Le Indicazioni Nazionali del 2012 parlano chiaro: insegnare a bambine e bambini ad applicare correttamente procedure matematiche standardizzate non è più sufficiente; bisogna invece valorizzare i processi di pensiero e insegnar loro a prendere decisioni attivando le proprie risorse interne, mettendo in gioco competenze e strategie.
In questa cornice appare evidente come il focus dell’insegnamento della matematica debba sempre di più essere spostato sulla ricerca di strategie per risolvere problemi.
Ma che cos’è un problema?
Un problema è una situazione in cui qualcuno vuole raggiungere un obiettivo, trovare una soluzione, ma non sa come fare. Se ci soffermiamo a riflettere sui testi di quelli che vengono chiamati “problemi” nella stragrande maggioranza dei libri scolastici, ci accorgiamo che spesso l’obiettivo da raggiungere è poco chiaro o ha poca attinenza con le problematiche che si incontrano nella vita di tutti i giorni e che si sa benissimo come fare per trovare la soluzione, basta seguire una procedura standard che i bambini hanno imparato ad applicare essendosi trovati di fronte a “problemi” simili.
Risulta quindi necessario fare una distinzione tra:
- quelli che possiamo chiamare “problemi per allenarsi”, che altro non sono che esercizi ripetitivi e un po’ meccanici, pensati per allenare gli studenti a seguire passaggi ben precisi per arrivare a una risposta univoca, che hanno sempre una soluzione;
- e quelli che a tutti gli effetti sono dei “problemi autentici”, perché assomigliano a quelli della vita di tutti i giorni, infatti non sempre sono risolubili, a volte possono prevedere più di un’unica risposta e richiedono di ragionare attivando risorse interne per trovare delle strategie efficaci.
La risoluzione di un “problema standard” sicuramente rassicura l’insegnante rispetto a quella di un problema autentico che oltre a prevedere più risposte possibili, richiede abilità di argomentazione e l’attivazione di strategie diverse; ci può essere infatti una difficoltà nel valutare i processi di pensiero divergente, un’incertezza nel rispondere a domande impreviste o imprevedibili, la paura di sbagliare e quella di non avere abbastanza tempo.
Tutto questo è normale, quello che dobbiamo chiederci però è sempre qual è il nostro obiettivo e se valga la pena metterci un po’ in discussione per raggiungerlo.
Un esempio di problema autentico
Nel nuovo libro di testo di Rizzoli Education – Gea – è stata inserita questa distinzione, infatti sfogliandolo potete trovare alcuni esempi di problemi autentici; di seguito ne riassumo uno a titolo esemplificativo, tratto dall’eserciziario di classe 5a.
Alessio è stato alla sua prima lezione di hip-hop. Dopo la lezione ha incontrato Jenny, che invece segue un corso di scrittura. Si accorgono di avere parecchi interessi in comune, così decidono di rivedersi ancora la prossima volta che avranno ciascuno la propria lezione lo stesso giorno. Il corso di hip-hop è tutti i martedì e i venerdì; le lezioni di Jenny invece cadono ogni 10 giorni. Inoltre il giorno di chiusura del bar è proprio il martedì. Secondo i calcoli di Alessio riusciranno a rivedersi altre 4 volte nei 6 mesi successivi. Secondo te ha ragione? Perché?