Dans ton pays, c’est comment ?

Échange… voilà le mot clé ! En France, des programmes d’échange scolaire sont proposés dès le collège et jusqu’à l’université. C’est une excellente occasion pour se lancer dans une immersion totale au cœur d’un univers nouveau, dans un autre mode de vie et dans une culture différente de la nôtre. La mobilité permet de renforcer les compétences linguistiques, d’enrichir son CV et représente aussi l’ouverture vers d’autres cultures – européennes ou non – et l’expérience à travers laquelle les étudiants peuvent se former pour devenir citoyens du monde. 

Si les performances scolaires en sont dynamisées, l’épanouissement personnel l’est aussi. Apprendre à se débrouiller tout seul lorsque l’on est hébergé par la famille de son correspondant étranger aide à gagner en autonomie et renforce donc la confiance en soiC’est pour toute cette série de bonnes raisons que l’Éducation Nationale et l’Union Européenne ont décidé d’optimiser les échanges : le plan de renforcement de l’apprentissage de l’anglais et des autres langues vivantes tout au long de la scolarité obligatoire annoncé en décembre 2022 prévoit l’intensification de la mobilité des élèves. 

Depuis la conférence « Osons la mobilité ! », organisée le 19 janvier 2022 dans le cadre de la Présidence française du Conseil de l’Union européenne, les collèges et les lycées ont la possibilité de présenter leurs projets d’établissement et d’obtenir des subventions Erasmus+ pour organiser des échanges scolaires ou des stages à l’étranger pour leurs élèves. (Mobilité des jeunes et UE)

Découvrez Erasmus+ :

Mais alors, si votre établissement n’organise pas de voyages à l’étranger cette année, aucune possibilité pour vous de bénéficier de tous ces avantages ? Eh bien, bonne nouvelle, tout n’est pas perdu ! Certaines plateformes numériques européennes comme eTwinning permettent à vos professeurs de réaliser des projets collaboratifs, internationaux et à distance, de la maternelle jusqu’au lycée. 

Enfin, si l’aventure vous tente vraiment, vous pouvez aussi passer par une des nombreuses associations spécialisées dans les échanges scolaires. Par exemple, les associations Adolesco et Amicitia Mundi proposent à des jeunes de 9 à 13 ans de partir faire une première expérience dans de nombreux pays d’Europe, tels que l’Italie, l’Irlande, le Royaume-Uni, l’Espagne, l’Allemagne, et en Amérique du Nord (États-Unis et Canada). 

Pour en citer une dernière, l’association PIE (Programmes internationaux d’échange) offre l’opportunité d’organiser des séjours scolaires au Canada, aux États-Unis, en Afrique du Sud, dans de nombreux pays d’Asie comme la Chine, le Japon ou l’Inde et jusqu’en Australie et Nouvelle-Zélande, pour des périodes allant de 3 mois à 1 an. 

Tous à vos sacs à dos ! 

Autres sites à consulter 

Uno sguardo sulla Biennale di Architettura 2023

Chiude il 26 novembre la diciottesima Mostra Internazionale d’Architettura di Venezia affidata alla curatela della ghanese Lesley Lokko. Titolo prescelto: “The Laboratory of the Future” che negli intenti si prefigge di restituire voce “a quella diaspora d’origine africana – per usare le parole della curatrice – che oggi abbraccia il mondo” stimolando riflessioni politiche scomode, rivendicando pari opportunità per quella parte del globo sino ad ora inascoltata.

Per farlo Lokko, tra gli 89 partecipanti invitati, si affida a pochissimi nomi noti (Francis Kerè, David Adjaie) di cui la metà proveniente dal continente africano con un’età media di 43 anni. Molte sono le figure esordienti o non propriamente legate alla pratica architettonica. Le tematiche poste in evidenza sono forti come la critica ai paradigmi della vita occidentale, la decarbonizzazione e la decolonizzazione, il tema ambientale. Il risultato però è avaro di risposte. 

Arsenale e Padiglione Centrale ai Giardini 

È in questi spazi che solitamente si declina il concept curatoriale ma quest’edizione tralascia quasi completamente il progetto, con qualche eccezione, come nel caso della parata di maquette lignee rappresentative dei lavori di David Adjaie, al Padiglione Centrale. A fare la parte del leone sono difatti perlopiù installazioni e video multimediali su grandi monitor che restituiscono, spesso in chiave documentaristica, ricerca storica, sociale ed economica, report d’indagini sul campo che incrociano analisi del territorio e data journalism, l’interpretazione artistica di storie, fenomeni, costumi, scenari distopici.

Felice risulta l’approccio di Francis Kéré che mette in scena una chiara sintesi tra modi di costruzione tradizionali e incongruenze del moderno ricostruendo un accogliente spazio domestico per la casa africana del domani, in cui l’abitante possa riconoscersi. La nigeriana Mariam Kamara restituisce invece su pareti tinteggiate di marrone a tutt’altezza sezioni, piante e prospetti tratteggiati con il gesso di edifici storici alternati a elementi decorativi di finestra e schemi dei suoi progetti. 

Il Padiglione Italia 

La scelta della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della cultura è caduta quest’anno sul giovane collettivo Fosbury Architecture (Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi). Con il titolo “Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” il padiglione presenta nove interventi site specific di riqualificazione distribuiti da nord a sud della Penisola.

Interventi eterogenei e su tessuti fragili che richiedono reti transdisciplinari, competenze sempre più fluide, la messa in atto di relazioni tra persone e luoghi e, soprattutto, un nuovo modo d’interpretare e svolgere la professione. Si passa così dalla riattivazionie attraverso installazioni sonore e luminose degli spazi sotterranei del rifugio antiaereo Kleine Berlin a Trieste alle trasformazioni temporanee dei tetti di Taranto; dalle pareti di chiese che si fanno palestre di arrampicata (Marghera, Venezia) a possibili riattivazioni di processi legati a edifici incompiuti (Ripa Teatina, Chieti). Il tutto restituito attraverso installazioni (anche sonore) che puntano su evocazione e astrazione. 

Le Partecipazioni nazionali

Quest’anno sono in tutto 63 distribuite, come di consueto, tra Giardini, Arsenale e centro storico. Difficile cimentarsi in un’esplorazione esaustiva ma per orientarsi suggeriamo una possibile piccola classifica. Tra quelli da salvare si segnalano il Padiglione della Lettonia (piccolo supermarket con i 506 Padiglioni nazionali delle ultime 10 edizioni esposti come prodotti. Provocatorio, colorato, spiazzante), il Cile (250 eteree sfere di vetro, montate su sottili steli in ferro accolgono altrettanti germogli da una Banca dei Semi cilena), la Grecia (un catalogo ragionato di dighe, riserve e laghi artificiali capace di comunicare il senso dell’architettura pubblica).

Tra quelli che non ci hanno convinto segnaliamo Paesi nordici, Santa Sede (sull’Isola di San Giorgio), Messico, Australia e Francia. Lo storico padiglione ai Giardini con “Ball Theater” propone un teatro in cui si cimentano performer e drag queen. Innegabile che il risultato sia divertente sebbene il rischio che s’insinui un dubbio nella mente del visitatore c’è. Se davvero è questo Laboratorio del Futuro venire a Venezia non serve. Parigi va più che bene. 

Per approfondire 

In copertina: atelier masōmī (Mariam Kamara), particolare della partecipazione nella sezione “Force Majeure” al Padiglione centrale dei Giardini – Foto © Fabio Oggero

Il verde per l’adattamento degli spazi urbani al cambiamento climatico

L’intensificazione degli eventi meteo estremi è ormai più che evidente. L’Italia è particolarmente esposta ai rischi che ne derivano, perché l’acuirsi della crisi climatica e dei suoi effetti si combina con le fragilità intrinseche del nostro Paese, accentuate a loro volta da cementificazione e consumo di suolo.

Oltre alle fondamentali azioni di mitigazione delle emissioni climalteranti sono sempre più necessari interventi di adattamento, in particolare in ambito urbano, per invertire il processo di impermeabilizzazione delle superfici e ridare spazio al verde in città.

Il ricorso a piante e alberi, se opportunamente studiato e integrato con le caratteristiche dei luoghi di intervento, combina alla sostenibilità ambientale e alla resilienza anche la sostenibilità economica, visti i bassi costi di realizzazione e manutenzione delle cosiddette Nature Based Solutions.

Gli scopi sono molteplici perché alberi e vegetazione sono di grande aiuto per mitigare le isole di calore urbane, quando a causa dei materiali utilizzati, della scarsa circolazione dell’aria per via dei numerosi edifici e dell’inquinamento, la temperatura media in città supera anche di 4°C quella delle aree extra urbane. 

Il verde urbano riveste un ruolo chiave nella lotta agli eccessi della risorsa idrica a cui stiamo assistendo sempre più frequentemente: lunghi periodi di siccità interrotti da piogge record e alluvioni. 

Ad esempio, la presenza di tetti giardino fa sì che l’acqua in eccesso venga rallentata e trattenuta, in modo da permettere alle reti idriche e fognarie di continuare a funzionare, per poi utilizzarla per usi compatibili come lo scarico dei WC, per lavatrici e lavastoviglie, e per uso irriguo.

Infine, il verde in città permette l’incremento dei livelli di permeabilità dei suoli e di conseguenza facilita l’assorbimento delle acque piovane. È quindi necessario intervenire con programmi di desigillatura delle aree impermeabili, a partire da quelle non più utilizzate (parcheggi, vecchie aree commerciali etc.), da sostituire con interventi di forestazione urbana e di incremento delle superfici verdi. 

Una parola non vale l’altra | Le parole per riscoprire la nostra lingua

 Le parole per riscoprire la nostra lingua

«Le parole, la grammatica, la sintassi sono uno scalpello che colpisce il pensiero». Così la scrittrice Elena Ferrante nella raccolta L’invenzione occasionale fotografa in una sola frase la complessità della nostra lingua, un sistema organico, pieno di storia e sfumature che ci contiene per intero. Noi di Le Umanistiche Live abbiamo un’importante missione: valorizzare la lingua attraverso la letteratura e la letteratura attraverso la lingua.

E lo faremo da più punti di vista, grazie a tre filoni tematici che guideranno i nostri eventi live: dalla riscrittura dell’immaginario femminile nel mito e nella letteratura (La scrittura e le donne: parole per un nuovo immaginario) all’approccio didattico dell’intertestualità (La memoria delle parole), che consente di ricostruire un dialogo, con rime e lessico specifici, tra autori e autrici lontani nel tempo (cosa si nasconde dietro l’influenza di Dante nella poesia montaliana?), e per finire approfondiremo le più efficaci metodologie per coinvolgere e appassionare le nuove generazioni alla lettura e alla scrittura (Parole da leggere e da scrivere). Perché la competenza linguistica è soprattutto competenza di pensiero, e, come un muscolo, va allenata.

“Raccontare di nuovo”: il potere creativo del re-telling

Mito, classici letterari, riscrittura e nuovi immaginari. Perché questi quattro elementi dovrebbero avvicinare le nuove generazioni al mondo delle storieNegli ultimi anni, grazie anche al successo del fenomeno editoriale #BookTok, promosso da giovani divulgatori sulla piattaforma TikTok, il re-telling ha iniziato ad attirare l’attenzione di lettrici e lettori. L’arte di “raccontare di nuovo” è una forma di scrittura già conosciuta, ma oggi sembra vivere una vera e propria rinascita, in particolare per quanto riguarda i racconti mitologici e i classici della letteratura greca e latina.

Vi dice qualcosa La canzone di Achille? L’opera di Madeline Miller, uscita nel 2011, ha scalato le classifiche nel 2021 grazie a un vivace passaparola sui social, dove la community dei BookTokers l’ha inserita nella lista di “libri che ti faranno piangere”. La guerra di Troia, infatti, viene raccontata attraverso un punto di vista inedito, il rapporto tra Achille e Patroclo, eroi adolescenti alla ricerca dell’identità e gravati dal peso delle loro origini. Le riscritture narrative non solo ci consentono di riappropriarci di storie lontanissime, ma di vivere in prima persona la vita di personaggi minori e costruire così un nuovo immaginario collettivo.

Proprio in riferimento alle voci inascoltate del mito non possiamo fare a meno di citare l’opera di Christa Wolf, Cassandra (traduzione di Anita Raja, e/0, 1990), e il romanzo d’esordio di Daniele Coluzzi, Io sono Persefone (Rizzoli, 2022). Una storia nella storia quella di Core, figlia di Demetra, che in un difficile percorso di crescita e confronto con la morte, dimostra di essere un’eroina libera e capace di riscrivere il proprio destinoCome scrive l’autore in una nota del libro, il potere del mito risiede nella sua forza creatrice, nella sua «abilità di adattarsi ogni volta a versioni diverse, a letture nuove, a interpretazioni contemporanee», dove ognuno di noi può rispecchiarsi e, magari, scoprire qualcosa di nuovo.

Sui personaggi più importanti del mito e della letteratura nonché sulle riletture dei loro destini si focalizzerà l’evento de Le Umanistiche Live | La scrittura e le donne dal titolo Mito e letteratura tra passato e presente (giovedì 23 novembre, ore 18.00) a cura di Anna Però, studiosa dell’antichità, specializzata in religioni del mondo classico:

Spunti didattici

Per appassionare ragazze e ragazzi alla lettura ti suggeriamo alcuni testi della nostra booklist: si tratta di romanzi che hanno reinterpretato in chiave attualizzante alcuni racconti mitici tradizionali, dando una nuova voce alle figure femminili:

  • Pat Barker, Il silenzio delle ragazze, Einaudi 2019.
  • Madeline Miller, Circe, Marsilio 2021.
  • Maria Grazia Ciani, La morte di Penelope, Marsilio 2019.
  • Ursula K. Le Guin, Lavinia, Cavallo di ferro 2011.
  • Christa Wolf, Medea. Voci, Edizioni e/o 1996.

Avvia dunque un bookclub tematico in 4 step.

  1. Presenta brevemente la trama dei romanzi alla tua classe e avvia un sondaggio: “Quale storia ti incuriosisce di più?”.
  2. Una volta scelto il testo, fissa una data per la discussione e chiarisci gli obiettivi dell’incontro: possono essere focalizzati sullo studio del lessico o sul confronto con il mito di partenza.
  3. Prepara delle domande sul libro come punto di partenza per avviare la discussione. Per esempio: “Quali sono le emozioni che prova più frequentemente il personaggio principale?”; “Quali sono gli elementi che differenziano la versione del romanzo da quella della letteratura ufficiale?”; “Perché il personaggio principale è considerata un’eroina?” e così via.
  4. Chiedi infine alla classe di redigere una scheda di lettura o un breve testo personale nel quale confrontare alcuni passaggi del romanzo con episodi della propria adolescenza e della vita reale.

Le Monete al Tempo di Gesù

Le monete hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia umana, documentando non solo transazioni economiche, ma anche gli eventi e le sfide dei periodi storici in cui sono state coniate. Al tempo di Gesù, la Giudea era una regione ricca di cultura, tensioni politiche e cambiamenti sociali, e le sue monete riflettevano questi aspetti. Esploriamo il mondo numismatico dell’antica Giudea e scopriamo cosa le monete possono rivelarci sul contesto in cui visse Gesù Cristo. 

La Giudea al Tempo di Gesù 

La Giudea, durante il periodo in cui Gesù visse, era una provincia romana. Questa regione aveva un’importanza geopolitica e religiosa significativa, in quanto ospitava Gerusalemme, il luogo santo del Tempio ebraico. Questa combinazione di fattori rese la Giudea una zona di particolare attenzione da parte dell’Impero Romano, che cercò di controllare la regione attraverso una serie di amministratori e governatori locali. 

Le Monete in Giudea 

Le monete giudee del tempo di Gesù erano il risultato della complessa interazione tra l’Impero Romano, il governo locale e le influenze culturali. Queste monete servivano a scopi pratici, facilitando il commercio e le transazioni quotidiane, ma avevano anche un significato simbolico e politico importante. 

Erode il Grande fu uno dei personaggi chiave nella storia della Giudea al tempo di Gesù. Egli governò come re sotto il patrocinio romano e, pertanto, le monete coniate durante il suo regno erano spesso decorate con simboli romani. Queste monete riflettevano il suo desiderio di mostrare fedeltà all’Impero Romano e di garantire la stabilità nella regione. 

Dopo la morte di Erode il Grande, la Giudea fu divisa tra i suoi figli. Erode Archelao governò la Giudea, Samaria ed Edom, mentre Antipatro governò la Galilea. Le monete emesse da questi governanti locali spesso presentavano simboli religiosi e culturali giudei, come il candelabro a sette bracci e l’iscrizione in ebraico. 

Le Monete Romane in Giudea 

L’Impero Romano mantenne un forte controllo sulla Giudea e coniò monete che circolarono ampiamente nella regione. Queste monete erano generalmente in argento o bronzo e presentavano immagini dell’Imperatore Romano regnante. La presenza di queste monete romane era un costante promemoria del dominio romano sulla Giudea. 

All’interno del Tempio di Gerusalemme, venivano utilizzate monete speciali per scopi religiosi. Queste monete erano necessarie per pagare il tributo annuale al Tempio, noto come il “mezzoshekel“, e dovevano essere coniate in monete specifiche per garantire la loro accettazione. Queste monete erano spesso inscritte con simboli religiosi e iscrizioni in ebraico. 

Una delle monete più emblematiche del periodo, nota come “denario del tributo”, è stata menzionata nel Nuovo Testamento. Questa moneta era un denaro romano comune, che portava l’effigie dell’Imperatore Tiberio. La storia del denario del tributo appare nei Vangeli, quando Gesù fu interrogato se fosse giusto pagare il tributo a Cesare.

Per concludere, le monete del tempo di Gesù svolsero un ruolo importante nella documentazione della storia e della cultura della Giudea. Riflettevano la complessa interazione tra il dominio romano e le tradizioni ebraiche locali. Studiare queste monete ci offre una finestra preziosa su un periodo critico della storia umana e ci aiuta a comprendere meglio il contesto in cui visse Gesù Cristo e le sfide che affrontò. 

Per approfondimenti, consulta la rubrica Disegnare la parola della rivista Raggi di Luce.

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Costruire ponti per il successo formativo

Garantire la piena espressione delle potenzialità di ciascuno e il successo formativo nei propri percorsi apprenditivi è l’obiettivo prioritario che la scuola deve perseguire mettendo in gioco professionalità di chi in essa opera, mobilitando risorse di vario tipo e ponendo attenzione alla progettazione di spazi, contesti e metodologie sempre più rispondenti ai reali bisogni di tutti e di ciascuno.

Già nelle Indicazioni Nazionali del 2012, tutto ciò veniva indicato in maniera molto ben definita: “La scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi per il successo scolastico di tutti gli studenti, con particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di svantaggio. Questo comporta saper accettare la sfida che la diversità pone, innanzitutto nella classe, dove le diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate, evitando che la differenza si trasformi in disuguaglianza.”

Promuovere in questa prospettiva la cultura della personalizzazione significa per gli insegnanti incentrare tutta la progettazione educativo-didattica sulla persona alunno, riconoscendo le diverse potenzialità di ciascuno, offrendo una molteplicità di approcci alla conoscenza, riducendo gli elementi di debolezza e sviluppando le potenzialità latenti di ogni singolo studente, spesso non scoperte ne valorizzate appieno dalle attività scolastiche consuete. Uno strumento prezioso e potente che i docenti possono far proprio ed utilizzare, diretta conseguenza della implementazione della Teoria delle Intelligenze Multiple a scuola, è il bridging.

Il bridging: attività ponte tra potenzialità e punti di debolezza per il successo negli apprendimenti

Con il termine bridging, letteralmente “gettare ponti”, si fa riferimento al processo che permette di utilizzare i punti di forza degli studenti per connetterli cognitivamente alle aree più problematiche. Invece di concentrarsi sulle debolezze per cercare di recuperarle, le attività di bridging propongono di partire dalle potenzialità a disposizione dell’alunno per stimolare e potenziare le sue aree deficitarie. Questo strumento metodologico cosi sperimentato, permette di operare all’interno delle classi personalizzando ogni proposta didattica e consentendo a tutti di vivere l’esperienza del successo, spesso nuova per alcuni di loro.

Le attività di bridging garantiscono inoltre di arrivare alla totalità dei bambini e delle bambine, promuovendo una didattica universale: operando globalmente all’interno del gruppo classe, sollecitano e potenziano non solamente il singolo studente ma l’intero gruppo, coinvolgendo contemporaneamente canali apprenditivi diversi. Il punto centrale della personalizzazione, diventa quindi il dare la possibilità a ciascuno di trovare ed utilizzare il canale in cui si riconosce per poter apprendere in modo autentico.

Il bridging in classe

Il bridging può avvenire in vari modi all’interno del gruppo classe e può operare a diversi livelli di complessità:

  • lo studente scopre un punto di forza, prova piacere esplorandolo e si sente bene con se stesso; l’esperienza del successo dà all’alunno (anche al più demotivato) la fiducia necessaria per avventurarsi in aree meno consolidate o al di fuori della sua comfort zone;
  • il contenuto, i linguaggi e le attività relative al settore di forza sono “utilizzati” in altre aree, in particolare quelle centrali per il successo scolastico: ad esempio un bambino con interessi, conoscenze e abilità nella cura degli animali può essere invitato e sollecitato a scrivere (area di suo scarso interesse e abilità) un breve opuscolo sull’argomento per i compagni di classe.

Per lavorare in questa ottica è indispensabile avere ben chiara la costituzione del gruppo-classe in termini di punti di forza e di debolezza dei singoli studenti, in modo da poter iniziare una attività significativa catturando l’attenzione e l’interesse di quelli più difficili da gestire e coinvolgere. Le attività di bridging possono essere proposte e articolate in modo semplice all’inizio (sollecitando magari solo un canale apprenditivo) e poi via via gradualmente in modo sempre più complesso. 

Bridging e matematica: il racconto di un’esperienza

L’attività, relativamente semplice, (proposta e sperimentata ad inizio classe terza, ma può andar bene anche al termine della classe seconda) consente di approfondire il concetto matematico di moltiplicazione, la sua rappresentazione concreta (schieramenti) e la conoscenza della Tavola Pitagorica, attraverso una singola proposta corporeo-cinestetica e di manipolazione, basata sui punti di forza rilevati in molti bambini del gruppo-classe. È una attività semplice e di facile controllo in quanto si esaurisce nell’arco temporale di una consueta lezione (max due ore), anche se è replicabile nei giorni successivi; tutti gli alunni, in gruppi, svolgono contemporaneamente la stessa attività.

Svolgimento:
il gioco si svolge in palestra (o in uno spazio libero da arredi): si costruisce un percorso con i vari attrezzi disponibili, si formano le squadre (si consiglia non più di 4 componenti a squadra), si consegna ad ogni gruppo tappi di bottiglia, penna e alcuni post-it. L’insegnante pronuncia una moltiplicazione compresa nella tavola pitagorica, subito ogni squadra ricostruisce con i tappi lo schieramento corrispondente alla moltiplicazione menzionata.

Una volta realizzato lo schieramento, i bambini verificano il risultato e lo scrivono sul post-it da consegnare all’insegnante. Le squadre che avranno scritto il risultato corretto e costruito lo schieramento corrispondente avranno diritto a un punto come buono premio e a far compiere a tutti i suoi componenti il percorso. Ogni squadra avrà quindi un punteggio totale di un punto, più un punto per ogni canestro effettuato dai singoli componenti durante il percorso motorio.

Successivamente avranno diritto a compiere il percorso anche le altre squadre che non avranno scritto il risultato o costruito lo schieramento correttamente e quindi avranno come punteggio solo quello relativo ai canestri effettuati. Il gioco può continuare fino a raggiungere un numero di punti stabilito inizialmente, cambiando di volta in volta moltiplicazione. Il ruolo dell’insegnante può essere svolto anche da uno o più alunni a rotazione.

Nell’esperienza sperimentata, alla fine del percorso motorio era stato previsto il lancio al canestro, proprio perché in quello specifico gruppo era presente un alunno, particolarmente “difficile” da coinvolgere e gestire, ma molto abile nel basket. Nel giro di poco tempo, dopo aver replicato spesso l’attività,  lo stesso bambino ha visto cambiare nettamente il proprio ruolo all’interno del gruppo classe: da colui che nessuno voleva con se perché “impegnativo e difficile da gestire”,  al campione di basket che tutti volevano nella propria squadra, riconoscendogli finalmente non solo i punti di debolezza che già emergevano prepotentemente, ma abilità e punti di forza fino a quel momento sconosciuti a tutti.

Questo ha contribuito a potenziare il suo senso di autoefficacia e parallelamente a modificare anche i suoi comportamenti disturbanti non più necessari per rendersi “visibile” agli occhi dei compagni.  Tutti si sono mostrati piacevolmente coinvolti fin da subito, tanto da richiedere più volte di replicare il gioco nei giorni e settimane successive. Le evidenze raccolte durante i diversi momenti di  monitoraggio in itinere,  hanno documentato un netto miglioramento non solo nella conoscenza delle tabelline (sulle quali si allenavano costantemente a casa), ma anche nell’utilizzazione dell’operazione di moltiplicazione in contesti nuovi e più complessi.

Per approfondire

  • Gardner H., (1987), Formae mentis: saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano
  • Gardner H. et al. (2001), Cominciare a costruire dalle potenzialità dei bambini: l’esperienza del Project Spectrum, Ed. Jiunior, Azzano San Paolo (BG)
  • Gentili, G., (2011), Intelligenze multiple in classe, Erickson, Trento
  • Gentili, G., (2015), Il laboratorio di italiano 1, Erickson, Trento

Competenza economica, situazione patrimoniale, analisi della composizione del patrimonio aziendale

Secondaria di 2° grado Classi 3° AFM SIA RIM e IP – Servizi commerciali Discipline economico aziendali Tecniche professionali dei servizi commerciali

Competenza economica, situazione patrimoniale, analisi della composizione del patrimonio aziendale

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Un’idea per studiare insieme in classe

Insegnare ai nostri alunni e alle nostre alunne un metodo di studio è piuttosto ostico. Quando arriva il momento di accompagnare i bambini nelle prime sessioni di studio, una serie di dubbi si affastella nella mente dell’insegnante: quale tecnica si addice di più al singolo alunno? Come riuscire a rendere piacevole lo studio, evitando di trasformarlo in un’acquisizione meccanica e mnemonica di nozioni? Come rendere autonomi i nostri studenti e le nostre studentesse nell’appropriazione di concetti?

Certamente la risposta a questi interrogativi non è univoca, tuttavia oggi desidero condividere con voi una pratica che ho sperimentato dalla classe terza in poi e che mi è parsa essere funzionale all’apprendimento. Ecco, in breve, di cosa si tratta! Anzitutto, è necessario dividere la classe in gruppi di lavoro, meglio se formati da quattro membri. A ciascun gruppo si consegna un foglio almeno di formato A3, ripartito in tanti settori quanti sono i componenti:

Ogni membro del gruppo prende posizione davanti ad un settore del foglio, che è la sua “area” per appuntare informazioni salienti (ricorrendo a parole-chiave e a piccoli schemi) in merito alla pagina del libro che l’insegnante ha chiesto di approfondire e di imparare. Scaduto il tempo della fase di studio individuale, si passa al confronto nel gruppo: ciascuno, a turno, condivide con i compagni i propri appunti. La finalità di questo passaggio è condividere le informazioni e chiarire insieme gli aspetti principali.

Una volta concluso questo secondo momento, il gruppo annota nello spazio centrale una sintesi di quanto emerso, nella modalità ritenuta più idonea (una mappa, un elenco puntato, una serie di illustrazioni con didascalie…). In conclusione, si elegge un portavoce all’interno di ciascun gruppo, che ha il compito di presentare alla classe l’esito dello studio collettivo. Che ne pensi? Sei pronto/a per sperimentare in classe questa tecnica di studio collettivo?

P.s. Questa tecnica di studio collettivo è ideale per essere inserita nella didattica capovolta. Per approfondire, vi consiglio il testo Didattica capovolta alla scuola primariadi A. Benzi e C. Incerti edito da Erickson.

Maestra Gloria Ragni (@maestraglo | www.maestraglo.it)

Descubre la riqueza del español: ¡cinco palabras sin equivalentes en italiano!

En este artículo descubrimos la lengua española a través de cinco palabras que no tienen una traducción precisa en italiano. 

Los idiomas son tesoros culturales: cada uno tiene unas palabras intraducibles que reflejan culturas y modos de vida únicos. El español, con su riqueza lingüística, ofrece muchas palabras que no se pueden traducir de manera directa al italiano. 

La primera palabra que examinamos es “tutear”. Este verbo  se refiere al acto de tratar a alguien con familiaridad, utilizando la segunda persona del singular, o sea, “tú”. Algo común en español pero sin un equivalente preciso en italiano, donde se utiliza la expresión “dare del tu”. Por ejemplo: Mi jefe y yo nos tuteamos.

La segunda palabra es “madrugar”: este es un verbo que se refiere a la acción de levantarse temprano por la mañana, especialmente antes del amanecer. En italiano, podríamos usar “alzarsi presto,” pero, como en el caso anterior, no existe una palabra específica. Por ejemplo: Estoy muy cansado,  he madrugado esta mañana

La siguiente palabra es muy común en español y es “sobremesa”. La sobremesa es un concepto único en la cultura española: se refiere al tiempo que se pasa en la mesa después de comer, disfrutando de un café  y relajándose con la compañía de amigos o familiares. Por ejemplo: La cena terminó a las once, pero nos quedamos de sobremesa hasta la una.

 Otra palabra para la cual no tenemos un equivalente específico es “estrenar”, un verbo que se utiliza para describir la acción de usar algo por primera vez, ya sea ropa, un coche nuevo o cualquier objeto. En italiano podríamos decir “inaugurare”, aunque no tenga el mismo matiz que “estrenar”, que connota la emoción de usar algo nuevo. Por ejemplo: Hoy voy a la fiesta de Marisol y estoy muy contenta porque puedo estrenar mis nuevos zapatos

 Y finalizamos nuestro artículo con el verbo “desvelarse”. Este verbo se utiliza para expresar la acción de despertarse a mitad de la noche sin poder dormirse de nuevo. En italiano, podríamos utilizar una frase idiomática como “passare la notte in bianco”. Por ejemplo: Necesito un café doble, anoche me desvelé y no he dormido nada.

Estas cinco palabras son ejemplos de la diversidad del español como idioma. Al explorar estas palabras únicas podemos entender cómo cada lengua puede captar experiencias de manera única dándonos otra comprensión del mundo. 

L’autrice

Alba di Egness, madrelingua spagnola, laureata in economia e con un master in marketing, si trasferisce in Italia nel 2016 e si specializza nell’insegnamento dello spagnolo per studenti di madrelingua italiana. Content creator e Fondatrice dell’Accademia Egness, la prima scuola online di spagnolo per italiani.

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