L’uomo del Paleolitico, detto cacciatore-raccoglitore, si cibava del miele prodotto dalle api selvatiche. Questo avveniva ancor prima che, nel Neolitico, iniziassero le prime forme di agricoltura e allevamento. Successivamente agricoltura e apicoltura iniziarono un graduale e sinergico sviluppo che tutt’oggi continua.
Gli insetti impollinatori (api e farfalle i principali) svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione degli ecosistemi (ISPRA 2022) e si stima che la riproduzione di circa il 90% delle piante del nostro pianeta, dipenda dall’impollinazione animale. Nel dettaglio, il 70% delle più importanti specie coltivate di interesse agrario (115 colture), dipende dall’impollinazione degli insetti (Klein et al., 2007).
Senza questo stretto e vitale connubio riproduttivo tra insetti e piante, molte specie vegetali sarebbero a rischio di estinzione. Altrettanto importante è il ruolo dell’impollinazione da parte delle api che, con la loro attività, garantiscono la riproduzione di circa il 70% di tutte le specie vegetali; grazie a questi preziosi insetti viene così prodotto il 35% di cibo a livello globale.
La produzione agricola ha beneficiato negli ultimi decenni di un incremento di produzione di circa il 30% grazie proprio al lavoro svolto dagli insetti impollinatori.
Non da ultimo, l’allevamento delle api fornisce numerosi prodotti alimentari, cosmetici e curativi quali il miele, polline, pappa reale, cera, propoli e veleno creando un indotto importante. L’Italia è il quarto produttore di miele in Europa con 1,4 milioni di alveari censiti con una produzione annua di oltre 23 mila tonnellate (ISMEA, 2019). Nonostante ciò, il beneficio apportato all’agricoltura dagli insetti impollinatori, ed in particolar modo dalle api, porta ad un maggior ritorno economico rispetto ai prodotti dell’alveare precedentemente elencati che vengono quindi considerati come “prodotti accessori e secondari” (Marino, 2010).
Piante arboree quali ciliegio, pero, melo, agrumi e molte altre specie di interesse agronomico, evidenzierebbero un drastico calo produttivo in assenza di impollinazione entomofila.
L’attività degli insetti impollinatori, inoltre, aumenta la percentuale di allegagione, previene la cascola dei frutti, aumenta le dimensioni dei frutti ed il loro contenuto zuccherino (Marino, 2010).
La moderna agricoltura e le esigenze legate a una produzione sempre più alta, hanno incentivato tecniche colturali più intensive come la monocoltura, la monosuccessione e l’eliminazione degli habitat degli insetti impollinatori (siepi, filari e prati a margine degli appezzamenti coltivati). Accanto a questo, il controllo degli insetti patogeni con fitofarmaci non selettivi ha, negli ultimi decenni, decimato le specie impollinatrici selvatiche e non, portando sempre più ad una dipendenza della presenza delle api allevate per la salvaguardia della produttività delle colture (Silli e Bellucci, 2022).
La legislazione dell’Unione europea garantisce da sempre “elevati livelli di protezione della salute umana, animale e dell’ambiente”. Per questo motivo stabilisce che i pesticidi non debbano avere “nessun effetto nocivo per la salute animale” (Reg. EC n. 1107/2009). In conclusione, le politiche agricole attuali, tutelano sempre più modelli di agricoltura sostenibile salvaguardando la salute pubblica e animale nel rispetto e conservazione della biodiversità.
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