Come conquistare una classe?

Ricordo che durante gli anni universitari – soprattutto quando si avvicinava il momento della laurea – facevano spesso capolino tra i miei pensieri alcuni interrogativi: “Sarò in grado di gestire le mie future classi?”, “Come potrò conquistare i miei bambini?, “Con quali strategie mi sarà possibile ottenere la loro fiducia, prima ancora della loro attenzione?”.

Ad essere onesti – malgrado un briciolo di esperienza in più – questi dubbi non sono ancora del tutto svaniti. Ogni estate, pensando al rientro a scuola a settembre, mi arrovello su come ritroverò il gruppo dei miei bambini e su come potrò corroborare le loro, anzi le nostre, relazioni.

Se vi aspettate una risposta univoca a quegli interrogativi, allora – perdonate la schiettezza – non vi conviene proseguire oltre nella lettura di questo articolo. Se, invece, cercate uno spunto di riflessione, la storia che vi sto per raccontare merita senza dubbio un po’ del vostro tempo.

I personaggi sono un maestro di vent’anni che pare un ragazzino, un direttore che si mette le mani nei capelli alla sua vista, la segretaria che geme e una classe di “quaranta diavoli scatenati” pronti a “mangiarsi” il malcapitato insegnante. E poi c’è il capo della classe, che – nomen omen – si chiama Guerreschi.

Ci sono tutte le premesse per abbandonare il campo, ma il maestro non cede, perché non può permettersi di rinunciare a quell’agognato stipendio. Stringe i pugni ed entra coraggiosamente nella famigerata Quinta C della scuola “Dante Alighieri”.

Per scoprire cosa succede e con quale trovata riesce a conquistare i suoi alunni, mettiti comodo/a e leggi il suo racconto!

L’autrice

Gloria Ragni – Insegnante di scuola primaria, promotrice del “fare per apprendere” e sostenitrice dell’utilizzo integrato del digitale nella didattica. Ha un blog didattico https://maestraglo.altervista.org e condivide su Instagram le sue avventure da maestra (la trovate come @maestraglo).

Un pugno di libri

Ed eccoci arrivati al momento cruciale di tutto l’anno scolastico. No, non stiamo parlando delle ferie (che pure sono fondamentali), ma del periodo che gli/le insegnanti possono finalmente dedicare ai libri. In questo appuntamento, come ogni anno, vogliamo condividere un pugno di libri da leggere sotto l’ombrellone o in montagna. 

Per chi non ci ha seguiti nel 2021, la nostra idea funziona con un 5 + 5: cinque titoli per noi docenti e cinque da consigliare alle nostre classi. Cominciamo dai bambini e dalle bambine, ovviamente.

  • Pluk e gli animali da salvare, di Annie M. G. Schmidt e Fiep Westendorp, Lupoguido.

    Nel Grangrattacielo c’è un nuovo inquilino: Mordispiace, un bambino piuttosto selvaggio. Un giorno Pluk e Mordispiace si ritrovano in un terreno segreto dove il Meteorologo conduce i suoi esperimenti climatici. È una specie di gigantesco zoo, ma sotto vetro. Mordispiace è in vena di combinarne una delle sue e finisce per sfondare una delle grandi vetrate che separano due diverse zone climatiche. E adesso? Pinguini ai tropici, elefanti sotto la neve… e tutti si ammalano! Il Meteorologo deve ristabilire l’ordine più in fretta possibile, mentre Pluk pensa a portare in salvo gli animali. Ma cosa ne sarà di Mordispiace?(dai 6 anni)
  • Goro Goro, di Laura Imai Messina, Salani Editore.Una raccolta di fiabe e racconti dalle terre di Yamato, dove vivono creature straordinarie: demoni capricciosi, principesse innamorate, volpi dagli starnuti potentissimi…Il racconto più bello? Per noi il primo, che si intitola come un detto giapponese molto celebre: “Cadi sette volte, otto volte ti rialzi”. Una lettura gradevolissima per entrare nei temi dell’amicizia, del coraggio, della felicità, della resilienza e molto altro.(dai 7 anni)
  • La società segreta dei salvaparole, Enrico Galiano, Salani.Quando le parole iniziano a sparire, Samu pensa che in fondo non sia poi un gran problema. Meno parole significa meno cose da studiare e finché spariscono parole come marmitta o iconoclasta per lui va benissimo! Ma cosa succederebbe se ad andarsene fossero parole come marmellata, vacanze, amicizia, amore? Samu potrebbe perdere il suo migliore amico Nico, e certamente dovrebbe dire addio a ogni speranza di conquistare Rachele, la ragazza dai capelli corvini e i calzini spaiati che gli fa battere forte il cuore. No, è un rischio che Samu non può correre. È per questo che sceglie di diventare un Salvaparole. Ed è per questo che, con l’aiuto di una banda alquanto sgangherata, si lancerà a capofitto in un’avventura fatta di missioni clandestine, messaggi in codice e misteriosi rapimenti.(dagli 8 anni)
  • Dragostella, di Monica Tappa, All Around.Una collezione di strani sassi. Un diario. Due sorelle gemelle che nascondono un segreto. Il giorno che Erik, il vecchio artigiano che intaglia bastoni da passeggio nodosi e profumati, vede entrare le due ragazzine nel suo laboratorio, ai margini del bosco. capisce subito che il momento è arrivato. Perché la profezia sia compiuta bisogna addomesticare il Dragostella. E lui sa anche, perché così è scritto, che le due sorelle sono arrivate fino a lui per riuscirci. Una storia da leggere tutta d’un fiato.(dai 9 anni)
  • Quattro sorelle, di  Malika Ferdjouk, Pension Lepic.Come i Tre Moschettieri eran quattro, così anche le quattro Verdelaine sono cinque. Hanno perso i genitori da 19 mesi e 22 giorni e vivono a Vill’Hervé, una casa con qualche acciacco, affacciata sull’Atlantico, dove non mancano fantasmi, veri o presunti tali. Un romanzo familiare: le amicizie, gli amori, gli affetti e gli affanni di Enid, Hortense, Bettina, Geneviève e Charlotte. Gli intrecci di una vita quotidiana colorata dalle tinte forti di un’adolescenza ricca di sfaccettature, raccontati con uno stile vivo, intenso e scoppiettante.(dai 10 anni)

Ecco, invece, le letture consigliate per gli “adulti”, anche se sappiamo bene che la distinzione è discutibile. Diciamo che questi titoli sono decisamente più tosti dei precedenti.

  • Il diritto e il dovere di cambiare il mondo di Paulo Freire, edito da Il Margine.Se il titolo è impegnativo, il sottotitolo è un programma: “per una pedagogia dell’indignazione”. L’ultimo libro di uno dei più importanti teorici della pedagogia mondiale, una guida che non ha mai smesso di lottare contro la rassegnazione.
  • Didattica universale – Italiano per le classi 1-2-3 di Ivan Sciapeconi, Eva Pigliapoco e gruppo Ricerca e Sviluppo di Erickson.Abbiamo pensato a lungo se inserire anche questo titolo, visto che siamo entrambi autori e potrebbe essere percepita come auto promozione, ma la prima guida didattica Erickson meritava un rischio. E abbiamo deciso di correrlo.
  • Tutto quello che non ho imparato a scuola di Erling Kagge, edito da Einaudi Stile Libero.Kagge è un saggista che si fa leggere come un romanziere. Dopo “Il silenzio” e “Camminare”, ci accompagna nel mondo delle esperienze autentiche. Dal risvolto di copertina: “I nostri occhi, la nostra pelle, il nostro cervello non sono fatti per stare davanti a uno schermo. Abbiamo bisogno di boschi, montagne e orizzonti”. Può essere una prima indicazione su come trascorrere questa estate…
  • Il cacciatore di orchi, di Rosella Quattrocchi, Il Ciliegio.Chiara è un’assistente sociale.Incontrare persone, ascoltarne le storie, toccarne le sofferenze e la solitudine sono gli ingredienti di ciascuna giornata della sua vita, che dedica con passione al lavoro. Matteo è un bambino di prima media, schiacciato da un segreto inconfessabile che combatte rifugiandosi nella routine. La madre è incapace di capire il suo disagio e a lui non resta che sognare di diventare un cacciatore di orchi. Le vite di Chiara e Matteo scorrono parallele, fino a quando il bambino non riuscirà più a nascondere il suo disagio e si incontreranno, per camminare insieme lungo la strada che porterà Matteo a essere libero. A essere un bambino.
  • Vivi nascosto – un’indagine del club Montecristo di Fabiano Massimi, edito da Mondadori.È pur sempre estate e un bel giallo da leggere sotto l’ombrellone ci sta. Questo è un giallo particolare, perché i detective sono personaggi poco probabili e perché l’intreccio… beh, Fabiano Massimi è una certezza.

Ecco qua, dieci titoli. Forse sono tanti, forse sono pochi, ma quel che conta è che passiate un’ottima estate e che torniate carichi e cariche, a settembre. Vi aspettiamo, ciao!

Food for thought

Quale momento migliore dell’estate per mettere in cantiere nuove idee per l’anno successivo? In questo articolo troverete proposte innovative e stimolanti per le vostre future classi.

Inglese

VISUAL LEARNING AND VISUAL TEACHING

For thousands of years, we have depended on using visual elements to communicate. Today, we use visuals more than ever. From social media to outdoor advertising, from tech screens to interactive media, our students are bombarded with visuals intended to engage, encourage and inspire. Teaching students how to use visual language to record ideas, refine thinking and transmit ideas is an essential tool for success in this multilingual world1

There are a lot of definitions of visual learning but the one we prefer is the one that defines it as the ability to understand, use, think and learn in terms of images2. It doesn’t mean that visual learning only relies on pictures but also on diagrams, maps, infographics, charts and so on. This is the reason why, uncovering the great potential of visual learning can benefit the whole class.

There are several advantages in using visual teaching techniques in class. In many cases this method helps students better engage with materials: bright colors and different fonts attract them more than a black/white page. It also helps developing one of the most important 21st century skills:  Higher-Order Thinking Skills (HOTS) that include include synthesizing, analyzing, reasoning, comprehending, application, and evaluation. As stated by W.Conklin:

“These days, more and more employment opportunities are requiring people who can think adroitly – and often think on their feet. In no way am I suggesting that learning facts is out of date. Rather, I am suggesting that facts and data alone will not cut it in our 21st century. This is not only because front-line workersare called upon to make critical judgments, but also because the data and information is constantly changing, evolving and being updated. The task of evaluating new information is never-ending.” 3

The constant use of inf0graphics, charts and pictures in class also give students the possibility to see and conceptualize visuals clearly, recall facts and retain learning. Last but not least visual teaching is perfect to give new possibilities to students with special needs or learning differences.

A1 – Boggle

Revise vocabulary using Boggle! This game allows visual learners to see and solve the problem in front of them. > Online version 

A2 – Create an infographic

B1 – CREATE A PICTURE BOOK

No, picture books are not only for children! They’re supportive even for teenagers.  Ask your students to create a picture book using some pictures of their last school trip/holiday/party…. If you don’t want them to use paper and glue, there are a lot of websites that allow the creation of digital picture books. 

Your students will have 5/7 minutes than to “tell” the story of their books in front of the class. Here are some examples

  1. My school trip in 5 pictures
  2. The last time I went abroad
  3. My sport, my passion

B2/C1 – Gallery walk

During a gallery walk, students explore multiple images that are placed around the room and answer several questions. This activity can be used to introduce new topics for literature and civilization. 

Useful videos for teachers:

Useful websites for teachers:

 

____

1 S.Daniels, Visual Learning and Teaching: An essential guide for educators, Free Spirit Pub, 2018.
2 J.A. Hortin, Visual literacy and visual thinking, http://Eric.ed.gov
3 W.Conklin, Higher Order Thinking Skills to develop 21st century learners, Shell Education, 2011.

Spagnolo

“El perfume del papel”. NIVELES B1-B2-C1

Lecturas para el verano qué pueden ser útiles tanto para los profesores como para los alumnos. 

Para profundizar algunas épocas históricas y contextos históricos, sociales y culturales tanto de España como de Latinoamérica, puede ser útil para los profesores de español como lengua extranjera leer algunas obras, en particular las de Isabel Allende. 

 Tanto su última novela,  “Violeta” cómo “Largo pétalo de mar” son obras que presentan desde la perspectiva latinoamericana, chilena en particular, el siglo XX, con una visión nueva, diferente de este periodo histórico y pueden ayudar tanto a los profesores como a los alumnos a conocer mejor el contexto histórico, cultural y social que normalmente estudian y conocen desde una perspectiva exclusivamente europea. 

 

 

“Más allá del invierno” es una obra que se ocupa de un tema de gran actualidad: los flujos migratorios desde el sur hasta el norte de América. Quizás una temática muy impactante, pero imprescindible, sobre todo en el ámbito de la Educación a la ciudadanía. 

Si en cambio se prefiere profundizar otra época, muy interesante es también la novela “El Zorro: comienza la leyenda” siempre de la misma autora, que da una visión y una lectura nueva de un personaje muy famoso pero quizás poco conocido y profundizado desde un punto de vista histórico. 

Otra obra que puede ofrecer ideas para trabajos, profundizaciones y actividades para hacer en clase el próximo año puede ser el libro “Amando Pablo, odiando Escobar” de Victoria Vallejo, que presenta la vida de Pablo Escobar desde la perspectiva de la mujer que ha estado a su lado, desvelando secretos y aspectos íntimos a de la vida privada de Escobar junto a informacies históricas sobre los acontecimientos relacionados a su historia.

Por último, “Si tú me dices ven lo dejo todo, pero dime ven” es una novela de Albert Espinosa, quizás más conocido por su obra “El mundo amarillo”. Este libro se puede dar cómo lectura de verano a los alumnos que tienen un nivel B1 o B2; es una novela entretenida y una lectura ligera, pero que hace también reflexionar y se puede utilizar de vuelta a la escuela en septiembre pidiéndole a los alumnos que reflexionen sobre lo que han leído y que compartan sus opiniones personales con respecto a si les ha gustado o menos y por qué. 

Si no se quieren utilizar esas obras para profundizar particulares épocas, países, contextos históricos, sociales y culturales o temas de actualidad, se puede pensar en crear con los alumnos una página web Instagram o utilizando cualquier otro medio digital para compartir sugerencias de lecturas también en lengua española, quizás junto a las lecturas que ya hacen en lengua italiana o inglesa. Se puede de tal manera crear una “biblioteca” virtual en la que cada uno puede sugerir lecturas comentando si le ha gustado o menos. Es una actividad que se puede proponer tanto a distancia durante el verano como de vuelta a la escuela en septiembre y también los profesores pueden participar compartiendo sus opiniones. 

Además estas lecturas pueden ofrecer ideas y propuestas a para trabajos junto a otras asignaturas como Italiano, Arte, Historia, Ciencias Humanas y Educación a la ciudadanía.

Il caso Watergate e la funzione della stampa d’inchiesta

Le ossessioni di Nixon

Accadde cinquant’anni fa: nel giugno del 1972, un gruppo di presunti “idraulici”, in realtà spie assoldate dall’entourage del presidente Richard Nixon, allora in piena campagna elettorale contro il candidato democratico George McGovern, entrarono nel palazzo del Watergate, a Washington, al tempo sede del Democratic National Committee, per installarvi micro-trasmittenti. L’operazione, assai confusa, rispondeva all’ossessione del presidente per le informazioni riservate, visto che, a seguito della guerra del Vietnam, in molti casi la stampa era venuta a conoscenza di documenti secretati relativi alla conduzione delle operazioni. Oltre a ciò, il tentativo di carpire elementi utili a demolire l’avversario attraverso lo spionaggio rappresentava, per una parte della classe politica americana, un comportamento considerato illecito ma necessario. 

Bob Woodward e Carl Bernstein 

Sulle prime, i collegamenti fra l’effrazione e la Casa Bianca sembrarono piuttosto labili, ma la ricerca impostata da due reporter della Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein, rivelò via via dettagli sempre più sconcertanti. In realtà, i meccanismi di copertura costruiti dagli stessi “uomini del presidente” a propria garanzia, una volta scoperto il vero motivo dell’irruzione nel Watergate, finì per portare lo stesso Nixon – pur rieletto trionfalmente a novembre del ’72 – a presentare le proprie dimissioni per evitare l’impeachment – cioè la procedura di rimozione dalla carica per gravi reati, prevista dalla Costituzione – nell’agosto 1974.

Il giornalismo d’inchiesta al suo culmine

Il caso Watergate fu seguito, ad eccezione delle fasi finali, soprattutto da minoranze colte o da élite politicizzate: Nixon continuò ad esercitare i suoi poteri di presidente, godendo del sostegno dell’America profonda. L’abilità dei due giornalisti, ma anche del blocco d’interessi che stava dietro le grandi testate, consistette nel rendere le menzogne del presidente e del suo entourage una questione politicamente rilevante, tale da trasformarsi – attraverso la formalizzazione giuridica dell’inchiesta – in un’arma letale per l’amministrazione. Dal momento che di rado capita che le attività di reporter dotati di fiuto e determinazione inneschino processi clamorosi, il caso di Woodward e Bernstein, poi insigniti del famoso premio Pulitzer per il giornalismo, resta tuttora una grande testimonianza delle potenzialità di una libera stampa.

Scopri l’opera

Estate in mostra. Le mostre da non perdere

È tornata l’estate e con essa tante mostre di grandissimo rilievo. Vi presentiamo una scelta politicamente (s)corretta di eventi decisamente interessanti, a cavallo tra arte del passato e stretta contemporaneità.

Grandi maestri

I grandi artisti sono tali proprio perché il loro linguaggio e le loro opere ci parlano, al di là dei confini cronologici, e toccano le corde più profonde e universali del nostro essere, facendoci emozionare di fronte a una bellezza senza tempo.

  • Donatello. Il Rinascimento (a Palazzo Strozzi e al Museo Nazionale del Bargello di Firenze dal 19 marzo al 31 luglio 2022)
    Il “maestro dei maestri”, lo scultore supremo del Quattrocento, l’iniziatore straordinario di una stagione ancor più straordinaria, il Rinascimento: queste e altre sono le definizioni che ben si adattano a Donatello, del quale la mostra fiorentina ricostruisce il percorso cronologico e artistico attraverso stimolanti confronti con personalità del calibro di Brunelleschi, Masaccio, Andrea Mantegna, Giovanni Bellini, Raffaello e Michelangelo. Eppure quel che ancora ci commuove e ci attrae dell’opera di questo artista lontano da noi circa 600 anni sta tutto nella sua capacità di rappresentare in purezza i sentimenti più profondi e radicali di ogni uomo e di ogni donna, dalla notte dei tempi: il dolore, l’amore, la tenerezza, l’estasi.
  • Kandinskij L’opera 1900/1940 (al palazzo Roverella di Rovigo dal 26 febbraio al 26 giugno 2022)
    No, non abbiamo sbagliato, anche Kandinskij è nell’empireo dei grandi maestri del secolo scorso, mentre la sua opera è oggetto di studi, tesi a ricostruirne le radici russe, la cultura di formazione, i legami con gli artisti del suo tempo. Tutto ciò allo scopo di dare pienezza e volume al percorso creativo di un grande artista la cui opera esercita un’influenza enorme non solo nell’arte del Novecento, ma anche nel nostro modo di vedere la realtà e i suoi rapporti con la musicalità e il ritmo nascosti al suo interno.
  • Monet e gli Impressionisti in Normandia (al Museo Revoltella di Trieste fino al 26 giugno)
    Va bene, si dirà, un’altra mostra sugli impressionisti…, che novità! Eppure si abbandonano i paesaggi urbani parigini e le rive della Senna nell’Ile de France, per volare nella maestosa terra di Normandia, dove i francesi del centro nord, soprattutto parigini, amavano trascorrere le vacanze estive sulle lunghe sabbie di Deauville, Étretat, Fecamp, Dieppe. Mentre Proust ripescava dalla nostalgia dei suoi ricordi e trasfigurava queste località nella sua Recherche, Monet e i suoi colleghi impressionisti e, prima di loro, Courbet e Delacroix, animavano questi scenari potenti dei loro demoni interiori o delle loro fantasie tranquille e trascoloranti. La mostra “Monet e gli Impressionisti in Normandia” è incentrata soprattutto sul patrimonio della Collezione Peindre en Normandie – tra le collezioni più rappresentative del periodo impressionista – affiancata da prestiti provenienti dal Belvedere di Vienna, dal Musée Eugène-Boudin di Honfleur e da collezioni private.
  • Joaquin Sorolla. Pittore di luce (al Palazzo Reale di Milano dal 25.02.2022 al 26.06.2022)
    È un vero peccato che l’Italia abbia troppo presto dimenticato un artista che l’ha amata tanto e che ha fatto del nostro paese una specie di seconda patria di elezione (artistica): Joaquin Sorolla, uno dei massimi esponenti della pittura spagnola a cavallo tra Ottocento e Novecento, famosissimo nel suo paese natale e all’estero durante una vita costellata di incarichi illustri e premi internazionali: a Londra nel 1908 viene acclamato come “il più grande pittore vivente al mondo”. Sorolla ha contribuito in modo determinante al rinnovamento dell’ambiente artistico iberico di fine Ottocento e alla sua apertura al gusto della Belle Époque, con la sua pittura intrisa di luce e di atmosfera, rigorosamente elaborata en plein air. In piena contraddizione con il mito romantico del genio ribelle e dannato, Sorolla aveva un carattere amabile, costumi borghesi, una famiglia amatissima da cui era riamato – e che ha rappresentato in molteplici opere – una passione dichiarata per l’Italia, la sua luce, il suo paesaggio. Questa mostra è l’occasione per pagare un debito di riconoscenza a un artista che ancora oggi ci meraviglia per la sua capacità di trasformare in palpiti del cuore le vibrazioni di luce, i riflessi dell’acqua, i fremiti delle mussole al vento d’estate.

Venezia: Biennale e non solo

Venezia, la città dei sogni tardoromantici di John Ruskin, la città decadente e pervasa di morte del racconto di Thomas Mann (e di Luchino Visconti), la città triste testimone della perduta gloria di Byron… A contraddire e distruggere il topos letterario e poetico della città morta, del fascino della rovina e del deliquio urbanistico e sociale ha sempre provveduto, vivaddio, la Biennale d’Arte e anche quest’anno, a valle di una pandemia che ha messo alle corde il pianeta intero, eccoci qua, ai giardini dell’Arsenale e nei palazzi lagunari a celebrare un percorso di rinascita e di identificazione.

  • Il latte dei sogni (ai Giardini di Castello e all’Arsenale di Venezia, dal 23 aprile al 27 novembre 2022)
    «Il latte dei sogni non è una Mostra sulla pandemia ma registra inevitabilmente le convulsioni dei nostri tempi. In questi momenti, come insegna la storia della Biennale di Venezia, l’arte e gli artisti ci aiutano a immaginare nuove forme di coesistenza e nuove, infinite possibilità di trasformazione.» Con queste parole la curatrice della Biennale di Venezia, Cecilia Alemani, illustra il senso e il valore di una mostra che trova il proprio titolo in un libro di favole scritto da Leonora Carrington, nel quale la metamorfosi e il cambiamento sono la chiave della vita individuale e collettiva. Di fronte a una umanità minacciata, oggi come ieri, da epidemie, guerre e devastazioni, ci si pone la domanda di chi sia l’essere umano, che cosa sia umano, a che cosa serva l’essere umano.
  • Anish Kapoor (alle Gallerie dell’Accademia e al palazzo Manfrin di Venezia, dal 20 aprile al 9 ottobre 2022)
    Indiano di nascita, britannico di adozione, cosmopolita nell’universalità del suo linguaggio e delle sue sperimentazioni, Anish Kapoor, è in mostra a Venezia in una grande retrospettiva suddivisa in due sedi prestigiose. Opere maestose, imponenti, che sfuggono a ogni definizione tradizionale popolano le sale, facendoci attraversare esperienze visionarie e profonde.
  • Surrealismo e magia. La modernità incantata (alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, dal 9 aprile al 26 settembre 2022)
    Il profondo legame di Peggy Guggenheim con il Surrealismo, personale e affettivo, prima e oltre che collezionistico, è alla base della mostra che illustra un aspetto finora poco valorizzato del movimento, l’interesse comune a molti esponenti per la magia, l’esoterismo e l’occulto. Le opere, in buona parte facenti parte della collezione di Peggy Guggenheim, offrono una panoramica sui vari modi nei quali l’occulto, la magia, l’alchimia fanno parte del tessuto espressivo di molti artisti.

Obiettivo… arte!

La fotografia ci parla di noi, della nostra identità più profonda, sia a livello individuale che a livello collettivo, storico e culturale in senso lato. Anche in Italia, al di là di un colpevole ritardo che ha relegato la fotografia nell’angusto spazio di “arte minore”, di “documentazione” o di “espressione dilettantesca” rispetto alle cosiddette arti maggiori, si creano spazi ed eventi che riconoscono a questa forma di espressione artistica il valore che merita sia dal punto di vista storico che linguistico ed espressivo. 

  • Henri Cartier-Bresson. Cina 1948/49-1958 (al Museo delle Culture – Mudec di Milano dal 18 febbraio al 3 luglio 2022)
    Quando Henri Cartier-Bresson accettò l’incarico della rivista statunitense “Life” per un reportage “sugli ultimi giorni di Pechino” prima dell’arrivo delle truppe di Mao, non sapeva che le due settimane previste sarebbero diventate dieci mesi nei quali il fotogiornalista documenterà la caduta di Nanchino, retta dal Kuomintang, e gli eventi, burrascosi e dolorosi prima della proclamazione della Repubblica Popolare Cinese (1° ottobre 1949). Sarà di nuovo in Cina nel 1958, a dieci anni di distanza, per mostrare all’Occidente incredulo il “grande balzo in avanti” del paese, grazie alla politica di Mao Zedong. Il maestro dell’«istante decisivo» usa il bianco e nero per evidenziare la forma e la sostanza della realtà, di cui suggerisce sempre più livelli di lettura.
  • Vivian Maier inedita (ai Musei Reali di Torino dal 9 febbraio 2022 al 26 giugno 2022)
    Fino al 2007 nessuno avrebbe mai saputo dire chi fosse Vivian Maier; fu in quell’anno infatti che uno studente di Chicago acquistò a un’asta il contenuto di un box espropriato. Lì, tra vecchi vestiti e cappellini fuori moda, saltarono fuori centinaia di negativi e rullini fotografici mai sviluppati realizzati nel corso di una vita da una donna che per vivere faceva la bambinaia. Nel suo tempo libero e nelle sue vacanze – una anche in Italia – scattava foto per le strade, diventando, inconsapevolmente, una protagonista della street photography. Volti, gesti, vetrine, bambini, giochi, espressioni si intrecciano nei suoi scatti, a mostrarci quanti e quali erano i cambiamenti sociali del suo (nostro) tempo.
  • Steve McQueen. Sunshine State (a Pirelli HangarBicocca di Milano dal 31 marzo al 31 luglio 2022)
    Inserire Steve McQueen in un inserto che parla di fotografia forse è sbagliato, forse no! Forse non è il suo mezzo, ma il suo processo artistico ed elaborativo è molto “fotografico” e si rifa agli esordi della cultura cinematografica in bianco e nero, per la quale l’azione fotografica e filmica è soprattutto narrativa. Vincitore del Turner Prize e del premio Oscar, Steve McQueen ha creato alcune delle opere più significative nell’ambito delle immagini in movimento negli ultimi trent’anni, rivolgendo il suo sguardo radicale sulla condizione umana, i suoi drammi e la sua fragilità, e cogliendo in modo toccante e provocatorio questioni attuali come la costruzione dell’identità, il senso di appartenenza, il diritto alla libertà.

Aspettando… l’autunno

La fine dell’estate non significa solo fine delle vacanze e ritorno al lavoro ma anche l’apertura di alcune straordinarie mostre dedicate a maestri dell’arte con la “M” maiuscola. E noi non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione per anticiparvi questi bellissimi frutti autunnali.

  • Van Gogh (a Palazzo Bonaparte di Roma dal 8 ottobre 2022 al 26 marzo 2023)
    Su Van Gogh si è detto e scritto di tutto, ma forse poco si sa di Helene Müller, che, insieme al marito Anton Kröller, è stata una dei primi collezionisti ad acquistare opere dell’artista olandese. Una delle donne più ricche dei Paesi Bassi, sia per fortuna familiare che per via matrimoniale, nel 1908, a 18 anni dal suicidio di Vincent, Helene acquistò la prima delle molte opere (più di 90 dipinti e 185 disegni) che progressivamente fino al 1928 entrarono a far parte della sua collezione privata e che costituiscono adesso il cuore della collezione del museo  Kröller-Müller, seconda per numero solo a quella del Museo Van Gogh di Amsterdam. Grazie alla collaborazione con il Kröller-Müller Museum la mostra ospiterà molti dei capolavori appartenuti ad Helene a partire dal celebre autoritratto del 1887 che da solo vale il viaggio.
  • Olafur Eliasson (a Palazzo Strozzi di Firenze dal 22 settembre 2022 al 22 gennaio 2023)
    L’islandese Olafur Eliasson atterrerà a Firenze con una personale che riassume circa trenta anni di carriera spesi nell’esplorazione dell’universo artistico inteso come campo interdisciplinare che riunisce ricerca scientifica, esperienza sensoriale e tematiche etiche e politiche. Scultura, installazione, pittura, fotografia, architettura, design convergono, al di là della specificità linguistica di ognuna, per creare un’esperienza percettiva che vede lo spettatore sempre protagonista.

Il mondo greco-romano in sette oggetti

Non è difficile comprendere l’importanza degli oggetti: da quelli tecnologici a quelli più banali a quelli più preziosi, gli oggetti ci circondano e rendono vivibile la nostra esistenza. Di alcuni, come lo smartphone o l’orologio, la maggior parte di noi non potrebbe fare a meno; ma non è solo una questione di consumismo o status symbol: le cose assumono spesso un valore sentimentale o ideale molto forte, che rende significativa e bella la nostra vita. Basti pensare a quelle “cose” del tutto particolari che sono i libri o i quadri e gli oggetti d’arte in generale. Alcuni di questi elementi materiali che ci circondano hanno persino assunto il ruolo di simboli di un’epoca, di una cultura, di una società: il computer, per esempio, ma anche certi capi di vestiario emblematici come la minigonna o certi strumenti di vita quotidiana legati strettamente a luoghi e popoli come il wok o la tajine. Se gli oggetti sono così importanti per noi, oggi, è facile immaginare che lo siano stati sempre, anche nel passato, perciò costituiscono un canale prezioso ed efficace per accostarsi alle epoche antiche, per cogliere affinità o differenze, e farle cogliere, magari, anche ai nostri studenti. L’importanza degli oggetti per lo studio della storia antica è d’altronde confermata dall’archeologia, una disciplina che, in sostanza, studia appunto “le cose”, tentando di dar loro una voce e permettendoci letteralmente di toccare con mano la realtà concreta in cui uomini e donne del passato erano immersi. Scopriamo allora insieme un breve campionario di oggetti del mondo antico, che hanno influenzato la vita dei nostri antenati.    

Lo scudo

Per i guerrieri omerici lo scudo, come e più delle altre armi, è un simbolo del valore individuale: basti pensare a quello di Achille, una vera e propria opera d’arte foggiata dal dio Efesto. La sua pregnanza ideologica nelle società aristocratiche arcaiche è tale che il gesto del poeta Archiloco di gettarlo via per poter fuggire meglio, che lui stesso racconta in un celebre frammento, suona fortemente irriverente e rivoluzionario: l’uomo vale più dello scudo, la sopravvivenza conta più della cattiva fama che quel gesto gli procurerà. Nel mondo delle pòleis e della falange oplitica lo scudo – rotondo e dotato di maniglie che permettono di afferrarlo saldamente – diventa poi l’emblema della solidarietà di corpo tra i soldati che, stretti l’uno all’altro, proteggono allo stesso tempo il proprio fianco e quello del compagno vicino, la propria incolumità e la sua.

La bambola

La bambola più bella che ci è giunta dal mondo antico è quella di Crepereia Tryphaena, una giovane romana vissuta alla metà del II secolo d.C. e morta prematuramente all’età di circa diciotto anni. Nella sua tomba, scoperta a Roma alla fine dell’Ottocento, si trovava  una splendida bambola d’avorio, snodabile: non un semplice giocattolo ma una  scultura in miniatura, dai tratti delicati e curatissimi. Il significato di questo oggetto non è mutato nel tempo: le bambine romane giocavano con le loro bambole e si affezionavano ad esse  come quelle di oggi. Però, in genere, i giocattoli venivano donati dalle ragazze romane a Venere o Diana il giorno delle nozze, per segnare ritualmente la conclusione dell’infanzia e l’inizio di una nuova fase della vita. Perciò gli archeologi hanno pensato che la sfortunata Crepereia sia morta prima del matrimonio; ma si potrebbe immaginare che invece la fanciulla abbia voluto conservare la bambola per sé anche dopo le nozze, e che una mano affettuosa e pietosa le abbia deposto accanto, nel sepolcro, quell’oggetto che tanto amava. 

La moneta

La moneta è un oggetto simbolico per definizione: il suo peso, la sua forma, il materiale di cui è fatta le conferiscono un valore economico del tutto astratto, perciò la sua esistenza e il suo utilizzo indicano il grado di progresso materiale di una civiltà. Nel mondo occidentale la moneta nasce probabilmente nel regno di Lidia nel VII secolo a.C. e si diffonde poi in Grecia nel secolo successivo. Il suo ruolo simbolico dipende anche dal fatto di essere un oggetto figurato e, almeno in alcuni casi, un’opera d’arte che denota grande abilità, data la piccolissima superficie a disposizione dell’incisore. Le monete delle pòleis recano immagini rappresentative come la civetta di Atene o la rosa di Rodi e, spesso, il volto di una divinità locale, di un eroe, talvolta la riproduzione di una statua o di un tempio. Nel mondo ellenistico e romano imperiale il dritto della moneta è destinato al ritratto del sovrano e dell’imperatore, che viene così divulgato fin nei più remoti angoli dei regni e dell’impero, rendendo le monete veri e propri mass-media dell’antichità.  

La corona

La corona non è certo un’invenzione del mondo greco-romano: l’uso di cingere il capo di personaggi illustri e rimarchevoli (sacerdoti, sovrani) è esistito presumibilmente fin dalle epoche più antiche. In Grecia e a Roma però questa tipologia di oggetti era talmente diffusa che l’apologeta cristiano Tertulliano scrisse un’intera opera (De corona, per l’appunto) dedicata alla sua condanna in quanto simbolo del mondo pagano. A partire dagli dèi e dagli eroi, passando per cittadini illustri, partecipanti ai simposi, generali trionfanti, re e imperatori, tutti quanti in occasioni festive o sacre o quando fosse necessario evidenziare la loro eccezionalità, indossavano corone, di foggia e materiali svariati. Per fare solo due esempi tra i molti possibili, i partecipanti al simposio greco si cingevano il capo con rami d’edera perché, come spiega Plutarco, questa pianta era ritenuta adatta a placare gli effetti del vino, mentre la corona radiata che indossano monarchi ellenistici e imperatori romani allude ai raggi solari e deriva da quella di Alessandro Magno, che sulle monete e nei ritratti viene identificato appunto con Helios, il dio-Sole.     

Il libro

Nel mondo antico greco e romano, quando si parla di “libro” ci si riferisce al rotolo di papiro (byblos in greco, volumen in latino), che solo nel IV-V secolo d.C. fu sostituito dal codex, il “codice”, rilegato come un libro moderno. In entrambi i formati esso era un oggetto di lusso, riservato a pochi, dato che tutte le fasi della sua lavorazione, dalla preparazione del supporto (papiro o pergamena) fino alla copiatura vera e propria del testo, erano realizzate a mano: non erano molti coloro che potessero permettersi una biblioteca ricca come quella della celebre Villa dei papiri di Ercolano. Nonostante l’iniziale sospetto con cui i libri e i (rarissimi) possessori di biblioteche come l’ateniese Euripide furono guardati, tale oggetto divenne poi amatissimo dagli intellettuali greci e romani. Il grande amico di Cicerone, il coltissimo Attico, aveva persino, nella sua villa sul Quirinale, una vera e propria “casa editrice” dell’epoca, con una squadra di esperti schiavi-copisti che producevano libri di ottimo livello (spesso copie di originali greci) per clienti e amici, tra i quali spicca naturalmente il bibliofilo Cicerone.   

La maschera

La “maschera di Agamennone”, scoperta da Heinrich Schliemann nel 1876, è uno dei reperti più suggestivi della civiltà micenea. In lamina d’oro sbalzata, la maschera riproduce le fattezze del defunto cui apparteneva la ricca tomba in cui fu rinvenuta. Benché l’attribuzione al mitico re acheo sia stata smentita, il reperto è comunque uno splendido esempio di maschera funebre, oggetto prezioso destinato a immortalare il volto di un personaggio illustre, preservandolo in qualche misura dall’azione corruttrice del tempo e dall’oblio. Quando invece la maschera veniva indossata da un vivo, gli permetteva di abbandonare temporaneamente la sua identità per assumerne un’altra, proprio come accade oggi a carnevale. Così l’attore tragico o comico “entrava nel personaggio” grazie alla maschera teatrale, che copriva completamente il volto e fungeva  anche da cassa di risonanza per la voce, impedendo però del tutto l’uso della mimica e dell’espressività facciale, tanto importante nella recitazione occidentale moderna. Gli interpreti greci e romani supplivano forse a questo limite con la vocalità, la musica e (nel caso del coro) la danza, come accade ancora oggi nel teatro nō giapponese.   

La coppa

La più antica testimonianza dell’alfabeto greco compare sulla “coppa di Nestore” (VIII sec. a.C.), importata a Ischia (la greca Pithecusa) da Rodi. L’incisione in versi è formulata in prima persona, come se fosse l’oggetto a parlare, e allude al personaggio omerico: «Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona». Viene qui istituita per la prima volta una relazione tra vino, festa e amore, che sarà poi tradizionale nella poesia greca e latina. La coppa è infatti un oggetto che richiama l’uso tipicamente ellenico del simposio, riunione rigorosamente riservata agli uomini che, bevendo vino annacquato per evitare di ubriacarsi, discutevano di argomenti più o meno elevati, recitavano versi, ridevano, giocavano e cantavano. Immortalato dal Simposio di Platone, lo spirito di tali riunioni, in cui le coppe passavano di mano in mano e non restavano mai vuote troppo a lungo, è espresso efficacemente dai versi del poeta latino Orazio, che propone il momento della bevuta conviviale come una preziosa pausa di serenità contrapposta alle angosce della vita, per esempio nell’Ode I, 7, nella quale l’esule Teucro si rivolge in questo modo ai compagni, la sera prima della partenza verso l’ignoto: “scacciate per ora col vino le preoccupazioni: abbiamo un grande mare da solcare, domani”.  

Letture consigliate

  • Giovanni Starace, Gli oggetti e la vita, Donzelli 2013
  • Paolo Giulierini, Stupor mundi. Storia del Mediterraneo in trenta oggetti, Rizzoli 2021

Link

  • Storie di oggetti, Le Umanistiche Live – Temi e metodi per la geostoria, con Anna Però e Riccardo Rao

Matematica con il POP-IT in estate? Si può!

Il POP-IT ormai si sa, è un grande alleato della matematica, soprattutto quello da 100 bolle. La sua struttura a schieramento (specie perchè 10 x 10) permette di allenare la percezione di struttura e l’intelligenza numerica nei bambini mediante la visualizzazione di diagrammi-rettangolo. Il suo essere al tempo stesso utilizzabile come una TAVOLA DEI PRIMI CENTO NUMERI ci permette di proporre tantissime attività che faremmo con quest’ultima, con l’enorme differenza che il bambino tocca i numeri “con mano” e lo fa rilassandosi (non dimentichiamoci che si tratta di un fidget toy). Ma il Pop-it ha un altro grande vantaggio: quello di essere un gioco adorato dai bambini. Non dimenticate quindi di metterlo in valigia e di appuntarvi questi giochi: avete appena trovato il modo di fare studiare la matematica ai vostri bambini sotto l’ombrellone!

Corsa al 100! 

Destinatari: bambini dalla prima alla quinta

Obiettivo: conoscere la numerazione crescente e decrescente

Occorrente: 

  • un pop-it (anche senza numeri scritti) a bambino;
  • una coppia di dadi a bambino o in assenza di dadi un mazzo di carte.

Regole del gioco:

Si può partecipare da 2 a 5 giocatori, ogni giocatore tiene davanti a sè il proprio POP-IT 10 x 10. Uno alla volta si lanciano due dadi (o si pescano due carte) e si sommano i numeri ottenuti. A questo punto avanza – pronunciando i numeri in ordine –  sul fidget toy facendo scoppiare tante bolle quanto il numero ottenuto.  Vince chi fa scoppiare per primo la centesima bolla e salta un turno chi sbaglia a numerare. 

Variante: Corsa allo zero! 

È una variante molto interessante perchè permette di lavorare sulla numerazione decrescente, spesso ostacolo per i bambini. E’ praticamente identico al gioco precedente solo che anzichè procedere avanzando si retrocede partendo dall’ultima bolla in basso a destra. Ovviamente bisognerà esclamare i numeri, in ordine decrescente, corrispondenti le bolle che vengono fatte scoppiare. Chi sbaglia a numerare salta il turno e il primo che raggiungerà lo zero avrà vinto.

Area dice game

Destinatari: bambini dalla seconda alla quinta

Obiettivo: Conoscere con sicurezza le tabelline della moltiplicazione dei numeri fino a 10.

Occorrente:

  • un pop-it per ciascun bambino della coppia; 
  • una coppia di dadi;
  • blocchetto e penna per ogni bambino della coppia.

Si gioca a coppie. Il primo bambino lancia i dadi e – dopo avere moltiplicato i numeri ottenuti  e scritto l’operazione sul blocchetto – rappresenta lo schieramento sul proprio Pop-it facendo scoppiare le bolle cercando di mettere uno schieramento accanto all’altro per gestire al meglio lo spazio. Vince chi – a conclusione del tempo concordato – ha il minor numero di bolle non scoppiate.

Battaglia navale senza esclusione di…scoppi!

Destinatari: bambini di dalla prima alla quinta

Obiettivo: usare coordinate, diagrammi e tabelle per rappresentare relazioni

Occorrente:

  • un pop-it per ciascun bambino;
  • un template – coordinate con numeri e lettere (si può anche velocemente creare come nella foto);
  • blocchetto appunti e penna per ogni bambino per segnare le navi dell’avversario.

Anche in questo caso i bambini sono a coppie. Ogni bambino schiaccia le bolle di 5 navi (una da 1 bolla, una da 2 bolle, una da 3 bolle, ecc), quando l’amico le “colpisce” inserirà un piccolo oggetto per contrassegnare il “colpito e scoppiato”. Vince il primo che scoppia/affonda tutte le bolle/navi dell’avversario.

Multipli e fattori bollenti

Destinatari: bambini di quarta e quinta

Obiettivo: Saper verbalizzare relazioni tra numeri (multipli e divisori)

Occorrente: 

  • un pop-it (con numeri fino a 100 scritti) ogni due bambini.

Regole del gioco:

Il primo giocatore fa scoppiare un numero inferiore a 50 sul pop-it. Il suo avversario segna un fattore o un multiplo di quel numero. I giocatori si alternano, segnando ogni volta un fattore o un multiplo dell’ultimo numero giocato. Il giocatore che fa scoppiare l’ultima bolla, lasciando il suo avversario senza mosse, vince la partita.

Puoi trovare il template per la battaglia navale e altre mille attività sul libro Matematica con il POP-IT, Edizioni Centro Studi Erickson.

Guarda la presentazione del libro:

 

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Un post condiviso da Valeria Razzini (@matematica_ingioco)

Bibliografia

  • Bartolini Bussi M. (2008), Matematica, i numeri e lo spazio”, Annano San Paolo (BG), Edizioni Junior SRL
  • Baccaglini – Frank A. (2013), Bartolini Bussi M., Ramploud A., Aritmetica in pratica, Trento, Erickson
  • Butterworth B. (2011), Numeri e calcolo, Trento, Erickson
  • Gentili G., Razzini V. (2022), Matematica con il POP-IT, Trento, Erickson

Sitografia

Un’applicazione da inserire nella cassetta degli attrezzi di un insegnante!

Cari insegnanti, 

vi raggiungo anche nel corso delle vacanze estive con un articolo dal contenuto didattico perché so che i docenti sono come le formichine: durante la bella stagione – quando sono più alleggeriti dagli impegni scolastici – lavorano per racimolare idee e spunti che potranno tornare utili in futuro.

Per questa ragione, oggi voglio mostrarvi una “chicca”: l’invito che vi rivolgo è di sperimentarne il funzionamento (che è piuttosto intuitivo!) e di inserirla nella cassetta degli attrezzi indispensabili per una maestra o un maestro.

Si tratta di ZaplyCode, una piattaforma visuale facile, creativa, divertente e alla portata di tutti, che nasce con l’intento di avvicinare i più piccoli alle modalità di ragionamento logico alla base del coding attraverso un percorso costruito sull’immaginazione, sull’elaborazione e sulla creazione.

In altre parole, ZaplyCode è uno strumento di programmazione visuale tramite la Pixel Art perfetto per introdurre ai bambini il pensiero computazionale. Questa piattaforma è stata progettata per essere funzionale su Tablet, PC e soprattutto sulla LIM.

Si compone di due distinte applicazioni, l’una complementare all’altra:

  • Zaply Code: consiste nello scrivere una sequenza di istruzioni con blocchi numerati e colorati che permettono al bambino di disegnare un’immagine in pixel art verificandone contestualmente la correttezza.
  • Zaply Pixel: è uno strumento che permette all’insegnante di creare un disegno con la pixel art e di riprodurre e stampare il codice a blocchi.

Vi lascio ora un semplice tutorial per scoprirne il funzionamento:

https://youtu.be/2CoG7yWl278 

A tutti auguro una serena estate!

L’autrice

Gloria Ragni – Insegnante di scuola primaria, promotrice del “fare per apprendere” e sostenitrice dell’utilizzo integrato del digitale nella didattica. Ha un blog didattico https://maestraglo.altervista.org e condivide su Instagram le sue avventure da maestra (la trovate come @maestraglo).

Matematica in movimento: 9 giochi con i numeri da 1 a 9

Come unire movimento e apprendimento della matematica?

È possibile aggiungere una componente di movimento alle attività di matematica, da svolgere in giardino o in palestra, per rendere più divertente l’apprendimento di concetti matematici.

Per favorire un maggiore coinvolgimento e una partecipazione attiva, è opportuno scegliere giochi con poche e semplici regole, di facile comprensione e veloce esecuzione. Si può far riferimento anche a dei giochi noti o tradizionali modificando o aggiungendo delle regole (es. la campana delle tabelline).

Attraverso il movimento i bambini possono consolidare l’apprendimento dei numeri, delle operazioni, delle tabelline oppure allenare le proprie capacità di problem solving: questi sono, per esempio,  gli aspetti coinvolti nei giochi descritti in questo articolo. I giochi matematici di movimento permettono di sviluppare non solo le abilità matematiche e motorie ma in essi entrano in gioco anche la capacità di attenzione, di concentrazione, la memoria di lavoro, ecc.

Per organizzare dei divertenti giochi di movimento non occorrono tanti materiali, ma addirittura è possibile utilizzare lo stesso materiale per proporre tante attività diverse. In particolare, i nove giochi qui sotto elencati si basano sull’utilizzo di carte con i numeri da 1 a 9, in formato A4, che si consiglia di plastificare (vedi allegato). I giochi scelti sono semplici e personalizzabili in base all’età dei bambini, al luogo in cui sono organizzati e agli strumenti disponibili.

Memorizza il numero

Il bambino osserva per qualche secondo un numero, esegue un percorso motorio (es. slalom tra i coni) e al termine compone, utilizzando le carte con le cifre da 1 a 9, il numero memorizzato. Il numero da memorizzare può essere scritto al momento su un foglio o una piccola lavagna oppure il bambino può pescare il biglietto (preparato in anticipo) con il numero scritto. Si può variare la difficoltà proponendo numeri con due, tre o più cifre; l’importante è che siano composti da cifre tutte diverse (da 1 a 9) se si vuole svolgere l’attività con un solo set di carte.

 

 

 

Conta e muoviti

Il bambino pesca una carta con un numero da 1 a 9 e un biglietto con un movimento da eseguire (saltellare a piedi uniti, saltellare su un piede solo, camminare all’indietro, battere le mani, ecc.). Il bambino ripete quello specifico movimento il numero di volte indicato sulla carta.

 

 

 

 

 

 

Numeri in ordine

I bambini, a turno, pescano una carta, eseguono un percorso motorio e al termine dispongono la carta sul pavimento in modo tale da riprodurre una linea dei numeri da 1 a 9. La carta deve essere posizionata nel giusto ordine e alla giusta distanza da quelle già presenti (lasciando lo spazio necessario per collocare le carte mancanti). Si può semplificare l’attività indicando le nove posizioni vuote sul pavimento (es. utilizzando dei sassi come contrassegni, facendo un riquadro con i gessi, ecc.).

 

 

Maggiore e minore

Due bambini pescano ognuno una carta, eseguono in parallelo due percorsi motori e al termine ognuno mostra la propria carta al compagno. Dopo il confronto, il bambino che possiede il numero maggiore alza le braccia sollevando la carta e l’altro si accovaccia. Vince chi ha la carta con il numero maggiore o minore, in base a quanto deciso prima di iniziare il gioco.

 

 

 

 

Staffetta delle operazioni

I bambini si dispongono su due file. I primi due bambini pescano un biglietto con un’operazione da svolgere (vedi allegato), corrono dalla parte opposta dove sono disposti sul pavimento le carte con i numeri da 1 a 9 e posizionano il biglietto (es. 2+3) sulla carta con il numero corrispondente al risultato (es. 5). Poi corrono al punto di partenza e toccano il compagno di squadra che può così pescare un altro biglietto, correre verso le carte, ecc. Il gioco termina quando tutti i componenti di una delle due squadre ha eseguito il percorso. Si controllano i biglietti e per ogni operazione posizionata correttamente la squadra riceve un punto. Vince la squadra che ha conquistato più punti. Per facilitare il riconoscimento, i biglietti di ogni squadra avranno un contrassegno differente oppure saranno scritti con un colore diverso, ecc.

 

Componi il numero

Si dispongono le carte in ordine su una griglia 3×3. Un bambino pronuncia un numero di tre o più cifre e il compagno si muove da una casella all’altra componendo il numero.

 

 

 

 

 

 

Campana delle tabelline

Si tratta di una variante della campana. Si disegna sul pavimento, con il gesso, la campana con i numeri da 1 a 9 e si pesca una carta per scoprire quale tabellina dovrà essere recitata mentre si saltella nelle caselle. Ad esempio, se un bambino pesca la carta 3, quando salterà sulla prima casella dovrà dire 3, sulla seconda casella 6, sulla terza 9 e così via. Oltre alle difficoltà tipiche di questo gioco, in questa variante si aggiunge quella nel pronunciare correttamente la tabellina.

 

 

 

Somma magica

Si crea una griglia 3×3 sul pavimento (con il gesso, il nastro carta, ecc.). I bambini, divisi in due squadre, a turno scelgono una carta con i numeri da 1 a 9 e la posizionano in una delle nove caselle. Vince la squadra che riesce a completare una linea in verticale, in orizzontale o in diagonale con una somma di 15.

 

 

 

 

Shut the box sul pavimento

Si tratta del gioco “Shut the box” da realizzare sul pavimento con le carte. Per giocare sono necessari due dadi (o un dado da lanciare due volte). Si dispongono le carte da 1 a 9 in ordine sul pavimento, una accanto all’altra. Il primo giocatore lancia due dadi e gira la carta o le carte che sommate tra loro danno il numero uscito. Per esempio, se escono i numeri 2 e 5, il giocatore può girare la carta 7 o le carte 2 e 5 o le carte 6 e 1 o 4 e 3 oppure 4, 2 e 1. Il giocatore lancia di nuovo i dadi e sceglie quali carte girare. L’obiettivo è quello di girare tutte le carte.

Il gioco termina quando il giocatore non può più girare le carte e il punteggio ottenuto corrisponde alla somma delle carte rimaste. Il turno passa al giocatore successivo. Vince chi ha totalizzato il punteggio minore. Se un giocatore riesce a girare tutte le carte, grida “shut the box”.

 

E ora non resta che giocare…

Buona “matematica in movimento”!

L’autrice

Simona Fiorentino, insegnante di scuola primaria, specializzata nella didattica inclusiva, con una grande passione per la matematica. Condivide idee e attività ludiche di matematica sulla pagina Facebook/Instagram @ludomatica.

Proposte “moto-cognitive”

Il prossimo anno scolastico, nella scuola primaria, arriveranno gli esperti di movimento. Insegnanti specializzati in educazione motoria avranno il compito di proporre attività specifiche per le classi quinte e, se le anticipazioni del Ministero saranno rispettate, negli anni successivi ci saranno figure simili nelle quarte, nelle terze e così via.

Un’innovazione importante, come importante è il tema del benessere fisico, ma che non ci deve distrarre da un approccio complessivo al movimento.

Le acquisizioni delle neuroscienze -che spesso si continuano a definire “recenti”, anche se ormai sono ben solide e acquisite- ci dicono che l’apprendimento è complessivamente più efficace se abbinato a un contesto stimolante anche dal punto di vista motorio. Così, per esempio, la classe tradizionale basata su banchi e sedie, un setting che prevede lunghe ore da passare praticamente immobili, diminuisce l’efficacia delle lezioni nella scuola primaria e non solo.

Oltre ad aggiungere delle ore di educazione fisica, quindi, è necessario prevedere un cambio culturale e progettuale che affianchi al compito cognitivo attività motorie a esso abbinate. Non si tratta, quindi, solo di pause attive, di passeggiate più o meno libere per recuperare le energie consumate, ma di vere e proprie proposte integrate che potremmo definire “motocognitive”: percorsi didattici che alternano problem solving a sperimentazione e uso dello spazio circostante.

Un esempio, tratto dal recente “Didattica universale, italiano per le classi 1 – 2 -3” della Erickson,  è la proposta che abbiamo chiamato «Rime per correre»: principalmente un gioco motorio destinato a una classe seconda da condurre nella palestra o nel cortile della scuola.

Preparazione

La classe, attraverso un’estrazione casuale, viene suddivisa in due squadre. Ciascuna di esse si posiziona in fila, dietro una sedia chiamata «base».

A una distanza di circa dieci metri da ciascuna base, ci sarà un’altra sedia per ciascun gruppo, chiamata «meta». Si consiglia di etichettare le sedie «base» e «meta» con scritte piuttosto evidenti: la spiegazione del gioco risulterà più semplice e chiara. Sulle sedie «meta» di ciascun gruppo sono appoggiati numerosi cartellini: su ogni cartellino c’è scritta una parola.

Il gioco

Obiettivo del gioco è abbinare le parole a due a due, in modo da costruire delle rime nel minor tempo possibile. Quindi:

  • al via, il primo di ciascuna squadra corre verso la sedia «meta» e pesca una parola, poi torna correndo verso la sedia e consegna la parola al secondo della fila;
  • il secondo corre verso la sedia «meta» e cerca la parola che fa rima con quella ricevuta dal compagno o dalla compagna e, una volta compiuto l’abbinamento, torna velocemente verso il gruppo base e consegna le due parole alla propria squadra.

A questo punto sono possibili due casi.

Caso 1: l’abbinamento è corretto. I due cartellini vengono sistemati sulla sedia «base» e lì resteranno fino alla fine del gioco. Dopo l’abbinamento, ovviamente, il gioco continua con lo scatto di un nuovo giocatore o di una nuova giocatrice.

Caso 2: l’abbinamento non è corretto. Il giocatore successivo prende entrambi i cartellini con le parole, corre verso la sedia «meta» e cerca di creare un abbinamento tra una delle due parole che ha in mano e i cartellini presenti sulla sedia.

Fine del gioco

Il gioco termina quando scade il tempo dato dall’insegnante o quando una delle due squadre ha abbinato tutte le parole presenti sulla sedia: le due squadre si riuniscono per analizzare tutti gli abbinamenti. Le parole vengono lette e si mettono in evidenza le rime di ogni abbinamento per calcolare i punti di ogni squadra.

Il gioco dovrebbe essere proposto in più riprese, in modo da consolidare le acquisizioni dei bambini e le bambine della classe.

Ovviamente si tratta di un esempio. Mille sono le idee e le possibilità che si possono mettere in campo: l’importante è iniziare a pensare i bambini e le bambine che imparano muovendosi, alzandosi dal banco, attivandosi. 

Fa bene al corpo, fa bene alla mente, fa bene all’umore del gruppo.