Dieci libri per le vacanze

L’estate è una stagione magica per mille motivi: perché possiamo riposare, certamente, perchè possiamo immaginare l’anno che verrà. Ma anche perchè possiamo finalmente dedicarci con maggior tempo e maggior profondità alle nostre letture. E allora, come tutti gli anni, eccoci con i nostri consigli di lettura! Ce ne sono per tutte le età: dai 6 ai 101 anni e oltre.

Agrifoglio, di Matthew Cordell, Edizioni Clichy

La piccola scoiattolina Agrifoglio ha paura di molte cose: dei tuoni, dei falchi e dei sentieri bui che si diramano per la Foresta dell’Olivello. Quando la mamma però la incarica di portare una zuppa a Nonna Quercia, a letto con l’influenza, Agrifoglio deve superare le sue paure e affrontare il viaggio. Lungo la strada, la piccola incontra altri abitanti della foresta: alcuni vogliono aiutarla, altri vogliono la deliziosa zuppa preparata dalla mamma! Spetterà ad Agrifoglio mantenere la rotta e raggiungere la nonna. Una storia di coraggio e amore, scritta e illustrata dal pluripremiato Matthew Cordell, con tante meravigliose creature della foresta che sorprenderanno e delizieranno i giovani lettori, per una lettura suggestiva perfetta per le atmosfere autunnali e invernali.

(per i primi lettori e le prime lettrici)

 

Misha. Io, i miei tre fratelli e un coniglio, di E. Van de Vendel e A. Elman, Sinnos

La piccola Roya è dovuta fuggire dal suo paese, come accade a tanti. E quando finalmente con la sua famiglia entra nella sua nuova casa, nel paese che li ha accolti, pensa che sia davvero ora di avere un animale domestico: arriva così un simpatico coniglietto nano che si chiama Misha e che conquista l’amore della bambina e dei suoi tre fratelli maggiori. E poi, un giorno, Misha scompare improvvisamente. Vincitore del premio Andersen 2024, sezione 6-9 anni. 

 

All’ombra dei papaveri, di Fulvia Degl’Innocenti e Alessandro Coppola, La compagnia del libro

Un soldato combatte una guerra che non ha voluto, per lui solo fatica, paura, nostalgia di casa. Sul sentiero del ritorno il nemico, un altro soldato, un uomo come lui. Un’esitazione di troppo, qualcuno cadrà tra i papaveri rossi. Liberamente ispirato alla canzone di Fabrizio De André “La guerra di Piero”. Dagli 8 anni.

 

Scintilla, di Nadia Terranova e Mariachiara Di Giorgio, Mondadori

In una casa ai bordi di una città mitica, circondata da un giardino dove lo scirocco scompiglia i fiori di oleandro e le chiome degli agrumi, c’è un antico camino. E lì, fermo davanti a quel camino spento, c’è Antonio, un bambino in attesa del ritorno della madre, partita per proteggere il suo amore più grande: la Natura minacciata dagli uomini. Mentre aspetta, scende dalla cappa una bambina misteriosa, con i capelli rossi come un piccolo fuoco e il viso pieno come la luna. È Scintilla. Da quel momento, se i pomeriggi afosi Antonio li trascorre con il padre capace di leggere il cielo, la zia dagli occhi viola come Liz Taylor e il nuovo cugino con una storia amara alle spalle, le notti piene di stelle diventano il segreto teatro d’incontro tra lui e la bambina di fuoco. Tra giochi e risate, “Scintiduzza” accenderà nel cuore di Antonio scintille di felicità, mostrandogli quello che nessun bambino può vedere ma tutti giocano a immaginare: un pezzettino di futuro. Dagli 11 anni.

 

Lo strambo trasloco della magione Miller di Dave Eggers, L’ippocampo

«Questa è la storia di un cane che, rovistando in un buco, scoprì una miniera d’argento, e dei maiali che vissero e grufolarono nei paraggi. È la storia di come i maiali furono cacciati via e di uno strambo, avventuroso trasloco portato a termine con l’aiuto di tronchi e cavalli. È la storia più bella che sia mai stata scritta su cani e maiali, tronchi e cavalli… almeno per ora!» Dave Eggers Lo strambo trasloco della magione Miller è una favola a lieto fine, verissima e al tempo stesso surreale. Una storia avventurosa, comica e travolgente raccontata da uno dei maggiori romanzieri contemporanei, Dave Eggers, e disegnata da Júlia Sardà. Età di lettura: per tutti, consigliato dai 9 anni. 

 

Ed eccoci, ora, con i nostri consigli di lettura per noi, educatrici ed educatori adulti. 

Lettera alla scuola, di C. Raimo, Feltrinelli

Quante volte sentiamo discorsi sui ragazzi e non dei ragazzi? In questo libro sono invece le studentesse e gli studenti a prendere la parola per raccontare cosa vuol dire avere sedici anni oggi in Italia. Lo fanno con un testo a più mani, scritto dalla III M dell’Istituto Amaldi (2022-2023), nel quartiere Castelverde, alla periferia di Roma. Dopo aver letto insieme a Christian Raimo Lettera a una professoressa di don Milani, la classe si è interrogata su come sia la scuola oggi, trasformando quelle domande in una grande questione sul senso dell’educazione, ripercorrendo la struttura della Lettera in un dialogo continuo tra passato e presente. A partire da racconti personali, Lettera alla scuola affronta temi urgenti e attuali, vicini all’esperienza degli studenti, come quello dell’ansia e del benessere psicologico, dei rapporti famigliari e tra coetanei. Ma Lettera alla scuola è soprattutto un invito a chi fa parte della comunità scolastica a ragionare insieme su come migliorare l’esperienza educativa, l’istituzione scolastica e la società intera per diventarne veri protagonisti.

 

Dis-educazione. Perché la scuola ha bisogno del pensiero critico, di N. Chomsky, Piemme

 Nonostante sia diffusa l’idea che nelle scuole statunitensi, come in quelle dei Paesi occidentali, si insegnino i valori democratici, ci troviamo di fronte un modello di insegnamento che non solo non incoraggia, ma impedisce di sviluppare il pensiero critico e indipendente, di ragionare liberamente su ciò che si nasconde dietro la rappresentazione del mondo offerta dal potere. Di rado è consentito agli studenti di «trovare da soli la verità», mostrando loro come farlo. Più spesso ci si aspetta che i ragazzi imparino attraverso un trasferimento di conoscenze: un approccio strumentale all’istruzione, la cui efficacia è misurata da esami che prevedono risposte corrette e risposte errate, predeterminate secondo i criteri stabiliti dalla cultura dominante. Le scuole non sono dunque luoghi democratici, ma istituzioni che svolgono un ruolo di controllo e di coercizione. In questa raccolta di saggi, Noam Chomsky rivela, con una serie documentata e puntuale di esempi tratti dalla storia recente, come gli Stati Uniti siano riusciti a rivendicare continuamente la loro superiorità morale proprio allontanando gli osservatori e i cittadini da una comprensione critica e globale degli eventi. E con la passione che da cinquant’anni sostiene le sue ricerche sui sistemi di potere e la sua competenza di studioso della comunicazione, fornisce gli strumenti utili a fare di studenti e insegnanti degli «agenti della storia» alla costante ricerca della verità, per rendere questo mondo meno discriminatorio e più giusto.

 

Ehi, prof!, di Frank Mc Court, Adelphi

Se ancora non lo avete fatto, un libro da leggere. Negli anni Cinquanta, i cieli delle città americane (e anche gli schermi dei relativi cinema) pullulavano di oggetti volanti non identificati. L’oggetto che il primo giorno di scuola attraversa il cielo della classe, sotto gli occhi attoniti del professor Frank McCourt, è invece identificabilissimo – in un panino che l’immancabile mamma italiana ha farcito, a beneficio del suo pupo, con peperoni, cipolla, formaggio fuso e mortadella. Se la prima inquadratura del libro risulta quantomeno inattesa, l’epilogo della sequenza, col professore che raccoglie il panino e lo mangia lentamente davanti alla scolaresca annichilita, è destinato a restare. E a farci vivere il clima delle trentatremila ore di lezione (cifre dell’autore) che McCourt terrà nei tre decenni successivi, in varie scuole – tecniche e non – sparse fra Brooklyn, Manhattan e Staten Island. 

 

Almarina, di Valeria Parrella, Einaudi

Può una prigione rendere libero chi vi entra? Elisabetta insegna matematica nel carcere minorile di Nisida. Ogni mattina la sbarra si alza, la borsa finisce in un armadietto chiuso a chiave insieme a tutti i pensieri e inizia un tempo sospeso, un’isola nell’isola dove le colpe possono finalmente sciogliersi e sparire. Almarina è un’allieva nuova, ce la mette tutta ma i conti non le tornano: in quell’aula, se alzi gli occhi vedi l’orizzonte ma dalla porta non ti lasciano uscire. La libertà di due solitudini raccontata da una voce calda, intima, politica, capace di schiudere la testa e il cuore. Esiste un’isola nel Mediterraneo dove i ragazzi non scendono mai a mare. Ormeggiata come un vascello, Nisida è un carcere sull’acqua, ed è lí che Elisabetta Maiorano insegna matematica a un gruppo di giovani detenuti. Ha cinquant’anni, vive sola, e ogni giorno una guardia le apre il cancello chiudendo Napoli alle spalle: in quella piccola aula senza sbarre lei prova a imbastire il futuro. Ma in classe un giorno arriva Almarina, allora la luce cambia e illumina un nuovo orizzonte. Il labirinto inestricabile della burocrazia, i lutti inaspettati, le notti insonni, rivelano l’altra loro possibilità: essere un punto di partenza. Nella speranza che un giorno, quando questi ragazzi avranno scontato la loro pena, ci siano nuove pagine da riempire, bianche «come il bucato steso alle terrazze».

 

Il nome che diamo ai colori, di Ivan Sciapeconi, Piemme

Ettore è uno dei ragazzi dell’istituto medico psicopedagogico, “Il Giardino”: una struttura come tante nell’Italia della fine degli anni ’60, a metà tra il manicomio e la scuola speciale. Gli ospiti dell’Istituto sono i bambini e i ragazzi che in quel periodo vengono definiti “subnormali” e “irrecuperabili”, tutti accomunati dalla grande povertà. Il Giardino è soprattutto un luogo di violenza, con celle di punizione, letti di contenimento, botte. Al suo interno ognuno cerca di sopravvivere come può. Ettore lo fa attraverso uno sguardo creativo che lo porta a disegnare nella propria mente una realtà diversa. Così, mentre il mondo segue in televisione i primi passi dell’uomo sulla Luna, il ragazzo assiste all’arrivo di un nuovo sorvegliante in apparenza simile a tutti gli altri, ma che nei fatti non ha nulla in comune con nessuna delle persone che Ettore ha conosciuto fin lì. Il nome che diamo ai colori è la storia vera di un incontro destinato a cambiare molte vite. Un sorvegliante che diventa maestro per dare ai giovani reclusi l’opportunità che non hanno mai chiesto, né pensato di avere.

Scegliere una rosa di titoli è sempre difficile, ne restano fuori sempre troppi. Però, senza dubbio, sono consigli di lettura che sentiamo davvero di condividere, che trattano temi importanti e lo fanno con il giusto linguaggio, a seconda delle età. Ora non ci resta che augurarvi un’estate ricca di stimoli e di letture e darvi l’appuntamento a settembre!

Vi aspettiamo, ciao!

Duemila anni e non sentirli

“Il patrimonio culturale rappresenta una ricchezza per molti Paesi, un elemento che esalta l’identità e l’identificazione della comunità con luoghi e territori che necessita di essere valorizzato, comunicato e fruito (…). L’esaltazione del valore educativo, infatti, e l’esigenza di rendere comprensibili i beni culturali, sono finalità ampiamente condivise anche nelle politiche europee. Si tratta, inoltre, di obiettivi che si pongono da tempo le discipline archeologiche, in particolare l’archeologia pubblica e l’archeologia virtuale, l’architettura, il restauro e la conservazione urbana”.

Così il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), nella Project Area dedicata alla “Valorizzazione e fruizione sostenibile del patrimonio culturale materiale e immateriale”, ribadisce le finalità alla base di ogni intervento non senza dimenticare, in successivi passaggi, l’utilizzo di metodologie e tecniche innovative anche digitali.

Tralasciando quest’ultimo seppur importante aspetto e restringendo il campo d’osservazione ad alcune recenti azioni aventi come oggetto il nostro patrimonio archeologico, lo sguardo non può non ricadere su Roma.

Del resto il Parco archeologico del Colosseo, con oltre 12 milioni di biglietti venduti nel 2023, è il sito archeologico più visitato in Italia. Istituito nel 2017 comprende Foro romano, Palatino, Domus Aurea, Colosseo, Arco di Costantino e la Meta Sudans.

Seguono, sempre secondo dati Istat sull’affluenza di pubblico, l’Area archeologica di Pompei (Napoli) e la Valle dei Templi di Agrigento in Sicilia. 

Il Nuovo Piano Arena del Colosseo

Per consentire una diversa fruzione dell’Anfiteatro Flavio e dello spazio della sua cavea, Invitalia (l’Agenzia nazionale per lo sviluppo, di proprietà del Ministero dell’Economia) ha lanciato un bando per la ricostruzione della sua arena. Il fine (come si evince dal sito ufficiale) èda un lato coprire e conservare le strutture archeologiche degli ipogei; dall’altro, restituire l’immagine originaria del monumento, ripristinare percorsi e funzioni andate perdute, permettere ai visitatori di passeggiare sul piano o consentire l’organizzazione di eventi”.

Nel 2021 lo studio d’ingegneria BUROMILAN ha vinto il bando con un progetto che prevede una struttura estremamente leggera e performante, appoggiata sulle murature degli ipogei e composta da una sezione portante, in acciaio inox, e da un piano di calpestio in fibra di carbonio, rivestito con legno Accoya. Così una volta ultimata (i lavori dovrebbero terminare per le celebrazioni del Giubileo) la nuova copertura sarà in grado di svelare, attraverso un sistema brise soleil a lame ed una movimentazione automatizzata, le strutture ipogee senza compromettere il normale svolgimento della visita.

La Nuova Passeggiata Archeologica nell’area dei Fori Imperiali

Altro futuro intervento sarà quello della Nuova Passeggiata Archeologica nell’area dei Fori Imperiali. Un progetto per il quale Roma Capitale-Sovrintendenza capitolina ai beni culturali ha indetto un concorso internazionale recentemente vinto dallo studio romano Labics di Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori (già coinvolto nel team di BUROMILAN). Si tratterà di realizzare un grande anello pedonale che collegherà Colosseo, Fori, Palatino, Terme di Caracalla, al Circo Massimo e al Campidoglio riconnettendoli al resto del tessuto ubano circostante. In questo caso, nuove aree pubbliche e a verde si integreranno a disegni infrastrutturali nuovi e già esistenti.

Così si è dato il via alla fase operativa del primo tassello di un più vasto progetto di trasformazione del Centro Archeologico Monumentale di Roma denominato CarMe. Un’area ben più ampia dei Fori e comprendente l’area tra piazza Venezia, le Terme di Caracalla, Colle Oppio e il Tevere per un investimento di 282 milioni di euro (per opere statali e comunali) che attingono ai programmi del Giubileo, del PNRR e dell’ordinario bilancio capitolino.

Per approfondire

  • Per conoscere meglio la storia e le caratteristiche architettoniche del Colosseo, al seguente link è possibile scaricare le pagine dedicate al celebre monumento dal professor Valerio Terraroli nel volume 1 del suo corso di storia dell’arte per la scuola secondaria di II grado, Con gli occhi dell’arte.

  • Per arricchire la lezione con uno sguardo alla situazione attuale del celebre monumento e alle problematiche legate alla conservazione e alla fruizione del Colosseo sono utili alcuni articoli tratti da “Il Giornale dell’Architettura” e “Il Giornale dell’Arte” visionabili ai seguenti link:

 

Immagine di copertina: © milaningegneria, Architetto Fabio Fumagalli, Labics, CROMA, CONSILIUM 

Trucs et astuces pour gérer le stress au collège ?

Peur de ne pas être à la hauteur, d’échouer, doutes concernant notre avenir scolaire, parents soucieux de notre réussite ou encore environnement scolaire problématique, nous avons tous expérimenté ces moments d’anxiété plus ou moins prolongés. Quand bien même il faut admettre qu’à petites doses, le stress est un excellent stimulus, nous sommes forcés de constater que trop souvent le niveau de surcharge mentale est trop élevé et que mentalement nous ne réussissons pas toujours à gérer nos émotions. Si cela nous porte à avoir des difficultés de concentration, des troubles physiques comme les maux de tête, les maux de ventre ou encore les nausées, et bien il faut prendre conscience du problème et demander de l’aide pour mettre en place les meilleures stratégies possibles. 

La solution la meilleure cependant est encore d’anticiper ce problème. Voici quelques conseils pratiques et simples à appliquer qui pourront vous soulager au quotidien et garantir l’oxygène nécessaire pour vivre pleinement vos journées d’ados ! Notre premier ennemi est la confusion. Le maitre-mot est par conséquent avant tout l’organisation. Et bien oui, rien que de savoir clairement ce que nous avons à faire et pour quand nous devons le faire peut nous aider à éviter la surcharge de travail et nous sentir démotivés. Il s’agit donc tout simplement de définir un emploi du temps où figureront toutes nos occupations, des devoirs aux présentations en passant par les révisions pour les contrôles et les sorties avec les amis. S’organiser et se fixer des objectifs précis à court terme est un excellent moyen de libérer son esprit et de garder ses forces pour autre chose.

Notre meilleure amie sera la simplification : faisons des fiches pour synthétiser nos cours et pouvoir les relire la veille de chaque cours. Avoir les idées claires, nous aidera à être proactif pendant la leçon et à nous sentir plus confiant. Une bonne préparation est le secret d’une bonne assurance et d’une crédibilité majeure. Il suffit d’une relecture de 10 minutes chaque soir pour fixer dans notre mémoire les points essentiels d’un cours.

Enfin, retrouver confiance en notre capacité à bien faire. Nous avons tous les moyens d’atteindre nos objectifs encore faut-il bien nous connaitre et trouver la méthode adaptée à notre mode de fonctionnement. L’apprentissage n’est pas une chaîne de montage et chacun d’entre-nous aura son parcours propre. Il faut donc éviter de se comparer aux autres. Cette pression immotivée pourrait réduire la confiance en soi. Il est vrai que le système de notes renforce ce climat de compétition mais il s’agit de voir la note sous un autre angle et de la considérer comme un indicateur de notre capacité à restituer des connaissances acquises. Il deviendra alors stimulant de voir son travail récompensé lorsque nous allons fournir tous les efforts nécessaires à un bon apprentissage. Une note plus basse n’est pas à voir comme une sanction mais comme une invitation à prendre conscience des fragilités que nous devons renforcer. Sans cela, cela reviendrait à conduire vers une destination donnée les yeux bandés. Rappelons-le, savoir est moins stressant qu’ignorer, connaitre nos faiblesses est moins stressant que se sentir en pleine confusion. 

Organisation, régularité et clarté deviennent donc nos meilleurs alliés. Trouvons notre rythme, et pas seulement celui de notre esprit mais aussi celui de notre corps car le sport reste un atout majeur dans la recherche de l’équilibre entre bon stress et mauvais stress. Et enfin communiquons, n’ayons pas peur de confier nos incertitudes, de poser des questions et de demander des conseils. Notre parcours scolaire est celui d’une équipe, nous, nos profs et notre famille. Faisons appel à cette main d’œuvre motivée, restructurons nos journées et délestons notre mental. Voyageons légers et déterminés !

Una parola non vale l’altra | La lettura integrale in classe

Perché portare la lettura integrale in classe?

La lettura integrale di un romanzo è un’avventura, una scoperta, un’esperienza emotiva prima ancora che intellettuale. Questa pratica non è solo un viaggio attraverso le storie, ma una vera e propria esplorazione del piacere di leggere e dell’arte di raccontare: perché – come dice lo scrittore Nicola Lagioia – «le storie continuano ad accendere la nostra immaginazione». Certo, oggi, non è semplice suscitare l’entusiasmo delle nuove generazioni, sempre più abituate a confrontarsi con testi brevi, frammentati e spesso privi di coesione. La creazione di un vero e proprio laboratorio di lettura integrale in classe consente agli studenti e alle studentesse di essere fruitori attivi di questa esperienza, di formulare interpretazioni personali, farsi domande e recuperare una dimensione di lettura più autentica, lontana dall’esercizio didattico che prevede una risposta corretta già data.

Come funzionano i laboratori di lettura

Il primo passo è proporre opere vicine alla sensibilità dei ragazzi e delle ragazze in modo da lavorare su temi che questi possano conoscere da vicino. Quando leggiamo un romanzo, la struttura narrativa, le caratteristiche dei personaggi, i conflitti e molti altri aspetti del testo si rivelano solo alla lettura integrale. Questi elementi, per essere compresi in modo profondo e personale, devono essere esplicitati in diversi momenti del laboratorio. Ecco perché è necessario suddividere il lavoro in varie fasi in modo da allenare la classe, passo passo, a immergersi in narrazioni lunghe. L’antologia Libere stelle ne propone alcune, che presentano idee e spunti utili per rendere la lettura un’esperienza formativa e coinvolgente.

  1. Prima di leggere
    Per molti studenti, la struttura di un libro — dal frontespizio all’indice fino alla quarta di copertina — non è immediatamente comprensibile. Nella prima fase del laboratorio vengono esplorate le informazioni preliminari insieme a una breve anteprima del romanzo, che saranno poi approfondite nel taccuino del lettore, arricchito da domande-stimolo e sollecitazioni.
  2. Inizia a leggere
    In questa fase, la classe è guidata nella lettura e nell’analisi dell’incipit del romanzo per iniziare a familiarizzare con lo stile dell’autore. Quale tecnica narrativa è utilizzata? Qual è il suo scopo? Quali sono i passaggi che ti hanno colpito di più?
  3. Continua a leggere
    In questa fase viene chiesto agli studenti e alle studentesse di programmare la loro lettura, anche con l’utilizzo di organizzatori grafici, tabelle, schemi e modelli avviati. Nell’antologia sono proposte diverse ipotesi per i tempi di lettura, che possono variare a seconda delle indicazioni dell’insegnante. Al termine di ciascuno step, che spesso coincide con la fine di un capitolo o di una sezione, si propongono delle domande-stimolo con le quali si può avviare un dibattito oppure affidare alla classe una composizione di scrittura creativa.
  4. Ora che hai finito di leggere
    In questa ultima fase, l’insegnante guida gli studenti e le studentesse a entrare in un dialogo vivo e personale con il romanzo. Le domande implicano un livello profondo di riflessione e di contatto con la propria esperienza.

Quando parliamo di lettura integrale non ci riferiamo solo ai romanzi, ma anche alla poesia. Il volume di poesia di Libere stelle propone tre laboratori di lettura integrale dedicati a tre raccolte poetiche che presentano uno spiccato andamento narrativo:

  • Rupi Kaur, the sun and her flowers (2017): la poetessa esplora il dolore dell’abbandono e la conseguente rinascita interiore seguendo un ciclo naturale delle stagioni.
  • Louise Glück, L’iris selvatico (1993): attraverso le voci dei fiori sono esplorati i temi della solitudine, del senso della vita e della celebrazione della natura. 
  • Michele Mari, Cento poesie d’amore a Ladyhawke (2007): un canzoniere contemporaneo e ricco di citazioni che rielabora con uno sguardo ironico la tradizione lirica italiana.

Spunti didattici

Ecco un esempio di laboratorio già svolto, che puoi utilizzare come modello per strutturare le tue attività in classe:

Se vuoi approfondire il tema, riguarda il live streaming con le autrici Olivia Trioschi e Anna Però Libere stelle. Viaggio intorno all’opera.

Per allenare gli studenti e le studentesse sulle narrazioni lunghe, ti consigliamo, nell’articolo a cura di Anna Però LeggiAMO | Giovani eroi, 6 romanzi dedicati al tema dell’adolescenza, che possono essere letti o singolarmente durante l’estate oppure possono costituire la base per un laboratorio di lettura integrale da svolgere in classe.

Dall’autovalutazione alla documentazione

Nella continua ricerca di migliorare le nostre pratiche didattiche e garantire un’esperienza educativa significativa ai nostri bambini e alle nostre bambine, è essenziale riflettere sull’importanza dell’autovalutazione e della documentazione didattica al termine di un percorso ricco e significativo.

L’autovalutazione e l’entusiasmo degli alunni e delle alunne

Dovremmo fermarci e fare delle riflessioni per guardare con occhi attenti il percorso fatto. Risulta poi essenziale considerare anche il ruolo dell’autovalutazione degli studenti e del loro entusiasmo come indicatori di un percorso di apprendimento significativo. L’autovalutazione degli studenti infatti è un processo prezioso che li aiuta a riflettere sul proprio apprendimento, identificare i loro successi e le aree in cui possono migliorare e assumere un ruolo attivo nel loro sviluppo educativo. 

Sullo stesso piano però l’entusiasmo che ogni bambino e bambina dimostra è un indicatore potente di un apprendimento significativo. Quando gli studenti sono felici di apprendere e  motivati ​​rispetto a un argomento o a un’attività, sono più inclini a impegnarsi attivamente, ad apprendere in modo profondo e a perseguire i propri interessi e le proprie passioni. L’entusiasmo degli studenti può essere rilevato attraverso il loro coinvolgimento in classe, il loro interesse per i compiti e le attività proposte, e le loro reazioni emotive e comportamentali durante il processo di apprendimento.

Tutto ciò può darci una visione autentica delle esperienze educative dei nostri studenti. Quando gli studenti sono coinvolti attivamente nel processo di autovalutazione e dimostrano un forte entusiasmo per l’apprendimento, ciò indica che stanno sperimentando un percorso educativo che è rilevante, stimolante e significativo per loro.

L’autovalutazione dei docenti e la documentazione 

Dall’altra parte risulta necessario che anche i docenti riflettano sul proprio percorso scolastico, per esaminare criticamente le proprie prestazioni, identificare i punti di forza e le aree di miglioramento e pianificare azioni costruttive per il futuro. È un momento di riflessione personale che aiuta a crescere professionalmente ed a essere sempre più efficaci con le nostre classi.

La stessa importanza dovrebbe essere data alla documentazione didattica, un prezioso strumento che consente di tracciare il nostro percorso nel corso dell’anno scolastico. Registrare le nostre attività, le strategie didattiche utilizzate, i successi e le sfide incontrate ci offre una panoramica dettagliata del nostro lavoro e delle esperienze dei nostri studenti.

Ma qual è il vero valore di questi processi?

Miglioramento continuo: l’autovalutazione ci permette di identificare i nostri punti di forza e le nostre aree di sviluppo, consentendoci di adottare un approccio basato sull’apprendimento continuo. Questo ci aiuta a diventare insegnanti migliori, in grado di rispondere in modo efficace alle esigenze dei nostri bambini e delle nostre bambine,

Personalizzazione dell’apprendimento: la documentazione didattica ci offre una visione dettagliata delle esperienze di apprendimento dei nostri alunni e delle nostre alunne. Questo ci consente di personalizzare ulteriormente le nostre lezioni e le nostre attività, adattandole alle esigenze individuali di ciascun studente e garantendo un’istruzione inclusiva e equa.

Comunicazione: L’autovalutazione e la documentazione didattica forniscono una solida base per la rendicontazione del nostro lavoro e ci aiuta a comunicare in modo trasparente i nostri successi, le nostre sfide e i nostri obiettivi futuri.

Consapevolezza professionale: attraverso l’autovalutazione e la documentazione didattica, sviluppiamo una maggiore consapevolezza della nostra pratica e del suo impatto sugli studenti. Questo ci consente di essere più consapevoli delle nostre decisioni pedagogiche e di adottare un approccio più riflessivo nell’insegnamento.

Quando arriviamo alla fine dell’anno scolastico, il tempo sembra sempre troppo poco e le cose da fare sempre infinite. Rischiamo di sprecare le ultime settimane come una corsa contro il tempo, per colmare, aggiungere, ripetere. Ma alla fine della strada, prima di arrivare al traguardo, è necessario anche fermarsi un attimo, osservare il cammino fatto, interrogarsi su cosa ci ha condotti fino a lì. E fare queste riflessioni insieme alle nostre classi, piuttosto che da soli a scuola terminata, ci aiuta a continuare a costruire comunità, ad insegnare ad autovalutarsi e prendersi la responsabilità di ogni passo fatto.

La pace nel cuore dell’educazione

Nel 2017, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata internazionale del vivere insieme in pace da celebrare il 16 maggio. Mai come in questo periodo, le tensioni internazionali e i conflitti in corso impongono una particolare attenzione su questo argomento, specie in ambito educativo. Proviamo, nel nostro piccolo, a dare un contributo di riflessione e di idee da spendere in classe. Innanzi tutto, la celebrazione della Giornata internazionale per vivere insieme in pace, ogni anno rende omaggio a una città che incarna questi valori. Nel 2023 è stata Torino, mentre quest’anno sarà Ginevra, in Svizzera, e avrà come slogan: “La pace nel cuore dell’educazione”.

Le iniziative previste, a Ginevra come in molte altre parti del mondo, sono numerose. Tra le altre, è possibile aderire alla Dichiarazione Universale di Vivere Insieme in Pace, sia come singolo cittadino, sia come istituzione. Si tratta di compilare un semplice modulo con il quale si sottoscrivono alcuni impegni:

  • a riconoscere l’uguaglianza di tutti i cittadini e cittadine e l’interdipendenza dei legami che ci uniscono;
  • a costruire dei ponti e a rompere i muri che ci separano;
  • a celebrare la Giornata del Vivere Insieme in Pace, nel rispetto della cultura e delle particolarità locali, prendendo parte a delle iniziative educative e di sensibilizzazione;
  • ad agire all’interno delle istituzioni nazionali per sollecitare la creazione delle condizioni che favoriscano il Vivere Insieme in Pace.

Questa semplice azione può essere l’inizio di un’attività di sensibilizzazione in classe sui temi legati alla pace. Non bisogna dimenticare, infatti, che i conflitti in corso in questo momento sono più di 50. Una fonte di documentazione importante per i docenti, a questo proposito, è sicuramente il rapporto del Parlamento italiano liberamente consultabile su Internet.

Per quanto riguarda le azioni didattiche da proporre in classe, potrebbe essere interessante partire dalle biografie di personalità che si sono distinte per la loro testimonianza sul tema della pace. Alcune di queste sono diventate vere e proprie icone: basti pensare a Nelson Mandela o a Anjeza Gonxhe Bojaxhiu, meglio nota come Madre Teresa di Calcutta. Partire dalle biografie offre il vantaggio di portare all’attenzione azioni concrete, spesso pensiero divergente e impegno personale: inneschi per un’importante azione educativa.

La giornata del 16 maggio può essere l’occasione per affrontare il tema della pace anche attraverso linguaggi particolarmente pervasivi e coinvolgenti, come la musica. Sono molte, per esempio, le canzoni che potrebbero essere proposte e cantate, in base alle diverse fasce d’età. Vediamone alcune:

  • Il mio nome è Mai Più – Ligabue, Jovanotti, Piero Pelù. Canzone nata come protesta nei confronti della guerra nell’ex Jugoslava che, purtroppo, non ha rappresentato un reale “mai più” della guerra in Europa e nel mondo. Proprio questa disillusione può essere il punto di partenza per una discussione in classe.
  • Il disertore – Ivano Fossati. Traduzione di una canzone di Boris Vian, del 1954, ha un testo particolarmente efficace e poetico. Può essere considerata un classico della produzione culturale antimilitarista. 
  • Give peace a chance – John Lennon. Una canzone nata sull’onda della protesta contro la guerra in Vietnam nel cui titolo è racchiuso tutto il senso del testo: “Date una possibilità alla pace”.
  • La guerra di Piero – Fabrizio De André. Un altro classico della canzone d’autore italiana. È la storia di due soldati, due sconosciuti, che si trovano l’uno contro l’altro senza averne scelto il motivo.
  • Casa mia – Ghali. I bambini e le bambine la cantano, la conoscono bene, ormai, dopo il successo di San Remo, ma non sempre si fermano a ragionare sul senso delle parole. Partire da ciò che ascoltano quotidianamente pu essere un ottimo punto di partenza. 

Una parte fondamentale di qualsiasi percorso di educazione alla pace, tuttavia, resta comunque l’aspetto valoriale, etico. I bambini e le bambine dovrebbe essere sollecitati a riflettere che, al di là delle scelte dei Governi e degli Stati, il vivere insieme in pace si coltiva giorno per giorno e viene nutrito dalle proprie scelte. A questo proposito, proponiamo un semplice percorso di filosofia per bambini.

Si tratta, sostanzialmente, di strutturare una riflessione sulla dimensione etica personale e di condividerla con i propri compagni. Proponiamo alla classe un elenco di parole-valore come, per esempio, felicità, onestà, sport, amicizia, uguaglianza, successo, fratellanza, scuola (…). La lista dovrebbe essere sufficientemente lunga e variegata da consentire una scelta reale. Infatti, i bambini e le bambine dovranno scegliere individualmente le 5 parole che aiutano a vivere bene insieme agli altri. La lista non è chiusa, ma nuovi vocaboli possono essere scelti dagli alunni.

Successivamente, in coppia, avviene una contrattazione per far emergere le due parole – tra le 10 a disposizione – irrinunciabili: quelle che aiutano meglio di altre a vivere bene insieme. Infine, tutte le parole vengono riunite in unico cartellone e discusse. Obiettivo di questa attività, ovviamente, è far passare l’aspetto più complesso in fatto di vivere insieme e attenzione alla pace: la condivisione delle scelte e degli obiettivi.

16 maggio – Giornata Mondiale del vivere insieme in pace

Il 16 maggio ricorre la Giornata Mondiale del vivere insieme in pace. Questa giornata, istituita dalle Nazioni Unite nel 2017, ha come obiettivo principale quello di promuovere la pace, la tolleranza e la solidarietà tra tutte le nazioni e le culture del mondo. Proporre di festeggiare questa giornata a scuola permette agli studenti di riflettere su alcuni temi come i conflitti presenti nel modo e le tipologie di discriminazione più frequenti. Dedicare un momento di riflessione al perché è stata istituita questa giornata pone l’attenzione sull’importanza di riconoscere la diversità come un bene che arricchisce la comunità. 

Il 16 maggio diventa quindi un’opportunità per abbracciare uno stile di vita volto all’accettazione e al vivere in armonia.

L’attività che proponiamo per questa giornata parte proprio dal concetto dell’abbraccio. Nell’albo illustrato Di cosa è fatto un abbraccio?” di Alberto Pellai e Barbara Tamborini, edito da Mondadori, due bambini cercano di capire cosa può “cullare” le forti emozioni che provano. In un viaggio che li porterà a raccogliere ingredienti da tutto il mondo e ad incontrare situazioni molto diverse da quelle alle quali sono abituati, Bimbo e Bimba si rendono conto di provare nostalgia l’uno per l’altra e che quello che cercavano si trovava a pochi passi da loro in un caldo abbraccio. L’abbraccio, come scrivono gli autori nelle ultime pagine del libro, è il primo gesto che riceviamo quando nasciamo e che ci fa sentire al sicuro. Questo gesto accompagna la vita della persona dall’infanzia all’età adulta in quanto permette di passare dall’essere “individuo singolo” ad essere un “insieme”. L’abbraccio è quindi un gesto d’amore che ci accompagna, che ci sostiene e che ci unisce.

Educare all’abbraccio, alla condivisione del proprio io con gli altri, ci mette in relazione con il prossimo, ci avvicina al suo vissuto e all’accettazione dell’altro. Il template proposto in questa attività permette ai bambini di esprimere visivamente quello che sentono durante l’abbraccio e quello che vorrebbero trasmettere, potendo regalare la “ricetta” del proprio abbraccio a coloro che gli sono vicini. 

Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:

  • prima parte: lettura espressiva della storia;
  • seconda parte: presentazione del lavoro;
  • terza parte: video tutorial con i passaggi per realizzare il template dell’abbraccio.

VIDEO

MATERIALI

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LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

Problemi: no problem!

La capacità di risolvere problemi – in inglese problem solvingè ormai unanimemente riconosciuta come una delle competenze indispensabili per il cittadino. L’insegnamento della matematica si pone al centro dello sviluppo di questa competenza non solo perché tradizionalmente si esplica proprio nella risoluzione di problemi ed esercizi di vario tipo, ma anche e soprattutto perché dovrebbe avere come obiettivo quello di promuovere il senso critico, la capacità di costruire argomentazioni basate su concatenazioni logicamente corrette, individuare strategie, applicare procedure adeguate. Tuttavia, questi due aspetti, benché intimamente legati, non sempre procedono di pari passo nella pratica didattica; anzi, l’insegnamento basato sul proporre problemi ed esercizi, se non è metodologicamente adeguato, può addirittura nuocere, anziché favorire, lo sviluppo di competenze di problem solving.

Problema o esercizio?

Uno degli aspetti critici nella didattica del problem solving è il concetto stesso di problema: cosa è da ritenersi un problema, intendendosi con questo termine un testo adeguato al nostro scopo, e cosa invece un esercizio?

Consideriamo il seguente esempio:

La somma di due numeri è uguale a 32 e la loro differenza è 12. Trova i due numeri.

Chi viene posto per la prima volta di fronte a una situazione come questa (o una matematicamente analoga, anche calata in contesto reale), troverà problematico il raggiungimento dell’obiettivo; dovrà infatti ingegnarsi per capire di cosa si tratta, poi per trovare una soluzione, magari facendo vari tentativi o ricercando una rappresentazione adeguata, e infine per verificarla.

Supponiamo invece che uno studente sappia già che quando di due grandezze sono date somma e differenza, per trovare la maggiore basterà calcolare la semisomma dei due dati. Si vede che allora la presenza di una procedura predefinita priva il compito del suo aspetto problematico e lo trasforma in un esercizio di applicazione di quella procedura.

Essere un buon risolutore

Una volta chiarito il campo d’azione, e cioè che cosa possa essere considerato un problema, conviene chiederci che cosa rende un individuo un buon solutore di problemi. Sicuramente il buon solutore dovrà essere dotato di alcune abilità fondamentali:

  • comprendere il testo (sia espresso in forma testuale, sia simbolica o grafica);
  • rappresentare e tradurre (cioè saper passare da un linguaggio all’altro);
  • applicare le conoscenze apprese (e quindi saper scegliere, nel suo bagaglio di strumenti, quelli più adatti alla situazione).

Queste abilità possono senz’altro essere sviluppate attraverso esercizi mirati, ma esse non bastano: il buon solutore è infatti colui che sa mettere in atto una serie di atteggiamenti che gli garantiscono il raggiungimento dell’obiettivo.

  • Approccio non lineare alla risoluzione del problema: le attività di lettura, esplorazione, pianificazione, implementazione e controllo procedono in maniera non sequenziale
  • Controllo sul processo: i bravi solutori tornano spesso sui propri passi per valutare come convenga procedere.
  • Provare più strade: un bravo solutore considera diversi approcci, tra cui suddividere il problema in sottoproblemi, esplorare casi particolari in cerca di regolarità, individuare analogie con problemi noti.

In aula

Alla luce di quanto detto, per formare dei buoni solutori di problemi è necessario:

  • scegliere bene i problemi da proporre;
  • valorizzare ogni tentativo di risoluzione;
  • concedere tempo (anche più giorni);
  • confrontare diverse strategie risolutive;
  • non dare regole fisse, ma proporre modelli e rappresentazioni;
  • dare spazio al confronto tra pari, ma anche al lavoro individuale.

Per approfondire

Moodle e la didattica partecipativa: realizzazione di un video interattivo con H5P

Come si è visto nei precedenti articoli di questo ciclo, Moodle è una piattaforma di e-learning diffusa a livello mondiale che offre una serie di potenzialità molto interessanti anche per le scuole superiori. H5P è un framework per la creazione di contenuti interattivi basato su HTML, cioè integrabile molto bene in una pagina web, oppure in qualsiasi sistema di gestione dei contenuti (CMS) o sistema di apprendimento online (LMS).

Con Moodle non ci serve andare sul sito di H5P  e usare il suo editor di contenuti, bensì è possibile creare un’attività interattiva con l’editor integrato in Moodle. Dopo aver cliccato su “aggiungi un’attività o una risorsa” di un corso Moodle ci troviamo in questa finestra.


Figura 1 – attività H5P

 

Come si vede nell’immagine, ci sono due entry per H5P. La prima, l’icona  a sfondo nero, ci consente di creare il contenuto, interattivo, direttamente da dentro la piattaforma Moodle. Con la seconda, quella a sfondo blu possiamo integrarla perfettamente come un’altra qualsiasi attività del nostro corso valutare l’attività, tracciarla, differenziarla a seconda dei gruppi, aggiungere un criterio per l’accesso. Possiamo inoltre anche caricare un file H5P dall’esterno.


Figura 2 – proprietà dell’attività

 

Una volta creato, il contenuto viene memorizzato nel deposito dei contenuti del corso al quale si sta lavorando, se si vuole utilizzarlo in più corsi conviene memorizzarlo ad un livello superiore, per esempio a livello di sistema.


Figura 3 – Deposito dei contenuti

Video interattivi

In particolare in questo articolo esaminiamo come viene strutturato un video interattivo realizzato con H5P,  ma possiamo creare anche giochi come il memory, flash card, find the word, crossword, molto stimolanti per l’apprendimento e l’interesse. Un video interattivo è un video interrotto da domande di diverso tipo, che tengono attiva l’attenzione dello studente e stimolano la sua attitudine critica.


Figura 4 – Esempio di video interattivo

 

Il video si presenta come in figura, gli occhielli che si vedono nella barra grigia in basso contrassegnano i punti in cui è stata inserita un’attività interattiva, si possono lasciare gli usuali controlli per gestire la visualizzazione o si può impedire allo studente di andare veloce o di saltare parti del video.


Figura 5 – Domanda Drag and Drop

 

Nell’immagine si vede un esempio di domanda “drag and drop”, si può configurare il sistema anche in modo che lo studente non possa procedere se non ha risposto in maniera corretta a tutte le domande.


Figura 6 – Correzione domanda Drag and Drop

 

In questa seconda immagine si vede la correzione della domanda (si può anche non mostrare), che permette di correggerla e di poter proseguire. Possiamo anche avere domande a scelta singola o multipla.


Figura 7 – Domanda a scelta singola

 

Alla fine della visione del video occorre inserire l’attività conclusiva  (contrassegnata con una stellina) che consentirà allo studente di inviare il suo risultato (Submit Answers).


Figura 8 – Attività conclusiva

 

Il sistema fornirà poi al docente un report con il resoconto per ciascuno studente.


Figura 9 – Report dei tentativi

 

Cybersecurity III – L’importanza del secondo fattore di autenticazione

La compromissione delle password è una minaccia significativa alla sicurezza informatica. Una password compromessa può infatti significare una possibile violazione di dati, un accesso non autorizzato ad account e informazioni sensibili, per arrivare fino al furto di identità. Spesso si sente parlare del furto di un account Netflix o Instagram; spesso questi non hanno particolari conseguenze ma altre volte non è così.

 

Cos’è la password

Possiamo dire che password è una parola d’ordine che in combinazione con lo username garantisce l’autenticazione dell’utente, ovvero il riconoscimento da parte di un sistema informatico che l’utente sia chi dice di essere. Lo username è pubblico e permette al sistema informatico di identificare l’utente; mentre la password, a cui lo username è associato univocamente, è un segreto noto solo all’utente. Costituisce quindi quello che si dice un fattore di autenticazione di conoscenza (knowledge), perché sfrutta qualcosa che l’utente sa per confermare la sua identità.

Perché la password non è più sufficiente

Probabilmente la password è il fattore di autenticazione più vecchio tra quelli a nostra disposizione oggi e, forse anche per questo, ha molti limiti. Esistono diverse tecniche per cercare di appropriarsi di una password:

  • Attacco Brute Force, in cui l’attaccante tenta tutte le possibili combinazioni
  • Attacco a Dizionario, in cui l’attaccante usa liste di password comuni e combinazioni con più probabilità di essere utilizzate
  • Attacco Keylogging, consiste nella registrazione di tutti i tasti digitati sulla tastiera

Oltre alle diverse possibilità di attacco, la più grande debolezza della password è il fattore umano: inventarsi e ricordare password complesse è un compito fastidioso, cambiarle spesso come richiedono alcuni servizi lo rende ancora più gravoso. Per queste ragioni l’utente tende ad adottare comportamenti “a rischio”, come il riutilizzo della stessa password su diversi servizi (password reuse) o l’uso di informazioni legate a sé come la data di nascita o il nome.

Altri fattori di autenticazione

Per difendersi e adottare un approccio più sicuro non è più sufficiente quindi irrobustire la propria password (per esempio incrementando lunghezza e complessità per rendere difficoltosi gli attacchi Brute Force e a Dizionario) ma occorre munirsi di un secondo fattore di autenticazione. Per ottenere quella che si definisce l’autenticazione forte (Strong Authentication) bisognerebbe adottare un secondo fattore appartenente ad una categoria diversa. Oltre ai fattori di conoscenza (come password, pin, o segno di sblocco nel caso degli smartphone) esistono infatti anche fattori di proprietà (ownership), per esempio una chiavetta di autenticazione, uno smartphone o una smartcard, e fattori biometrici (inherence), come l’impronta, il volto o l’iride.

 

Le App Authenticator

Un modo comodo e veloce per avere un secondo fattore di autenticazione sempre a portata di mano sono le applicazioni authenticator, come per esempio Google Authenticator o Microsoft Authenticator. Queste applicazioni permettono di registrare i propri account, per esempio quello di gmail, Facebook o Tiktok, generalmente scansionando un QR code. Dopo aver impostato il servizio per richiedere un secondo fattore, ad ogni accesso oltre all’inserimento della password verrà richiesto un TOTP, ovvero un codice numerico univoco che viene rigenerato ogni 30 o 60 secondi dall’applicazione. Questo metodo è sicuro perché quando si registra il servizio tramite QR code, l’applicazione e il server che eroga il servizio si mettono d’accordo su un algoritmo di generazione in modo tale che i codici generati dall’app all’apparenza casuali vengano riconosciuti come autentici.

In certi casi queste app supportano anche l’autenticazione biometrica, e allora quando l’utente cercherà di accedere ad un servizio, riceverà anche una notifica dall’app authenticator che chiederà di sbloccare lo smartphone con l’impronta o con il volto.

Approfondimenti

L’utilizzo di più di un fattore di autenticazione rende molto più difficile agli attaccanti compromettere l’account di un utente. Se cercate informazioni sulle password compromesse o volete verificare se i vostri dati siano stati compromessi durante un data breach, un attacco informatico che ha portato alla perdita di dati, un sito molto interessante da visitare è Have I Been Pwned; qui potrete scaricare i database delle password coinvolte in attacchi informatici, potrete verificare se la vostra email o il vostro numero di telefono compaiono nei dati compromessi durante degli attacchi passati o verificare se una password fa parte delle password compromesse: provate per esempio a cercare la password “pippo”, scoprirete che è comparsa oltre 44 mila volte nei data breach censiti sul sito.