La belleza española: las 5 ciudades más hermosas para visitar

España, un destino que encanta con su diversidad cultural y paisajes variados, ofrece a los viajeros experiencias únicas en cada rincón del país. Aquí te presentamos las cinco ciudades más hermosas que deberías considerar visitar. 

Madrid: La capital vibrante y cultural

La capital de España, Madrid, es el corazón del país y ofrece una mezcla de tradición y modernidad. Pasea por Puerta del Sol y Plaza Mayor, visita el Museo del Prado y admira las obras maestras de artistas como Velázquez y Goya, relájate en el Parque del Retiro o disfruta de un paseo por el elegante barrio de Salamanca, ¡en Madrid siempre hay cosas nuevas para descubrir! 

Si te gustan los dulces, te aconsejo pasar por San Ginés, una de las chocolaterías más famosas de la capital, y probar su chocolate caliente con churros. Si también eres una persona fiestera, entonces te aseguro que la vida nocturna en Madrid es tan vibrante como la ciudad misma. Los madrileños son conocidos por su amor por la fiesta y la diversión. Explora la zona de Malasaña, llena de bares alternativos, y vive las experiencias inolvidables de los clubes en la Gran Vía para vivir Madrid en pleno. 

Barcelona: La ciudad de Gaudí y las playas doradas

Barcelona, en la costa nororiental de España, es famosa por la arquitectura única de Antoni Gaudí. La Sagrada Familia y el Parque Güell son los destinos imperdibles de esta ciudad, pero Barcelona es conocida también por su animada escena artística y cultural. Mientras caminas por las estrechas calles empedradas del Barrio Gótico y aplaudes una exhibición de artistas callejeros, no te olvides pasar por el Mercado de la Boqueria y probar las tapas típicas de España así como otros tipos de comida.

Lo que amo de Barcelona es que aquí, en invierno o verano, siempre puedes disfrutar de playas hermosas, como la playa de la Barceloneta, relajándote y disfrutando del sol de Cataluña mientras paseas por uno de mis sitios favoritos, la Rambla del Mar: un puente que conecta las playas con el Acuario de Barcelona, otra atractiva que no te puedes perder.

Sevilla: Donde el flamenco y la historia se encuentran

Sevilla, en el sur de España, te enamorará con su encanto andaluz y te cautivará con su Alcázar árabe y sus exuberantes jardines. Esta ciudad cuenta con una de las plazas más famosas de  Europa, la Plaza de España, que con sus imágenes representa artísticamente toda la península. Otra de las joyas de la ciudad son la Catedral de Sevilla y la Giralda, pero estoy segura que serán el Barrio de Santa Cruz y el de Triana los que te sorprenderán con sus pequeñas calles llenas de historia. Además, si visitas el barrio de Triana, te aconsejo que no te pierdas los espectáculos de flamenco: ¡esta será tu oportunidad de vivir la verdadera pasión española!

Valencia: La ciudad de las artes y las ciencias

Valencia, en la costa este, destaca por su modernidad y vanguardia. La Ciudad de las Artes y las Ciencias es un complejo arquitectónico futurista que no te puedes perder, pero la verdadera atracción de Valencia es la Lonja de la Seda, declarada Patrimonio de la Humanidad. 

Si quieres un consejo, programa tu viaje a Valencia en marzo y no te pierdas una de las fiestas más atractivas de España: las Fallas, donde enormes esculturas artísticas se exhiben por toda la ciudad antes de ser quemadas en una impresionante ceremonia que simboliza la renovación y el comienzo de la primavera. Mientras disfrutas de los espectáculos pirotécnicos, prueba la paella y rompe con una de las disputas más históricas de España decidiendo cuál te gusta más entre la paella valenciana y la paella marinera. 

Granada: El encanto de la Alhambra 

En el sur de España, Granada te sorprenderá con la maravillosa Alhambra, un palacio morisco lleno de historia, y el Albaicín, el barrio árabe declarado Patrimonio de la Humanidad. Visitar esta ciudad será como viajar en el tiempo y en el espacio visitando una ciudad árabe medieval: pasea por sus jardines, sus barrios y sus tiendas para descubrir su magia. 

No te olvides de explorar la ciudad desde las alturas en el Mirador San Nicolás, probar las tapas de los bares que encontrarás allí cerca y disfrutar de las vistas de la Alhambra, es una maravilla que te vas a llevar para siempre. España ofrece una variedad de experiencias únicas en cada ciudad. Desde la arquitectura de Barcelona hasta la pasión del flamenco en Sevilla, cada rincón tiene algo especial. ¡Prepárate para descubrir la belleza de España y su rica cultura!

España ofrece una variedad de experiencias únicas en cada ciudad. Desde la arquitectura de Barcelona hasta la pasión del flamenco en Sevilla, cada rincón tiene algo especial. ¡Prepárate para descubrir la belleza de España y su rica cultura!

L’autrice

Alba di Egness, madrelingua spagnola, laureata in economia e con un master in marketing, si trasferisce in Italia nel 2016 e si specializza nell’insegnamento dello spagnolo per studenti di madrelingua italiana. Content creator e Fondatrice dell’Accademia Egness, la prima scuola online di spagnolo per italiani.

YouTube
Facebook
Instagram

Una parola non vale l’altra | La doppia lingua della poesia

“Parole, parole, parole, soltanto parole”…o forse no

Di cosa abbiamo bisogno per fare poesia? Delle parole, certamente, ma non di parole qualsiasi. La forza della lingua poetica, infatti, risiede proprio nell’uso particolare che fa dei suoi elementi. Forse è per questo che quando pensiamo alla dimensione poetica nella nostra mente formuliamo pensieri contrastanti: da un lato, percepiamo la poesia difficile e indecifrabile, quasi impossibile da scrivere; dall’altro veniamo rapiti immediatamente da nuovi significati, veicolati talvolta con scelte lessicali tratte dal nostro vocabolario quotidiano. 

Nel territorio poetico il testo sprigiona un grande potere generativo: costruisce mondi, nuove possibilità di pensiero e sentimento, e lo fa proprio con la sua insostituibile parola, che dice cose normali in modo speciale, mettendo in crisi il senso dell’ordinario. Nel testo poetico, insegna Mario Luzi, si verifica un vero e proprio processo misterioso di creazione, uno scambio tra le parole e le cose, che si «risvegliano reciprocamente» (Le parole agoniche della poesia).

La compiutezza di un verso

Ma cos’è che rende un testo una poesia? Come spiegare in classe che abbiamo bisogno esattamente di quelle parole e in quella precisa sequenza per ricreare l’esperienza poetica? Una parola, infatti, non vale l’altra, e Giovanni Giudici lo sapeva bene. Nel suo saggio narrativo Andare in Cina a piedi (Ledizioni, 2017) dedica diverse pagine alla potenza creativa della lingua poetica, una lingua che sembra rappresentare un’eccezione, una sfida rispetto agli usi ordinari del linguaggio. Per dimostrare che nel testo poetico esistono legami di significato misteriosi si serve del primo verso della celebre lirica leopardiana L’infinito. Invita il lettore a «variare l’ordine delle parole del verso, senza che ne sia peraltro alterato il senso logico e con modesti cambiamenti nello schema ritmico, così da ottenere una serie di varianti». Possiamo ottenere in questo modo dieci versi, come segue:

  1. Caro mi fu quest’ermo colle sempre
  2. Mi fu quest’ermo colle sempre caro
  3. Quest’ermo colle sempre mi fu caro
  4. Quest’ermo colle caro mi fu sempre
  5. Caro mi fu sempre quest’ermo colle
  6. Mi fu sempre quest’ermo colle caro
  7. Mi fu quest’ermo colle sempre caro
  8. Caro sempre mi fu quest’ermo colle
  9. Caro quest’ermo colle mi fu sempre
  10. Mi fu caro quest’ermo colle sempre

L’esercizio, spiega Giudici, serve proprio per dimostrare che nessuna delle varianti è lontanamente paragonabile «alla suprema e tranquilla e limpida perfezione del verso leopardiano». Ma perché questo accade? Cosa “stona” effettivamente nelle varianti anche se il significato è rimasto uguale? 

La poesia, secondo l’autore, «non vale tanto per quel che dice, quanto invece […] per quel che è una successione di suoni, quasi note musicali, in ordinato e rigido rapporto tra loro, per cui ogni modifica nell’ambito di questa particolare fase (il “suono”) della lingua poetica mette in crisi anche il senso di tutto il resto (anche del semplice che-cosa-vuol-dire)».

Spunti didattici

Quando leggiamo L’infinito di Giacomo Leopardi noi vediamo la siepe che “il guardo esclude”, forse possiamo addirittura sentire il vento che l’accarezza e ci lasciamo attraversare dalla memoria dell’eterno. Un verbo diverso da “naufragar” per il pensiero che vaga nei ricordi e un’altra espressione rispetto a “profondissima quiete” non riuscirebbero a rendere l’immagine acustica del paesaggio che si unisce alle emozioni. Un buon esercizio per far comprendere alle studentesse e agli studenti i legami di senso che caratterizzano le opere poetiche potrebbe essere la riscrittura di un verso, sulla scia degli insegnamenti di Giudici, e riflettere su quanto un sinonimo, per esempio, potrebbe stravolgere il messaggio profondo che intende veicolare l’Io lirico. Proponete alla classe di scegliere in piena autonomia un verso di una poesia a piacimento e di rielaborare dieci varianti che, per quanto possibile, rispettino la semantica. Poi, aprite un dibattito sulle scelte lessicali, metriche e retoriche della variante che più si avvicina all’originale. 

Manufatti o lavoretti?

Il dibattito

Negli ultimi anni si è fatto più acceso il dibattito sul “lavoretto di Natale”. C’è chi sostiene che non si debba fare, che si debba chiamare con altri nomi o che non abbia alcun senso per i bambini. Se viene fatto con uno scopo preciso e con l’intento di coltivare la bellezza, può essere un’occasione importante per esercitare competenze che non si metterebbero in campo nella normalità scolastica di tutti i giorni.

L’obiettivo 

Troppo spesso si rischia che il focus del lavoro sia sul prodotto finale, sulla realizzazione di qualcosa di perfetto, che poco si addice alle mani dei bambini. Fare un manufatto, in occasione delle feste o in qualsiasi altro momento, dovrebbe essere l’occasione per sperimentare abilità diverse, per imparare tecniche artistiche, per mettersi alla prova e stimolare la propria creatività

L’abilità da apprendere 

Ci sono abilità e tecniche artistiche infatti che nella quotidianità non vengono stimolate. Dunque  mettersi all’opera su un manufatto può essere l’occasione per provare qualcosa di nuovo e misurarsi con abilità complesse e multidimensionali. Ecco allora che imparare a fare il decoupage, ritagliando con precisione i pezzetti di salvietta, creare un centrotavola, cucire il panno per fare qualche oggetto, utilizzare il legno, la carta vetrata e vari tipi di colla, diventano strumenti per apprendere ad utilizzare le mani, a creare, ad essere creativi, con lo scopo di potenziare il fare per apprendere.

La bellezza e la cura 

In tutto questo però dovremmo ricordarci che i bambini amano il bello. Mettere a loro disposizione materiali curati, ben preparati, disposti con attenzione in uno spazio laboratoriale ben attrezzato, può fare la differenza. L’insegnante diventa un artigiano che fa vedere il processo in atto, mostrando le tecniche e dando suggerimenti sulla composizione. Ogni alunno e alunna poi, padroneggiata la tecnica, saprà applicarla in modo creativo, non per creare una copia del lavoro dell’insegnante, ma per dar vita ad un manufatto vero, proprio, pensato e progettato.

Un esempio in classe prima

In classe prima, ci siamo dedicati alla preparazione di un centrotavola. Ciascuno, ricevuti i materiali, li ha ordinati e osservati con attenzione, scegliendo i più adatti per sé. Poi con infinita pazienza ha incollato ogni piccolo oggetto nel ceppo, cercando la posizione migliore, sia perché fosse d’effetto, sia perché la vinavil facesse presa. Poi, con altrettanta pazienza, ognuno ha premuto sul pezzo, per far sì che la colla si fissasse, prima di aggiungere un nuovo elemento. Abbiamo imparato anche a gestire la frustrazione perché qualche pezzetto nonostante mille tentativi, proprio non si voleva attaccare, e qualche lacrima è scesa. 

È stato un esercizio di pazienza enorme, e nel frattempo di scelta, di armonia e di decisioni attente. Solo alla fine, la maestra ha fatto vedere che esiste un altro tipo di colla, quella a caldo, con la quale avrebbe aiutato ad incollare i pezzetti minuscoli o strambi, che con la vinavil proprio non si volevano attaccare. Abbiamo cosparso di brillantini e di neve spray, e abbiamo ammirato soddisfatti il nostro risultato. Abbiamo poi preparato il biglietto, messo il tutto nel sacchetto.  La soddisfazione di aver creato qualcosa di proprio, con tanta fatica e impegno, brillava negli occhi di tutti. 

Certo, ci abbiamo messo una settimana, quindi il tempo dedicato è stato davvero molto, ma ne è valsa la pena, perché il lavoro di Natale può essere davvero speciale e produttivo.

Ho dipinto,
ho atteso,
è asciugato,
ho sistemato.
Ho raccolto,
ho riordinato,
ho atteso,
ho pensato.
Ho pensato,
ho tagliato,
ho pensato,
ho incollato.
Ho mostrato,
ho spiegato,
ho sorriso,
ho ascoltato.

Così,
se davvero
capite quel che ho detto,
vi prego,
non chiamatelo
soltanto “lavoretto”.

A. Capetti

A glimpse of hope in WWI – Christmas truce

Christmas Eve 1914 – It all started with German soldiers singing, shouting Christmas Greetings and putting up Christmas decorations. The British and German trenches were so close that soldiers could see and hear each other. Therefore in some places soldiers had agreed not to fight. That is what we now call the Christmas Truce, an extraordinary event that paused WWI for a day. It was a day in which soldiers had the possibility to spend time with the “enemy”, to play football, to exchange biscuits or small presents. It was a day of hope and peace in the middle of what Sassoon called “the hell”.

Teaching with movies

Film – Joyeux Noel

 

Film – Oh What A Lovely War

 

Consider how people reacted to the Christmas truce and complete the table.

CHARACTER REACTION
Soldiers
Officers

 

Teaching with primary documents

Letters from the front:

Ask your students to investigate the Christmas Truce from the point of view of the soldiers who wrote home. Let them choose two/three letters and then organise a plenary review

  • How would it feel after the truces ended for a soldier to shoot at someone he knew?
  • Can common people stop wars?

Teaching with poems

The British poet laureate Carol Ann Duffy portrays the Christmas Truce in her poem. She investigates life in the trenches, soldiers’ feelings and the moments leading up to the incredible event of the Christmas Truce.

 

Read the poem and complete the exercises

  1. The poet takes into consideration every aspetc of the war. Highligh with two different colours the negative and positive aspects of those days highlighted in the poem.
  2. What is the role of silence in the poem?
  3. What does the phrase “sudden bridge from man to man” mean?

Teaching with commercials, newspapers and songs

SONG

My name is Francis Toliver, I come from Liverpool.
Two years ago the war was waiting for me after school.
To Belgium and to Flanders, to Germany to here,
I fought for King and country I love dear.

‘Twas Christmas in the trenches, where the frost so bitter hung.
The frozen fields of France were still, no Christmas song was sung.
Our families back in England were toasting us that day,
Their brave and glorious lads so far away.

I was lying with my messmate on the cold and rocky ground,
When across the lines of battle came a most peculiar sound.
Says I, “Now listen up, me boys!” each soldier strained to hear,
As one young German voice sang out so clear.

“He’s singing bloody well, you know!” my partner says to me.
Soon, one by one, each German voice joined in harmony.
The cannons rested silent, the gas clouds rolled no more,
As Christmas brought us respite from the war.

As soon as they were finished and a reverent pause was spent,
“God Rest Ye Merry, Gentlemen” struck up some lads from Kent.
The next they sang was “Stille Nacht,” “‘Tis ‘Silent Night,'” says I,
And in two tongues one song filled up that sky.

“There’s someone coming towards us!” the front line sentry cried.
All sights were fixed on one lone figure trudging from their side.
His truce flag, like a Christmas star, shone on that plain so bright,
As he bravely strode unarmed into the night.

Then one by one on either side walked into No Man’s Land,
With neither gun nor bayonet we met there hand to hand.
We shared some secret brandy and wished each other well,
And in a flare lit soccer game we gave ’em hell.

We traded chocolates, cigarettes, and photographs from home.
These sons and fathers far away from families of their own.
Young Sanders played his squeezebox and they had a violin,
This curious and unlikely band of men.

Soon daylight stole upon us and France was France once more.
With sad farewells we each began to settle back to war.
But the question haunted every heart that lived that wondrous night:
“Whose family have I fixed within my sights?”

‘Twas Christmas in the trenches where the frost so bitter hung.
The frozen fields of France were warmed as songs of peace were sung.
For the walls they’d kept between us to exact the work of war,
Had been crumbled and were gone forevermore.

My name is Francis Toliver, in Liverpool I dwell,
Each Christmas come since World War I, I’ve learned its lessons well,
That the ones who call the shots won’t be among the dead and lame,
And on each end of the rifle we’re the same.

 

NEWSPAPER ARTICLE

https://www.theguardian.com/uk/2004/dec/19/christmas.lornamartin

COMMERCIAL

 

Divide the class into 3 groups and ask each group to consider the material provided. Let them write a short essay to describe the historical event and its protagonists.

Come comparare la storia (non solo per il Medio Oriente)

Cos’è un genocidio? Si possono stabilire comparazione tra eventi storicamente tra di loro diversi? Dove si colloca la linea di divisione tra un massacro di gruppo e, invece, la distruzione sistematica di massa, voluta non solo politicamente ma – soprattutto – realizzata anche in maniera industriale, di intere collettività, definite secondo un criterio puramente razzista? Perché nella storia europea lo sterminio delle comunità ebraiche, durante la Seconda guerra mondiale, costituisce, a tutt’oggi, un punto di non ritorno, rispetto al quale dobbiamo ancora continuare a confrontarci? Non di meno, per quale ragione dovremmo ancora occuparci di tutto ciò, dal momento che molto altro è invece accaduto, nell’insipienza, nel silenzio e nell’immobilismo dei più? 

Una questione di modalità e criteri

La questione di fondo, rispetto a ciò che è successo negli anni della guerra tra il 1939 e il 1945, rinvia – ancora una volta – non solo a numeri e vittime bensì a intenzionalità, modalità e criteri operativi. Poiché l’eliminazione della popolazione ebraica in Europa, in quegli anni, non è solo ed esclusivamente un problema della minoranza che ne fu fatta bersaglio ma anche, e soprattutto, un rimando a come le società totalitarie riescano a costruire, intorno a sé, un consenso basato su politiche sia di inclusione che di brutale esclusione, fino all’estremo dell’omicidio di massa. Entrambe su base etnica e, quindi, razzista. 

Questioni terminologiche?

Si tratta di una questione che non si esaurisce con il Novecento. Ragionare sul tempo che fu ci dà quindi gli strumenti per capire il nostro confuso presente. Tanto più dal momento che i drammatici eventi in corso in Medio Oriente, a partire dalla guerra tra lo Stato d’Israele e Hamas, sembrano richiamare echi di quel passato. Soprattutto quando vi siano in campo protagonisti che si qualificano (o vengono qualificati) come ebrei. Il rimando, molto spesso incauto così come generalizzato, a termini quali «pogrom», «pulizia etnica» se non addirittura allo stesso «genocidio» o al «nazismo» per definire il significato di quanto sta avvenendo, rischia infatti di sovrapporre, e quindi, confondere, il tracciato del presente con il percorso del passato. Laddove, in una sorta di ribaltamento dei ruoli tra vittime e carnefici, oppure di improbabile ripetizione di quanto già è stato, si ritiene di potere giudicare ciò che avviene con il rigido e acritico ricorso agli schemi interpretativi adottati per comprendere quanto avvenne. 

Senza comprendere non si può agire

Da ciò derivano atteggiamenti di falsa consapevolezza che, nel tentativo di inquadrare una volta per sempre un evento, lo riducono invece ad una sorta di elemento di una sequenza destinata a replicarsi inesorabilmente. Mettere a fuoco la consistenza delle categorie analitiche e interpretative che utilizziamo, quindi, non è un esercizio ozioso e di mera natura intellettualistica, dinanzi all’incalzare dei fatti, bensì una necessità irrinunciabile per comprenderne la specifica natura ed evoluzione. Senza una tale cognizione, la possibilità di intervenire attivamente su di essi, condizionandone consapevolmente i loro esiti, rischia altrimenti di essere annullata. 

Per approfondire

In vista del Giorno della Memoria, puoi approfondire e condividere con la tua classe anche altre videolezioni di Claudio Vercelli:

Non perdere l’appuntamento di lunedì 16 gennaio de Le Umanistiche Live:

Intelligenza Artificiale e progetto

Quale rapporto intercorre tra il mondo della progettazione e Intelligenza Artificiale? “Da una parte”, afferma Marco Vanucci, Design Director di Opensystems Architecture e docente presso la London South Bank University, “lo sviluppo di una conoscenza misurabile, riproducibile algoritmicamente e dunque trasferibile dentro i software di calcolo, ha determinato una maggiore comprensione del progetto e dei suoi effetti”. Dall’altra l’intelligenza artificiale segna un punto di svolta nel rapporto uomo-macchina. Non è facile prevedere con certezza quali nuove prospettive si apriranno nella professione – non esistono, per ora, software di intelligenza artificiale specifici per il design d’architettura- ma “è inevitabile che i nuovi sistemi intelligenti siano destinati a giocare un ruolo determinante nel modo di pensare la città e l’architettura”. 

“Allo stesso tempo -prosegue Vanucci- forme di IA sono in uso da anni nella progettazione. Dai primi esperimenti coi software di auto-progettazione di Nicholas Negroponte e Yona Friedman, all’MIT, al design algoritmico con cui gli architetti progettano l’efficientamento energetico e la distribuzione funzionale di un edificio o i software di calcolo strutturale che simulano l’edificio prima di essere costruito. L’effetto combinato di big data e IA accelera questi processi in maniera esponenziale, rendendo possibile l’interpolazione di una quantità di dati senza precedenti”.

Quale deve essere il rapporto tra quella che lei chiama creatività biologica e quella sintetica?

“La progettazione prevede sempre un rimando, implicito o esplicito, a modelli di riferimento: dall’ordine vitruviano, alle tipologie edilizie, all’architettura parametrica. D’altro canto, da sempre gli architetti disegnano ciò che, potendo essere misurato, può essere costruito. Allo stesso modo, un problema deve essere misurabile per essere automatizzato: l’IA elabora soluzioni attraverso l’interpolazione multidimensionale di una vasta quantità di dati. È in questo senso che le macchine ci aiutano nel calcolo e nell’ottimizzazione di processi complessi che la mente umana non è in grado di elaborare con altrettanta efficienza, precisione e velocità”. 

Quali potrebbero essere quindi le nuove frontiere?

“Come diceva Buckminster Fuller: il miglior modo di predire il futuro è progettarlo. Ritengo sia necessario capire e provare ad ipotizzare scenari di collaborazione con le macchine. Ad esempio, per secoli, le tipologie edilizie hanno dato forma ad architetture e città che raggruppavano la società in categorie produttive e classi sociali. La proliferazione esponenziale di dati e la possibilità di incorporarli nel progetto d’architettura apre le porte ad un ambiente costruito ad alta risoluzione: dati ambientali, strutturali, normativi o dati relativi ai singoli utenti entreranno a far parte del processo architettonico sia in fase progettuale che in fase di gestione attraverso il digital twin (cioè la possibilità di gestire l’immobile, una volta occupato, attraverso informazioni in tempo reale). 

In sintesi: la tecnologia va compresa senza fare delle macchine dei nemici, è qui per aiutarci ad affrontare le grandi sfide della contemporaneità ed occorre comprendere e stabilire processi virtuosi di collaborazione con forme sintetiche di intelligenza. D’altronde, è rinunciando a trasformare il mondo che l’uomo diventa il suo più temibile nemico”. Veronica Rodenigo

Per approfondire

Da Porte Logiche a Parole

Cara lettrice, caro lettore,

oggi parliamo di porte logiche: elementi fondamentali dell’elettronica digitale che sottendono ogni operazione svolta da un computer, le cui proprietà si possono studiare approfonditamente usando il linguaggio matematico. Da questo punto di vista, possiamo immaginare le porte logiche come fossero funzioni: hanno un certo numero di variabili, o input, che possono valere {0, 1}, o {falso, vero}, e restituiscono un certo numeri di valori, anch’essi {0, 1}. Oggi parleremo di porte logiche unarie e binarie, cioè con uno o due input rispettivamente, e un solo output: di fatto le più semplici possibili. Queste costruzioni logiche sono così comuni, semplici ed eleganti, da ritrovarsi anche molto spesso nel linguaggio quotidiano. Analizziamo quindi queste strutture e i paralleli tra logica matematica e lingua italiana.

Le porte logiche AND, OR, XOR e NOT sono il “vocabolario base” dei circuiti digitali. La porta AND restituisce vero (1) solo se tutti gli ingressi sono veri (1), e falso (0) altrimenti. In termini linguistici, “la spiaggia è aperta quando il mare è calmo E c’è il sole” significa che entrambe le condizioni devono essere soddisfatte affinché la spiaggia sia aperta. In termini matematici, potremmo descrivere la funzione f(x,y) = x AND y, come la funzione f(x,y) = min(x,y). Ma ci sono modi più eleganti di ottenere questo risultato, restringendo la nostra aritmetica a utilizzare solamente i valori 0 e 1.

La porta OR restituisce vero se almeno un ingresso è vero. Linguisticamente, “la partita viene annullata in caso di pioggia O di vento forte” ci dice che la presenza di almeno una delle due condizioni comporta l’annullamento della partita. In termini matematici, potremmo descrivere la funzione f(x,y) = x OR y, come la funzione f(x,y) = max(x,y).

La porta XOR, o OR esclusivo, restituisce vero solo se gli ingressi sono diversi tra loro. Questo trova riscontro nella frase “ci troviamo alla stazione O nella piazza principale del paese”, sottintendendo che ci si possa trovare in un solo luogo alla volta. In termini matematici, potremmo descrivere la funzione f(x,y) = x XOR y, come la funzione f(x,y) = |x-y|.

L’operatore NOT è una negazione, trasformando vero in falso e viceversa. Concettualmente è il più semplice, ma le sue implicazioni possono essere profonde quando combinato con altri operatori. In termini matematici, potremmo descrivere la funzione f(x) = NOT x, come la funzione f(x) = 1-x.

Le funzioni possono essere composte tra di loro, cioè eseguite una di seguito a un’altra, facendo in modo che gli output della prima funzione coinvolta diventino gli input della seconda. Questo fenomeno si ritrova anche nella lingua italiana, quando si costruiscono delle frasi subordinate, che diventano componenti di altre frasi. Usiamo la composizione per descrivere in un altro modo la porta logica XOR: la tavola di verità di P XOR Q è la stessa che si ottiene da (P AND (NOT Q)) OR (Q AND (NOT P)). 

In pratica, questo significa che in una scelta esclusiva, come “ci troviamo alla stazione O nella piazza principale del paese”, stiamo in realtà dicendo “ci troviamo alla stazione E non ci troviamo in piazza, OPPURE ci troviamo in piazza E non ci troviamo alla stazione”. Provate a riscrivere in questo modo il detto “O mangi la minestra O salti dalla finestra”.

Approfondiamo ora la negazione di un operatore. Dalla proposizione “la spiaggia è aperta quando il mare è calmo E c’è il sole”, deduciamo che, quando la spiaggia non è aperta, deve essere vero che il mare NON è calmo OPPURE NON c’è il sole. Questo concetto viene espresso come (NOT P) OR (NOT Q). Similmente, negando P OR Q, e sapendo che “la partita viene annullata in caso di pioggia O di vento forte”, se la partita è stata effettuata, allora non ci deve essere stata né pioggia né vento forte. Esprimiamo questo concetto come (NOT P) AND (NOT Q), trovando un corrispettivo più diretto nella nostra lingua grazie alla costruzione “né…né…”.

Questi esempi provengono dalla mostra “Circuiti invisibili” di Curvilinea, che esplora le applicazioni delle porte logiche da varie angolazioni, inclusi linguaggio e matematica, ma facendo anche ponti verso il mondo dell’informatica. Insegnanti, vi incoraggio a scoprire insieme agli studenti come, dalle sabbie digitali dei chip ai fili della comunicazione, i fondamenti della logica matematica e la struttura della nostra lingua si incrociano e si rafforzano a vicenda, dimostrando ancora una volta la meravigliosa intrecciatura tra matematica e realtà.

Grandi predatori e allevamenti zootecnici

Sin da quando l’evoluzione ha portato l’uomo a basare il suo sostentamento sull’agricoltura e sull’allevamento, la convivenza tra animali allevati e grandi predatori rappresenta un aspetto cruciale per la salvaguardia delle specie zootecniche. L’uomo, sin dall’antichità, ha sempre messo in atto diverse strategie per contrastare i numerosi attacchi dei predatori.

Negli ultimi due secoli, con l’avvento delle rivoluzioni industriali che inevitabilmente hanno modificato gli equilibri ambientali, ecologici e sociali, in alcune aree del territorio nazionale i grandi predatori sono scomparsi o il loro numero si è ridotto a pochi esemplari. Questo ha ridotto le criticità sopra citate ma ha comportato anche la perdita di conoscenze e di strategie di difesa che nei secoli hanno permesso agli allevatori di trovare un equilibrio tra fauna selvatica e fauna domestica.

I principali predatori presenti in Italia sono il lupo, l’orso e la lince (anche se quest’ultima è presente con una popolazione di pochi esemplari). Con il ritorno del lupo nell’arco alpino negli ultimi 10 anni il problema si è quindi ripresentato cogliendo di fatto gli allevatori impreparati. Molte ricerche sono state condotte per trovare soluzioni che potessero incontrare le diverse esigenze mitigando l’impatto tra gli allevatori (salvaguardia del patrimonio zootecnico) e l’opinione pubblica (salvaguardia della biodiversità), in accordo con le normative comunitarie (direttiva “habitat” 92/43/CEE).

Nelle regioni del nord Italia è stata documentata la presenza di circa un migliaio di lupi (www.lifewolfalps.eu, 2021/2022). Nella parte occidentale dell’arco alpino la presenza del lupo è dovuta alle migrazioni provenienti dalla Francia dove, peraltro, il numero di capi è di gran lunga maggiore. Nelle Alpi orientali, invece, attualmente sono presenti pochi capi legati alla recente migrazione di una coppia di lupi provenienti dagli stati confinanti (Austria e Slovenia) che si sono insediati nella fascia prealpina tra Veneto e Trentino-Alto Adige (Marucco et al. 2014).

In periodi recenti le numerose e crescenti predazioni da parte dei lupi nei confronti delle specie zootecniche ha creato un forte contrasto tra allevatori, istituzioni e opinione pubblica; se da un lato il contesto sociale e il mondo della ricerca si pongono a favore della presenza e al ritorno del lupo, dall’altra il mondo degli allevatori si pone nettamente a sfavore. Gli allevatori affermano che i lupi causano pesanti danni al comparto zootecnico, mentre società e ricerca la pensano in modo nettamente opposto (Bele et al., 2022). I dati scientifici danno ragione a questi ultimi, infatti, il numero di predazioni da parte del lupo nelle Alpi orientali (Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) nel periodo che va dal 2012 al 2020, non supera l’1% del patrimonio zootecnico di ogni singola regione attestandosi anche a valori nettamente inferiori (Bovolenta et al., dati non pubblicati).

Per quanto riguarda le predazioni a carico dell’orso, la situazione è ben diversa in termini di presenza del plantigrade nel territorio alpino e in termini di casi segnalati. Nel periodo che va dal 2012 al 2020, le predazioni a carico di animali allevati nelle Alpi orientali (Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia), sono esigue e addirittura in diminuzione. Alla luce di quanto detto, quali sono le possibili misure di mitigazione da implementare e quali sono gli attori coinvolti per arrivare a un contenimento efficiente del fenomeno?

Il prof. Ramanzin dell’Università degli Studi di Padova suggerisce delle linee guida per mitigare gli impatti e i conflitti sorti dalla presenza dei predatori. Il presupposto iniziale è che il contenimento numerico ottenuto a seguito di abbattimenti autorizzati, è impraticabile in quanto espressamente in contrasto con le norme comunitarie (direttiva “habitat” 92/43/CEE). Servono quindi dialogo e sinergie tra i diversi attori coinvolti.

Le istituzioni politiche dovrebbero mettere a disposizione finanziamenti che non solo coprano l’acquisto dei sistemi di protezione del bestiame e dei pascoli ma soprattutto dovrebbero garantire un supporto alla gestione delle strategie adottate dando indicazioni e linee guida chiare. Inoltre, dovrebbero garantire rimborsi adeguati e tempestivi che non richiedano complicazioni burocratiche per gli allevatori.

La ricerca dovrebbe supportare ed essere supportata dalla governance politica per diffondere una corretta conoscenza dei sistemi ecologici e dei comportamenti del lupo, fornire un supporto per garantire sistemi di protezione efficaci monitorando costantemente gli impatti e, infine, ricercare strategie di adattabilità e resilienza dei diversi sistemi di allevamento.

La realtà evidenzia come le popolazioni del lupo si siano insediate e adattate a questo “nuovo” ambiente e siano ancora in continua espansione. Occorre pertanto trovare soluzioni di convivenza implementando soprattutto opere di prevenzione ma anche di difesa al fine di limitare e contenere i danni. Una vera e propria soluzione, al momento non esiste in quanto gli stakeholders coinvolti sono molteplici e tutti presentano motivazioni, ragioni e sensibilità nella comprensione del fenomeno diverse ma al contempo tutte fondate e ragionevoli. La strada da percorrere per tutti gli attori è quindi il dialogo aperto, al fine di beneficiare degli aspetti ecologici, ambientali e sociali che apporta la biodiversità.

Per approfondire lo studio delle produzioni zootecniche consulta il corso di Produzioni animali di A. Veggetti, F. Tesio, F. Cagliero.

La desconocida tregua de Navidad de 1936

Nochebuena 1936, monte Kalamua, País Vasco, España – 

En julio de 1936 había estallado la Guerra civil española y en diciembre del mismo año los dos bandos seguían luchando en todo el país. Los combatientes que estaban en el Kalamua en la Nochebuena de 1936 protagonizaron algo que seguramente pasó en todos los frentes  ese día, en esa guerra y en otras guerras, en un episodio muy similar al ocurrido en la Primera Guerra Mundial  conocido como “La tregua de Navidad de 1914”. 

Los dos grupos se encontraron a la mitad justa de los parapetos y se dieron la mano; los milicianos ofrecieron a los requetés intercambiar sus periódicos; echaron un trago de vino y cambiaron cigarillos. 

¿No sería mejor que se marcharan todos, cada uno a su casa? Pues sí, pero estaban en guerra.

ACTIVIDADES

COMPRENSIÓN Y ANALISIS DE un ARTÍCULO de PERÍODICO

Antes de leer el artículo sobre la tregua de Navidad de 1936, comparte con tus compañeros las informaciones que ya tenéis y pregunta a la profesora lo que no sabéis con respecto al contexto histórico de este acontecimiento, y en particular:

  • el estallarse de la Guerra civil española;
  • los milicianos/los requetés;
  • el socialismo español;
  • los carlistas.

Ahora lee el artículo La desconocida tregua de Navidad de 1936 en el monte Kalamua (abc.es) y contesta a la siguientes preguntas:

  •  ¿En qué zona de España tuvo lugar este acontecimiento histórico?
  • ¿Qué pasó ahí entre milicianos y nacionalistas la Nochebuena de 1936?
  • ¿Qué objetos intercambiaron los dos bandos?
  • ¿Tenemos hoy alguna evidencia de lo que pasó ese día?

En clase, todos juntos o divididos en grupos, comentad las siguientes frases, explicando qué aspectos subrayan de la guerra civil y de sus protagonistas: Entre los requetés había algunos que iban a volver a Pamplona y que se ofrecieron a llevar una carta a la madre de Goñi , que él escribió enseguida para entregársela. Echaron un trago de vino, le obsequiaron con un puro y cambiaron cigarrillos”.

Sin darse apenas cuenta, Goñi se encontró en un grupo de entre unos veinte requetés, a un paso de sus posiciones. «¡Y pensar que en Pamplona me hubieran fusilado como a un perro!», pensó este miliciano socialista achacando la ideología de estos muchachos del campo, a haber nacido en pueblos de solera carlista «donde merced a la intransigencia de los caciques carlistas y a la imbecilidad de gobernadores republicanos era casi imposible dejar oír la voz de nuestras ideas.

Lentamente se alejan los requetés. Al verlos marchar se agolpan muchas ideas en mi cerebro. Tantas que para no armarme un lío sentimental, a cuenta de las crueldades de la guerra, acelero el paso para devorar la comida que, humeante y suculenta, me aguarda al otro lado de nuestras trincheras”.

A mí aquello no me parecía bien, era un disparate, media hora después podíamos estar matándonos y esas cosas creaban desánimo y desconcierto entre la gente», confesaba el voluntario carlista, que le dijo a Ureta: « Mi capitán, después de esto, ¿no sería mejor que dejásemos esto y nos marcháramos todos, ellos y nosotros, cada uno a su casa? ».«Y me contestó: « pues sí, sería mejor… pero es que estamos en guerra”.

ANALISIS DE LOS DOCUMENTOS

Busca en la Bibioteca foral de Bizkaia el artículo de José Goñi Urriza sobre la tregua de Navidad, en la sección “Hemeroteca” – Periódicos – “La lucha de clases: semanario socialista obrero” – 26/12/1936

Lee los títulos de los artículos y comenta la posición política de este períodico en el contexto de la época: 

  • ¿Qué bando apoyaba en la guerra civil?
  • ¿Las noticias que aparecen cómo describen el conflicto y a sus protagonistas?

Lee el reportaje de José Goñi en la página 6:

  • Resume con tus palabras la escena que describe el autor, de la que ha sido protagonista.
  • ¿Cómo describe en sus recuerdos la situación política y social de su “querida Navarra”?

En la última parte del artículo, ¿qué opinión da el autor con respecto a:

  • la guerra;
  • sus protagonistas que luchan en las trincheras;
  • los que están en la retroguardia?

COMENTARIO DE FOTOGRAFÍAS

Observa las fotografías de los “Combatientes de ambos bandos en el frente del Kalamua el 24 de diciembre de 1936.” que se publicaron en su día en el artículo de José Goñi Urriza  y describe qué hacen los soldados y cómo se relacionan entre ellos los dos bandos.

C’est bientôt Noël, prenons nos responsabilités !

Eh bien oui, notre imaginaire de Noël risque d’être compromis et notre planète aussi. Cette période de l’année qui nous fait tant rêver pourrait se transformer en menace pour notre environnement. Alors comment faire pour devenir un écocitoyen (c’est-à-dire se sentir concerné par le respect et la préservation de l’environnement et agir en conséquence dans sa vie quotidienne) ? Voici quelques idées.

Un sapin pas comme les autres 

Qui n’a jamais eu envie d’ouvrir ses cadeaux auprès d’un vrai sapin, au bon parfum de forêt ? Oui, joli, mais pas très écologique, vous me direz. Et bien, sachez qu’aujourd’hui il est possible de louer son sapin de Noël naturel et de le replanter ensuite ! On le sait, les sapins artificiels sont en plastique et donc fabriqués à partir de produits dérivés du pétrole non biodégradables. Certaines entreprises (par exemple Ecosapin) ont lancé sur le marché un nouveau service : vous choisissez votre sapin en ligne, ils vous le livrent dans un pot et après Noël, ils viennent le reprendre pour le replanter. Voilà une initiative écoresponsable à encourager. Et pour ceux qui ont déjà acheté un vrai sapin, pas de panique : vous pouvez appeler des services de collecte qui le transformeront en compost (transformation des déchets organiques en nutriment naturel pour les plantes). Intéressant n’est-ce pas ? Regardez cette vidéo et laissez-vous convaincre ! 

Du plastique, toujours du plastique : quoi faire côté déco ?

Pourquoi ne pas choisir des décorations en matières naturelles ? Nous avons tous un parc près de chez nous pour aller ramasser des dizaines de petits trésors : morceaux de bois, feuilles, écorces, petits cailloux ou encore pommes de pin. Tout le nécessaire pour fabriquer de belles décorations, naturelles et surtout originales.

Et pour le menu ? Bien composer les assiettes : repas sain et environnement sauf !

Manger moins de viande, éviter le gaspillage alimentaire : Noël devient l’occasion pour se poser quelques questions concernant nos choix alimentaires. Prendre conscience de ce que nous consommons et jetons à la poubelle va permettre de contribuer au changement de mentalité que réclame la planète. Consommer des produits locaux, ne pas acheter trop d’aliments pour ne pas les jeter après les fêtes ou encore proposer des plats végétariens sont de bons points de départ. Et que faire si nous avons des restes malgré tout ? Pensons à composter, bien-sûr ! Nos plantes nous remercieront et nous éviterons ainsi d’augmenter les émissions de méthane à la décharge (lieu où l’on jette les déchets).

D’accord, mais concernant notre tenue vestimentaire ? Y-a-t-il quelque chose à faire ?

Là aussi, nous pouvons prendre position pour réduire l’impact sur le climat. Pensons à louer notre tenue du réveillon, à porter quelque chose que nous avons déjà en le personnalisant. On pourrait choisir des vêtements de seconde main ou bien, si l’on commande en ligne, contrôler que le service de livraison soit responsable. Beaucoup de marques sont devenues durables (elles répondent aux besoins du présent sans compromettre la capacité des générations futures à répondre aux leurs) et cherchent à consolider un modèle de mode étique. Ces dernières sont parmi les signataires de la Charte de la mode. Par exemple, Stella McCartney fait partie de ces personnalités qui ont voulu s’engager et lutter pour un changement de politique et de réglementation afin d’encourager les entreprises durables et la décarbonisation de l’industrie de la mode (ensemble des mesures et techniques mises en place en vue de limiter l’empreinte carbone). Ces actions permettront de protéger l’environnement et bien-être des humains et des animaux. 

Maintenant vous savez tout, nous pouvons vous souhaiter un Joyeux éco-Noël ! Côté moyen de transport, nous pouvons être tranquilles… le traineau et les rennes sont super green !