Introduzione
La centralità della scienza e della tecnologia nel mondo contemporaneo è sperimentata prima di tutti da studentesse e studenti, per la loro vita socio-mediale ma soprattutto per la duttilità nell’interazione con tecnologie emergenti, nel bene e nel male, come già anni fa si iniziò a rilevare (Sherry Turkle, Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia, 2019) e recentemente si è tornato a discutere (Alberto Pellai, Barbara Tamborini, Vietato ai minori di 14 anni. Sai davvero quando è il momento giusto per dare lo smartphone ai tuoi figli?, 2021). Per young adults e over-30 potremmo dire altrettanto, sebbene con performance diverse. Se la possibilità di apprendere e adattarsi è a vario titolo comune a tutti, non possiamo dire lo stesso circa la consapevolezza storica relativa a scienza e tecnologia. Un nato dopo gli Anni Zero ha pochi strumenti per comprendere che scienza e tecnologia sono prodotti di cultura e di consumo che nel tempo hanno incrementato il loro impatto sociale, il loro ruolo nella costruzione di comunità, la loro capacità di modificazione dell’ambiente e della natura come risultato di processi di trasformazione storica. La riflessione intorno alla dimensione culturale della scienza e della tecnologia è invece fondamentale per acquisire consapevolezza critica del presente e capacità di analisi, tali da volgere in apprendimento attivo le ricadute passive di scelte attuate nel contesto scolastico e politico. A tal fine, introdurre nella didattica e nella formazione scolastica e universitaria, a vario modo e a vari livelli, elementi metodologici e contenutistici provenienti dalla storia della scienza e della tecnologia costituisce un approccio originale e fecondo per la formazione del pensiero critico, un vero e proprio grimaldello per sviluppare competenze trasversali, oltre che alla didattica delle singole discipline STEM. In particolare, il concetto di “rivoluzione scientifica” permette di aprire prospettive promettenti per la progettazione didattica transdisciplinare.
Il presente e l’immediato passato della scienza e della tecnologia
Un primo passo può essere partire dal presente, per comprendere alcuni aspetti della società mediale in cui siamo immersi, del ruolo delle tecnologie di comunicazione e dell’informazione, delle strutture sociopolitiche che facilitano o meno l’accessibilità alla conoscenza. Le attuali caratteristiche tecno-scientifiche quando sono emerse? Chi sono stati i protagonisti principali che hanno reso possibile lo scenario attuale? In questa prospettiva è interessante introdurre il concetto di “rivoluzione dell’informazione”, proponendo figure centrali per capire il Novecento ma ancora marginali nelle programmazioni scolastiche quali Claude Shannon, Alan Turing o John Von Neumann fino a studiosi oggi molto noti in Italia come Luciano Floridi o Nello Cristianini. Ancora più importante, però, è radicare il concetto di rivoluzione dell’informazione in quello più generale di “rivoluzione scientifica”.
Il passato della scienza e della tecnologia e l’idea di una “rivoluzione scientifica”
In letteratura, la categoria storiografica di “rivoluzione scientifica” ha vissuto innumerevoli fasi e subito profondi ripensamenti. Intesa dapprima come “rivoluzione copernicana”, a motivo dello spostamento del centro del mondo dalla Terra al Sole da parte di Copernico (1543), essa è divenuta con Immanuel Kant (Critica della ragion pura, 1781) modello di rivoluzione per altri sistemi di sapere come la filosofia. I cambiamenti interni alla vecchia filosofia della natura spinsero verso la scienza moderna. Essi hanno poi trovato una più recente codifica storiografica, prima di assonanza storico-politica (Herbert Butterfield, The Whig interpretation of history, 1931; Le origini della scienza moderna, 1949) e poi filosofico-scientifica (Thomas Kuhn, La rivoluzione copernicana, 1957; La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1962). Negli ultimi decenni si è messa in discussione l’idea in sé di rivoluzione scientifica secondo molteplici prospettive (tra le più recenti, Stephen Shapin, The Scientific Revolution, 2018).
Cosa rende “scienza” la “scienza”
Dietro alle discussioni circa le rivoluzioni scientifiche e le loro capacità di impattare sulle nostre società vi sono una serie di aspetti che questi dibattiti hanno ben focalizzato, al di là delle singole posizioni poi adottate dagli studiosi. Cosa rende la “scienza” davvero “scienza”?
- L’abilità a interpretare in modo nuovo, o almeno diverso, il patrimonio scientifico del passato.
- La capacità di organizzare e formalizzare in vario modo i ragionamenti.
- La dimensione sperimentale e osservativa.
- La capacità di dimostrare la validità dei propri risultati teorici o applicativi, soprattutto mediante predizioni utili per la scienza stessa o per la società.
- Il consenso all’interno di una comunità internazionale di studiosi.
- L’organizzazione interna delle comunità scientifiche e il loro rapporto di indipendenza/dipendenza con i sistemi politici e di produzione.
- La possibilità di rispondere alle richieste tecnologiche della società.
Far emergere il legame tra una qualche idea di scienza e le sue componenti storico-epistemologiche è il primo passo per una cultura STEM davvero innovativa e capace di prospettiva critica. La scienza è una forma di cultura, determina modi di vedere il mondo, influenza un immaginario personale e collettivo, è un luogo privilegiato per imparare ad argomentare in forma corretta. Conoscere le vicende di chi ha elaborato teorie, lo sviluppo delle tecniche formali o strumentali, l’interazione tra quando accade nei laboratori e quanto accade fuori rende la scienza un ambito estremamente interessante per ricostruire processi di trasformazioni storiche, oltre a essere un’appassionante avventura umana e non solo uno strumento di profitto.