Piccoli botanici crescono…

Il guerilla gardening è l’unica forma di guerriglia di cui non avere paura, perché le sue armi sono bombe di semi! Si tratta di sfere composte di terriccio, argilla, acqua e semi di fiori misti. Questo movimento ambientalista punta a recuperare gli spazi degradati e troppo urbanizzati attraverso la nascita di piante e fiori. Il fine è ri-creare il Bello laddove la natura è andata distrutta. Non trovate sia meraviglioso?

Ecco, allora, l’attività che vi propongo per il mese di marzo: creare con i vostri bambini e le vostre bambine delle bombe di semi e chiedere loro di “abbandonarle” nelle aiuole dei quartieri dove risiedono o attorno alla vostra scuola. Il procedimento per realizzare le bombe di semi è piuttosto semplice. Ve lo descrivo di seguito, riportandovi una ricetta per circa 8 sfere.

Ingredienti (si trovano nei vivai):

  • 6 cucchiai di terriccio senza torba;
  • 1 cucchiaino di semi (es. margherite, fiordalisi, calendule, tageti…);
  • 4 cucchiai di polvere di argilla.

Da procurarsi anche: una ciotola, un cucchiaio, un cucchiaino, un po’ d’acqua e una base su cui far asciugare le bombe di semi (ad es. carta di giornale).

Procedimento

  1. Mescolare la terra con i semi;
  2. aggiungere l’argilla;
  3. mescolare bene con le mani;
  4. versare lentamente l’acqua fino ad ottenere un impasto viscoso (Attenzione a non bagnare troppo, altrimenti i semi germineranno prima che le bombe siano asciutte);
  5. formare con le mani delle palline grandi come una noce;
  6. lasciarle asciugare all’aria per almeno un paio di giorni;
  7. posizionare le bombe di semi su una superficie verde o semplicemente in un vaso. 

Non è necessario interrarle.

Buon diverti-apprendimento!

L’autrice

Gloria Ragni
Insegnante di scuola primaria, formatrice e autrice di testi scolastici, promotrice del fare per apprendere e sostenitrice dell’utilizzo integrato del digitale nella didattica. Ha un blog didattico www.maestraglo.it e condivide su Instagram le sue avventure da maestra (la trovate come @maestraglo). 

Custodi di bellezza!

Seminare il senso di bellezza 

Avere cura del nostro mondo significa saperlo guardare con occhi di meraviglia, vuol dire sentirsi custodi di qualcosa che ci appartiene, che ci sta a cuore.  Ma come seminare nei nostri alunni queste idee?

Il 21 marzo sarà la giornata mondiale della poesia, un’occasione per lavorare con le nostre classi sulla salvaguardia dell’ambiente, senza farlo esplicitamente ma attraverso il laboratorio di scrittura. Se i nostri bambini e le nostre bambine infatti impareranno ad avere uno sguardo amorevole per ciò che li circonda, saranno inevitabilmente spinti ad averne cura, perché si sentiranno parte di un ecosistema a loro caro.

Poesia in pratica

Osservare. La prima attività da proporre alle nostre classi è di tipo osservativo. Invitiamoli ad aprire gli occhi a ciò che li circonda scendendo in giardino o guardando dalla finestra. Dobbiamo aiutarli ad accorgersi dei dettagli, a partire dai piccoli insetti, dai germogli, dai fiori che sbocciano fino agli alberi che si muovono al vento, agli uccellini che si appoggiano sulla ringhiera.  

Sentire. Il passaggio successivo è quello di mettere in gioco anche altri sensi, cercando di ascoltare ad occhi chiusi quali suoni ci regala l’ambiente, di sentire sulla propria pelle le sensazioni, le emozioni che questo momento ci regala. 

Prendere nota. Chiediamo ai nostri alunni di prendere nota di ciò che hanno osservato e sentito, scrivendo una lista, un elenco, un magazzino di parole che servirà poi per la scrittura. 

Scegliere le parole e scrivere. Ogni bambino e ogni bambina sceglierà le parole che più sente sue per comporre la sua Ode alla Natura, partendo dal ricalco di una poesia. (Tecnica del ricalco: mantenere la struttura di un testo poetico sostituendo le parole, usando il proprio sentire e le proprie idee).

Natura è ciò che vediamo, Emily Dickinson

Natura è ciò che vediamo –
La collina – il meriggio –
Lo scoiattolo – l’eclissi – il calabrone –
Ma no – la natura è il cielo –

Natura è ciò che sentiamo –
L’uccellino – il mare –
Il tuono – il grillo –
Ma no – la natura è l’armonia –

Natura è ciò che conosciamo –
Ma non possiamo esprimere –
La nostra saggezza è impotente
Di fronte alla sua semplicità.

Condividere. Per costruire una comunità di alunni e alunne attenti al mondo, capaci di ascoltare ed immedesimarsi in ciò che si scrive è fondamentale che il laboratorio di scrittura si concluda con la lettura collettiva dei testi di ciascuno. Coltiveremo così quella ricerca, quello sguardo attento al mondo e alla sua salvaguardia proprio perché avremo lavorato sugli occhi e sulla bellezza e cura che risiede in chi guarda.

Mantenere uno sguardo di stupore

Come ben sappiamo non basta un intervento didattico per poter rendere durevoli e consolidate le buone pratiche, ma è necessario continuare ogni giorno ad alimentare l’amore per il mondo che custodiamo in noi, attraverso letture, condivisioni, scritture spontanee, spunti di vario tipo.

La bellezza e la salvaguardia del nostro ambiente è nostra responsabilità, aiutiamoci ad educarci ad uno sguardo vivo, vigile, a partire dalle piccole cose di ogni giorno.

Materiali aggiuntivi

  • Una scheda in cui far scrivere o disegnare dentro ai riquadri belle buone azioni per prendersi cura del mondo.
  • Un biglietto da stampare e dare ai nostri alunni insieme ad un sacchettino di semi per invitarli a spargere bellezza per le strade!

La soia

La soia (Glycine Max L.) è una pianta che appartiene alla famiglia delle Fabacee (leguminose); viene coltivata in tutti i continenti e i maggiori produttori, con il 95% circa della quantità prodotta a livello globale, sono le Americhe (Brasile, Stati Uniti e Argentina), la Cina e l’India per un totale di 371.693.592 milioni di tonnellate prodotte nel 2021 (FAOSTAT, 2023).

I semi di soia sono classificati come semi oleosi poiché presentano un contenuto medio di lipidi grezzi compreso tra il 15 e il 25% (Sucheta et al., 2014). Dall’estrazione dell’olio dai semi si ottiene come residuo la farina di soia, ampiamente utilizzata sia nel settore alimentare sia mangimistico che presenta un elevato contenuto proteico (45-50% proteina grezza). La soia può essere utilizzata come pianta foraggera essiccata come fieno o raccolta a un preciso stadio fenologico e conservata col metodo dell’insilamento. La soia insilata presenta un contenuto di proteina grezza pari a 21,6%, NDF 45,2% e lipidi grezzi 6,7%

Il gruppo di ricerca del prof. Tabacco nel 2019 ha dimostrato che da un punto di vista di efficienza produttiva, la coltivazione della soia da insilato permette di massimizzare l’energia e la proteina prodotte per unità di superficie. La successione agronomica della soia da insilato ai cereali autunno-vernini permette inoltre di produrre la massima quantità di proteina per unità di superficie (kg/ha) rispetto ad altre colture raggiungendo i 2474 kg di proteina grezza per ettaro. La soia silo può essere aggiunta alla razione in quantità pari a 8 kg di sostanza secca andando in parte a sostituire la farina di estrazione di soia come fonte proteica. Questa strategia è importante per contenere le spese di acquisto dei mangimi e, in particolar modo, l’acquisto della farina di soia che, secondo il bollettino della borsa granaria di Milano di marzo 2023, è pari a 62,3 €/q. Gli autori che hanno svolto questa ricerca hanno evidenziato che l’utilizzo di soia silo nelle razioni per vacche da latte permette di aumentare l’ingestione (+1 kg di sostanza secca) e, a fronte di una diminuzione di 1 litro di latte prodotto quotidianamente per capo, sono aumentati positivamente i tenori di grasso e proteina (+0,27% e +0,15% rispettivamente). Il vantaggio economico ottenuto dalla dieta con la soia silo si evidenzia in un risparmio del costo giornaliero della razione per capo di 0,14 € e un maggiore ricavo dalla vendita del latte pari +0,34 € per vacca/giorno. 

La granella di soia integrale contiene diversi fattori antinutrizionali come, per esempio, i fattori antitripsinici che inibiscono la degradazione della tripsina a livello intestinale. Questa caratteristica comporta la diminuzione dell’assorbimento di questo importante aminoacido che si ripercuote su una diminuzione dell’efficienza nel sintetizzare le proteine a livello metabolico con il conseguente calo delle performance produttive. I fattori antitripsinici sono termolabili per cui, un trattamento termico della granella integrale come la tostatura, è necessario per l’utilizzo della soia nelle razioni per gli animali, in particolar modo per i monogastrici.

La coltivazione della soia ha un impatto positivo sul suolo in quanto è una leguminosa azotofissatrice in grado di fissare a livello radicale l’azoto atmosferico in azoto ammonico. Tuttavia, grazie alle sue eccezionali caratteristiche in termini di produttività e contenuto energetico e proteico, viene ampiamente coltivata dai grandi produttori mondiali principalmente come monocoltura. Questo comporta un depauperamento del suolo, una maggiore incidenza delle fitopatologie e una conseguente diminuzione della fertilità dei suoli e della biodiversità.

Non da ultimo per ordine di importanza, la soia coltivata dai principali produttori mondiali, contribuisce in modo importante al land grabbing e alla deforestazione (Steinfeld et al., 2006). La coltivazione di soia a livello nazionale, invece, potrebbe risultare una strategia vincente per aumentare la redditività degli allevatori in quanto presenta costi di produzione decisamente inferiori rispetto alla coltivazione del mais (-42% €/ha) con vantaggi non solo economici ma anche agronomici e ambientali, evitando in questo modo la dipendenza dalle importazioni.

La seconda prova dell’esame di Stato negli Istituti professionali di nuovo ordinamento

Secondaria di 2° grado Secondaria di secondo grado Diritto Diritto civile e internazionale Diritto internazionale

La seconda prova dell’esame di Stato negli Istituti professionali di nuovo ordinamento

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Il brutto anatroccolo – il manifesto gentile per parlare di diversità e accoglienza

All’inizio di febbraio si celebra la giornata contro il bullismo e il cyberbullismo. Questo argomento, in realtà, ha bisogno di essere affrontato con costanza durante il corso dell’intero anno scolastico e non di essere affrontato in una semplice giornata.  Sul vocabolario online di Treccani il termine bullo viene così descritto: “Atteggiamento di sopraffazione sui più deboli, con riferimento a violenze fisiche e psicologiche attuate specialmente in ambienti scolastici o giovanili.

Partendo da questa definizione, la nostra azione educativa dovrà essere volta a lavorare con i bambini su diversi aspetti tra cui:

  • la psicologia e le motivazioni del bullo;
  • le emozioni della vittima;
  • gli altri attori del binomio: i compagni che osservano in silenzio;
  • l’importanza di fare gruppo per contrastare il bullo.

Tutti questi aspetti, ugualmente importanti, possono essere affrontati insieme o uno alla volta. Il nostro consiglio è quello di utilizzare delle storie stimolo che possano aiutare i bambini e le bambine a immedesimarsi nelle situazioni e ad empatizzare con le varie situazioni.

L’anno scorso, avevamo trattato l’importanza di fare gruppo per contrastare il bullo attraverso la storia “Il bullo citrullo” di Alberto Pellai che proponeva la rabbia verso le ingiustizie come motore per l’aggregazione dei bambini. Quest’anno invece vogliamo porre l’accento sui sentimenti di tristezza, inadeguatezza e vergogna che prova il bambino o la bambina vittima di atti di bullismo. Per farlo abbiamo scelto la fiaba “Il brutto anatroccolo” di Hans Christian Andersen e lo stile grafico dei futuristi.

Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:

  • prima parte: lettura espressiva della storia;
  • seconda parte: presentazione del lavoro;
  • terza parte: video tutorial con i passaggi per realizzare il manifesto gentile.

Video

MATERIALI AGGIUNTIVI

LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

“Latin” Lovers | “Ora brucio con tre punte in una di tre cantiche”: Ulisse fra Aeneis ed Infernum

Per concludere questa piccola carrellata non poteva mancare Ulisse: Ora brucio con tre punte in una di tre cantiche”: Ulisse fra Aeneis ed Infernum. Non si tratta del πολύτροπος omerico ma dello scelerum inventor virgiliano, che, assieme al personaggio evocato da Macareo nelle Metamorfosi ovidiane, ha dato spunto all’Ulisse dantesco.

Invero l’idea dell’approfondimento è nata un po’ “al contrario” rispetto alle altre, direi dallo “spin off” al nucleo originario. Mi è capitato infatti di dover trattare l’Ulisse dantesco e i suoi influssi nella letteratura italiana soprattutto di fine Ottocento, inizio Novecento. Ne sono scaturiti una presentazione in slide e un articolo pubblicato sulla rivista “Ideas” 7 (2021), liberamente scaricabile da internet, che fornisco appunto nei materiali. In essi si segue l’evoluzione della figura dell’eroe caratterizzato dalla sete di conoscenza in autori quali Graf, ispiratosi a Tennyson, D’Annunzio, Pascoli, Gozzano e Saba. Al fascino della sua irrequietezza, tuttavia, non è rimasta immune nemmeno la musica leggera, come attestano cantautori quali Guccini, Claver Gold e Murubutu. 

Nella proposta centrale, invece, si prende in esame il personaggio descritto nell’Eneide di Virgilio e interpretato dalla sua esegesi, che, come detto, ha delle caratteristiche decisamente meno positive: nel secondo libro compare infatti come l’artefice dell’inganno del cavallo, ma viene presentato nel falso racconto di Sinone, che invero ne costituisce una sorta di alter ego, come un nemico personale, falso e malevolo. Nel terzo, invece, lo cita Achemenide, senza rancore, come infelix: nelle peregrinazioni dopo la caduta di Troia Enea si trova in prossimità dell’isole dei Ciclopi e salva il Greco dimenticato dai compagni sul posto, dopo l’accecamento di Polifemo.

Ovidio nelle Metamorfosi rivisita secondo il suo stile il personaggio, emulando sicuramente l’Eneide, ma nella prospettiva di un’innovazione anche del codice epico. Così Ulisse, che parla in prima persona nell’armorum iudicium contro Aiace, non rinnega la sua sagace eloquenza ed anche la sua capacità ingannatoria: sono queste le doti fondamentali che hanno sostituito la virtus muscolare dei nuovi eroi. Nel racconto di Macareo, poi, Ulisse appare come l’ultor, colui che ha liberato i compagni dalla bestialità cui li aveva condannati la maga Circe, ma, di fronte alle ancipites vias preconizzate dalla maga stessa prima della partenza (e forse alla base del viaggio divergente cantato da Dante), anche Macareo ha rinunciato alla sete di avventura dell’Ulisse omerico, per cercare un porto sicuro.

Obiettivi

Nell’ambito delle competenze di latino:

  • In un’opera fondamentale del periodo augusteo, l’Eneide virgiliana, analisi di un personaggio secondario che tuttavia ha influenzato la letteratura successiva, per esempio la Divina Commedia di Dante.
  • Prima ripresa dell’opera e del personaggio in un autore quasi coevo, Ovidio: punti di contatto e differenze in una presentazione di Ulisse che a sua volta ha influito sulla figura dantesca.
  • Excursus sulla letteratura tecnica latina tardoantica, Servio e Tiberio Claudio Donato che solitamente non vengono trattate nella programmazione.
  • Utilizzo dei commentari in latino per comprendere meglio il testo di Virgilio.
  • Nell’ambito delle competenze digitali: reperimento di fonti on line tramite motori di ricerca e utilizzo corretto delle fotografie disponibili sul web.
  • In un’ottica di una didattica integrata, tramite lo “spin off”: approfondimento della figura di Ulisse in Dante e nella letteratura italiana fra fine Ottocento e prima metà del Novecento.

Da scaricare

 

La scuola buona come il pane

Chissà se ci avete mai riflettuto, ma l’inclusione ha un compleanno: il 4 agosto. 

Il 4 agosto del 1977, infatti, una legge (la 517) ha stabilito che la scuola deve accogliere tutte le diversità. Sono passati 46 anni da allora e, se ci guardiamo indietro, possiamo gettare un occhio sulla strada percorsa. Abbiamo superato la ghettizzazione delle scuole speciali, abbiamo rivisto e corretto il concetto di disabilità, ampliato l’inclusione includendo (scusate il gioco di parole) neurodiversità, complessità etniche, differenze sociali.

Fatto, quindi? Siamo a posto? No. Perché vale per noi, per la scuola, quello che ha scritto Walt Whitman sul delicato rapporto che lega la natura alla poesia: il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuire con un verso. Il prossimo passo da compiere è fare in modo che entrando in classe, tutti i giorni, ognuno di noi si ponga la seguente domanda: la mia lezione è sufficientemente universale?

Non, quindi, se quello che ho preparato è troppo facile o troppo difficile, in media, per la classe. Non solo se il carico dei compiti sarà insufficiente o, all’opposto, eccessivo. Dovremmo iniziare a porre a noi stessi domande diverse per intercettare le diversità di tutti i bambini e di tutte le bambine. 

Alcuni esempi:

  • ho predisposto l’aula affinché ognuno trovi il supporto necessario per svolgere le attività?
  • ho proposto materiali sufficienti per impegnare tutti e tutte? Chi ha bisogno di un aiuto in più e chi rischia di annoiarsi?
  • ho fatto in modo che durante l’attività la classe si senta libera di cercare aiuto, suggerimenti, stimoli?

Sono tre esempi, altri se ne potrebbero fare, ma per iniziare possono essere sufficienti. Prendetelo come un test: provate a rispondere a queste tre semplici domande per riflettere. Per confermare la vostra progettazione o per metterla in discussione. Quando si parla di diversità, soprattutto a scuola, non sempre vengono in mente i batteri e i lieviti. Eppure, è proprio la diversità di lieviti e batteri che, nel giusto ambiente, dà sapori diversi al pane, alla birra o al formaggio. 

Ecco, concludiamo così: la didattica universale rende la scuola buona come il pane.

Siate come bollicine! Un’esperienza per riflettere sull’importanza del supporto degli altri per stare bene

Cari colleghi e care colleghe, 

v’è mai successo di incontrare lo sguardo di qualche vostro bambino o bambina e di vederlo svuotato, malinconico, forse addirittura rassegnato? E v’è mai capitato – di fronte a quello sguardo che risuona come un grido d’aiuto – di non saper bene cosa fare o cosa dire? Beh, a me sì. Accade, talvolta, che qualche mio alunno o mia alunna sia – come si suol dire – un po’ giù di morale.  Così, un giorno, ho deciso di proporre loro un’esperienza che sapesse riportare il sorriso e che suscitasse qualche riflessione.

Sono arrivata a scuola con questo materiale:

  • Bicarbonato di sodio
  • Aceto
  • Barattolo di vetro
  • Cucchiaino
  • Ciotola
  • Semi per pop-corn
  • Acqua a temperatura ambiente

Ho sistemato i semi dei pop-corn sulla cattedra e ho chiesto ai bambini e alle bambine di avvicinarsi per osservarli attentamente. Insieme abbiamo concluso che – purché molto simili e quasi interscambiabili – ognuno di essi aveva una forma e una sfumatura di colore diversa dagli altri: insomma, era unico! Così ho chiesto loro di scegliere un seme che li rappresentasse e di inserirlo in una ciotola.

Successivamente, abbiamo svolto insieme questi passaggi:

  1. anzitutto abbiamo inserito un po’ d’acqua in un barattolo di vetro;
  2. poi abbiamo aggiunto un cucchiaino colmo di bicarbonato di sodio e mescolato finché non è diventato invisibile;
  3. successivamente abbiamo inserito nella soluzione i chicchi di pop-corn e controllato attentamente cosa accadeva;
  4. infine, abbiamo versato dell’aceto e osservato il “balletto dei pop-corn”.

Incredibilmente sembrava che questi semi fossero sul punto di precipitare sul fondo del barattolo, poi – come per magia – venivano prontamente abbracciati da un gruppo bollicine che li riportavano in superficie.

“Vedete bambini e bambine – ho detto loro guardandoli negli occhi – noi siamo i chicchi di pop-corn. Ogni tanto, nella nostra vita, sembra che stiamo per sprofondare nelle difficoltà, soprattutto quando siamo chiamati ad affrontare delle sfide complesse. Vi è mai successo? Per fortuna, però, non siamo soli: quando siamo giù di morale, abbiamo attorno a noi qualcuno che – come le bollicine con i chicchi – ci abbraccia e ci sostiene. Secondo voi, chi sono – nella nostra vita – le bollicine?”. I bambini e le bambine – senza esitare – mi hanno risposto “la mamma”, “il papà”, “la maestra”, “i nonni”… “Ecco, ragazzi, anche voi potete essere le bollicine per i vostri compagni e le vostre compagne… Non dimenticatelo! Se li vedete un po’ giù, sosteneteli!”. 

Alla fine, ho presentato loro la spiegazione scientifica dell’esperimento a cui avevano appena assistito: “Le bollicine sono anidride carbonica. Poiché questo gas è meno denso del liquido dove si trova, si attacca ai pop-corn e li trascina verso l’alto. A contatto con la superficie, il gas si stacca e si disperde nell’aria”. Da ultimo, come degna conclusione di questa esperienza, abbiamo cotto i restanti chicchi di pop-corn e ce li siamo mangiati, tra chiacchiere e sorrisi.

Il procedimento

L’autrice

Gloria Ragni
Insegnante di scuola primaria, formatrice e autrice di testi scolastici, promotrice del fare per apprendere e sostenitrice dell’utilizzo integrato del digitale nella didattica. Ha un blog didattico www.maestraglo.it e condivide su Instagram le sue avventure da maestra (la trovate come @maestraglo).