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It's better than real... It's pretend!

Giocare a “far finta” tra Lingua Inglese e Carnevale

di  Lara Carnovali

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In Inglese, il verbo TO PRETEND è un classico false friend, una di quelle parole che assomigliano a un vocabolo italiano che conosciamo, ma che vogliono dire qualcosa di molto diverso. To pretend non significa, come si potrebbe pensare, PRETENDERE – che, se volessimo essere precisi, si dice TO DEMAND, che non significa DOMANDARE, ed è quindi un altro false friend! -, bensì FARE FINTA. 

 

“I was pretending I remembered him, but I had no idea who he was!”

“Let’s pretend it never happened.”

“Don’t pretend you did not know what was going to happen!”

 

Particolarmente nel mondo dell’infanzia, e all’interno delle scuole, il verbo to pretend è uno di quei verbi non solo onnipresenti, ma particolarmente amati dagli studenti, che adorano immaginare, sognare, far finta, ma anche dagli insegnanti, che da decenni conoscono l’importanza del gioco immaginativo, di ruolo, di finzione nella trasmissione e nella costruzione degli apprendimenti.

Perché per i bambini è importante “fare finta”?

Per i bambini giocare a fare finta è uno strumento importantissimo per sviluppare un gran numero di abilità, competenze e life skills che vengono interiorizzate molto più rapidamente quando si esce dalla propria, limitata prospettiva, per vestire – e qui si intende letteralmente – i panni dell’altro. Cambiando il proprio punto di vista, facendo finta di non essere più se stessi, i bambini iniziano a superare quella condizione naturale chiamata EGOCENTRISMO INFANTILE, che non è, come si potrebbe credere, un negativo sentimento di desiderio di centralità, quanto piuttosto l’incapacità, del tutto naturale ad una certa età, di comprendere un punto di vista differente dal proprio. Questa incapacità si supera naturalmente con l’età, ma il processo può essere velocizzato con alcuni accorgimenti didattici, tra cui il gioco di finzione. Esso infatti:

  • Permette di esplorare situazioni che normalmente non si vivrebbero. Si può fingere di prendere l’aereo, senza averlo mai preso, fingere di essere proprietari di un animale domestico, quando non lo si ha, fingere di avere dei fratelli, essendo figli unici….
  • Aiuta a superare situazioni emotivamente difficili. Far finta che succedano cose brutte, permette di sperimentarle, seppur in maniera diluita, senza la paura che siano vere. Fingere di essere in ospedale, di andare dal dottore… permettono ai bambini di vivere delle emozioni forti in un ambiente sicuro.
  • Costringe a scendere a compromessi. Quando si creano mondi immaginari con altri bambini, è importante che quei mondo siano condivisi e che i loro contenuti siano accettati da tutti. Per questo i bambini devono imparare a negoziare (chi fa la mamma? Dove facciamo finta di andare in vacanza? …)
  • Aiuta a mettersi nei panni degli altri. Provando sulla propria pelle alcune situazioni anche spiacevoli, è più facile, in futuro, riconoscerle negli altri e avere una vaga idea di cosa stanno passando.

L’accoppiata vincente tra lingua straniera e role play

 Ciascun insegnante di L2 sa che c’è una grande differenza tra lingua “imparata” e lingua “parlata” e che finchè non si è in grado di conversare – comprendendo e producendo – nella Lingua Target, non si può parlare di reale apprendimento. In quest’ottica, il gioco del far finta, il role play, il “language in action” diventano strumenti importantissimi per aiutare gli studenti a passare dalla lingua del manuale alla lingua della reale comunicazione. 

Ci sono moltissime modalità che un insegnante di L2 può mettere in atto con la sua classe, a prescindere dall’età, per utilizzare il gioco del far finta nelle sue lezioni. In particolare, alcune ricorrenze come il CARNEVALE si prestano particolarmente a questo tipo di lezioni. Vediamo come un docente può agire in classe:

  • Creare un dress-up chest: utilizzando vecchi vestiti, oggetti, prompt anche semplicissimi come occhiali da sole, cappelli, sciarpe pitonate, borsette, sarà importante avere uno scatolone o un baule pronto per travestimenti anche molto veloci. I bambini saranno coinvolti nella catalogazione del contenuto del baule, creando un vero e proprio inventario in inglese di ciò che vi si trova all’interno. Gli studenti non solo elencheranno i capi di abbigliamento, ma per ciascuno ne scriveranno una breve descrizione, in  modo da renderlo riconoscibile (es: SUNGLASSES – red frame with dark blue lenses and a golden star on the top right corner). Questa attività non solo permette di lavorare sul vocabolario relativo all’abbigliamento, ma anche una valenza pratica, perché aiuta il gruppo a creare un inventario di ciò che la classe possiede.
  • Dress-up interview: a turno, l’insegnante inviterà un bambino a frugare nel cestone e a creare un travestimento. Il bambino si nasconderà poi dietro un paravento portatile (o dietro l’anta dell’armadio) e dovrà rispondere alle domande dei compagni, che cercheranno di indovinare da chi, o cosa, si è travestito. Si possono prevedere diverse versioni di questa attività:
  1. YES OR NO: le domande possono prevedere solo YES o NO come risposta. Alcuni esempi:
    • Are you a fairy tale character?
    • Do you work in the city?
    • Do you live in a house?
    • Do you wear a uniform?
  2. ONLY JOBS: in questo caso i bambini possono travestirsi solo da “mestieri”, non da personaggi come fate, principi, vecchietti. Le domande possono essere aperte o chiuse a seconda del livello di conoscenza della lingua della classe.
  3. LET’S WRITE AN INTERVIEW: tutta la classe sarà in precedenza coinvolta nella costruzione di un’intervista sufficientemente generica da poter essere applicata a diverse figure. Alcuni esempi di domande possono essere:
    • Are you real or imaginary?
    • Where do you live?
    • Where do you live?
    • How are you dressed?
    • Whom do you work with?

Questo tipo di domande permetterà di lavorare sulle WH questions e di fare pratica delle possibili risposte.

  • Just one prompt: ciascun bambino può selezionare un prompt dal chest, anche qualcosa di molto piccolo come un cappello o una borsa e indossarlo. Sul quaderno ciascun bambino disegnerà se stesso con un costume immaginario, che contenga anche l’elemento da lui selezionato. A questo punto, sarà possibile proporre diverse attività:
  1. DAILY ROUTINE: scrivere una serie di passaggi o frasi in sequenza per descrivere la giornata tipica del personaggio immaginato.
  2. DESCRIPTION: utilizzando non solo il vocabolario dell’abbigliamento, ma anche quello sul corpo, ciascun bambino descriverà il proprio personaggio. Il passaggio successivo sarà leggere la descrizione ai compagni e chiedere loro di disegnare quello che sentono, per poi confrontarlo con l’originale.
  • Funny dialogues: dividendo i bambini a coppie, e permettendo loro di selezionare i costumi/prompt che desiderano dal cestone, invitarli a creare e a mettere in scena una breve skit con dialoghi tra i due personaggi da loro creati. Ci si può sbizzarrire inventando vecchiette bisbetiche, poliziotti inflessibili, cuochi svalvolati…. L’idea sarà cercare di creare situazioni simpatiche, divertenti, dialoghi plausibili ma spassosi.

Liberare la fantasia

Per tutte le caratteristiche di cui abbiamo parlato, il pretend play è una attività che coinvolge i bambini e li diverte. A questo punto, l’insegnante non deve aver paura di lanciare la palla e lasciare che siano gli studenti stessi a raccoglierla, usando la loro immaginazione. Mostrare loro il cestone dei costumi e chiedere di inventare attività per usarne il contenuto, o stabilire una regola un po’ pazza che prevede che i costumi possano essere usati SOLO in L2, sono alcune strategie per coinvolgere i ragazzi e lasciare che dalla loro fantasia scaturiscano modi nuovi e spesso imprevisti per accostare la L2 al pretend play.