L’espressione “beni culturali”, come sinonimo di patrimonio artistico e culturale, è stata adottata in Italia in tempi molto recenti. Solo dagli anni Sessanta del Novecento, infatti, parallelamente all’attenzione nei confronti dei capolavori – opere d’arte inestimabili quali la Vergine delle Rocce di Leonardo o il David di Michelangelo o la Rotonda di Palladio – ha cominciato ad imporsi l’interesse verso il tessuto connettivo delle testimonianze culturali. L’attenzione si è così spostata dal museo al territorio nella sua complessità urbanistica e culturale, ossia dal singolo pezzo, ben documentato sui testi scolastici e sui libri d’arte, a quel ricchissimo reticolo di beni – la chiesetta medievale di provincia, l’edifico di una vecchia fabbrica abbandonata, il bel cancello in ferro battuto all’ingresso di una abitazione in rovina – che rende ineguagliabile l’intero territorio italiano, tanto da far sostenere ad Antonio Paolucci, illustre storico d’arte, nonché ex ministro dei beni culturali e ambientali, che l’Italia è “un museo diffuso”.
Affinché la felice definizione del professor Paolucci possa però concretizzarsi nel virtuoso sentire ed operare dell’intera comunità è fondamentale compiere tre passi: conoscere il patrimonio, tramandarne il valore, industriarsi al fine di conservarlo.
È indubbio che, per avviarsi sulla strada della conoscenza, sia primariamente fondamentale la capacità di riconoscere, ossia essere in grado di individuare il valore di ciò che ci circonda, attribuendo la giusta importanza non solo ad oggetti d’arte contrassegnati da una didascalia o da apposita segnaletica, ma accogliendo con curiosità e consapevole rispetto ogni espressione che sia frutto di creatività e testimonianza della storia e della trasformazione dell’uomo e del suo ambiente.
Questo significa, ad esempio, guardare con occhi nuovi al tema del paesaggio, ma anche approcciare con un’analisi sociologica, oltre che artistica, la diffusa realtà dei borghi dipinti, nonché dare valore e spessore a un bene personale e collettivo quale la memoria che, pur non essendo un luogo fisico, è somma depositaria di storia, in grado di tramandare cultura ad ogni livello.
A guidare le nuove generazioni verso questa consapevolezza sarà la nostra capacità di tramandare il valore del patrimonio culturale dell’umanità, composto da beni materiali, immateriali e orali.
Silvestro Lega ha dipinto un quadro che ho sempre collegato all’ancestrale forza dell’insegnare, ossia del “lasciare un segno” per mezzo della narrazione e della parola. Nell’opera del pittore macchiaiolo, intitolata Educazione al lavoro, una bambina seduta sul piccolo sgabello guarda con incredibile concentrazione il volto della madre: non è solo il filo di lana a passare dalle mani dell’una alle mani dell’altra, ma probabilmente anche la trama di una storia che la donna regala alle orecchie attente e alla fantasia di sua figlia.
È un dipinto che piace al primo sguardo, che con immediatezza appaga l’occhio per la semplicità con la quale le persone e le cose si trovano riunite nella stanza pervasa dalla luce. Sarebbe però fortemente riduttivo fermarsi al primo sguardo, all’atto stesso del vedere, poiché credo che l’artista abbia davvero raccontato molto di più, dando forma con il pennello alla forza del tramandare con l’esempio e con la parola.
Parola da “parabola” che nasce dall’unione di “parà”, vicino, di fianco e “ballein”, gettare, lanciare: la parola, in quanto racconto e narrazione, deve essere parte di un progetto che crei ponti in grado di attivare fattivamente la comunicazione e la conoscenza.
In tutte le discipline, ma soprattutto in quelle d’ambito storico-artistico, è fondamentale creare questi ponti, ossia dei percorsi che, avvalendosi di competenze trasversali, permettano agli studenti di acquisire uno sguardo consapevole, attivo, informato su tutto quanto li circonda. Ritornando al dipinto di Lega, mi piace pensare che, in virtù di quanto saremo in grado di tramandare, le nuove generazioni avranno voglia di mettersi in gioco anche fuori da quella stanza, proiettando le loro capacità oltre il limite della finestra, in quel paesaggio caratterizzato dai toni verdi della campagna.
Per favorire questa presa di conoscenza del mondo che, circondandoci, ci forma e ci definisce, è fondamentale che i giovani assumano un ruolo attivo e che si accostino al patrimonio storico, artistico e culturale non come ad un ente astratto e lontano, ma come ad una realtà nella quale si è calati o, meglio ancora, come ad una realtà che richiede la nostra attenzione e il nostro intervento.
Tutta la penisola italiana è densa di storia, nascendo dalla stratificazione di storie che s’intrecciano ed è veramente auspicabile che, partendo dal periodo della formazione scolastica, si propongano attività rivolte alla mappatura del territorio, anche quello locale e periferico, spesso sconosciuto, proponendo ricerche, laboratori e visite culturali rivolte alla conoscenza del proprio contesto abitativo.
Conoscere, tramandare e infine conservare: questo ultimo tassello, che da sempre appare non solo come il più complesso, ma anche come “distante” in quanto ambito d’azione di legislatori e ministri, apparirà sotto una luce diversa se saremo stati in grado di promuovere uno sguardo nuovo sull’intero patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale.
In un avvincente ed articolato piano di educazione civica, che preveda l’azione combinata di molteplici saperi ed interessi, il passo per trasformare uno studente attivo in un cittadino consapevole può diventare davvero breve.
Per approfondire
Il manuale di storia dell’arte “Con gli occhi dell’Arte” di Valerio Terraroli è stato arricchito dal progetto “Patrimonio nel territorio”, una serie di inserti che nascono da un’attenta riflessione legata alla pluralità di sfaccettature della disciplina storico artistica in un più ampliato contesto di educazione civica. Proponendo temi non usuali – per esempio i cimiteri, le biblioteche, la musica, le case d’artista, i parchi di scultura – e disegnando un arco temporale che dall’antichità conduca all’era contemporanea, ciascun inserto si offre come traccia per mettere a fuoco trasversalmente tecniche e contenuti dell’arte, in modo da favorire una didattica rinnovata.
Mi piace pensare che la metodologia d’insegnamento possa germinare dal contesto nel quale ci si trova ad insegnare e, nel caso specifico, che queste schede riescano a stimolare ulteriori percorsi d’approfondimento in cui siano gli studenti a ricercare, scoprire e studiare il quid che caratterizza il proprio territorio.
Questi alcuni esempi di schede dedicate al patrimonio tratte dal corso:
- IL MUSEO tempio delle Muse, dimora dell’umanità
- L’UOMO E LA NATURA la salvaguardia del paesaggio
- LA MEMORIA un filo che si dipana tra passato e futuro
Copertina: Silvestro Lega, L’educazione al lavoro, 1863 (?), olio su tela, 91,5 x 67 cm, Collezione privata.