Nessuno penserebbe di insegnare l’arte o la letteratura svincolandole dal periodo storico e dal contesto culturale nel quale si sono sviluppate, mentre nelle scienze le conoscenze acquisite nel passato vengono solitamente considerate obsolete e trascurabili. Si dirà che le scienze sono per loro natura dinamiche e questo è vero, ma mettere in risalto quali siano state le concezioni scientifiche nei secoli scorsi, le verità anche parziali o gli errori commessi, aiuta gli studenti a costruirsi un’immagine meno dogmatica della scienza. Inoltre, mostrare l’evoluzione delle idee scientifiche permette di far conoscere a studenti e studentesse la fondamentale importanza della scienza per il progresso dell’umanità e il duro lavoro di scienziati e scienziate nel raggiungere i loro obiettivi. Inserire nella trattazione degli argomenti la storia delle scienze permette, a vari livelli, di chiarire questioni di epistemologia e i rapporti tra scienze e filosofia, senza i quali le scienze stesse apparirebbero assai più estranee al pensiero umano.
Come docenti, non si tratta di appesantire la programmazione del curricolo, ma di implementare in ogni fase dell’insegnamento interrogativi sulla storia della conoscenza dell’argomento oggetto di studio.
Nel libro di testo Tra le dita – scienze da esplorare diverse lezioni seguono un’impostazione di tipo storico; prendiamo per esempio l’unità sulla struttura e dinamica della Terra nella quale si parte dalle prime idee mobiliste di Wegener (1915), per arrivare all’espansione dei fondali oceanici (anni Sessanta del secolo scorso) fino al modello della tettonica delle placche (1965). Quest’ultimo è giustamente definito il “modello globale” delle scienze della Terra: una vasta serie di fenomeni geologici, dai vulcani ai terremoti, dall’orogenesi all’espansione dei fondali oceanici, può essere infatti spiegata facendo ricorso a esso. Perciò è importante che venga ben compreso dagli studenti.
Per introdurre l’argomento e catturare l’interesse degli studenti, si propone l’immagine di un mappamondo molto particolare nel quale i continenti appaiono riuniti insieme in un unico “supercontinente”. Esso rappresenta la superficie terrestre come si presentava durante il Mesozoico, circa 290 milioni di anni fa (Fig. 1). A partire da questo engage gli studenti si interrogano su come sia stato possibile passare dalla disposizione delle terre e dei mari rappresentata su questo globo a quella attuale e su quali forze potrebbero avere agito nello spostare i continenti.
Poi si propone agli studenti un’attività investigativa affinché possano rispondere alla prima domanda. Dovranno ritagliare le sagome dell’Africa e dell’America del Sud, per poi constatare come le coste del Brasile e del Golfo di Guinea sembrino combaciare, come le tessere di un puzzle (Fig. 2).
Figura 2 |
La stessa osservazione fece Wegener che, a proposito della sua teoria della deriva dei continenti, scrisse: “Nel 1910, nell’esaminare la carta geografica dei due emisferi, ebbi l’impressione immediata della concordanza delle coste atlantiche, ma ritenendola improbabile non la presi per allora in considerazione”.
Sappiamo che la teoria di Wegener, pur basandosi su una serie di prove indirette, fu molto criticata dai geologi del tempo: come era possibile, infatti, che le enormi masse continentali si spostassero sui fondali oceanici solidi? La teoria non dava una spiegazione convincente di tale meccanismo. A quell’epoca non c’erano ancora strumenti in grado di fornire prove inconfutabili a sostegno di questa ipotesi. Wegener morì nel 1930 durante una spedizione in Groenlandia, alla ricerca di ulteriori prove, e non fece in tempo a vedere che la sua ipotesi su una crosta terrestre attiva, in movimento, sarebbe stata riconosciuta dalla comunità scientifica e che avrebbe posto le basi della teoria della tettonica delle placche.
Le scienze della Terra si avvalgono spesso di modelli, come quello della tettonica delle placche, che rappresentano il tentativo di “farsi un’idea plausibile” di un oggetto non direttamente indagabile; essi sono in continuo perfezionamento e a volte, come per la teoria della deriva dei continenti, un modello deve essere abbandonato e sostituito da un altro più coerente con i nuovi dati emersi dalle ricerche.
Un’altra attività di modellizzazione, propedeutica all’attività investigativa sul “modello globale”, è la costruzione di un modello bidimensionale in scala dell’interno della Terra con i suoi diversi involucri, utilizzando cartoncini di colori diversi per indicare i diversi strati individuabili all’interno della Terra (Fig. 3).
Figura 3
Nel realizzarlo, gli studenti si rendono conto di come la crosta sia molto più sottile rispetto agli altri due involucri del pianeta e potranno comprendere meglio il modello della tettonica delle placche che si basa sul movimento delle zolle le une rispetto alle altre.
A completamento del percorso, di cui in questo articolo sono stati dati solo alcuni flash, si può proporre una prova di competenza che permette di aggiungere qualche altro tassello all’argomento trattato, oltre che fornire un feedback sui livelli di competenze raggiunti da ragazze e ragazzi (Fig. 4).
Figura 4 |
PER APPROFONDIRE
Matescienze Live, La storia della scienza in laboratorio, Ernesta De Masi e Giulia Forni
SCOPRI L’OPERA
- Tra le dita- Scienze da esplorare, di A. Alfano, V. Boccardi, E. De Masi, G. Forni – Fabbri Editore – Rizzoli Education, 2022 – Testo di scienze per la scuola secondaria di primo grado