Dall’indice di massa corporea all’impedenziometria segmentale

L’insegnamento di Scienza e cultura dell’alimentazione negli Istituti alberghieri richiede un approccio didattico in continua evoluzione, soprattutto per quanto riguarda la valutazione della composizione corporea, tematica trattata sia in riferimento alla dietologia generale, sia in riferimento alla dietoterapia da mettere in atto in caso di obesità, condizione complessa che va oltre il semplice aumento di peso e richiede una valutazione accurata dell’adiposità.

Tradizionalmente, da un punto di vista didattico, l’Indice di Massa Corporea (IMC) è stato un punto di riferimento. Oggi, tuttavia, è fondamentale trasferire agli studenti informazioni aggiornate e corrette in merito alla reale sequenza di valutazioni messe in atto quotidianamente da medici e biologi nutrizionisti circa la composizione corporea di un soggetto gravemente in sovrappeso o obeso. Il calcolo dell’IMC, infatti, viene integrato con altre metodologie più precise, come l’impedenziometria segmentale.

L’Indice di Massa Corporea (IMC): un’analisi critica e il suo ruolo

L’IMC, calcolato come il rapporto tra peso (kg) e il quadrato dell’altezza (m²), è stato adottato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dal NIH (agenzia governativa statunitense “National Institutes of Health”) come strumento per classificare l’obesità. La sua semplicità di calcolo, il basso costo e la correlazione con l’adiposità a livello di popolazione lo rendono utile per lo screening iniziale e la ricerca epidemiologica. Esiste infatti una chiara relazione tra un IMC elevato e il rischio di sviluppare patologie come diabete di tipo 2, aterosclerosi e alcune forme di cancro.

Tuttavia, l’IMC presenta importanti limiti:

  • non distingue tra massa grassa e massa magra, un individuo muscoloso può avere un IMC elevato pur non avendo eccesso di grasso;
  • non considera la distribuzione del grasso corporeo, il grasso addominale, ad esempio, è associato a un rischio maggiore per la salute rispetto al grasso sottocutaneo;
  • può essere impreciso a livello individuale, in quanto sovrastima l’adiposità negli atleti e la sottostima negli anziani con perdita di massa muscolare.

Oltre l’IMC: una valutazione più completa

Per superare i limiti dell’IMC è necessario integrarlo con altre misure, tra cui:

  • rapporto vita-altezza (WHtR), che fornisce una stima della distribuzione del grasso corporeo e del rischio metabolico;
  • impedenziometria bioelettrica (BIA), che analizza la composizione corporea stimando la quantità di massa grassa, massa magra e acqua corporea. In particolare, l’impedenziometria segmentale fornisce informazioni dettagliate sulla distribuzione della massa corporea nei diversi segmenti del corpo (braccia, gambe, tronco).

Questo approccio integrato permette di:

  • personalizzare il trattamento, con interventi mirati in base alle specifiche esigenze del soggetto;
  • identificare casi nascosti, individuando soggetti con un IMC relativamente basso ma con eccesso di grasso corporeo, o viceversa, soggetti con IMC elevato ma senza complicanze metaboliche.

La diagnosi di obesità viene affinata poi con una valutazione clinica completa, per identificare eventuali complicanze legate al peso, come ipertensione o diabete.

L’impedenziometria segmentale (BIA): un valore aggiunto nella didattica

L’introduzione in Scienza e cultura dell’alimentazione dello studio dei fondamenti della BIA si presta a numerose attività didattiche:

  • incontri con esperti: coinvolgimento di biologi nutrizionisti o medici per approfondire la tematica e presentare casi clinici reali;
  • esercitazioni pratiche: misurazione dell’impedenza su volontari, interpretazione dei risultati, confronto con l’IMC e discussione in classe;
  • analisi di casi studio: valutazione di individui con diverse caratteristiche e discussione delle implicazioni per la salute, considerando sia l’IMC sia la composizione corporea.

Altrettanto numerosi sono i vantaggi didattici:

  • approccio pratico: gli studenti possono effettuare misurazioni dirette, comprendendo il funzionamento della tecnica e interpretando i risultati;
  • consapevolezza: la visualizzazione della propria composizione corporea sensibilizza sull’importanza di un’alimentazione equilibrata e di uno stile di vita attivo;
  • connessione con la realtà professionale: i futuri professionisti potranno utilizzare queste conoscenze per offrire un servizio personalizzato, ad esempio nella ristorazione e nel settore del benessere;
  • aggiornamento scientifico: l’utilizzo di tecniche moderne come la BIA allinea i contenuti del corso alle più recenti evidenze scientifiche.

Conclusioni

L’IMC rimane uno strumento utile per lo screening iniziale, ma deve essere interpretato con cautela. Per una diagnosi accurata e una didattica efficace, è essenziale integrare l’IMC con altre misure, come, appunto, l’impedenziometria segmentale, tecnica in grado di offre informazioni più complete e utili per una comprensione approfondita della composizione corporea e delle sue implicazioni per la salute. Questo è particolarmente rilevante nell’ambito dell’educazione alimentare, dove è importante promuovere uno stile di vita sano che tenga conto non solo del peso, ma anche della qualità della composizione corporea.

L’integrazione di concetti come l’IMC e, soprattutto, l’impedenziometria segmentale nella didattica di Scienza e cultura dell’alimentazione rappresenta un’opportunità per fornire agli studenti una formazione più completa e attuale, in linea con le esigenze del mondo del lavoro e con le più recenti acquisizioni scientifiche. I nuovi LARN 2024 a partire dai quali sono stati aggiornati i nuovi volumi del triennio conclusivo del corso Scienza e cultura dell’alimentazione ad esempio, fanno riferimento alla necessità di valutare con precisione il metabolismo basale di un soggetto. Operazione, questa, resa possibile dall’uso delle bilance impedenziometriche usate a livello ambulatoriale dai Nutrizionisti. Questo approccio permette di passare da una visione statica e limitata della valutazione del peso corporeo a una prospettiva dinamica e multidimensionale, centrata sulla composizione corporea e sul benessere della persona. In questo modo, si contribuisce a formare professionisti dell’ospitalità non solo competenti in ambito culinario, ma anche consapevoli dell’importanza di un’alimentazione sana e in grado di promuoverla attivamente.

L’autore

Luca La Fauci è autore, per Rizzoli Education, di testi scolastici dedicati alle discipline Scienza e Cultura dell’Alimentazione e Scienza degli Alimenti.

I giorni della merla. Il clima tra leggende e detti popolari

Il nuovo anno è iniziato e l’inverno è ormai nel suo massimo splendore. La fine delle vacanze invernali segna la fine del primo quadrimestre e l’arrivo delle pagelle. In questo momento tanto atteso si cominciano a percepire i primi cambiamenti nel clima: l’aria comincia a profumarsi di essenze vegetali e gli uccelli cominciano a farsi notare nei giardini e nei cespugli. 

Molti sono i detti, i proverbi e le storie della tradizione popolare che ricordano il cambiamento stagionale del clima, una delle più affascinanti è quella che narra di come la merla dal piumaggio bianco sia diventata completamente nera dopo aver trascorso i tre giorni più freddi dell’anno al riparo in un comignolo di una casa. Da questa leggenda si evince che, se la merla esce dal nido presto perché le temperature sono miti nei tre giorni del 29-30-31 allora l’inverno sarà lungo, mentre se i giorni saranno molto freddi allora la primavera arriverà presto.

Per riflettere sul tema dei giorni della merla e del cambiamento del clima nelle stagioni vi proponiamo di svolgere un’attività con la metodologia della didattica a stazioni (i bambini divisi in gruppi ruotano tra le diverse postazioni di lavoro per svolgere le attività). 

Dopo aver allestito l’aula con quattro isole di tavoli (stazioni/postazioni) consigliamo di introdurre l’argomento con la lettura della storia “La merla nel comignolo” (vedi allegati). Dopo la lettura dividete i bambini in quattro gruppi, fateli accomodare nelle stazioni e invitateli a svolgere l’attività proposta sui tavoli. Ogni 15 minuti, al termine delle attività, fate spostare i bambini in senso orario nella stazione successiva. Al termine delle due ore tutti i bambini avranno affrontato tutte le attività.

Gli argomenti delle stazioni sono i seguenti:

STAZIONE 1: “La merla nel comignolo” lettura e comprensione 

STAZIONE 2: proverbi e detti popolari sul clima

STAZIONE 3: “il kamishibai” realizza i disegni per raccontare la storia

STAZIONE 4: la grammatica della merla

MATERIALI

Scarica i materiali in pdf

LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

Shoah e didattica della storia: sviluppare il pensiero critico per non restare indifferenti

Quest’anno ricorre il venticinquesimo anniversario dell’istituzione del Giorno della Memoria. Fu approvato con una legge votata all’unanimità da tutti i partiti (L.211/2000) promossa dal deputato Furio Colombo con l’intento di «ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati», come recita la legge. L’obiettivo era quello di mantenere vivo il ricordo e la riflessione delle giovani generazioni su un complesso fenomeno come quello della Shoah. Ma la ricostruzione dei fatti può essere anche un’ottima occasione per esercitare il pensiero storico. La possibilità di sfruttare quest’opportunità dipende anche dalla capacità delle proposte didattiche di coniugare ambito emotivo e esercizio del pensiero critico in una dimensione che metta in connessione il passato con il presente e viceversa. All’interno di questa cornice circolare presente-passato-presente è possibile esercitare il pensiero storico come pensiero critico, con l’obiettivo di contestualizzare nello spazio e nel tempo gli eventi esaminati per una riflessione, anche di carattere etico e morale, che renda il discente capace di comprenderne le specificità attraverso la messa a fuoco, dei differenti aspetti coinvolti nel processo (politico, sociale, culturale, economico, personale, collettivo, affettivo ecc.).

Ma come insegnare la singolarità della Shoah in un contesto nel quale la lontananza delle nuove generazioni da quell’evento è sempre maggiore e lo svuotamento di senso un rischio sempre più concreto? 

Le vicende in corso in Medio Oriente accrescono, inoltre, le difficoltà della commemorazione, ma ci offrono anche l’opportunità di proporre alle classi percorsi tematici significativi che sappiano dar conto delle vicende storiche attraverso una riflessione che coinvolga aspetti persistenti del presente (antisemitismo, razzismo, autoritarismo, violenza, discriminazione). Questi aspetti ci permettono l’utilizzo della prospettiva storica come strumento per la riflessione critica interdisciplinare. 

Il Giorno della Memoria dovrebbe, dunque, far riflettere studentesse e studenti principalmente sulle responsabilità dei soggetti protagonisti nei diversi contesti storici e sugli atteggiamenti acquiescenti della maggioranza dei cittadini, accompagnando il ragionamento con riferimenti alle storie attualmente in corso, in tutte le parti del mondo. Il racconto della Shoah non dovrebbe presentarla come un evento in sé, isolato cronologicamente da un inizio e una fine, ma dovrebbe permettere di mettere in relazione le vicende degli ebrei in Europa e degli altri gruppi discriminati con la sequenza dei fatti sia precedenti che conseguenti. All’interno di tale cornice l’Olocausto può diventare una lente di ingrandimento capace di far comprendere alle classi passato e futuro, muovendo dalle domande che pone il presente. Non una narrazione fossilizzata nel racconto di tremende atrocità, bensì l’occasione per ripercorrere storie significative, per imparare a padroneggiare storicamente alcuni concetti importanti (genocidio, crimini contro l’umanità, sterminio di massa, razza, antisemitismo, campi di concentramento e sterminio, ecc.), per sviluppare maggiori consapevolezze sulla realtà, ad esempio per quanto riguarda la discriminazione e la violenza alle quali assistiamo ogni giorno nelle diverse zone del mondo. 

Un’occasione da non sprecare per insegnare a porsi domande ed esercitare il pensiero critico attraverso interrogativi che partono dal passato per giungere fino al nostro presente, all’interno di una dimensione in cui le vicende della Shoah forniscano strumenti di lettura del reale suscitando interesse da parte delle nuove generazioni.

If you are happy and you know it…

Ci abbiamo giocato tutti almeno una volta nella vita: Se sei felice e tu lo sai… In inglese la stessa, identica filastrocca, sulla stessa, identica melodia, si chiama, senza un grande sforzo di fantasia If you are happy and you know it… e suona e recita esattamente le stesse parole della versione italiana:

 

If you are happy and you know it… CLAP YOUR HANDS!

If you are happy and you know it… CLAP YOUR HANDS!

If you are happy and you know it, and you really want to show it,

If you are happy and you know it… CLAP YOUR HANDS!

If you are happy and you know it… STOMP YOUR FEET!

If you are happy and you know it… (l’azione può essere liberamente scelta dal docente)!

 

Semplice, lineare, sempre uguale a se stessa, e per questo così efficace e rassicurante per i bambini, che amano le routine. Allo stesso tempo, poiché particolarmente adattabile a modifiche estemporanee – semplicemente cambiando le azioni da fare – divertente, perché imprevedibile.

Ma questa filastrocca non è solo un gioco simpatico, è anche e soprattutto uno strumento eccezionale per l’ampliamento del vocabolario in L2. Con pochissimi accorgimenti, la si può usare praticamente sempre. Vediamo come.

Perchè le canzoncine per imparare la L2?

Il binomio canzoncine (o nursery rhymes, per dirla all’Inglese) e seconda lingua sembra essere, in fase di apprendimento, un binomio vincente. Vediamo, in dettaglio, quali sono i vantaggi e le motivazioni di questa felice abbinata:

  • Le nursery rhymes sono divertenti e orecchiabili. Anche se non si capiscono le parole, anche se le si sente per la prima volta, catturano l’ascoltatore..
  • Le nursery rhymes stimolano molti canali sensoriali nella stessa situazione. Non solo l’aspetto uditivo, ma spesso anche quello cinestetico e tattile sono coinvolti in un’esperienza di apprendimento ampia.
  • Le nursery rhymes aiutano a sviluppare il senso del ritmo, della ripetizione, della sequenzialità. Proprio per la loro struttura prevedibile e riconoscibile, sono particolarmente indicate per lavorare sui patterns.
  • Le nursery rhymes espongono i bambini a una varietà di vocaboli non sempre presente nel parlato. Pensiamo a filastrocche come comò, brucare, mugnaio… questo vale sia per la Lingua Madre, sia per la L2.
  • Le nursery rhymes espongono ai suoni di una lingua straniera in  maniera naturale. Senza forzature, i suoni sono, accompagnati dal ritmo, riconosciuti e e pronunciati molto più in fretta.
  • Le nursery rhymes si imparano in un attimo. Data la loro struttura ripetitiva e orecchiabile, è facile impararle e, soprattutto, ricordarle.

IF YOU ARE HAPPY… come usarla in classe?

Tornando alla nostra If You Are Happy and You Know It, vediamo come la struttura di base può essere smontata, modificata e rimontata dall’insegnante per raggiungere differenti obiettivi linguistici.

  • LEARNING ABOUT EMOTIONS:
    • Emotions vocabulary,
    • Simple actions vocabulary

Le parole della filastrocca possono essere modificate in modo che a ciascuna strofa corrisponda una diversa emozione, seguita da una diversa azione corrispondente:

 

If you are HAPPY and you know it… CLAP YOUR HANDS!

If you are SAD and you know it… CRY AND CRY!

If you are MAD and you know it… SCREAM AND SHOUT!

If you are BORED and you know it… YAWN SO BIG!

If you are TIRED and you know it… SLEEP IN BED!

  • LEARNING ABOUT BODY PARTS:
    • Body related vocabulary
    • Movement vocabulary

Anche in questo caso, mentre la prima parte della filastrocca può rimanere invariata, le risposte saranno di volta in volta diverse:

 

If you are HAPPY and you know it… CLAP YOUR HANDS!

      … TOUCH YOUR NOSE!

      … OPEN YOUR MOUTH!

      … SWING YOUR ARMS!

      … POINT YOUR TOES!

      … SLAP YOUR TUMMY!

 

  • LEARNING ABOUT ANIMALS:
    • Animals vocabulary
    • Movement vocabulary

Poiché ogni animale si muove in un modo diverso, e quello degli animali e dei loro movimenti è un mondo affascinante per i bambini, si può proporre questa attività in palestra, magari mostrando ai bambini, le prime volte che la si esegue, delle grandi immagini degli animali che di volta in volta si proporranno, per arrivare infine al punto in cui le immagini potranno essere rimosse e verrà usata solo la comprensione orale:

 

If you are A DOG and you know it… BARK AND SNIFF!

If you are A CAT and you know it… WASH YOUR EARS!

If you are A SNAKE and you know it… SLITHER DOWN!

If you are A LION and you know it… ROAR OUT LOUD!

If you are A BIRD and you know it… FLY UP HIGH!

 

  • LEARNING ABOUT COLOURS:
    • Colours vocabulary

In una versione che può ricordare vagamente il nostro Strega Comanda Color i bambini saranno invitati, di volta in volta a cercare, toccare o portare degli oggetti del colore indicato dall’insegnante:

 

If you are HAPPY and you know it… TOUCH (colour)

    BRING ME (colour)

      NAME SOMETHING (colour)

 

Un gioco che non finisce

Quelle fin qui presentate non sono che alcune delle versioni possibili della nursery rhyme che stiamo usando, nonché solo un numero limitato di utilizzi. Ciascun insegnante potrà, sulla base della sua fantasia e delle competenze dei suoi studenti, modificarne le strofe, le parole e inventare nuove modalità legate ai propri contenuti di apprendimento. Si potranno avere versioni sugli oggetti della casa, versioni, sugli sport, versioni su qualsiasi cosa venga in mente!

Ancora più interessante sarà, una volta che i bambini avranno capito il meccanismo delle modifiche e la logica del gioco, chiedere proprio a loro di elaborare una loro speciale versione su uno specifico argomento, da proporre ai compagni di classe.

Geografia emotiva e storia locale. Nonturismo for kids: una proposta didattica

Nonturismo for kids è una metodologia didattica ideata per realizzare in classe un percorso di apprendimento della storia e della geografia locale, con attenzione particolare alla conoscenza del territorio che ci circonda. Un momento di esercizio della cittadinanza attiva attraverso la narrazione dei propri luoghi quotidiani a partire dalla relazione emotiva con essi. Le valenze pedagogiche e didattiche della storia locale possono essere molteplici qualora s’intenda il territorio che ci circonda come il risultato di storie passate e presenti che lasciano, e hanno lasciato, traccia. L’attivazione di risorse cognitive ed educative mediante un’attenzione particolare alla geografia delle emozioni rende tale proposta metodologica particolarmente inclusiva e replicabile in diversi ambiti territoriali. Il Nonturismo è un modo di intendere l’incontro tra un territorio e chi viene da fuori, tra una comunità che intende riappropriarsi della propria identità e viaggiatori e viaggiatrici alla ricerca di una relazione intima e autentica con un luogo.

Strumenti 

  • le Carte Luoghi; attraverso un’immagine e una parola offrono una chiave di lettura emotiva dei luoghi, o in riferimento una specifica emozione (es. i Luoghi della Felicità) o in riferimento ad un concetto evocativo (es. i Luoghi della Leggenda).
  • Mappa del territorio (città, quartiere, località ecc.)

Metodologia

Articolata in quattro step da adattare alla necessità didattiche specifiche della classe:

Step1

  • Walkscape: il gruppo/classe viene accompagnato dall’insegnante in una passeggiata sul territorio scelto per la realizzazione dell’attività. La passeggiata viene condotta dai e dalle partecipanti che, singolarmente o in coppie, guidano il resto del gruppo a turno, decidendo quando e dove fermarsi, dove svoltare, in quali edifici pubblici entrare, seguendo soltanto il proprio istinto e i propri desideri (ad esempio percorrere una strada familiare o esplorare le vie meno note, scegliere dove fermarsi in base alla bellezza o alla bruttezza del luogo, ecc.). Chi non è alla guida del gruppo ha il compito di concentrarsi individualmente sulle proprie emozioni, annotando le sensazioni provate durante la passeggiata (curiosità, fastidio, felicità, noia, ecc.), in relazione ai luoghi che le hanno suscitate. 

Step2

  • Mappe emozionali: il gruppo/classe viene diviso in sottogruppi da circa 4 persone ciascuno. Ogni gruppo estrae casualmente una Carta dei Luoghi. I gruppi discutono in autonomia sul significato della propria carta. In una prima fase, lo scopo della discussione è individuare un’interpretazione condivisa della parola associata alla carta (es. Amore significa cura reciproca, Futuro significa trasformazione, ecc.). Una volta individuata la definizione, l’obiettivo del gruppo è applicarla alla geografia del territorio, individuando tre luoghi che corrispondono alla propria definizione, secondo la propria sensibilità e fantasia. Ogni gruppo segna sulla mappa del territorio i tre luoghi individuati, identificandoli con un colore o simbolo e condividendo con l’insegnante e gli altri gruppi la motivazione della propria scelta. Il risultato finale è una mappatura emotiva del territorio!

Step3

  • L’itinerario Nonturismo: il gruppo/classe crea l’itinerario “nonturistico” del territorio, composto da un punto di interesse (ovvero un luogo) per ogni gruppo, per un totale di 5/6 punti di interesse. Ogni gruppo deve quindi scegliere un luogo tra i tre individuati nella lezione precedente. Con l’aiuto dell’insegnante e il supporto della mappa, il gruppo compone l’itinerario che collega i punti di interesse. Una volta definito, il percorso Nonturismo viene segnato sulla mappa. Ogni gruppo individua quindi l’esperienza “nonturistica” del proprio punto di interesse, ovvero un’esperienza che faccia vivere al turista l’emozione associata dal gruppo a quel luogo (ad esempio parlare con un commerciante, correre a perdifiato, annusare, ecc.).

Step4

  • Restituzione finale: ogni gruppo condivide la presentazione del proprio luogo. Su scelta dell’insegnante, la presentazione può essere accompagnata dalla produzione di un output finale (testo scritto, disegno, mappa creativa del territorio, ecc.).

Una sperimentazione della metodologia è stata realizzata da allievi e allieve dell’I.C. “F. Palazzi” di Arcevia (An) e l’itinerario Geografie sentimentali è rientrato nella guida Nonturismo Arcevia, ideata dall’Associazione Sineglossa, con il finanziamento della Fondazione Cariverona, in collaborazione con l’Associazione Clio’92, edita da Ediciclo Editore, restituendo un prodotto didattico che permette una scoperta del territorio attraverso la lente delle emozioni – dal gioco all’esplorazione, dalla rabbia ai profumi, dal ricordo al silenzio -, mantenendo lo stile e la prospettiva dei giovanissimi cittadini e cittadine che lo abitano.

Il manuale Nonturismo for kids può essere scaricato gratuitamente a questo link.

Il peso dell’invecchiamento sulla stabilità dei sistemi

Le cause dell’instabilità

La stabilità dei sistemi riguarda l’affidabilità del loro comportamento futuro ed è argomento molto studiato e molto complesso. Un sistema stabile ci rassicura sulla possibilità di controllarlo.

Tutti i sistemi, sia quelli naturali sia quelli artificiali, pongono problemi di affidabilità, cioè di un repentino cambio di comportamento.

Le cause dell’instabilità vanno cercate nell’esistenza di ritardi interni ai processi in corso e nella presenza di retroazioni (feedback), le quali sono spesso plurime e con effetti che non si esauriscono nelle manifestazioni più immediate. Vale per i sistemi naturali quanto vale per quelli costruiti dall’uomo. 

Retroazioni positive e negative

Le retroazioni consistono in porzioni dell’uscita (effetto), che ritornano in ingresso e divengono causa di nuovi effetti. Sono positive se i segnali di retroazione si sommano agli ingressi, finendo per potenziare le nuove cause e amplificare gli effetti; negative se si sottraggono, con conseguente contrasto delle cause e indebolimento degli effetti finali.

Se i sistemi sono sufficientemente alimentati di energia, le retroazioni positive conducono immediatamente all’instabilità; quelle negative, invece, tendono alla stabilità, cioè a un comportamento affidabile sia in assenza sia in presenza di variazioni degli ingressi di controllo.

Nei controlli industriali si costruiscono sistemi automatici con solo retroazioni interne negative.

La trasformazione della quantità in qualità

In presenza di retroazioni negative, i ritardi presenti nei diversi processi che ne prendono parte influenzano il comportamento dei sistemi in misura tanto maggiore quanto più sono alti. I ritardi provocano infatti le sovracorrezioni responsabili dei pendolamenti presenti nella risposta dei sistemi; si classificano in inerziali, se dovuti a scambi di energia, e finiti, se generati da trasmissioni di materia o movimento. In ogni caso, sistemi stabili possono col tempo destabilizzarsi se intervengono fattori che ne aumentano il valore. In FIG. 1 la risposta di un sistema appena entrato in esercizio. Nelle FIG. 2 e 3 lo stesso sistema, in seguito all’invecchiamento e all’usura dei suoi componenti. Con l’aumento delle costanti di tempo, prima peggiorano le prestazioni, poi il sistema si destabilizza.

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Sembra verificarsi qui quanto espresso dal filosofo tedesco Hegel in “La scienza della Logica”, secondo cui “quantità” e “qualità” non sono indipendenti: se la quantità supera una soglia critica provoca modifiche nella qualità. Interpretando il concetto in senso più ampio, potremmo dire che se l’insieme dei ritardi supera una soglia critica, la stabilità del sistema cambia qualità, il suo comportamento diviene instabile, non più affidabile.

Semi di amore verso sé stessi

Il mese dell’amore

Febbraio è il mese in cui si celebra San Valentino, una ricorrenza che spesso viene associata all’amore romantico. Supermercati e negozi si riempiono di cuori e cioccolatini. Ma se ampliassimo lo sguardo? Se trasformassimo questa occasione in un momento per parlare dell’amore più importante, quello verso sé stessi? A scuola, è fondamentale educare i bambini e le bambine al riconoscimento delle proprie emozioni, alla loro accettazione e all’importanza di volersi bene.

Ma da dove partire? Bastano cuori di carta e biglietti? Oppure possiamo trasformare San Valentino in un momento per riflettere su ciò che significa amare e rispettare sé stessi e gli altri?

Il buon esempio

Come insegnanti, ogni giorno siamo un modello per i nostri alunni e le nostre alunne. Se dimostriamo rispetto per noi stessi, se diamo valore ai nostri pensieri e alle nostre emozioni, trasmettiamo un messaggio potente: anche loro meritano lo stesso rispetto. Non si tratta solo di insegnare a leggere e scrivere, ma di accompagnarli in un percorso di crescita emotiva.

Quante volte ci troviamo a consolare un bambino che si sente insicuro o a incoraggiare una bambina che ha paura di sbagliare? In quei momenti, è fondamentale agire con empatia e cura, mostrando che ogni emozione è valida e che il rispetto per sé stessi inizia dall’accettazione delle proprie fragilità. L’amore verso sé stessi non è egoismo, ma un seme che, una volta piantato, crescerà forte e sano, dando vita a relazioni più equilibrate e rispettose.

Albi illustrati

Le storie hanno un potere unico: riescono a parlare al cuore di bambini e bambine con semplicità e profondità. Leggere insieme un albo illustrato può essere un punto di partenza per dialogare sull’amore verso sé stessi e sulle emozioni che ci abitano. 

Dopo la lettura, è importante creare uno spazio per condividere pensieri, sensazioni ed esperienze. Parlare apertamente delle emozioni aiuta i bambini e le bambine a sentirsi compresi e accettati.

Il passaggio successivo è sicuramente un compito di scrittura, per far sì che ciascuno possa far sentire la propria voce. Un albo interessante da cui partire è “Il mio cuore – Corinna Luyken”. 

Attraverso il processo di ricalco, possiamo chiedere agli alunni e alle alunne di esplorare il proprio sentire e dar vita ad un testo profondo che parli di loro.

Piccoli spunti

Parlo di mè: proponiamo ai bambini e alle bambine di scrivere su bigliettini le cose che apprezzano di sé stessi: un talento, un tratto del carattere, un gesto gentile fatto di recente. Ogni giorno si può leggere un biglietto e riflettere insieme sull’importanza di riconoscere il proprio valore.

L’angolo delle poesie. Creare in classe un piccolo spazio dove mettere libri di poesie e stampe di poesie che vanno ad approfondire come ci si sente. I bambini e le bambine hanno bisogno di leggere buona letteratura per potersi riconoscere nelle parole e nelle sensazioni.

Lo specchio delle parole belle. In classe, si può creare uno spazio con uno specchio dove ogni bambino, guardandosi, legge una frase positiva scritta da un compagno. “Sei unico e speciale”, “Hai un sorriso che illumina”: parole semplici, ma dal grande impatto.

Ogni gesto, ogni parola, ogni attività che proponiamo a scuola è un seme che piantiamo nel cuore dei nostri alunni e delle nostre alunne. Seminare amore verso sé stessi significa aiutarli a crescere più sicuri, più empatici e più capaci di affrontare le sfide della vita. Spetta a noi, con il nostro esempio e il nostro impegno quotidiano, accompagnarli in questo viaggio.

“Amare se stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta la vita.”
Oscar Wilde

Strategie aziendali di marketing: un caso di insuccesso

Un’icona immortale: 60 anni dalla morte di Winston Churchill

“Ho mostrato l’espressione sorridente e l’aria sicura che sono considerati adatti quando le cosa vanno molto male” (Churchill)

Il 10 maggio 1940, nel pieno della tragedia che si stava abbattendo sull’Europa (nello stesso giorno la Wehrmacht invadeva il Belgio e l’Olanda), Winston Churchill succedeva allo screditato Chamberlain nella carica di primo ministro del governo di Sua Maestà. Come molti storici e biografi hanno sottolineato, e come lo stesso Churchill ebbe a dichiarare, l’allora sessantacinquenne statista britannico si presentava all’appuntamento sostenuto dalla ferma consapevolezza di essere l’uomo più adatto a manovrare la nave nella tempesta. Forte non solo di una lunga e prestigiosa esperienza nelle stanze del potere londinese, ma anche di una profonda consuetudine con lo studio della storia, e della storia militare in particolare, credeva davvero che quel che aveva vissuto, visto e letto fino ad allora fosse essenzialmente servito a temprarlo per affrontare quel momento fatale.

“Finalmente avevo l’autorità di dirigere l’intera scena” – scrive nella sua monumentale opera sulla seconda guerra mondiale – “Mi pareva di procedere di pari passi con il destino, come se tutta la mia vita precedente fosse stata soltanto una preparazione a quest’ora e a questo cimento”. In effetti, gli avvenimenti successivi sembrarono confermare questa sua presunzione. Dotato di intelligenza impetuosa e carattere scorbutico, certamente non amato da tutti (“Churchill è ministro della difesa e anche primo ministro. Che il cielo ci aiuti”, scrisse nei suoi diari John Reith, uno dei padri nobili della BBC), seppe circondarsi di uno staff competente e affiatato, oltre che di un solido governo di coalizione, con il quale affrontò i tragici giorni del collasso francese e organizzò l’eroica difesa che la Gran Bretagna oppose di lì a poco all’assalto nazista. Quella che fu da lui stesso battezzata “Battaglia d’Inghilterra”, incominciata il 10 luglio 1940, è a ragione considerata uno dei momenti chiave della seconda guerra mondiale. Se il morale del popolo britannico fosse crollato sotto i colpi degli spietati bombardamenti tedeschi e i piloti della RAF non fossero riusciti a contrastare efficacemente gli squadroni aerei che il Reichsmarschall Göring inviava a ondate continue sull’Inghilterra, se insomma i piani d’invasione hitleriani avessero avuto successo, la storia successiva del conflitto e probabilmente dell’intera civiltà europea sarebbe stata molto diversa. Nessun dubbio che a conseguire questa vittoria cruciale – oltre alla tempra dimostrata nell’occasione dai britannici – fu la capacità del loro primo ministro di affrontare con determinazione e lucidità la grave minaccia che proveniva da oltremanica.

Churchill vinse la battaglia, e infine la guerra contro le potenze dell’Asse, non solo con straordinario fiuto da mastino politico e innegabile intelligenza strategica, ma anche con l’entusiasmo e la passione suscitati dai suoi famosi discorsi. “Di tutti i talenti donatimi – diceva con consueta immodestia – nessuno è così prezioso come il dono dell’oratoria”. Per essa possedeva in effetti una naturale inclinazione, sapientemente coltivata fin da giovane. Lo storico Andrew Roberts, nella sua recente biografia, ricorda un articolo del 1897 intitolato “L’impalcatura della retorica”, nel quale un Churchill ancora ventitreenne elenca e descrive analiticamente i cinque principali aspetti della retorica che commuovono l’uomo: esatta valutazione delle parole, sonorità poetica delle frasi, stabile accumulazione delle argomentazioni, uso frequente dell’analogia, ricorso a un linguaggio fiorito ed esagerato.

A questi principi si attenne sempre, riuscendo di norma a infiammare l’uditorio, e tuttavia l’abilità oratoria di Churchill trovava la sua vera sorgente e la sua profondità creativa nel continuo riferimento a Shakespeare. Fu infatti l’amore quasi sovrumano per l’opera del Bardo che ne influenzò profondamente la retorica, la scrittura, l’animo stesso e l’acutissimo senso dell’eccezionalità britannica. La sua conoscenza era di antica data: a tredici anni, studente nella prestigiosa Harrow School, per pochissimo perse una competizione nella quale era richiesto d’imparare un migliaio di versi shakespeariani. Da adulto, sappiamo che era in grado di recitare a memoria e per intero almeno una mezza dozzina tra commedie e tragedie, dal Macbeth a Sogno di una notte di mezza estate. I suoi discorsi contengono naturalmente infinite citazioni e riferimenti a Shakespeare. Sir Martin Gilbert, che collaborò con Randolph Churchill alla stesura di una biografia del padre, racconta di come lo statista giunse direttamente a parafrasare l’Enrico V per rendere omaggio alle truppe inglesi che avevano sconfitto Rommel: “After the war, when a man is asked what he did, it will be quite sufficient for him to say, ‘I marched and fought with the Desert Army’”. Non stupisce dunque che, nel pieno del conflitto, Churchill chiedesse all’attore e regista Laurence Olivier di girare una versione propagandistica in technicolor proprio dell’Enrico V. Il film uscì nelle sale il 22 novembre 1944, dieci giorni dopo la trionfale passeggiata di Churchill e De Gaulle in una Parigi appena liberata. “Enrico condusse la nazione fuori dalle discordie interne verso la conquista di terre straniere. Aveva sognato e forse prospettato di guidare l’intera Europa Occidentale nella nobile impresa della crociata”, scrisse Churchill qualche anno dopo, in A History of English-Speaking Peoples. Difficile non pensare che avesse in mente, in parte o del tutto, se stesso.

 

Winston Churchill is one of the most iconic figures of the 20th century, a leader whose actions and words shaped the course of history during some of its darkest hours. His determination, speeches, and leadership played an important role in Britain’s survival against Nazi tyranny. Yet, his influence stretched far beyond the battlefield. His personality has inspired many artists over the years. Using poems, novels and artworks can be a good way to approach this emblematic Prime Minister.

P. Herbert was an English humorist, novelist, playwright, and Member of Parliament. He is best known for his humorous fiction and essays, often characterized by wit, satire, and a keen eye for the absurdities of everyday life. His writing frequently explored social and political issues, using humor as a tool for commentary and critique. In 1945 he wrote a poem titled Mr. Churchill

Five years of toil and blood and tears and sweat;
Five years of faith and prophecy and plan!
He spoke our mind before our mind was set;
He saw our deeds before our deeds began.
He rode the hurricane as none did yet;
Our Finest Hour revealed Our Finest Man.
May 13, 1945

 

Former PM Boris Johnson said during an interview that his inspiration had always been Winston Churchill and the very beginning of hist book highlights that when he was growing up […] there was no doubt that Churchill was quite the greatest statesman that Britain had ever produced. […] he had led my country to victory against all the odds and against one of the most disgusting tyrannies the world has seen.

In this book, he explores what makes up the ‘Churchill Factor’ and some lines of the free reading sample available online could be used in class to get a glimpse of Churchill’s life and legacy.

 

Many illustrated books on Churchill’s life give the possibility to A1-A2 level students to investigate the life of the Prime Minister. “Winston Churchill: Inspiring tales of a true hero” is available for free on Kindle Unlimited. It’s concise but precise and gives a general idea on Churchill’s life using very easy words. 

“During his lifetime, Winston Churchill created more than 570 canvases and firmly believed that the power of observation, concentration, and creativity afforded to him by painting helped him as a leader and a statesman,”  says Timothy Riley. Since he was an icon of his time he was also portrayed by other artists. 

Explore some collections to look at Winston Churchill from another point of view.

 

 

President Kennedy said (quoting Ed Murrow), “He mobilized the English language and sent it into battle.” Language has two forms, written and spoken. Churchill was a master of both. His iconic speeches not only encouraged and pushed people during WWII but are still a great source of inspiration nowadays.

BIBLIOGRAFIA

Winston Churchill, La seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 1965, Vol. I (L’addensarsi della tempesta)

Winston Churchill, A History of English-Speaking Peoples, Bantam Books, New York 1956, Vol. I (The Birth of Britain)

Martin Gilbert, Road to Victory, 1941-1945, Houghton Mifflin Company, Boston 1986

Andrew Roberts, Churchill, UTET, Torino 2024

Bioinformatica e biostatistica: i percorsi tech della biologia che non ti aspetti

Sapevi che esistono dei percorsi specialistici in cui biologia, statistica e informatica si incontrano?

Ebbene sì! Partendo da una laurea triennale in Scienze Biologiche/Biotecnologie, è possibile continuare gli studi intraprendendo uno dei corsi di laurea magistrale in biostatistica e bioinformatica

Ma in cosa consistono e dove si può lavorare dopo aver conseguito una laurea di questo tipo?

Quando statistica e biologia si incontrano: la biostatistica

La biostatistica si occupa dello sviluppo e dell’applicazione di metodi statistici per progettare, analizzare e interpretare dati provenienti da studi biologici, clinici ed epidemiologici. Le principali applicazioni della biostatistica riguardano la sperimentazione clinica, in cui viene valutata l’efficacia dei farmaci, e si occupa anche di fare indagini epidemiologiche riguardanti la diffusione di malattie mediante l’analisi statistica dei dati.

Il biostatistico e/o la biostatistica sono professionisti altamente qualificati le cui competenze sono richieste nella ricerca scientifica, in aziende farmaceutiche, nelle CRO (Contract Research Organization) e nella sanità pubblica. Si occupano della pianificazione di studi osservazionali o sperimentali, della gestione dei dati e della redazione di report e rapporti di ricerca.

Nonostante la crescente richiesta di questa figura professionale, i percorsi formativi non sono uniformi e ben delineati. Tuttavia, in Italia stanno nascendo sempre più lauree magistrali in biostatistica o in statistica con specializzazioni in biostatistica. Questi percorsi sono aperti non solo a chi ha una laurea triennale in statistica, ma anche a chi proviene da indirizzi biologici o biotecnologici.

Per accedere ad alcune lauree magistrali in biostatistica è necessario acquisire anche dei crediti in specifici settori disciplinari.

Dopo la laurea magistrale, si può proseguire la formazione in biostatistica tramite master di secondo livello, la maggior parte dei quali possono essere seguiti online. Altrimenti si può accedere a un PhD se si desidera proseguire la propria carriera nella ricerca accademica o alla Scuola di Specializzazione per i non medici in Statistica Sanitaria e Biometria.

La bioinformatica: un ponte tra biologia e tecnologia

La bioinformatica è un campo interdisciplinare che combina informatica, statistica, matematica e ingegneria per analizzare e interpretare dati biologici. Si occupa di creare algoritmi, metodi e software per studiare sequenze genetiche, espressione genica, strutture proteiche e interazioni molecolari. Oltre a supportare la ricerca, trova applicazioni pratiche in ambito clinico per migliorare la salute.

Le sue attività principali includono l’analisi di dati genomici per identificare meccanismi associati a patologie, come il cancro, per esempio; utilizza algoritmi avanzati per comprendere la struttura tridimensionale delle proteine, le loro funzioni e interazioni; progetta strumenti come software e algoritmi per analisi biologiche e simulazione di percorsi metabolici. Per svolgere questi compiti, il/la professionista deve avere una solida comprensione della biologia, di analisi statistica, di linguaggi di programmazione come Python e R, database SQL e sistemi operativi UNIX/Linux e di machine learning.

In breve, mentre la biostatistica si concentra sull’interpretazione dei dati biologici, la bioinformatica punta a sviluppare strumenti e procedure automatizzate per analizzarli.

In Italia, la figura del bioinformatico/della bionformatica lavora prevalentemente in contesto accademico o nella ricerca sanitaria, seppur le sue competenze siano spendibili nelle aziende farmaceutiche e biotecnologiche. 

L’offerta formativa è molto varia. Negli ultimi anni sono nati vari corsi di laurea triennale in bioinformatica, ma per chi si approccia a questa disciplina dopo una laurea triennale in Scienze Biologiche/Biotecnologie, le opportunità sono comunque molteplici. In molti atenei sono presenti infatti dei corsi di laurea magistrale in bioinformatica, alcuni tenuti anche in lingua inglese e a doppio titolo, che permettono di proseguire la formazione in bioinformatica con l’accesso a master di secondo livello e programmi di dottorato.

Queste discipline sono sempre più in espansione, per innovazione e per il grande contributo che possono offrire nel vasto campo delle scienze della vita. In Italia i percorsi di studio per arrivare a intraprendere queste professioni sono poco definiti; questo permette di poter aspirare a un ruolo come biostatistico/a o bioinformatico/a anche con un percorso non lineare. Se desideri unire la passione per la biologia a quella per la tecnologia, questa potrebbe essere la strada giusta per te.

 

Fonti e approfondimenti

Fonti immagini:

 

Rubrica a cura di Generazione Stem

Biografia autrice 

Roberta Maria Serra è una laureanda in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Palermo. Unisce la passione per la scienza con la scrittura per rendere temi complessi più accessibili. Collabora con diverse realtà come Generazione Stem per avvicinare sempre più persone alla conoscenza scientifica e per contribuire ad abbattere gli stereotipi di genere.