“Latin” Lovers | Quousque tandem, LATINE, abutere patientia nostra…?

In una delle mie aule campeggia Quousque tandem, LATINE, abutere patientia nostra…?, ma non è merito mio: gli autori risalgono a qualche anno fa e dimostrano sicuramente di aver fatto proprio lo studio di Cicerone, anche se forse non lo hanno “amato alla follia”. Certo le orazioni ciceroniane e il resto della sua abbondantissima produzione sono un punto fermo di qualsiasi programmazione, ma sono anche, come dicono i ragazzi, “tanta roba”, da intendersi non proprio come un complimento. Vogliamo provare a rendere il tutto un po’ più digeribile?

In questo percorso si parte proprio dall’incipit della prima Catilinaria, presente credo su qualunque manuale, e si cerca di analizzarlo proprio in base ai principi della retorica ed ai procedimenti utilizzati, per mettere a nudo, grazie alla letteratura tecnica contemporanea o non molto posteriore a Cicerone, i “trucchi del mestiere”.

I materiali di lavoro

I materiali di lavoro forniscono inoltre svariati spunti; per esempio, il personaggio di Catilina ed il momento storico offrono senz’altro un confronto con l’altra opera fondamentale sulla congiura, il Bellum Catilinae di Sallustio. Come sempre lo sviluppo del testo iniziale favorisce la trattazione anche di altri aspetti del pensiero Ciceroniano, quali l’immagine di sé stesso come console e la sua visione politico-sociale. 

Non mancano cenni alle istituzioni romane nell’ambito delle quali si svolge la vicenda, si ha quindi modo di parlare del senatus consultum ultimum e della provocatio ad populum, ma soprattutto, per “svecchiare” l’argomento, si cerca di paragonare le strategie persuasive di Cicerone nelle Catilinarie alla Rhetoric of Terror dei discorsi di Bush all’indomani dell’attacco alle Torri gemelle, cosa per cui, sicuramente, sarebbe utile una collaborazione dell’insegnante d’inglese. A prescindere dal caso specifico, il percorso può favorire comunque un parallelo dell’antica ars dicendi con il moderno public speaking.

Anche questa volta, come spin off, si propone una presentazione che sintetizza gli aspetti principali dell’ars rhetorica, i diversi genera, le partes e le virtutes elocutionis.

Obiettivi

  • Nell’ambito delle competenze di latino: approfondimento di un autore e di un’opera di età tardorepubblicana, nonché cenni alla letteratura tecnica con esame di passi tratti, ad esempio, da Quintiliano o dalla Rhetorica ad Herennium.
  • Nell’ambito delle conoscenze della civiltà romana (ed eventualmente dell’educazione civica): cenni sul senatus consultum ultimum e sulla provocatio ad populum; excursus sui progetti politici di Cicerone dalla concordia ordinum al consensus omnium bonorum.
  • In un contesto di didattica integrata: la pratica della retorica a Roma ed il confronto con almeno parte delle tecniche dell’attuale public speaking.
  • Competenze digitali: uso appropriato dei database specifici della classicità per il reperimento di passi mirati; reperimento e utilizzo delle immagini nel rispetto del copyright.

Da scaricare

A scuola di videogiochi con Scratch

Quando si devono muovere i primi passi nel mondo della programmazione, in particolare nel caso di ragazzini che frequentano la scuola secondaria di primo grado, è fondamentale proporre esercizi e problemi che siano per loro interessanti.

Un linguaggio a blocchi come Scratch consente di programmare limitando le difficoltà di studio della sintassi e, soprattutto, garantisce un feedback grafico pressoché immediato. Scratch è dunque un ottimo strumento per ridurre la frustrazione dei primi esercizi di coding, anche se rischia di apparire un ambiente “da piccoli” e quindi potenzialmente meno interessante. I docenti che desiderano lavorare allo sviluppo del pensiero computazionale si trovano allora a dover elaborare percorsi che riescano contemporaneamente a stimolare il graduale miglioramento delle competenze legate alla programmazione e a coinvolgere gli studenti evitando esercizi per loro noiosi e/o poco significativi.

Lo sviluppo di un videogioco può essere una buona risposta a questo tipo di esigenza.

Uno screenshot del videogioco Appel, sviluppato con Scratch e condiviso con la comunità dall’utente griffpatch. Il gioco è una delle molte variazioni sul tema di Super Mario, ambientato in un mondo costruito ad hoc: il pianeta Appelmoeshapje.

Quando copiare non è un reato

Basta una rapida ricerca tra i progetti condivisi dalla comunità online di Scratch per imbattersi in videogiochi di ogni sorta. Si passa dal classico tris a una sua versione più sofisticata, a vecchi arcade come Pacman, a progetti con ambientazioni particolari come Slash Knight, fino a rivisitazioni di grandi classici come Appel (una sorta di variante di Super Mario), imbattendosi in giochi semplici ma fantasiosi come per esempio Not quite ball physics, in cui si cambiano – mantenendo sempre una certa coerenza interna – alcune regole della fisica. Ci sono anche esperimenti più ambiziosi (in cui ad esempio si può giocare online con o contro altri giocatori), che dimostrano che, per chi impara bene a programmare con Scratch, l’unico limite è l’immaginazione.

Uno screenshot del videogioco Pacman, sviluppato con Scratch e condiviso con la comunità dall’utente FunnyAnimatorJimTV. Il gioco è un gran classico degli anni Ottanta che ha fatto la storia dei videogame.

Va detto che certi livelli di complessità del codice sono molto difficili da raggiungere, richiedono anni di esperienza e l’utilizzo di tecniche sofisticate, oltre che strumenti matematici avanzati. Questi esempi sono però utili a stimolare la fantasia degli studenti in un mondo – quello della programmazione – dove ispirarsi al lavoro degli altri è la norma e in cui copiare il codice rilasciato è tutt’altro che un reato! Scratch promuove questo approccio in maniera esplicita, dando a tutti la possibilità di creare dei “Remix” dei progetti.

Videogiochi tra coding e le discipline

Come spesso è il caso quando si vogliono proporre attività di coding a scuola, il laboratorio è la modalità didattica che sembra rispondere meglio alle esigenze della situazione, consentendo agli alunni – suddivisi in piccoli gruppi – di elaborare un loro progetto ed esprimere la propria creatività in un contesto in cui sono parte attiva.

Un percorso sui videogiochi è dunque possibile anche in classe e può essere sviluppato secondo vari livelli di approfondimento a seconda dei tempi e delle risorse a disposizione.  Può trattarsi di un breve percorso di qualche lezione oppure può costituire un’attività più corposa che non coinvolge gli studenti solamente nella programmazione, ma che prevede anche lo studio di altri aspetti e tematiche importanti. Ad esempio, può essere interessante anteporre alla progettazione vera e propria un’analisi di alcuni videogiochi di riferimento (la tipologia, il contesto del gioco, l’utilizzo di effetti grafici e sonori, lo sviluppo di una storia, ecc.); oppure imprimere un taglio trasversale alle discipline, coinvolgendo materie come la storia, la tecnologia o le scienze; o ancora approfondire con il gruppo classe temi sociali delicati e di grande attualità, come la dipendenza da videogiochi.

Uno screenshot del videogioco Slash Knight, sviluppato con Scratch e condiviso con la comunità dall’utente xamuil2. L’ambientazione è un castello medievale infestato da mostriciattoli e la grafica richiama volutamente quella dei vecchi giochi a bassa risoluzione.

La progettazione di videogiochi può insomma costituire un ottimo pretesto per sviluppare percorsi (brevi e lunghi) in cui lavorare allo sviluppo del pensiero computazionale senza trascurare anche gli aspetti disciplinari, in un contesto coinvolgente che lascia spazio alla creatività degli studenti.

Buon coding a tutte e a tutti!

Per approfondire

Blockchain III: la proof-of-work e i suoi limiti

In un recente articolo e poi in un articolo successivo, abbiamo presentato alcune caratteristiche di base di una blockchain e cercato di affrontare il tema della sicurezza sia nei suoi aspetti crittografici che in quelli di integrità dei blocchi, facendo riferimento al funzionamento di Bitcoin.

In questo articolo concludiamo il discorso, avendo in sospeso da discutere il meccanismo di consenso per l’aggiunta dei blocchi.

Miner e Proof-of-Work

Come già detto, in una rete distribuita come quella costituita dagli utenti di una blockchain, manca un’autorità centrale che certifichi la validità delle operazioni. Si rende dunque necessario disporre di un meccanismo intrinseco che regoli i potenziali conflitti per l’inserimento di nuovi blocchi alla catena.

Nel caso di Bitcoin, i nodi deputati a questa operazione sono i cosiddetti miner. Per vedere accettato un blocco da loro composto, i miner competono nella risoluzione di un problema matematico che ha un elevato costo computazionale: aggiungere un numero alla fine del blocco in modo tale che il suo codice hash inizi con una certa quantità prestabilita di zeri. Il successo in questa operazione costituisce la cosiddetta proof-of-work (letteralmente: “prova di lavoro”), per la quale i miner ricevono una piccola ricompensa in caso di accettazione del blocco.

Questo consente una protezione della blockchain dagli attacchi del tipo DoS (Denial of Service), che risultano inefficaci, ma anche una maggiore equità tra i nodi  della rete: tutto ciò che conta è la capacità di calcolo a disposizione, non la quantità di Bitcoin che si possiede.

Un grafico che riporta il consumo globale di energia della rete Bitcoin negli ultimi dieci anni (fonte: CBECI). I consumi annuali di elettricità della rete Bitcoin sono maggiori di quelli di interi paesi (come ad esempio la Finlandia).

Non è tutto oro quello che luccica

La proof-of-work presenta diversi svantaggi:

  • è teoricamente vulnerabile ad attacchi al 51%, ovvero a monopolizzazioni della rete da parte di soggetti che potrebbero controllare la maggioranza delle risorse di calcolo e dunque modificare i blocchi senza aver bisogno del consenso degli altri;
  • rallenta moltissimo l’aggiunta di transazioni (si consideri che la rete Bitcoin registra circa 7 transazioni al secondo, contro le 1700 della rete VISA);
  • conferisce maggiore potere a chi ha a disposizione una grossa potenza di calcolo e hardware ad hoc, dunque favorisce chi ha la possibilità di fare grossi investimenti;
  • i calcoli fatti per la proof-of-work non sono riutilizzabili per altri scopi (scientifici, economici, ecc.) e dunque costituiscono un grosso spreco;
  • il consumo di energia causato dal mining è alto e si traduce in un importante costo economico oltre che in un elevatissimo costo ambientale; un report della casa bianca stima che le criptovalute siano responsabili dello 0,3% delle emissioni annuali globali di gas serra.

Per cercare di superare questi problemi, negli anni si sono proposti meccanismi di consenso alternativi. I meccanismi più quotati oggi sono la proof-of-stake e la delegated proof-of-stake, sulle quali alcuni restano comunque scettici.

Ma questa è un’altra storia, che forse racconteremo in futuro.

Approfondimenti

Teaching with memes

What is a meme?

Memes are now saturating the net  but they’re not a new concept at all. The root of the term dates back to ancient Greece. The Greek word minema means imitated.  The term “meme” was coined by evolutionary biologist Richard Dawkins in his 1976 bestseller The Selfish Gene. Though the book is mainly concerned with the propagation of genetic material, Dawkins briefly turned his attention to the propagation of cultural material. He observed that fashion and customs evolve rapidly, resembling the ways genes evolve. 

So what is a meme?

According to the media historian Patrick Davison, “an Internet meme is a piece of culture, typically a joke, which gains influence through online transmission.” Professor Limor Schifman defines it as “cultural information that passes along from person to person, yet gradually scales into a shared social phenomenon.

Brief history of internet memes

Internet memes are quite new, but their staying power is phenomenal. The dancing baby came out in 1996 and is considered by many to be the first digital meme. However many years before internet and the dancing baby, Kilroy with his long nose and bald head is considered to be the first meme engraved on the Washington DC WWII Memorial. 

According to the expert McCulloch “an internet meme is a template of sorts that spreads by people creating their own versions of and innovations on that template.” Soon after the dancing baby in 1994, people incorporated images into internet memes. Today, many memes consist of an image with overlaid text, which can be altered.

Ways to use memes in English lessons

There are several ways to use memes in class to energize our lessons. Here you’ll find some examples.

Spelling+Punctuation

  • Give your students a meme deleting the second part as you can see in the example below. 
  • Ask them to write the same sentence using the correct punctuation
  • Divide your students into small groups and ask them to create a funny meme using the same rules you’ve practiced in class.

Vocabulary

  • Once you’ve explained or practiced some vocabulary give your students some memes to explain. 
  • Ask them to create some memes using pictures of their classmates (great task when studying  emotions!!!)

Grammar

  • Use memes to teach grammar or as a starting point for grammar  exercises.

Literature

  • Ask your students to summarize a passage using memes. You can see an example below.
  • After creating a meme students can write a supporting paragraph explaining their choices.

Creative writing prompt

  • For lower levels memes are perfect for creative writing. 

Il mais

Il mais (Zea Mais L.) è un cereale cosmopolita coltivato in ogni parte del globo e ampiamente utilizzato nell’alimentazione umana, in zootecnia, nell’industria e nel campo delle energie rinnovabili.

Il mais, con un valore medio di amido di oltre il 70%, rappresenta il principale ingrediente glucidico nelle diete per l’alimentazione animale coprendo il 47% del fabbisogno totale (Baccino, 2022); rappresenta inoltre la fonte di sostentamento primaria delle popolazioni delle aree del mondo sottosviluppate, in particolar modo in Africa, Asia e America latina.

La granella di mais, nelle diverse forme utilizzate (granella integrale, farina di granella, granella schiacciata, fioccata), rappresenta il principale concentrato energetico nelle razioni animali. L’insilato di mais rappresenta, a livello globale, la base alimentare delle diete per ruminanti da latte e da ingrasso. A questo si affianca l’utilizzo dei residui industriali della lavorazione del mais e quelli derivanti dall’estrazione dell’amido e dell’olio (farina glutinata e glutine di mais, farina di estrazione), della produzione della farina (germe, crusca) e della produzione di biocarburanti (distiller di mais).

L’uso di questo cereale però presenta delle importanti criticità da non sottovalutare. Nel 2022 i prezzi medi di mercato del mais hanno subito un’impennata (+ 24,35% rispetto al 2021) dovuta al conflitto in Ucraina (principale Paese esportatore di mais a uso zootecnico) che hanno reso, di fatto, insostenibile il suo utilizzo (Baccino, 2022). Lo stesso Autore indica che negli ultimi 10 anni, la dipendenza dall’importazione di mais sia passata dal 15 al 50%. Questo dato viene confermato dal trend pubblicato da ISTAT (2023) relativo alla produzione del mais nazionale che è praticamente dimezzata negli ultimi 10 anni sia in termini di superficie (da circa 1 milione di ettari del 2010 agli attuali 563.704 ettari del 2022), sia in termini di produzione (85 milioni di quintali del 2010 agli attuali 46 milioni della campagna 2022).

Queste criticità si sommano all’aumento dei costi energetici (carburanti, elettricità), alla scarsa piovosità nelle aree maggiormente vocate alla produzione, alla riduzione delle risorse idriche e, non da ultimo, al taglio considerevole (-40%) dei pagamenti diretti della nuova P.A.C. (2023-2027) a sostegno degli agricoltori (Soldi, 2023).

Il mais è un cereale che, a fronte di ottime caratteristiche chimico nutrizionali, presenta delle criticità dal punto di vista ambientale. Le coltivazioni di mais presentano un’elevata richiesta di nutrienti che causa un forte impoverimento del terreno. Dalle fasi vegetative giovanili in poi presenta una bassa competitività con le infestanti ed è una coltura altamente suscettibile a numerose patologie e a diversi parassiti. Questi numerosi aspetti comportano un’alta dipendenza della pianta del mais dai fertilizzanti, dagli erbicidi, dai pesticidi e dai fungicidi. Tutto ciò causa, a livello globale, la lisciviazione dei nitrati, la contaminazione delle acque sotterranee, la riduzione della fertilità dei suoli e, non da ultimo, la perdita della biodiversità (EU commission, 2000).

Alla luce di tutte queste considerazioni, è ancora conveniente l’utilizzo di questo cereale? La migliore strategia per continuare a coltivare mais in modo sostenibile è quella di mettere in campo modelli produttivi per affrontare le molteplici criticità, come l’utilizzo di ibridi resistenti allo stress idrico, coltivare secondo i principi della precision farming e, non da ultimo per importanza, ottenere un prodotto di qualità che riesca a contenere i livelli di contaminanti (micotossine) garantendo ai consumatori un prodotto sicuro. 

Video consigliato

Giocando si impara con Arduino

È noto da sempre che ciò che apprendiamo attraverso il gioco, costa meno fatica e permane a lungo nel nostro bagaglio di conoscenze. Anche se non è facile creare modalità di apprendimento divertente nella scuola, ci è offerta una possibilità in questa direzione da Arduino, una simpatica interfaccia per PC, che permette di “inventare” piccoli automi e strumenti di misurazione più o meno complessi. Il concetto di base è che un PC è come un grande cervello ma senza mani, senza braccia  e con pochissimi organi di senso (la tastiera e il mouse). Arduino permette di espandere tutto questo. E’ una scheda elettronica che si collega direttamente tramite porta USB esattamente come un Pen Drive .

La scatola dei Lego

Proprio come con i mattoncini Lego, è possibile realizzare numerose e diverse applicazioni partendo da semplici componenti diversamente connessi fra di loro. La scheda è dotata di una serie di “pin” di connessione, ovvero dei piedini dove è possibile attaccare e staccare dei cavetti connettori, senza alcun attrezzo e senza alcuna saldatura. Oltre alla scheda è necessaria una tavoletta di connessione (la breadboard) predisposta anch’essa per il collegamento con i cavetti, con file di fori interconnessi fra di loro secondo una matrice. Su di essa si inseriranno i dispositivi che formeranno gli organi di senso,  le braccia e le gambe di Arduino. 

Gli “organi di senso”

Attraverso la breadboard è possibile collegare alla scheda qualsiasi tipo di sensore, ad esempio un sensore di pressione e temperatura, pH, movimento, posizione (angolare e lineare) ecc. È possibile trovare sensori con sensibilità più o meno elevata e conseguentemente anche con costi più o meno alti. Tuttavia per le finalità didattiche, sono sufficienti sensori non particolarmente sensibili, al costo di soli pochi euro per sensore. 

Il “cervello”

Dal PC, tramite apposito software (scaricabile in modo completamente gratuito) è possibile programmare Arduino per dirgli come e quando reperire i dati, dove depositarli e come rielaborarli. Il linguaggio di programmazione è abbastanza intuitivo, molto simile al C++, che molte classi e molti docenti già conoscono. Particolarmente interessante è la funzione grafica che permette di visualizzare l’andamento dei dati in arrivo sottoforma di funzione. Con la stessa finalità è anche possibile trasferire i dati direttamente su Excel per aggiungere ulteriori rielaborazioni, sia numeriche che grafiche. 

Le “braccia e le gambe”

Sempre attraverso il software è possibile anche dare ordini per la parte attiva, ovvero l’esecuzione di comandi diretti a dispositivi esterni. I comandi sono inviati sottoforma di segnale a bassa potenza, che risulta sufficiente nel caso di piccoli dispositivi, ad esempio diodi LED o di piccolissimi motori elettrici. Se si desidera governare potenze maggiori occorre predisporre un circuito di alimentazione apposito per questi dispositivi poi controllarne l’accensione attraverso un relè a sua volta comandato da Arduino (A corredo della scheda vengono forniti anche uno o più relè). In questo modo è possibile governare l’alta potenza come azionare un forno, una lampada, un motore ecc. 

E altro ancora…

Esistono intere comunità di appassionati che condividono su internet le loro applicazioni Arduino. La condivisione consiste nel fornire lo schema di collegamento della scheda e degli accessori e il codice software da caricare con il dispositivo. Questi siti mettono anche a disposizione manualistica, supporto per l’utilizzo delle istruzioni e chat per scambio di pareri e suggerimenti sui diversi progetti. Costituiscono un serbatoio di esperienze da cui attingere e da integrare con le esperienze nuove che la fantasia di ciascuno saprà suggerire. Tutto questo porta alla nascita di comunità virtuali di appassionati che si scambiano idee, accrescono le loro competenze in più ambiti, che giocano e che apprendono divertendosi.

Figura 1 Visione di insieme dell’interfacciamento di Arduino con sensori e dispositivi attuatori

Figura 2: Esempio di semplice dispositivo per la misurazione della CO2 prodotta da una fermentazione. Sul tappo del vaso è stato impiantato sensore di gas e di temperatura 

Figura 3: Esempio di una siringa modificata con aggiunta di sensore termobarometrico sullo stantuffo, utile per lo studio delle leggi dei gas

Figura 4: sito di acquisti on line con un esempio di scheda Arduino con alcuni accessori (Starter kit) e rispettivo costo. Nel medesimo sito, ricercando la parola “Arduino” compaiono oltre 9000 articoli

Comment combattre le blues d’après-fêtes?

Chacun de nous connait très bien les conséquences psychologiques de la rentrée après les vacances de Noël : chagrin, sensation de vide, mélancolie et retour du stress au travail. Nos élèves ne vont pas se soustraire à cette sorte de « spleen » qui caractérise le retour à la normalité. Fini la grasse matinée et les longs moments consacrés aux interactions sociales, aux sorties et à l’insouciance typique des vacances, ils rentrent à l’école assez déprimés. En plus, le mois de janvier constitue une période assez chargée en vue de la remise du bulletin scolaire. 

Face aux changements, notre corps a normalement besoin d’une phase de transition entre le bonheur à toute heure et le retour aux responsabilités. Il s’agit d’une sorte de « deuil » qu’il ne faut absolument pas éviter, mais chercher à vivre. Surtout, il faudrait transformer la nostalgie en d’excellents souvenirs. Comment ? Par exemple en proposant des activités amusantes et stimulantes comme l’organisation d’un voyage ou d’une vacance qu’on voudrait faire, d’une fête ou d’une soirée-karaoké entre copains, d’un bon diner pour sa famille ou ses amis, d’une friperie à domicile, d’une « veillée-animes », de moments de détente partagés, ….  

Et s’il est vrai qu’on ne peut pas éviter de parler de la journée internationale dédiée à la mémoire des victimes de l’Holocauste du 27 janvier, on peut également présenter les événements prévus ce mois comme le Carnaval de Guadeloupe et de Dunkerque, la Grande Odyssée Savoie Mont Blanc, la fête de la truffe, les Premiers Plans d’Angers, le Festival du Film Fantastique, le Festival de la Bande Dessinée, le Festival du Court Métrage, ou encore la fête du saint patron des vignerons.

Le but doit être celui de faire perdurer, un tantinet soit peu, les bienfaits des vacances et de ne pas retomber dans la routine qui assomme. Qu’il s’agisse de raconter, chanter, discuter, jouer, peu importe. Ce qui compte est le divertissement qui engendre toujours une dynamique joyeuse et stimulante ! Alors, vous êtes prêts à repartir du bon pied ?

Bibliographie

Sur la rentrée après les vacances de Noël :

Sur les événements de janvier 2023 :

Nebrija, el barquero que llenó el océano de palabras

Antonio de Nebrija tenía una mentalidad abierta, novedosa y pionera. Estas características hicieron que se convirtiera en el primer puente intelectual entre España y el Nuevo Mundo, no solo porque su gramática sirvió de inspiración para la redacción de las gramáticas y de los diccionarios de lenguas amerindias, sino también porque introdujo en su Vocabulario español-latino de 1495 la palabra canoa, primer término de una lengua precolombina en una obra lexicológica española y europea, solo tres años del primer contacto entre las dos culturas. 

Desde entonces el flujo de ida y vuelta no ha dejado de producir nuevas palabras, nuevas acepciones y de enriquecer el léxico del que disponemos los hispanohablantes (cfr. https://www.asale.org/damer/) como demuestran las recientes incorporaciones en la actualización 23.6 del diccionario en línea de la Real Academia Española (RAE): ej. ma, mujer o mama, o forro, persona muy atractiva (México).

Por eso, os aconsejo que, si viajáis a Madrid o alrededores entre enero y abril, visitéis la exposición Nebrija (c. 1444-1522), el orgullo de ser gramático (https://www.bne.es/es/agenda/exposicion-antonio-de-nebrija), que se puede ver en la Biblioteca Nacional hasta el 9 de abril para seguir descubriendo su genial figura. 

En el siguiente enlace podéis ver algunas actividades que se celebrarán durante estas semanas: https://www.nebrija.com/vcentenarioantonionebrija/conmemoracion-nebrija-2022.php

V centenario con sorpresa

La exposición, además de mostrar incunables, diccionarios y manuscritos, esconde una sorpresa final: un vídeo en realidad virtual, en el que con brío entrelaza dos sucesos vitales que tuvieron lugar durante el reinado de los Reyes Católicos: la construcción de la gramática de Nebrija y el viaje de Colón a América. 

 

Por cierto, ¿sabéis cuál fue el primer vocablo registrado en italiano? ¿En qué obra apareció? ¿No? Pues buscadlo, seguro que os llevaréis una agradable sorpresa.

La Croazia nello spazio Schengen e nell’area euro

Dai documenti originari alle registrazioni in P.D.