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Manufatti o lavoretti?

Esercitare la manualità allenando lo sguardo alla bellezza

di  Maria Condotta

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Il dibattito

Negli ultimi anni si è fatto più acceso il dibattito sul “lavoretto di Natale”. C’è chi sostiene che non si debba fare, che si debba chiamare con altri nomi o che non abbia alcun senso per i bambini. Se viene fatto con uno scopo preciso e con l’intento di coltivare la bellezza, può essere un’occasione importante per esercitare competenze che non si metterebbero in campo nella normalità scolastica di tutti i giorni.

L’obiettivo 

Troppo spesso si rischia che il focus del lavoro sia sul prodotto finale, sulla realizzazione di qualcosa di perfetto, che poco si addice alle mani dei bambini. Fare un manufatto, in occasione delle feste o in qualsiasi altro momento, dovrebbe essere l’occasione per sperimentare abilità diverse, per imparare tecniche artistiche, per mettersi alla prova e stimolare la propria creatività

L’abilità da apprendere 

Ci sono abilità e tecniche artistiche infatti che nella quotidianità non vengono stimolate. Dunque  mettersi all’opera su un manufatto può essere l’occasione per provare qualcosa di nuovo e misurarsi con abilità complesse e multidimensionali. Ecco allora che imparare a fare il decoupage, ritagliando con precisione i pezzetti di salvietta, creare un centrotavola, cucire il panno per fare qualche oggetto, utilizzare il legno, la carta vetrata e vari tipi di colla, diventano strumenti per apprendere ad utilizzare le mani, a creare, ad essere creativi, con lo scopo di potenziare il fare per apprendere.

La bellezza e la cura 

In tutto questo però dovremmo ricordarci che i bambini amano il bello. Mettere a loro disposizione materiali curati, ben preparati, disposti con attenzione in uno spazio laboratoriale ben attrezzato, può fare la differenza. L’insegnante diventa un artigiano che fa vedere il processo in atto, mostrando le tecniche e dando suggerimenti sulla composizione. Ogni alunno e alunna poi, padroneggiata la tecnica, saprà applicarla in modo creativo, non per creare una copia del lavoro dell’insegnante, ma per dar vita ad un manufatto vero, proprio, pensato e progettato.

Un esempio in classe prima

In classe prima, ci siamo dedicati alla preparazione di un centrotavola. Ciascuno, ricevuti i materiali, li ha ordinati e osservati con attenzione, scegliendo i più adatti per sé. Poi con infinita pazienza ha incollato ogni piccolo oggetto nel ceppo, cercando la posizione migliore, sia perché fosse d’effetto, sia perché la vinavil facesse presa. Poi, con altrettanta pazienza, ognuno ha premuto sul pezzo, per far sì che la colla si fissasse, prima di aggiungere un nuovo elemento. Abbiamo imparato anche a gestire la frustrazione perché qualche pezzetto nonostante mille tentativi, proprio non si voleva attaccare, e qualche lacrima è scesa. 

È stato un esercizio di pazienza enorme, e nel frattempo di scelta, di armonia e di decisioni attente. Solo alla fine, la maestra ha fatto vedere che esiste un altro tipo di colla, quella a caldo, con la quale avrebbe aiutato ad incollare i pezzetti minuscoli o strambi, che con la vinavil proprio non si volevano attaccare. Abbiamo cosparso di brillantini e di neve spray, e abbiamo ammirato soddisfatti il nostro risultato. Abbiamo poi preparato il biglietto, messo il tutto nel sacchetto.  La soddisfazione di aver creato qualcosa di proprio, con tanta fatica e impegno, brillava negli occhi di tutti. 

Certo, ci abbiamo messo una settimana, quindi il tempo dedicato è stato davvero molto, ma ne è valsa la pena, perché il lavoro di Natale può essere davvero speciale e produttivo.

Ho dipinto,
ho atteso,
è asciugato,
ho sistemato.
Ho raccolto,
ho riordinato,
ho atteso,
ho pensato.
Ho pensato,
ho tagliato,
ho pensato,
ho incollato.
Ho mostrato,
ho spiegato,
ho sorriso,
ho ascoltato.

Così,
se davvero
capite quel che ho detto,
vi prego,
non chiamatelo
soltanto “lavoretto”.

A. Capetti