Dibattiti, workshop, pubblici incontri, seminari. Il tema, inflazionato e non senza strumentalizzazioni e polemiche, spopola oramai da tempo e ovunque. È la città dei 15 minuti, il nuovo modello di pianificazione urbana teorizzato dal franco-colombiano Carlos Moreno, docente presso IAE Paris Business School – University Paris 1 Panthéon Sorbonne.
Il modello urbanistico di Moreno pone al centro l’individuo e “un’equa distribuzione di tutte le funzioni sociali essenziali per vivere, lavorare, prendersi cura, imparare e divertirsi” come lo stesso ricercatore dichiara in un’intervista per il Politecnico di Milano “in modo che tutti i residenti possano beneficiare di tempi di accesso più brevi”. 15 minuti appunto di percorrenza, a piedi, attraverso l’utilizzo di mezzi pubblici o in bicicletta, liberi dal traffico veicolare.
Perché i nuovi quartieri della città del quarto d’ora, oltre a rispondere alle esigenze essenziali di un benessere collettivo e ad assicuare quindi servizi di prossimità (dall’ospedale all’istruzione, dallo sport alla cultura), devono anche rispondere all’emergenza climatica dovuta all’inquinamento da emissioni di C02
Pioniere della smart city, Moreno presenta la sua ville du ¼ d’heure a partire dal 2016 ma sarà l’attuale sindaco di Parigi, Hanne Hidalgo a darne una prima concreta applicazione e ad usarla anche nella campagna elettorale per la sua rielezione nel 2020. Tra i punti cardine del suo Manifesto Paris en Commun: incremento di piste ciclabili e spazi pubblici, incentivi per i negozi di quartiere e ridistribuzione delle strutture sanitarie.
Né poteva mancare l’applicazione degli obiettivi teorizzati da Moreno all’ultima edizione di questi giochi olimpici nell’ambito dei quali il ricercatore focalizza l’attenzione sulla trasformazione urbana del comune di Saint-Denis, da ex sobborgo industriale della banlieue a sito scelto per erigere il villaggio olimpico. Le ricadute però di questa metamorfosi si potranno misurare solo nel tempo.
Nel mentre il modello della città dei 15 minuti è stato accolto anche da C40, la rete globale di sindaci delle principali città del mondo (tra cui anche Milano e Roma) uniti nell’azione per affrontare la crisi climatica e UN Habitat, l’agenzia delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani volta a “favorire un’urbanizzazione socialmente ed ambientalmente sostenibile e il diritto ad una casa dignitosa”.
“Dal Moderno in avanti siamo stati dominati da tre elementi; edifici, automobili, strade” afferma ancora Moreno. “La rigenerazione delle città passa da una forma di prossimità felice, all’interno della quale è possibile trovare diverse opportunità”.
Sarà questa, dunque, la direzione per una radiosa città del futuro?
Rispondere in maniera affermativa sarebbe semplicistico e riduttivo e non terrebbe conto anche delle osservazioni critiche mosse al modello come il rischio di una possibile “ghettizzazione”. Certo è che l’attuale direzione supera le ripartizioni di funzioni per zone e traccia un interessante evoluzione rispetto ai modelli novecenteschi. Allora a fare da protagonisti erano i grandi nomi dell’architettura che oltre ad occuparsi della questione abitativa (che a sua volta assorbiva e rifletteva una temperie culturale nel linguaggio estetico) potevano esser chiamati a redigere l’intero piano urbanistico di una città (un esempio fra tutti: Le Corbusier per Chandigarh). Ad oggi l’indirizzo di una futura pianificazione sembra non poter prescindere da un approccio di ricerca transdisciplinare che le singole amministrazioni dovranno essere in grado sempre più di recepire ed applicare.
Per approfondire
- Per conoscere meglio la proposta urbanistica di Moreno si può consultare l’intervista all’architetto pubblicata sul Giornale dell’Architettura:
Carlos Moreno: «Saranno le Olimpiadi della prossimità. E via tutte le auto dai centri urbani densi» - Su Le Corbusier e le proposte urbanistiche di vari esponenti del Movimento Moderno, si veda Valerio Terrraroli, Con gli occhi dell’Arte, Sansoni per la Scuola, vol. 5