Educazione Civica: “M’illumino di meno”

Il 16 febbraio di ogni anno ricorre l’anniversario della Giornata Nazionale del Risparmio Energetico e degli Stili di Vita Sostenibili anche conosciuta come M’illumino di menoCome ogni giornata dedicata a un evento o una tematica particolare, questa vuole essere un momento per avviare delle riflessioni che non si esauriscano con la giornata stessa ma che diano il via a buone pratiche per un cambiamento durevole nel tempo.

Questa giornata in particolare, nata nel 2005 dal programma radiofonico Caterpillar condotto da Massimo Cirri e Sara Zambotti sui temi della salvaguardia del pianeta e dei pericoli ambientali, ci fa capire quanto il sentire comune e il passaparola possono fare la differenza. Nell’edizione 2024, infatti, a partecipare all’iniziativa sono state 9.998.741 persone. 

Sul sito ufficiale sono indicati i principi fondamentali di M’illumino di Meno:

  • Educazione ambientale per promuovere consapevolezza ambientale attraverso il racconto di notizie e storie di sostenibilità;
  • Comunità per costruire una comunità dinamica intorno a un repertorio condiviso di buone pratiche ambientali;
  • Partecipazione per incentivare l’azione e la partecipazione attiva nella realizzazione di iniziative sostenibili.

Ma come partecipare attivamente?

Sul sito è presente un decalogo di azioni che possono essere messe in pratica al fine di partecipare attivamente a questa giornata. La prima azione, che è quella più rappresentativa dell’evento e che viene proposta anche da molti comuni ed enti pubblici, è spegnere e far spegnere le luci, a cui seguono la cena  a lume di candela preparando una cena antispreco con gli avanzi, il muoversi senza auto, organizzare un’attività di sensibilizzazione, piantare alberi, piante e fiori, fare economia circolare, condividere viaggi in auto, il wi-fi e tutto ciò che consuma risorse, organizzare un evento non energivoro, fare efficientamento energetico e abbassare il riscaldamento.

Il decalogo è scaricabile in formato pdf sul sito ufficiale.

Oggi con questo articolo e progetto vorremmo dare il nostro contributo alla diffusione di questa valida iniziativa. Il libro che abbiamo scelto questo mese per accompagnare l’azione didattica è “I mostri che minacciano il pianeta. Scopri come difendere la Terra!” di Marie G. Rhode edito da Mondadori. Si tratta di un albo illustrato molto interessante che descrive la Terra come un luogo assediato da pericolosissimi mostri e di cui abbiamo già letto altre pagine in occasione di altri due articoli rispettivamente Educazione Civica: “Un passo alla volta, faccio la differenza! e Educazione Civica: il lapbook sulla raccolta differenziata.

Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:

  • prima parte: lettura espressiva della storia;
  • seconda parte: presentazione del lavoro;
  • terza parte: video tutorial con i passaggi per realizzare il telefono della chiamata all’azione.

VIDEO

Materiali

LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

Apprendere per scoperta

Cosa vuol dire “apprendere per scoperta”?

Osservando le nostre classi è sempre più evidente e chiara la necessità che alunni e alunne siano implicati direttamente nei processi di apprendimento, con un coinvolgimento significativo e pratico. D’altronde è proprio quello che ben dichiarano le Indicazioni Nazionali, ma sicuramente anche i nostri curricoli d’Istituto.

Apprendere per scoperta significa proprio mettere la classe davanti ad una sorta di domanda di ricerca rispetto ad una questione, un materiale, un elaborato, un testo, e far sì che siano gli alunni e le alunne direttamente a scoprire la regola o la definizione, mettendo in atto le strategie e le modalità che ciascuno preferisce. Se poi il tutto viene fatto in piccoli gruppi, allora davvero si innescherà in ciascuno la capacità di problem solving e di attuazione di ipotesi ben distanti dall’apprendimento meccanico e mnemonico. 

Come affermano i teorici dell’apprendimento significativo (tra i principali ricordiamo Ausubel, Rogers, Jonassen, Novak, ecc), dobbiamo predisporre attività che si fondino sulla costruzione attiva di significati da parte degli alunni e delle alunne, che ci sia un collegamento concreto con l’ambiente di apprendimento e che il tutto si svolga in modo collaborativo.

La grammatica per scoperta

Un campo su cui è possibile già sperimentare ad esempio è proprio quello della ricerca collettiva per scoperta delle regole della nostra lingua. Vediamo nella pratica, con un esempio facile, come si può fare:

→ scopriamo la regola di QU e CU in classe seconda

  1. Per dare un aggancio emotivo, senza accenni alla regola, leggiamo lungo la settimana due albi illustrati che contengano nel titolo una parola con QU e una parola con CU (La quaglia e il sasso – Il giardino curioso). Le due parole saranno poi due riferimenti utili a cui tornare una volta scoperta la regola. 
  2. Nei giorni successivi consegniamo alla classe, suddivisa in coppie o piccoli gruppi, una lista di parole da tagliare. 
  3. Diciamo loro che le parole vanno divise in due gruppi, che spetta a loro scegliere il criterio. 
  4. Diamo il tempo necessario al loro lavoro e alla riflessione
  5. Condividiamo le scoperte di ciascun gruppo e riflettiamo su altre possibili suddivisioni che nessuno ha considerato. 
  6. Alla fine l’insegnante invita la classe a ragionare sulla suddivisione (uscita sicuramente da almeno un gruppo, altrimenti li invitiamo a trovare ancora altre possibili suddivisioni), tra parole che si scrivono con CU e parole che si scrivono con QU. 
  7. Ragionando insieme scopriamo che il suono delle parole sembra uguale a sentirlo.. Allora come fare a capire se ci va la C o la Q? Si invitano i bambini e le bambine a ritornare sulle parole e a cercare un criterio, una regola, qualcosa che ci possa suggerire quando usare una lettera oppure un’altra.
  8. Alla fine insieme si co-costruisce la regola, grazie alle scoperte che ciascuno ha fatto.

Lo stesso può essere applicato alla scoperta di alcune tipologie di complementi, di strutture linguistiche, e perché no, anche a regole e concetti matematici.

Le caratteristiche testuali per scoperta

Le riflessioni fatte fin qui valgono ancor di più per quanto riguarda i generi letterari. Spesso nei libri di testo troviamo in prima pagina mappe e schemi, per dare a bambini e bambine in partenza le regole e le caratteristiche di quel genere specifico. Il lavoro invece dovrebbe partire prima di tutto dal testo, dai testi, da una lettura attenta, da un ascolto specifico. Prima ci immergiamo in una tipologia, andiamo a fondo, proviamo a farci domande, a capire quali connessioni si creano, e solo dopo allora confronteremo quanto scoperto con le regole date. Partiamo dal testo per tornare al testo: mettiamo le mani in pasta, perché è così che davvero diventiamo partecipi e co-costruiamo la conoscenza.

Questo tipo di ragionamento ha accompagnato la stesura del nuovo libro di lettura Leggo, sento, imparo. Nel volume di letture infatti si parte proprio da un brano, dal suo ascolto, dall’immersione, in modo che alunni e alunne siano prima protagonisti nella scoperta delle caratteristiche, e solo dopo si confrontino con le regole della tipologia testuale. Alla fine, ci interessa che sappiano guardare con curiosità ad ogni testo che leggono, per la scuola o no, per scoprire ciò che gli interessa, per saper trarre le informazioni utili, sapendo andare a fondo di quanto scritto. Solo così allora potremo abituarli ad essere attivi e co-costruttori di conoscenze.

Come si potrà immaginare, questo tipo di lavoro richiede tempo, materiali, pazienza. Sarebbe molto più semplice dettare la regola sul quaderno e svolgere poi una serie di esercizi, dare le caratteristiche testuali, gli indicatori di una civiltà e farli imparare a memoria. Ma le neuroscienze ci dicono che quando sono i bambini e le bambine che sul campo co-costruiscono le regole, le scoprono, le sperimentano, l’apprendimento diventa significativo, si fissa in modo più saldo. Facciamo scelte intelligenti, meglio poco ma ben fatto, ma soprattutto, non diamo loro regole preconfezionate, da imparare a memoria e ripetere, diamo loro strumenti per pensare.

Per appronfondire

  • Lo Duca, M. G. (2013). Esperimenti grammaticali. Roma: Carocci.  Un approccio intelligente alla riflessione sulla lingua. Carocci.
  • Lo Duca, M. G. (2013) Lingua italiana ed educazione linguistica. Roma: Carocci. Un’introduzione generale agli studi sull’educazione linguistica. Carocci
  • Lo Duca, M. G. (2018) Viaggio nella grammatica. Esplorazioni e percorsi per i bambini della scuola primaria. Carocci 

Libros para aprender español, ¡hay para todos!

Los idiomas no se aprenden solo estudiando con libros de gramática: también los libros de narrativa pueden ser una manera entretenida para mejorar los idiomas extranjeros. En este artículo te voy a aconsejar tres para que puedas elegir y entrenarte en español.

La sombra del viento de Carlos Ruiz Zafón

Con este libro empieza una de las sagas novelísticas más famosas de nuestro tiempo. Ruiz Zafón ha escrito un libro mágico que sigue robando el corazón de miles de lectores. En 1945 un muchacho es llevado por su padre a un lugar oculto en el centro de Barcelona: El Cementerio de los Libros Olvidados. Allí se encontrará con un libro misterioso y maldito que va a cambiar su vida y a desenterrar los secretos más oscuros de la ciudad. Ambientado en Barcelona en el siglo XX, este libro va mezclando la comedia de costumbres con la novela histórica. Si te gustan las historias de intriga, amor, historia y magia te aconsejo que lo leas para entender el contexto urbano español de la época y explorar el lenguaje utilizado en las novelas de este género. 

Todo esto te daré de Dolores Redondo

Ambientado en la magnífica zona de la Ribeira Sacra en Galicia, este libro se centra en Manuel, un escritor, y su personal investigación sobre la muerte de su marido Álvaro. En este lugar de leyendas y mitos, donde la lógica no puede con todo, Manuel se lanzará en la reconstrucción de la vida secreta de Álvaro luchando contra el miedo de haber vivido en un mundo de ficción y el amor por quien fue su marido. Si te gustan los relatos policiacos este libro te ayudará a aprender el lenguaje de este tipo de novelas y a descubrir los lugares maravillosos del norte de España. 

La casa de los espíritus de Isabel Allende

Isabel Allende es una escritora chilena de fama internacional y es considerada como la escritora de lengua española, aún en vida, más leída en el mundo. La casa de los espíritus es su primer libro: en esta saga familiar sobre una familia de terratenientes chilenos se van mezclando amor y magia como reflejo del futuro de un pueblo. Ambientada en Chile, esta novela te ofrece la oportunidad de explorar la historia chilena y los horrores de la guerra que llevaron al golpe de Pinochet. La tensión histórica de la época se mezcla con los sueños individuales, el amor con la revolución y lo maravilloso con la realidad política: este libro es una verdadera obra de arte que no te puedes perder. 

Historias atractivas y personajes memorables, esto es lo que estos libros pueden ofrecerte. Página tras página tendrás tu propia visión de España y Latinoamérica, y mientras lees, entre un escritor en Galicia y una familia chilena, sin darte cuenta, estarás también mejorando tus habilidades lingüísticas. ¡Buena lectura!

L’autrice

Alba di Egness, madrelingua spagnola, laureata in economia e con un master in marketing, si trasferisce in Italia nel 2016 e si specializza nell’insegnamento dello spagnolo per studenti di madrelingua italiana. Content creator e Fondatrice dell’Accademia Egness, la prima scuola online di spagnolo per italiani.

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Come raccontare la tavola periodica

155 anni fa, il 6 marzo del 1869 Dmitrij Ivanovič Mendeleev presentò alla Società Chimica Russa il risultato di anni e anni di lavoro: una tabella. Messa così, potrebbe quasi sembrare una scoperta di poco conto, ma in quella tabella si stava mettendo ordine tra tutti gli elementi noti all’epoca. Non era il primo tentativo di razionalizzare gli elementi, ma in qualche modo fu quello che riuscì a convincere più persone della validità del suo sistema di classificazione. A quel tempo la chimica era un mosaico frammentario di osservazioni e scoperte. Uno degli scopi di Mendeleev, che aveva studiato come chimico e come insegnante, era proprio trovare i principi chiave e sistematizzare le conoscenze chimiche. 

Quel che fece fu incredibilmente semplice, ma efficace: raccolse in un elenco tutti i 65 elementi allora conosciuti e poi li trasferì su cartoncini, dove aggiunse anche le proprietà fondamentali di ogni elemento, compreso il peso atomico. Mendeleev comprese che il peso atomico era in qualche modo importante – il comportamento degli elementi sembrava ripetersi all’aumentare del loro peso atomico – ma non riusciva ancora a vederne lo schema. Secondo quanto riportò, l’illuminazione gli avvenne in sogno. 

“In sogno ho visto un tavolo in cui tutti gli elementi si sistemavano come richiesto. Al risveglio l’ho subito trascritto su un pezzo di carta”.

Ci impiegò solo due settimane a raggruppare i dati e gli elementi, ma fece un passo in più e fu quello che gli permise di distinguersi tra tutti quelli che proposero le prime classificazioni, ovvero fece anche previsioni sugli elementi mancanti, dove lui e altri studiosi avevano lasciato dei “buchi”. Quello che convinse tutti della bontà dell’idea di Mendeleev fu proprio la scoperta di alcuni elementi (come il Gallio o il Germanio) che possedevano esattamente le stesse caratteristiche predette dallo scienziato russo. 

Raccontare la tavola periodica non è facile. Vedendola già realizzata, la logica della sua organizzazione appare quasi scontata, ma ottenere quel risultato ha richiesto lo sforzo estremo di mettere ordine in un caos che apparentemente non aveva confini e che racchiude tutta la materia nota (e ignota). Sono tante le storie dentro la tavola periodica che ci permettono di far capire che la sua scoperta non è la semplice trascrizione di un sogno, è un tentativo lungo secoli di classificare e ordinare la natura. È l’apoteosi della nostra pulsione di razionalizzare e comprendere il mondo che ci circonda. Proprio per questo, dietro ciascuna di quelle 118 caselle si nascondono storie e aneddoti intriganti che ci permettono di vedere la chimica con altri occhi, e che ci  mostrano uno spaccato della più intima natura umana, con i suoi alti e bassi, genialità e follia.

Fin dall’inizio dei tempi abbiamo avuto bisogno ascoltare e raccontare storie. Queste storie ci servivano (e ci servono) per interpretare noi stessi e la realtà, per questo le raccogliamo con attenzione e le raccontiamo attraverso i secoli. La tavola periodica non è dissimile da una grande raccolta epica, con incredibili storie nascoste dietro a ciascuna delle sue molte caselle. Penso che un modo per far capire che i fili che hanno portato alla trama ordinata della sua scoperta sono tutti intrecciati, sia raccontare le vite degli scienziati. Molto spesso conosciamo i nomi degli scopritori degli elementi e delle leggi della fisica e della chimica, ma non sappiamo nulla degli uomini e delle donne dietro quei nomi, delle loro aspirazioni, dei loro sogni, dei loro difetti. Vengono visti come figure quasi mitologiche e distanti dal resto dell’umanità, ma la realtà è molto diversa

Henry Cavendish, primo ad isolare l’idrogeno e a comprendere la composizione dell’aria che respiriamo, era una figura mite e schiva, che riusciva a parlare alla sua servitù tramite bigliettini e mai guardando le persone negli occhi. Conduceva le sue ricerche in totale solitudine e si racconta che quando un giorno una cameriera entrò per errore nella sua stanza, egli rimase così sconvolto da quella inaspettata presenza da licenziarla in tronco. 

Robert Bunsen, professore amatissimo dai suoi studenti, che avevano raccolto tutti gli aneddoti divertenti della sua vita nell’opera Bunseraria, era solito usare la sua invenzione, il famoso “becco di Bunsen” per controllare la composizione del tabacco dei suoi sigari cubani, per assicurarsi che il venditore non lo stesse truffando con robaccia a buon mercato. 

Lise Meitner, che scoprì il protoattinio e a cui è stato dedicato il Meitnerio, ebbe un ruolo fondamentale nella divisione dell’atomo, ma per tutta la vita le fu negato il riconoscimento del suo lavoro, tanto che fu il suo collega Otto Hahn ad ottenere il premio Nobel, mentre a lei toccarono per lo più lavori sottopagati. 

Dopo aver parlato dei protagonisti delle scoperte, si può parlare dell’origine dei nomi. Se Polonio e Americio ci riconducono immediatamente alle terre che hanno dato i natali a Marie Curie e Seaborg, ci sono nomi più oscuri e dal significato meno immediato, come ossigeno, che deriva da  ὀξύς, (oxýs) “acido” e la radice γεν-, (ghen-), che significa “generare”, perché al momento della denominazione si riteneva erroneamente che entrasse nella composizione di tutti gli acidi. I nomi più antichi sono associati a divinità e pianeti, mentre i nomi più moderni hanno un filo che li collega alle scoperte più recenti del periodo, come il Palladio, che è legato all’asteroide Pallade, individuato nel 1802, un anno prima dell’elemento. 

Il nome dell’elemento 27, il cobalto, deriva dal greco κόβαλος (cobalos) che significa “folletto”, spirito dispettoso. Il nome potrebbe essere stato dato da alcuni minatori che, cercando l’argento, trovarono invece un metallo decisamente meno prezioso, il cobalto appunto, incolpando della cosa qualche coboldo dispettoso. A volte il nome si riferiva proprio al posto in cui l’elemento era stato scoperto, come l’elemento stronzio, nome che si ispira a Strontian, un villaggio della Scozia e il cui nome deriva dal gaelico e si può tradurre con “promontorio della collina delle fate”. In ultimo, ci sono i nomi che sono assegnati a richiamare una proprietà dell’elemento, come rubidio, che deriva dal colore rosso scuro per gli antichi, “rubidus” oppure il rodio, che richiama il greco ροδον (rhodon), dal colore rosa dei suoi sali, o ancora il mercurio, ὑδράργυρος (hydrargýros) che significa “argento liquido”.

Da quando la scoperta di nuovi elementi chimici avviene in laboratorio, dove sono stati prodotti artificialmente, sono sorte nuove esigenze per l’assegnazione di nome e simbolo. Anche il processo di denominazione degli elementi è interessante da comprendere, così come è interessante comprendere come funziona la IUPAC, acronimo per “Unione internazionale di chimica pura e applicata” e che ha risolto anche diverse controversie nazionalistiche circa i nomi degli elementi. Un esempio è la denominazione del rutherfordio. In tempo di guerra fredda, anche la scoperta di un nuovo elemento poteva essere fonte di orgoglio nazionalistico e dimostrazione di superiorità. I sovietici sostenevano di averlo sintetizzato per primi l’elemento 104 e proposero il nome “kurchatovio”, in onore di Igor’ Kurčatov, ex capo della ricerca nucleare sovietica, oppure il nome “dubnio” poiché la scoperta era stata fatta vicino a Dubnia. Gli Stati Uniti d’America, che a loro volta si attribuivano il merito della scoperta, proposero rutherfordio in onore di Ernest Rutherford, premio Nobel per la chimica 1908. A lungo l’elemento 104 ebbe quindi due nomi, finché la IUPAC non decise di dirimere la questione. 

Anche se alla IUPAC a volte sfugge qualcosa. Sembra che Seaborg propose come simbolo per il Plutonio alla IUPAC non “Pl”, bensì “Pu”, corrispondente al verso fatto da un bambino di fronte a qualcosa di maleodorante Gli piaceva infatti immaginare che tale nuovo elemento avesse un cattivo odore: pensava che tale burla sarebbe stata bocciata, invece è diventato il simbolo che troviamo ancora oggi per l’elemento 94. Un ultimo consiglio che mi sento di dare è quello di spiegare il risvolto pratico di ogni elemento. Perché è facile parlare di età del rame ed età del bronzo, trovando una correlazione evidente tra stagno e rame e sviluppo dell’umanità. Esistono però elementi che utilizziamo ogni giorno senza saperlo, dallo zolfo che ci permette di avere oggetti in gomma che non si sciolgono al caldo e si sbriciolano al freddo, allo stronzio che si utilizza nei fuochi d’artificio colorati di rosso, al magnesio che ci ha regalato le prime foto con flash, al manganese che ci permette di ottenere leghe particolari su cui possono viaggiare treni ad alta velocità. Insomma, c’è tanto da narrare e intrecciare, a volte con collegamenti noti, altre volte con storie intriganti e curiose e che spesso sforano più in leggende e aneddoti…ma contribuiscono comunque a segnare i confini della nostra mappa del tutto: la tavola periodica. 

Lettura consigliate

  • Mendeleyev’s dream, the quest for the elements, Paul Strathern, Penguin Books, 2000, racconta del passaggio tra alchimia e chimica, culminando nella scoperta di Mendeleev;
  • Cracking the elements, Rebecca Mileham, Cassel Illustrated, 2018, una raccolta con molte immagini e disegni di tutti gli elementi conosciuti e del loro utilizzo;
  • The elements, a visual history of their discovery, Philip Ball, Thames & Hudson, 2021, dall’alchimia alla scoperta degli atomi più pesanti, storia, tavole e illustrazioni mettono ordine nella scoperta degli elementi;
  • Antimony gold and Jupiter’s wolf, how the elements were named, Peter Wothers, Oxford University press, 2019 racconta la storia dell’origine dei nomi degli elementi, il loro uso (antico e moderno) e diversi aneddoti interessanti;

L’autrice

Eva Munter, su Instagram è Chimica in pillole.

Intelligenza Artificiale – cosa c’è dietro ChatGPT

ChatGPT è stato rilasciato da OpenAI nel novembre 2022, diventando immediatamente il Chatbot AI più noto e diffuso al mondo, contribuendo a far esplodere l’interesse verso il settore dell’intelligenza artificiale. Secondo alcuni studi è diventata l’applicazione con la crescita più rapida della storia di Internet, con oltre 100 milioni di utenti attivi in due mesi.

Un Chatbot AI non è altro che un tool che permette agli utenti di avere conversazioni simili a quelle umane generando un testo in risposta ai messaggi dell’utente, detti prompt. Ma come funziona questa tecnologia? Chat GPT, come altri chatbot, si basa su due componenti fondamentali:

  • Large Language Models (LLM): modelli di linguaggio
  • Transformer Neural Network (NN): reti neurali 

Le reti neurali sono algoritmi composti da nodi interconnessi chiamati neuroni. I neuroni sono unità di calcolo associate a funzioni matematiche pensate per imitare il funzionamento dei neuroni umani. A ogni connessione è associato un peso che influenza il flusso di informazioni nella rete. I neuroni sono raggruppati in diversi livelli e avere una rete con tanti livelli significa avere una rete profonda, o  Deep Neural Network, da cui deriva il Deep Learning.

I modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) sono l’anello di congiunzione tra i modelli di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) e il Deep Learning. Questi modelli, composti da reti neurali con milioni di neuroni e miliardi di connessioni sono in grado di generare un testo leggibile dall’uomo in varie lingue e imparano a generare un testo.

I Transformer in questo caso non sono robot antropomorfi che si trasformano in automobili, come abbiamo visto al cinema, masono una tipologia di rete neurale in grado di comprendere il contesto di una sequenza di parole grazie a un concetto chiamato attenzione. L’attenzione permette di assegnare un diverso livello di rilevanza alle varie parti di una frase in base al significato semantico e alla posizione degli elementi che la compongono.

Questi modelli vengono pre-addestrati in modo automatico (non supervisionato) su una mole di dati raccolti da Internet e vengono sottoposti a un addestramento supervisionato dall’uomo per perfezionarne l’accuratezza.

Un Chatbot intelligente (ma che ancora non si applica)

Chat GPT basa quindi tutta la sua conoscenza sui dati con i quali è stato addestrato e risponde in base a un sofisticato modello matematico. Proprio per questo è stato definito come un ‘pappagallo stocastico’ (stochastic parrots) in quanto la sua intelligenza consisterebbe nel rielaborare conoscenza senza generare nulla di nuovo, anche se alcuni stanno iniziando a teorizzare come questo tipo di modelli possa anche agire a un livello più profondo.

I modelli come Chat GPT permettono di effettuare conversazioni simili a quelle umane e generare un testo grammaticalmente corretto, possono quindi rispondere alle domande, riassumere un testo e tradurlo in diverse lingue. Possono inoltre migliorare nel tempo grazie ai feedback e all’apprendimento continuo. Per contro però, sono proni a errori di vario tipo: per esempio possono dare risposte plausibili ma sbagliate, perché la veridicità delle informazioni su cui si basa il loro addestramento non è verificata; oppure possono costruire delle risposte assurde quando non capiscono la domanda. Infine, la loro conoscenza si ferma a un certo istante nel tempo che dipende dalla versione del modello: quanto successo dopo è per loro una pagina bianca.

Approfondimenti

Plongez dans le monde de la bande dessinée

Bienvenue dans le monde vibrant et captivant de la bande dessinée ! Fans de longue date ou débutants, préparez-vous à un voyage à travers les époques et les styles qui ont marqué cette forme d’art.

Découvrez les origines 

L’histoire de la bande dessinée remonte à des décennies, voire des siècles. Des pionniers comme Hergé ont créé des œuvres intemporelles telles que les aventures de Tintin, un reporter intrépide dont les escapades ont captivé des générations entières de lecteurs. Suivez Tintin dans ses voyages autour du monde et plongez-vous dans des histoires palpitantes qui mêlent suspense, humour et aventures exotiques.

Explorez la modernité

Mais la bande dessinée ne se limite pas aux classiques. Explorez le paysage actuel de la bande dessinée avec des œuvres modernes qui repoussent les limites de l’imagination. Des mangas japonais, comme Naruto, transportent les lecteurs dans des mondes fantastiques remplis d’action, d’amitié et de mystère. Plongez dans des aventures épiques et suivez les héros qui affrontent des défis impossibles et découvrent leur propre force intérieure.

Fêtez l’art avec le Festival international de la bande dessinée d’Angoulême

Chaque année, des milliers de fans du monde entier se rassemblent à Angoulême, en France, pour célébrer l’art de la bande dessinée lors du Festival international de la bande dessinée d’Angoulême. Avec des expositions, des conférences, des séances de dédicaces et bien plus encore, le festival offre une expérience immersive pour les jeunes lecteurs qui souhaitent rencontrer leurs artistes préférés, découvrir de nouvelles œuvres et plonger dans la culture de la bande dessinée. 

Continuez l’aventure en ligne 

Et si voulez continuer à explorer l’univers de la bande dessinée, une multitude de ressources en ligne sont à votre disposition. Des plateformes comme Webtoon proposent une vaste sélection de bandes dessinées modernes, allant des thrillers aux comédies romantiques en passant par les histoires de super-héros. Plongez dans ces univers virtuels et découvrez de nouveaux talents ! 

Où trouver vos prochaines aventures ?

Vous voulez commencer votre propre collection de bandes dessinées ? Explorez les librairies en ligne pour trouver les dernières nouveautés ou les classiques. Les sites des auteurs et des artistes sont également une excellente ressource pour en apprendre plus sur leur travail et leur processus créatif. Que vous soyez un amateur de longue date ou un nouvel arrivant dans le monde de la bande dessinée, il y a toujours de nouvelles aventures à découvrir. Alors préparez-vous à plonger dans un monde d’imagination, de créativité et d’aventure avec la bande dessinée comme guide. Que l’aventure commence !

Una porta per trovarle tutte

Cara lettrice, caro lettore,

oggi parliamo ancora di porte logiche, raccontandovi una curiosità matematica che ha applicazioni pratiche incredibili nell’elettronica. Abbiamo già visto in una puntata precedente come le porte logiche si possano interpretare come funzioni, e come queste funzioni possano essere composte tra di loro in modo da ottenere altre funzioni. Così come la funzione (x+1)^2 si può ottenere componendo f(x)=x^2 e g(x)=x+1 in modo opportuno, così per esempio A XOR B = (A OR B) AND (NOT(A AND B)). Provate a verificarlo costruendo la tabella di verità.

 
Una costruzione alternativa della porta logica XOR. Notate che questa costruzione non è unica, la porta XOR si può realizzare anche in altro modo usando AND, OR e NOT. Vi ricordate come?

 

Questo esempio ci fa osservare che potremmo costruire la porta logica XOR avendo a disposizione come mattoncini di partenza le porte logiche OR, AND e NOT. Ora ci occuperemo di una costruzione simile, usando una porta logica particolare chiamata NAND. Questa porta logica è si può costruire negando l’output di una porta logica AND. Possiamo cioè dire che A NAND B = NOT(A AND B). Tuttavia, da adesso in avanti la utilizzeremo come mattoncino fondamentale, senza ricordare come è stata costruita, ma solo ricordando la sua tabella di verità: Falso, quando entrambi gli input sono Veri, e Vero in tutti gli altri casi.

 
La tavole di verità delle porta logiche NAND, AND e NOT

 

Come mai siamo così interessati alla porta logica NAND? Il motivo è che questa, insieme alla porta logica NOR (la negazione di OR) è una porta logica universale. Cioè, tutte le altre porte logiche si possono ottenere componendo in modo opportuno diverse copie della porta NAND. Matematicamente, questo è un risultato che affonda le sue radici nell’algebra booleana. Dal punto di vista pratico, ci permette di realizzare molti circuiti partendo da un solo chip che contiene porte logiche NAND (https://en.wikipedia.org/wiki/7400-series_integrated_circuits).

Ora è il momento di provare a dimostrare quello che abbiamo affermato, e per farlo si deve semplicemente provare a costruire le porte logiche AND, NOT, OR, XOR, usando solo il mattoncino fondamentale che chiameremo NAND. Ci basterà quindi fare degli esempi per confermare il nostro primo risultato. Osservate però che, sebbene ci si limiti a fare degli esempi, non vuol dire che non si debba usare il ragionamento: sappiamo già che la porta XOR si può ottenere con AND, OR e NOT. Quindi, se siamo in grado di costruire queste tre porte usando NAND, possiamo costruire anche XOR, sostituendo le configurazioni con i NAND nella formula A XOR B = (A OR B) AND (NOT(A AND B)).

La prima costruzione riguarda la porta logica NOT. In questo caso, sperimentando la costruzione con una sola porta logica NAND il risultato è chiaro già guardando la tavola di verità: V NAND V = F e F NAND F = V. Quindi possiamo “collegare insieme” gli input della porta logica NAND per ottenere il NOT: NOT(A) = A NAND A.

 
La porta logica NOT costruita usando una porta logica NAND

 

Una volta ottenuto il NOT, è molto facile ottenere la porta AND: ricordandoci originariamente che NAND si può costruire negando l’output di una porta AND, possiamo negare un’ulteriore volta questo output e ottenere la porta AND. In formule, sappiamo che NOT(A NAND B) = A AND B, e inoltre sappiamo costruire il NOT usando solo NAND. Per cui otteniamo A AND B = (A NAND B) NAND (A NAND B).

 
Sulle tre righe, la ricostruzione delle operazioni che ci hanno portato a costruire AND usando solo NAND. Prima si scrive AND usando NAND e NOT, e poi usando la costruzione del NOT vista in precedenza.

 

Avendo a disposizione le porte logiche AND e NOT, è il momento di costruire l’OR. Anche in questo caso il risultato si può ottenere in due modi: il primo è quello di “giocare” un poco accostando porte NAND e ricavando il risultato finale; con un po’ di fantasia è possibile ottenere il risultato voluto. L’altra possibilità è osservare che le porte logiche OR e NAND hanno una tabella di verità molto simile, semplicemente NAND è falsa se e solo se entrambi gli input sono veri, e OR è falsa se e solo se entrambi gli input sono falsi.

 
La tavole di verità delle porta logiche NAND, e OR

 

Da questo si ricava che per costruire l’OR basta negare entrambi gli input di una porta NAND, e viceversa. In formule: A OR B = (NOT A) NAND (NOT B), o viceversa A NAND B = (NOT A) OR (NOT B). E pensandoci ancora un po’, questo deriva semplicemente dall’osservazione che negare una proposizione in cui compare OR fa comparire NAND, argomento che abbiamo già affrontato. Abbiamo trovato che

A OR B = (A NAND A) NAND (B NAND B)

 
Sulle tre righe, la ricostruzione delle operazioni che ci hanno portato a costruire OR usando solo NAND. Prima si scrive OR usando NAND e NOT, e poi usando la costruzione del NOT vista in precedenza.

 

Con questo abbiamo terminato: abbiamo dimostrato con esempi che è possibile utilizzare solo la porta NAND per costruire AND, OR, NOT (e XOR). Questa è una possibile definizione di porta logica universale. Si può dire molto di più e dimostrare che usando NAND si possono costruire tutte le funzioni binarie con un numero arbitrario di input e output, ma questo richiede un procedimento più ingegnoso. Vi lasciamo sfidandovi a ripetere queste costruzioni usando la porta logica NOR.

 
Un modo per costruire XOR usando NAND. Riuscite a trovarne altri?

 

Come lo studio dell’arte e della letteratura possono favorire l’avanzamento scientifico: l’approccio STEAM

E se vi dicessi che un corso di calligrafia ha contribuito a rendere un noto computer, diverso da tutti gli altri? L’ideatore è Steve Jobs: era poco più che adolescente quando decise di abbandonare ufficialmente gli studi universitari, per dedicarsi ufficiosamente ai corsi che lo ispiravano di più. Non sapeva ancora che dieci anni dopo avrebbe contribuito al lancio del Macintosh, che si distingue per la grande qualità della grafica e del design, oltre che per la sua avanguardia tecnologica. 

Un altro celebre esempio di come la tecnica si sposi con l’arte è rappresentato nientepopodimeno che da Leonardo da Vinci. A lui, tra le altre cose, si deve il primo prototipo di veicolo robotico. Leonardo da Vinci era un artista, certo non uno a caso, ma anche un ingegnere, un matematico, e uno studioso di anatomia umana: disegnava, pensava, costruiva. Che non sia questa visione a tutto tondo il mistero dell’invenzione e della creatività?

Eppure, la specializzazione del sapere è il diktat su cui spesso si basa l’educazione ai giorni nostri: le scienze e le materie umanistiche appartengono a due domini separati che sembrano non essere in comunicazione. Ai bambini viene chiesto “ti piace la matematica o l’arte?”, come se fossero in rapporto di mutua esclusione, e non avessero punti d’incontro. Ma le cose non sono sempre state così e stanno tuttora cambiando. Non a caso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), una delle istituzioni accademiche più facoltose al mondo, ha introdotto svariati corsi umanistici all’interno della facoltà scientifiche per promuovere l’approccio interdisciplinare e l’integrazione delle conoscenze.

Ma perché integrare un approccio olistico alla conoscenza?

Una delle motivazioni risiede nella conformazione del nostro cervello. Sono passati i tempi in cui si pensava che la mente fosse un oggetto fisso, immobile, diviso in compartimenti stagni tra parte logica-razionale, l’emisfero sinistro, e quello artistica-creativa, quello destro. Recenti scoperte da parte di neuroscienziati hanno evidenziato, invece, come il cervello sia un organo integrato, un sistema interagente in cui al suo interno le componenti – i neuroni – scambiano informazioni tra loro tramite le connessioni sinaptiche, così da creare complesse reti neuronali.

Più che a un insieme di scatole isolate, il nostro cervello assomiglia ad una cartina geografica attraversata da super autostrade. In questo modo, attività notoriamente logiche, in realtà coinvolgono zone “creative” del nostro cervello, e viceversa. Inoltre, il cervello è un muscolo dotato di plasticità neuronale: si plasma con i contenuti che riceve, non esiste una divisione netta quindi, tra soggetto pensante e contenuto del pensiero, ma sono una la faccia dell’altra. In tal senso non si può trattare i contenuti – ciò che impariamo -, come appartenenti a settori diversi, perché il nostro cervello quando li apprende li integra tra loro, plasmandosi esso stesso su di loro

La domanda è, quindi: che senso ha settorializzare la conoscenza, se il nostro cervello quando rielabora le informazioni lo fa in modo integrato? La specializzazione della conoscenza e, di conseguenza, delle attività umane si è sviluppata gradualmente nel corso del tempo. Già con l’avvento dell’agricoltura l’uomo ha potuto stanziarsi stabilmente nei territori, e ciò ha permesso lo sviluppo della specializzazione delle tecniche, sulla base delle necessità della comunità e delle risorse disponibili. Ad esempio, alcuni individui potevano specializzarsi in agricoltura, altri nella lavorazione dei metalli, altri ancora nella costruzione di abitazioni e così via.

Dalla rivoluzione industriale questa tendenza si è ulteriormente sedimentata. Lo sviluppo di nuove tecniche ha reso disponibili nuove risorse e conoscenze, che a sua volta dovevano essere gestite da lavoratori altamente specializzati. Congiuntamente, all’inizio del XX secolo Henry Ford e il suo team di ingegneri, presso la Ford Motor Company, inventò la catena di montaggio. Questa innovazione ha reso i processi produttivi industriali più efficienti: ciascun operaio faceva solo una cosa, e per questo poteva farla molto velocemente, senza sprecare tempo nel passare da un’attività ad un’altra.

Questo metodo è molto funzionale nel replicare sempre la stessa cosa, ma rende le persone che lo adottano più alienate rispetto al contesto in cui operano (perdonami, Marx, se parafraso le tue parole!), non consentendo lo sviluppo della creatività. È come avere il paraocchi, vedi una sola strada e ti convinci che quella sia l’unica esistente. Questo è il rischio dell’iper-specializzazione. Senza considerare la mancanza di sogno, di ideale, di scopo cui questo eccesso può portare. Con il passare del tempo e l’avanzamento delle tecnologie e delle conoscenze, la specializzazione delle attività è diventata sempre più complessa e differenziata. Nei tempi moderni, questo fenomeno si è intensificato, con individui che si dedicano a una vasta gamma di professioni altamente settoriali, dalle scienze mediche all’ingegneria, dalla finanza allintrattenimento, e così via.

Se le sfide future, come il cambiamento climatico, i conflitti geopolitici, la crescita demografica e la scarsità di materie prime richiedono sempre più conoscenze approfondite e specializzate, è vero anche che la complessità del mondo in cui viviamo richiede soluzioni sempre più creative. Ma le grandi invenzioni non sono mai state fatte replicando ciò che c’era già, ma unendo i puntini, attingendo a diversi ambiti anche apparentemente diversi tra loro. Se nulla si crea e nulla si distrugge, allora il nuovo, nasce proprio dall’unire diversamente tasselli già esistenti. E questa capacità non può passare solo tramite un’istruzione altamente specializzata.  

L’esigenza di un collante, di una matrice, che tenga la conoscenza insieme, è necessità pressante, che deve essere sostenuta ed incentivata a livello dell’istruzione tramite una concezione olistica della conoscenza e delle abilità. Fortunatamente, esiste già un concetto che esprime quanto detto: l’interdisciplinarietà. Per interdisciplinarità si intende la comunicazione tra discipline appartenenti a domini separati, sia dal punto di vista delle conoscenze, che dei metodi.

In questo contesto si inquadra il cosiddetto trasferimento delle conoscenze, ossia la capacità di sfruttare risorse apprese in un contesto, per raggiungere obiettivi in contesti diversi. Un’applicazione audace del concetto di trasferimento delle abilità cognitive è rappresentata da alcuni studi che esplorano come attività creative, che riguardano il pensiero divergente, incentrato sulle idee, possano aiutare a risolvere problemi matematici, che richiedono notoriamente un pensiero convergente, incentrato sulle soluzioni.

Un’applicazione di interdisciplinarità si ha per esempio nella robotica, considerato non più un dominio prettamente ingegneristico. Diversi ricercatori stanno studiando come poter integrare i robot nella vita di tutti i giorni per aiutare le persone, come anziani o disabili. Nessuno investirebbe milioni di euro nella costruzione di robot che non userebbe nessuno, perché troppo inquietanti! Per far questo è necessario studiare in modo approfondito l’umano, e programmare robot che siano avvertiti come familiari, al pari di individui a cui affidarsi. Questo è uno splendido esempio di comunione tra ingegneria robotica e psicologia

Chi lo sa, quindi? Un filosofo si potrebbe ritrovare a prendere decisioni importanti in banca, oppure uno psicologo  potrebbe imparare a programmare, oppure ancora un fisico potrebbe lavorare in comunicazione.  Questi, non sono esempi a caso, perché è ciò che sta già avvenendo! Materie apparentemente sconnesse tra loro hanno più punti in comune di quanto pensiamo. E se non ne esistono ancora, ciò non vuol dire che non ce ne saranno!

Da questo input è nato l’approccio STEAM. Esso incentiva un’educazione integrata tra le discipline tecnico-scientifiche (Science, Technology, Engineering, and Mathematics), e le Arti. Stiamo assistendo ad intelligenze artificiali che creano opere d’arte utilizzando algoritmi particolarmente complessi, le cosiddette GAN (reti neurali generative), o assistenti virtuali basati sull’intelligenza artificiale che ti aiutano a fare brainstorming quando devi trovare nuove idee per il tuo progetto. Insomma: nel mondo del futuro, ormai sempre più presente, non si può più chiedere ad un bambino se vuole fare l’astronauta o il calciatore, ma gli si deve insegnare ad appassionarsi al mondo che lo circonda, passando dall’arte, alla fotografia alle equazioni di secondo grado.

Addirittura, l’allenamento fisico si è visto che aiuta l’apprendimento e stimola nuove connessioni neuronali! E quindi, alla domanda “ma a cosa serve la matematica?”, gli si potrà rispondere che la natura è matematica (in un fiore puoi trovare bellezza, ma anche la sequenza di Fibonacci!), che la musica di Beethoven sembra organizzata in base a schemi e strutture matematiche, e che la nascita della fotografia ha più a che fare con un laboratorio di ottica che con l’arte, che la matematica è un mezzo (a meno che ti piaccia così tanto da farne un fine) e che il collante tra tutte queste attività è la creatività! E la creatività si allena anche scrivendo poesie, parlando con un tuo amico o studiando storia. 

In conclusione, la conoscenza del mondo è unica, seppur complessa. La scomposizione del sapere è funzionale al sistema sociale e all’organizzazione dell’istruzione, ma deve essere il punto di partenza, non di arrivo, verso una visione integrata della realtà, che permetta di trovare soluzioni innovative a problemi complessi. E allora, nuovi scienziati letterati, e poeti programmatori, avanti tutta!

Bibliografia

Rubrica a cura di Generazione Stem

Scegliere Moodle come piattaforma per l’e-learning nella scuola secondaria di secondo grado

Moodle è una piattaforma di e-learning molto diffusa a livello mondiale che offre una serie di potenzialità molto interessanti per le scuole. Per poterla utilizzare va installata in uno spazio web. Moltissime Università mettono la piattaforma Moodle a disposizione dei propri docenti e la gestiscono tramite i propri uffici tecnici o avvalendosi di consulenti esterni; i docenti universitari, in questo caso, devono solo preoccuparsi dell’organizzazione dei contenuti.

Nella scuola superiore è difficile trovare le risorse economiche e professionali in grado di mettere a disposizione dei docenti un servizio di questo tipo; inoltre, prima della pandemia, utilizzare un Learn Management System (LSM) in questo tipo di scuole non era certo una priorità; è solo durante il periodo di isolamento che è nata questa esigenza in forma impellente e indifferibile, data l’emergenza. Per rispondere a questa necessità straordinaria, durante la pandemia le scuole hanno usato prevalentemente gli strumenti della piattaforma Google, immediatamente disponibili e utilizzabili senza bisogno di una formazione specifica.

Ora che non si è più in situazione di emergenza si può operare una scelta più consapevole, ragionata e a lungo termine che ci offra delle garanzie anche dal punto di vista della tutela della privacy e della sicurezza.

Fig. 1 Dalla presentazione del webinar: “Modalità didattiche innovative per la  scuola Secondaria di Secondo grado”.

Alcune scuole dispongono di una piattaforma Moodle installata in uno spazio web di proprietà e gestita da docenti o tecnici volontari; altri istituti aderiscono al progetto PP&S, Problem Posing and Solving, curato dall’Università e dal Politecnico di Torino (fig. 2), che mette a disposizione dei docenti che ne fanno richiesta la possibilità di pubblicare i propri corsi sui loro server; altri insegnanti, infine, preferiscono gestire i corsi Moodle su uno spazio web personale.

A riprova di quanto sia interessante Moodle per i docenti della scuola superiore possiamo rilevare che al momento sulla piattaforma PP&S sono presenti 1961 docenti e 2083 classi; molti di questi docenti insegnano materie STEM.

Fig. 2 Home page della piattaforma PP&S.

Corsi in modalità ibrida

I corsi Moodle che si possono organizzare nella Scuola Secondaria devono essere necessariamente in modalità ibrida, cioè devono combinare elementi di insegnamento a distanza e in presenzaL’uso di una piattaforma di insegnamento alla quale gli studenti possano accedere autonomamente rappresenta naturalmente un valore aggiunto nella didattica e Moodle non solo consente di condividere materiali ma permette di registrare e monitorare le attività che via via vengono svolte in classe e a casa.

Per poterla utilizzare anche nelle lezioni in aula è necessario disporre di una LIM o di un sistema collegato in rete che consenta la proiezione delle risorse presenti nel proprio spazio Moodle. Per gli insegnanti di Informatica è più facile utilizzare una piattaforma LMS in modo interattivo perché hanno a disposizione dei laboratori con una postazione per ciascun studente; in questo modo possono condividere sia materiali di lavoro che di valutazione.

Per organizzare al meglio il lavoro è opportuno che ogni corso della piattaforma si riferisca a un anno di corso così da gestire in modo pratico le diverse classi (fig. 3).

Fig. 3 Esempio di home page di corsi creati per il liceo Scientifico delle Scienze Applicate dell’anno scolastico 2023/2024.

Ogni corso viene poi suddiviso in argomenti e che raggruppano una serie di attività ordinate in modo cronologico (fig. 4).

Fig. 4 Argomenti del corso per le quinte del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate.

Per ogni argomento si possono creare delle pagine descrittive che contengono spiegazioni e definizione di concetti, esercizi, esercitazioni formative e verifiche con correzione automatica (fig. 5).

Fig. 5 Esempi di attività nel corso delle seconde del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate.

Si possono realizzare anche lezioni introdotte da un breve video di spiegazione a cui seguono attività guidate ed esercizi che lo studente dovrà svolgere e consegnare simulando così una lezione in presenza; questa stessa struttura è funzionale per gestire lezioni in modalità flipped classroom e CLIL.

Si possono facilmente integrare attività  più accattivanti e interattive come memory game, video con domande embedded o file audio utilizzando, per esempio, H5P.

Fig. 6 Gioco del Memory in H5P.

Con Moodle è possibile assegnare esercitazioni formative, verifiche in correzione automatica o somministrare esercizi in peer assesment con il modulo Workshop.

Nelle lezioni si può usare molto efficacemente il plugin CodeRunner (fig. 7) sia nelle esercitazioni formative sia nelle verifiche di programmazione (Python, C++ o anche SQL).

Questo plugin permette di gestire la risoluzione di brevi problemi di coding e ottenere feedback automatici relativi all’esattezza e completezza delle soluzioni formulate dagli studenti; si ha quindi a disposizione un ambiente di programmazione completo con strumenti di autocorrezione.

Fig. 7  Esempio di domanda CodeRunner.

Sitografia

Nina Simone and the civil rights movement

The 91st anniversary of the birth of “The High Priestess of Soul” Nina Simone is a great occasion to consider her role as an activist and civil rights in history. Nina Simone participated in the American Society of African Culture conference in 1961 along with other intellectuals such as Langston Hughes and James Baldwin. This experience marks the beginning of her involvement in the Civil Rights Movement. 

B1 LEVEL – NINA SIMONE IN 10 SONGS

 

  • YEAR 1963 – Nina Simone released her first protest song. Consider these newspapers. Why do you think she wrote her first protest song in 1963?

https://www.rarenewspapers.com/view/615979
https://bplonline.contentdm.oclc.org/digital/collection/p4017coll2/id/552/

  • Watch the video from 1.20 to the end

The song she released is Mississippi Goddam. Listen to the song and fill in the blanks

The name of this tune is ________ Goddamn
And I mean every word of it

Alabama’s gotten me so upset
Tennessee made me lose my rest
And everybody knows about Mississippi Goddam

Alabama’s gotten me so upset
Tennessee made me lose my rest
And everybody knows about Mississippi Goddam

Can’t you see it
Can’t you feel it
It’s all in the air
I can’t stand the _______ much longer
Somebody say a _______

Alabama’s gotten me so upset
Tennessee made me lose my rest
And everybody knows about Mississippi Goddam

This is a show tune
But the show hasn’t been written for it, yet

Hound ______ on my trail
School children sitting in jail
Black cat _____ my path
I think every day’s gonna be my last

Lord have mercy on this land of mine
We all gonna get it in due time
I don’t belong here
I don’t belong there
I’ve even stopped believing in prayer

Don’t tell me
I tell you
Me and my _______ just about due
I’ve been there so I know
They keep on saying “Go slow”

But that’s just the trouble
“Do it slow”
Washing the windows
“Do it slow”
Picking the cotton
“Do it slow”
You’re just plain rotten
“Do it slow”
You’re too damn lazy
“Do it slow”
The thinking’s crazy
“Do it slow”
Where am I going?
What am I doing?
I don’t know
I don’t know

Just try to do your very best
Stand up be counted with all the rest
For everybody knows about Mississippi Goddam

I bet you thought I was kiddin’ didn’t you

Picket lines
School boycotts
They try to say it’s a communist plot
All I want is ______
For my sister, my brother, my people, and me

Yes, you lied to me all these years
You told me to wash and _____ my ears
And talk real fine just like a lady
And you’d stop calling me Sister Sadie

Oh, but this whole ______ is full of lies
You’re all gonna die and die like flies
I don’t trust you any more
You keep on saying “Go slow”
“Go slow”

But that’s just the ______
“Do it slow”
Desegregation
“Do it slow”
Mass ______
“Do it slow”
Reunification
“Do it slow”
Do things gradually
“Do it slow”
But bring more tragedy
“Do it slow”
Why don’t you see it?
Why don’t you feel it?
I don’t know
I don’t know

You don’t have to live next to me
Just give me my equality
Everybody knows about ______
Everybody knows about _______
Everybody knows about Mississippi Goddam, that’s it

  • Highlight the references to the historical events mentioned before

B1/B2/C1 LEVEL – TEACHING WITH PROTEST SONGS: NEW YORK TIMES FOR TEACHERS

https://archive.nytimes.com/learning.blogs.nytimes.com/2016/02/04/lesson-plan-teaching-with-protest-music/

B2/C1 TEACHING WITH MOVIES – THE HELP

Watch the trailer of the movie and answer the questions

  • Describe the setting
  • Find some evidence to speak about the problem of racial discrimination
  • Briefly summarize the story

Watch the movie and write a short essay

TITLE: Discrimination and activism in “the Help”

In copertina: Nina Simone