Il suino italiano pesante, anche noto come “suino da trasformazione”, è una delle principali razze suine impiegate nella produzione tutelata del prosciutto crudo di alta qualità a denominazione di origine (DOP e IGP, reg. CE n. 1151/2012 e 1143/2024). Si tratta di un patrimonio zootecnico di grande valore, in grado di ottenere prodotti di eccellenza conosciuti e rinomati a livello internazionale.
I prodotti italiani a base di carne suina a denominazione tutelata sono 40 (21 DOP e 19 IGP) tra i quali spiccano il prosciutto crudo di San Daniele, di Parma, il Veneto Berico Euganeo ed altre specialità tipiche che, non solo sono conosciute e apprezzate in tutto il mondo, ma individuano, valorizzano e identificano uno specifico territorio (MASAF, 2024). Questa tipologia di suino è caratterizzata da animali con un peso vivo commerciale medio di 160 kg ± 10% e da una struttura corporea robusta. Questi animali sono selezionati per le loro caratteristiche muscolari, la qualità e la quantità del grasso, che conferiscono al prodotto finale un gusto e una consistenza unici (Bozzi et al., 2018).
Il suino pesante italiano è caratterizzato da una notevole massa muscolare, in particolare nei quarti posteriori, che rappresentano la parte principale utilizzata per la produzione di prosciutti crudi. Le cosce si presentano allungate e con una buona globosità, la qualità del grasso, densa e ricca di acidi grassi monoinsaturi, è essenziale per il sapore dolce e la morbidezza del prosciutto. Tutte queste caratteristiche lo rendono idoneo anche per i processi di stagionatura.
La selezione genetica e l’alimentazione bilanciata sono aspetti cruciali nel garantire una crescita lenta e una carne idonea a un processo di stagionatura prolungato. La gestione alimentare dei suini prevede una dieta a base di cereali e soia, con un apporto calorico moderato per evitare un eccessivo accumulo di grasso sottocutaneo (Fantini et al., 2020). Da un punto di vista genetico gli ibridi utilizzati per la produzione del suino pesante italiano, derivano da schemi di incrocio a tre vie che utilizzano programmi di selezione in purezza e sistemi di ibridazione secondo un’organizzazione piramidale. All’apice troviamo le linee pure che costituiscono il nucleo di selezione, dove vengono selezionati i riproduttori in purezza (Grand Parents) riconducibili prevalentemente a 3 diverse razze:
- razza A – Large White Italiana;
- razza B – Landrace Italiana;
- razza C – Duroc Italiana.
La scelta di queste tre razze fondatrici deriva dallo sfruttamento delle caratteristiche positive delle 3 razze quali:
- incrementi ponderali;
- aumento della conformazione anatomica dei tagli di maggior valore commerciale;
- aumento della prolificità;
- miglioramento della distribuzione adiposa di copertura e tra i fasci muscolari delle cosce.
I nuclei di selezione poi riforniscono i riproduttori in purezza al secondo livello della piramide rappresentato dai centri di moltiplicazione per la produzione di femmine ibride A x B (Parents). I maschi nati da questo incrocio nel secondo livello, saranno poi destinati all’ingrasso per la produzione del suino leggero da macelleria.
Infine, abbiamo il terzo livello rappresentato dagli allevamenti commerciali dove le femmine AB vengono incrociate con verri della terza razza (C x AB) al fine di ottenere il prodotto ultimo dello schema di incrocio rappresentato dai soggetti da ingrasso e destinati quindi alla macellazione.
Le modalità di allevamento richieste dai disciplinari di produzione comportano un significativo incremento dei costi di produzione mediamente pari al 20-25% in più rispetto alle produzioni suinicole europee. Questi costi sono dovuti a minori ritmi di crescita (-20%), a maggiori indici di conversione in termini di kg di mangime/kg di accrescimento (EU 1,20 Vs. IT 1,50), cicli di allevamento più prolungati nel tempo (+80%) con un conseguente 40% di suini allevati in meno per posto/stalla/anno (Gallo, 2022).
Gli allevamenti suini italiani seguono regolamentazioni rigorose per garantire il benessere animale, riducendo al minimo lo stress per favorire una qualità ottimale della carne. Gli animali vengono allevati in spazi ampi e in condizioni controllate, riducendo il rischio di patologie e migliorando la qualità del prodotto finale (Bosi et al., 2019).
Esistono due tipologie di allevamento:
- ciclo aperto: qui troviamo due tipologie distinte di allevamento ovvero la riproduzione (scrofaia) e l’ingrasso;
- ciclo chiuso: qui coesistono nella stessa azienda sia la parte riproduttiva sia quella dell’accrescimento/ingrasso.
Esiste, inoltre, una variante del ciclo aperto, la modalità multi-site (Harris, 2000), dove la stessa azienda possiede diversi siti produttivi lontani tra loro (scrofaia, post-svezzamento, accrescimento e finissaggio). Quest’ultima modalità permette di effettuare il vuoto sanitario, riduce il rischio di trasmissione di patologie e ha effetti positivi sul profilo sanitario degli animali.
Fig. 1 Large White Italiana |
Fig. 2 Landrace Italiana |
Fig. 3 Duroc Italiana |