaggi cifrati nemici, a Bletchley Park, una residenza a circa 80 chilometri da Londra. In questo luogo operavano alcune delle migliori menti matematiche dell’epoca (tra le quali numerose donne), impegnate a progettare una macchina che fosse in grado di simulare il funzionamento di Enigma. Questo dispositivo, chiamato familiarmente Bombe, fu in grado di decrittare i messaggi tedeschi e diede agli inglesi un vantaggio decisivo nella guerra sui mari.

Turing e il test dell’imitazione

La macchina fu costruita e perfezionata con la collaborazione del matematico Alan Turing (1912-1954), uno scienziato geniale che già da tempo lavorava alla stesura di codici in grado di tradurre complesse operazioni di calcolo in semplici istruzioni codificate le quali, per la loro natura elementare, potevano essere eseguite da una macchina. 

In seguito Turing sviluppò molte delle intuizioni che aveva cominciato ad avere lavorando al progetto segreto della decrittazione di Enigma. All’inizio degli anni Cinquanta elaborò il cosiddetto test di Turing noto anche come “test dell’imitazione” (imitation game, in inglese): un semplice esperimento volto a stabilire come e quante volte una macchina era in grado di manifestare comportamenti intelligenti simili a quelli umani

Ancora oggi coloro che si occupano di intelligenza artificiale (AI) si muovono partendo dalle intuizioni del matematico inglese, la cui vita fu però segnata dalla incredibile irriconoscenza per il suo contributo sia nella vittoria della guerra, sia per il progresso dell’informatica. Turing, infatti, fu vittima della repressione e del pregiudizio comune nell’Inghilterra di quegli anni nella quale il reato di omosessualità era punito dal codice penale. Fu in seguito all’amarezza per il procedimento giudiziario aperto contro di lui che decise di togliersi la vita, privando la comunità scientifica mondiale di una delle sue menti più visionarie.

I progressi dell’Intelligenza artificiale

Oggi la cosiddetta Intelligenza artificiale (AI) si occupa della creazione di agenti informatici intelligenti, ossia sistemi che possono ragionare, apprendere e agire in modo autonomo

Gli obiettivi dell’AI sono fondamentalmente cinque:

  1. apprendere da dati e migliorare le proprie prestazioni senza essere esplicitamente programmati (apprendimento automatico);
  2. dedurre nuove informazioni da un insieme di fatti e regole già stabilito (ragionamento automatico);
  3. comprendere e generare in autonomia il linguaggio umano (elaborazione del linguaggio naturale);
  4. estrarre e combinare informazioni da immagini e sequenze video (visione artificiale);
  5. controllare e manipolare oggetti nel mondo reale (AI applicata alla robotica).

Il percorso di miglioramento dei processi logico-matematici e di implementazione dei software è oggi impressionante e la sua evoluzione è pressoché quotidiana

Proprio a causa della portata di tutto questo, l’AI suscita preoccupazioni di natura etica e giuridica, scatenando dibattiti nell’opinione pubblica e nel dibattito politico. Difficilmente, tuttavia, il progresso verrà bloccato e molto si sta ragionando in merito a un utilizzo sempre più consapevole dell’AI.

Comunque si evolva lo scenario, è bene ricordare che senza le intuizioni di Turing e degli altri crittografi impegnati nell’operazione Enigma, il cammino dell’AI e dell’informatica in generale, sarebbe stato decisamente più accidentato.

Per approfondire

Sul sito nella sezione https://www.rizzolieducation.it/intelligenza-artificiale/ trovi un’ampia offerta di live streaming, news, testi e contenuti sull’uso dell’Intelligenza Artificiale nella didattica e nelle classi, per tutti gli ordini di scuola.