News Secondaria di secondo grado Informatica

I criteri dell’e-Learning Design

di  Giuliana Barberis

Scarica l'articolo in PDF

Un LMS come Moodle è senz’altro uno strumento irrinunciabile per la progettazione, la realizzazione e la fruizione di corsi on-line e blended. Per ottenere un corso efficace dal punto di vista della didattica, non basta però conoscere le tecniche per l’implementazione delle molte funzionalità di Moodle, è anche e soprattutto necessario esplorare le metodologie che presiedono all’organizzazione delle informazioni, in modo che siano adeguate all’esperienza formativa che vogliamo proporre.

Quindi bisogna avere qualche cognizione delle neuroscienze applicate al processo di apprendimento, per capire, anche dal punto di vista biologico, in quale modo l’individuo impara e quali possano essere le tecniche per facilitare e rendere duratura l’assimilazione dei contenuti. Per rendere produttiva la fruizione di corsi online è diventato anche irrinunciabile conoscere e saper applicare i metodi dell’e-learning design e trovare strategie efficaci per utilizzare le metodologie didattiche in modo accattivante e stimolante.

A questo proposito può essere utile la ricerca di Massimiliano Fiorelli (e-Learning Design [1]) che, tenendo conto dei moderni concetti delle teorie dell’apprendimento, propone un’efficace metodologia per strutturare un corso in e-learning.

In questo articolo quindi vengono esplorate velocemente le ultime scoperte delle neuroscienze in fatto di apprendimento e si vedono alcuni modelli per la realizzazione di corsi online e, come esercizio di applicazione, viene introdotto un corso Moodle sull’Intelligenza artificiale, che è stato realmente erogato ad una classe quinta del liceo scientifico delle scienze applicate.

https://www.barberisg.it/moodle4/course/view.php?id=12

 

1. La memorizzazione delle informazioni

Per rendere un percorso didattico efficace non è sufficiente la preparazione del docente, che deve conoscere indubbiamente molto bene i contenuti che va a esporre, ma è altresì importante che il percorso sia progettato con criteri adeguati alla modalità di distribuzione del corso e alla tipologia di studenti che vogliamo raggiungere. 

È soprattutto importante l’approccio che si usa: in tempi passati sembrava fosse sufficiente mettere insieme i contenuti in modo chiaro e secondo una cronologia corretta; a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, invece, si è pensato fosse meglio avvalersi di un approccio incentrato sulla persona.

Quindi occorre, come prima cosa, individuare quali siano i bisogni dello studente. A questo proposito Maslow, nella sua opera del 1943 “A theory of human motivation” [2] , ha disegnato una “Piramide dei bisogni” per schematizzare la gerarchia  delle esigenze umane. Possiamo riadattare la piramide dei bisogni di Maslow alla Learning Experience di Stephen Anderson [3] in questo modo:

Figura 1 – Piramide dei bisogni del discente

Questo significa che il nostro percorso di apprendimento deve essere soprattutto funzionale, affidabile e usabile, ma il valore aggiunto lo danno le caratteristiche di praticità, di piacevolezza e soprattutto il fatto che sia significativo; queste ultime sono le caratteristiche che vanno oltre la soglia “dell’esperienza”.

Se si rimane sotto la soglia dell’esperienza non ci si concentra sui meccanismi per attivare l’attenzione e l’interesse, né sullo stimolo della memoria che facilita la permanenza delle informazioni. La memoria è un complesso sistema in grado di garantire la conservazione e il recupero delle informazioni nel tempo. Nell’organizzazione dei contenuti di un corso e nella progettazione delle sue attività dobbiamo tener conto dei meccanismi che stimolano e favoriscono la memorizzazione, la comprensione e l’apprendimento.

1.1 Il ruolo delle neuroscienze

Il campo delle neuroscienze è relativamente nuovo, si tratta di una materia multidisciplinare che si occupa delle ricerche sul sistema nervoso e sulle sue funzioni, il suo obiettivo è quello di studiare l’architettura, la funzione e l’evoluzione del sistema nervoso e il suo ruolo nel controllo del comportamento e del pensiero. Dal punto di vista delle neuroscienze, uno degli elementi fondamentali per agevolare l’apprendimento è costituito dalle emozioni, l’emozione consente di associare ad una specifica situazione uno stato emotivo, che rinforza le capacità cognitive.

Un altro elemento fondamentale per stimolare la memorizzazione e la comprensione è l’utilizzo  delle immagini, della rappresentazione grafica dei concetti e degli schemi concettuali. Gli schemi attivano i meccanismi della categorizzazione potenziando le capacità cognitive. Si è inoltre compreso che il nostro cervello ha la tendenza a risparmiare energia dove il carico cognitivo sia  troppo oneroso, quindi, nella progettazione del percorso formativo, occorre che ogni attività educativa sia adeguata alle possibilità del discente.

Ci si riferisce alla “teoria del carico cognitivo” di John Sweller del 1988 [4], che sostiene che la memoria di lavoro dell’essere umano abbia una capacità limitata; le informazioni che vogliamo trasmettere devono quindi essere esposte nel modo più chiaro e sintetico possibile, senza elementi estranei non essenziali. Inoltre, bisogna essere consapevoli che esiste un limite di “unità di informazione” (chunk) che la nostra memoria breve può processare in un’unica attività formativa; si tratta del “numero magico 7±2” introdotto da Miller nel 1956 [5], che con questa teoria ha sintetizzato le teorie empiriche precedenti. Quindi i “concetti di base” che vogliamo comunicare in una lezione devono essere in media sette.

Figura 2 – Fattori che favoriscono l’apprendimento

E’ inoltre importante che il processo di apprendimento passi attraverso degli esercizi di applicazione i cui risultati vengano discussi con lo studente, o quanto meno, lo studente possa avere sempre dei riscontri, dei feedback, sui risultati raggiunti, specialmente quando compie degli errori.

La persistenza delle informazioni nella memoria è inoltre aiutata dalla ripetizione, è vero che le attività online rimangono sempre a disposizione dello studente e quindi sono naturalmente predisposte per essere eventualmente ripetute, ma è più efficace se lo stesso concetto viene proposto con modalità diverse.

In ultimo, ma nel caso dell’informatica è certamente uno degli aspetti più importanti, si apprende in modo molto più efficace facendo esperienza dei concetti teorici che si stanno studiando; per questo motivo nella progettazione del percorso di apprendimento occorre studiare degli esercizi che permettano di fissare le informazioni attraverso l’esperienza diretta.

1.2 La definizione di intelligenza

Non è facile dare una definizione all’intelligenza, tanto che fino al secolo scorso si poteva pensare che l’intelligenza fosse una capacità con caratteristiche omogenee in tutta la popolazione e che potesse essere misurata con standard uniformi. Howard Gardner, nel libro “Frames of the Mind” del 1983 [6], sostiene che non sia possibile misurare e catalogare l’intelligenza con regole omogenee, bensì che esistano diverse forme di intelligenza o “forme di rappresentazione mentale” che dipendono le une dalle altre.

Nella sua prima stesura Gardner elenca addirittura sette diversi domini di abilità specifiche per specifiche funzioni cognitive, definendo così la sua “teoria delle intelligenze multiple”, che ha avuto anche molte critiche, ma che ha il pregio di aver attivato il dibattito sulla personalizzazione dell’apprendimento. Gardner ha osservato che i test per misurare l’intelligenza si occupavano solo dell’intelligenza linguistica e dell’intelligenza logico-matematica: dove per intelligenza linguistica si intende la sensibilità per il significato delle parole e per le funzioni proprie del linguaggio, mentre l’intelligenza logico-matematica è la capacità di condurre ragionamenti, mantenendo la logica nei loro diversi passaggi. 

Secondo la teoria delle “intelligenze multiple” esistono però altri 5 tipi intelligenza: 

  • L’intelligenza spaziale che è specifica per coloro che hanno un buon senso dell’orientamento e realizzano di preferenza mappe e diagrammi.
  • L’intelligenza musicale che caratterizza gli individui che sanno distinguere e riprodurre le proprietà musicali della voce e della musica.
  • L’intelligenza cinestetica o procedurale, cioè la capacità di manipolare oggetti, di governare il proprio equilibrio e di autocontrollo posturale.
  • L’intelligenza interpersonale, cioè la caratteristica che porta gli individui ad essere più o meno empatici con i propri simili.
  • L’intelligenza intrapersonale, quindi la capacità di conoscere se stessi e la consapevolezza di sé che viene utilizzata per poter compiere delle scelte che possano soddisfare i propri interessi.

Figura 3 – Le intelligenze multiple

1.3 Stili di apprendimento

Se vogliamo essere attenti ai bisogni del discente, dobbiamo quindi essere consapevoli dei diversi stili di apprendimento e progettare gli interventi formativi differenziando le attività, in modo da assecondare ciascuna di queste peculiarità per sfruttare al meglio le potenzialità intellettive di ciascuno. Nell’intervista sostenuta a Torino il 10 aprile 1997 Gardner afferma:

 “… Dalla mia prospettiva, la più grande promessa della tecnologia è quella di individualizzare l’educazione. Se un insegnante ha 30 o 40 studenti e non ha a disposizione alcuna tecnologia, non ha molta scelta: lui o lei deve leggere o dare a tutti lo stesso compito. Ma se, per esempio, un insegnante ha 30 o 40 studenti, ma ciascuno studente possiede il proprio computer con il CD ROM o il video disk player, allora, l’insegnante può insegnare le frazioni in un modo ad uno studente e in un altro modo ad un altro studente, e può altresì offrire allo studente vari modi di mostrare ciò che capisce.

Così la tecnologia mantiene la promessa di personalizzare ed individualizzare l’educazione molto più che nel passato. Perché questo è importante? Tradizionalmente, l’educazione è stata un segno di selezione. A chi pensa in un certo modo, a chi può passare per la cruna di un ago, per usare una metafora, noi daremo un riconoscimento, e tutti gli altri saranno messi da parte perché non sono in grado di fare le cose in quel modo. Se noi individualizziamo o personalizziamo l’educazione, invece di avere un test che ciascuno deve superare, possiamo avere dei test appropriati per ciascuno in considerazione della sua intelligenza. Questo significa che ognuno può essere avvantaggiato in base alle proprie potenzialità, e non si forzeranno tutti ad essere come un certo prototipo, e se non si può essere come quel prototipo allora non si ha alcuna opportunità.

Tratto da https://www.edscuola.it/archivio/interlinea/multiple_intelligences.html

Si può essere d’accordo o meno con la teoria delle intelligenze multiple di Gardner ma si dovrebbe concordare sul fatto che l’apprendimento passa attraverso canali sensoriali che sono diversi da individuo a individuo, inoltre anche lo stesso individuo potrebbe non usare lo stesso canale se posto in contesti diversi. Le diverse strategie che si mettono in atto nella fase di apprendimento sono state studiate e modellizzate in passato, i due principali modelli che definiscono i diversi stili di apprendimento sono il modello VAK e il modello Felder-Silverman.

Il modello VAK (Visivo, Auditivo, Cinestesico) rappresenta uno dei modi più comuni per comprendere e categorizzare i diversi stili di apprendimento. Tale modello è stato introdotto per la prima volta da Walter Burke Barbe e dai suoi collaboratori nel 1979 [7], poi è stato integrato da Neil D. Fleming e Coleen E. Mills nel 1992 [8] con l’aggiunta dello stile Lettura/Scrittura.

  • Visivo: Le persone che imparano in modo visivo preferiscono utilizzare immagini, diagrammi e mappe mentali per assimilare nuove informazioni. Queste persone apprendono meglio quando vedono le informazioni.
  • Auditivo: Le persone di tipo auditivo imparano meglio attraverso l’ascolto. Preferiscono le spiegazioni verbali, le discussioni e gli audio rispetto alle informazioni visive.
  • Lettura/Scrittura: Le persone che imparano attraverso la lettura/scrittura preferiscono leggere, studiare sui libri e prendere appunti.
  • Cinestesico: Le persone di tipo cinestesico apprendono attraverso l’esperienza pratica e l’azione. Hanno bisogno di fare, toccare, muoversi e interagire con il loro ambiente per comprendere appieno le informazioni.

È importante notare che la validità scientifica del modello VAK, e anche del VARK, è stata messa in discussione, e molti educatori e psicologi dell’educazione preferiscono adottare approcci più complessi e basati sulla ricerca per personalizzare l’insegnamento, per esempio il modello Felder-Silverman [9]. Questo modello identifica quattro dimensioni principali degli stili di apprendimento ed è diventato uno degli approcci più noti per comprendere e valutare le modalità di assimilazione dei concetti, soprattutto nel contesto dell’istruzione ingegneristica e tecnica.

  • Attivo/Riflessivo: Le persone con un orientamento attivo preferiscono imparare facendo, sono spesso orientate all’azione e apprendono meglio quando possono sperimentare direttamente. Al contrario, le persone con un orientamento riflessivo preferiscono riflettere sulle informazioni, pensare attentamente prima di agire e considerare diverse prospettive prima di arrivare ad una conclusione.
  • Sensoriale/Intuitivo: Le persone orientate al sensoriale preferiscono informazioni concrete e dettagliate. Al contrario, le persone orientate all’intuizione preferiscono informazioni astratte.
  • Visivo/Verbale: Le persone orientate al visivo imparano meglio attraverso diagrammi, grafici, mappe concettuali e altre rappresentazioni visuali delle informazioni. Le persone orientate al verbale, invece, preferiscono spiegazioni scritte o verbali e apprendono meglio attraverso le parole e la lettura.
  • Sequenziale/Globale: Le persone orientate alla sequenza preferiscono apprendere passo dopo passo, seguendo una sequenza logica e affrontando un compito una parte alla volta. Sono attenti ai dettagli e preferiscono una struttura chiara e lineare. Le persone orientate al globale, invece, preferiscono vedere il quadro generale e comprendere i concetti nel loro contesto. Sono bravi a fare connessioni tra le diverse informazioni e vedono il grande quadro anziché i dettagli specifici.

Figura 4 – Il modello Felder-Silverman

2. Progettare ad hoc per l’e-learning con particolare attenzione verso l’informatica

Tenendo conto di tutto quello che abbiamo detto fino a questo momento, progettare un percorso di apprendimento significa anche aver chiaro quali debbano essere i passaggi fondamentali dell’intervento didattico. Indipendentemente da quale stile di apprendimento vogliamo stimolare, la nostra lezione in presenza o online deve attraversare dei momenti chiave che ci possano agevolare nella presentazione dei contenuti; anche su questo argomento possiamo riferirci a studi e teorie formulate in passato.

Robert Gagnè (padre dell’Instructional Design), già nel 1965 [10], crea un processo suddiviso in fasi, che possono essere reinterpretate in chiave moderna per essere adattate anche ad un attività formativa in e-learning.

Figura 5 – Le 9 fasi del processo formativo

La successione delle fasi può essere applicata al corso nella sua totalità o replicata in ogni singola lezione, Se ci riferiamo all’intero corso o argomento, ottenere l’attenzione può corrispondere ad allertare il gruppo classe sull’inizio di un nuovo tema. Informare sugli obiettivi è fondamentale: occorre descrivere brevemente cosa ci si aspetta di imparare nelle lezioni successive, anche come standard minimi e criteri di valutazione, poi dobbiamo inquadrare l’argomento richiamando alla memoria i concetti che già si conoscono, da cui si vuole partire o che vengono coinvolti anche più avanti nel processo di apprendimento.

La presentazione dei contenuti, la dotazione dei materiali di supporto, l’assegnazione di un’attività pratica sulla quale dare feedback, la somministrazione di test in più momenti e il riferimento a problemi di realtà che coinvolgano l’argomento trattato sono tutte fasi che sono naturalmente caratteristiche di ciascuna lezione e sono diverse le metodologie con le quali possono essere erogate. Per esempio, soprattutto se parliamo di didattica dell’informatica, può essere molto produttivo se ci riferiamo al costruttivismo, secondo il quale occorre creare ambienti per l’apprendimento in cui la conoscenza si acquisisca anche attraverso la costruzione delle cose e delle idee.

Le caratteristiche percettive e strutturali dell’apprendimento, così come le descrivono le teorie costruttiviste, sono infatti perfette per la didattica dell’Informatica, in particolare nel coding, dove, nelle attività di problem solving, è indispensabile la maturazione di un pensiero creativo computazionale. Utilizzando una piattaforma Moodle, sono automaticamente disponibili una serie di strumenti che possono essere utilizzati al servizio di una didattica che segua tali teorie.

Andrea Varani scrive nel suo articolo: Didattica costruttivista e Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione: una sinergia potente [11]: Una didattica costruttivista deve essere caratterizzata dalla costruzione e non dalla riproduzione di conoscenza, una costruzione inevitabilmente caratterizzata dallo stile cognitivo e dal tipo di intelligenza prevalente del discente (Gardner 1994). Una didattica che non deve semplificare ma rendere invece visibile la complessità della realtà e le sue multiprospettiche rappresentazioni, sviluppando situazioni di apprendimento basate su casi reali.” 

3. Il corso sull’intelligenza artificiale

Sulla base di queste raccomandazioni è stato realizzato un mini-corso Moodle (“Reti neurali e identificazione dei pattern per quanto riguarda le immagini”) costituito da una serie di lezioni sull’Intelligenza Artificiale.

https://www.barberisg.it/moodle4/course/view.php?id=12

In particolare ci si è concentrati sulle seguenti competenze:

  • saper discutere le potenzialità e i limiti dell’intelligenza artificiale
  • conoscere le possibilità di acquisizione dei dati in materia di immagini
  • conoscere il funzionamento di una rete neurale anche dal punto di vista della codifica di un programma (cenni su alcune funzionalità della libreria TensorFlow di Python)

Figura 6 – Le lezioni del corso

Gli studenti a cui si indirizzano le 9 lezioni possono essere studenti di quarta o di quinta di un istituto di secondo grado, Le lezioni si inseriscono in un percorso sull’Intelligenza artificiale già avviato, quindi si intende che gli studenti abbiano già affrontato almeno in modo generico alcuni concetti dell’AI:

  • Big Data nei suoi aspetti di significato, modalità di raccolta, problemi nella standardizzazione
  • Machine Learning: tipi diversi di Machine Learning (supervisionato, non supervisionato, esempi di algoritmi: KNN, Naive Bayes, decision tree)

Poiché i contenuti del corso toccano concetti di Storia, Biologia, Matematica, Filosofia e Diritto per alcune parti del corso sarebbe auspicabile poter collaborare con i docenti di queste materie. Seguendo le fasi del processo formativo di Richard Gagnè, durante la prima lezione dobbiamo richiamare i requisiti, presentare gli obiettivi, l’argomento in generale e, per ottenere l’attenzione e creare aspettativa, l’idea è quella di proporre un’attività pratica coinvolgente.

L’obiettivo generale è quello di dare a ciascuno studente una valutazione parziale per ogni lezione, in modo da dare un feedback sul livello di preparazione e di completamento del percorso. A questo proposito il corso Moodle deve essere impostato in modo che gli studenti possano vedere il tracciamento  del completamento di ciascuna attività. Nel corso della progettazione delle lezioni si sono identificate quali competenze del docente siano state utilizzate tra quelle del framework europeo DigCompEdu che si vede in figura (la figura è tratta dalla traduzione Italiana del documento  DigCompEdu Il quadro di riferimento europeo sulle competenze digitali dei docenti e dei formatori [12])

Figura 7- Sintesi del quadro delle competenze DigCompEdu

Come si può vedere l’argomento e la conformazione del corso implicano naturalmente lo sviluppo di tutte e sei le competenze del DigCompEdu. Nella scelta delle attività  assegnate nelle nove lezioni si è fatto attenzione a privilegiare quelle che potessero valorizzare le abilità di soft skills degli studenti:

  • Comunicazione: attività di debate (lezione 5 e 6) e presentazione (lezione 1)
  • Lavoro di squadra, leadership e empatia: realizzazione di un video in gruppo (lezione1), applicazione in altro contesto delle tecniche apprese per la risoluzione di uno specifico problema (lezione 5, 6, 8 e 9).
  • Gestione del tempo: l’assegnazione di tutte le attività pratiche  hanno avuto vincoli temporali per la consegna.
  • Risoluzione dei problemi: applicazione in altro contesto delle tecniche apprese per la risoluzione di uno specifico problema (lezione 4 e 8) e “gioco” di escape room (lezione 9).

Riferimenti bibliografici

[1]  M. Fiorelli, «e-Learning Design,» 2021. 
[2]  A. Maslow, «A theory of human motivation,» 1943. 
[3]  S. Anderson, «Seductive Interaction Design,» 2015. 
[4]  J. Sweller, «Cognitive Load Theory, Learning Difficulty, and Instructional Design,» Learning and Instruction, 1988. 
[5]  G. A. Miller, «The Magical Number Seven, Plus or Minus Two: Some Limits on Our Capacity for Processing Information,» Psychological Review, 1956. 
[6]  H. Gardner, Frames of the Mind”, 1983. 
[7]  W. B. Barbe, R. H. Swassing e J. Michael N. Milone, Teaching Through Modality Strengths: Concepts and Practices, 1979. 
[8]  C. E. M. Neil D. Fleming, «Not Another Inventory, Rather a Catalyst for Reflection,» To Improve the Academy, 1992. 
[9]  R. M. F. e. L. K. Silverman, «Learning and Teaching Styles In Engineering Education,» Engineering Education, 1988. 
[10]  R. Gagné, The Conditions of Learning, 1965. 
[11]  A. Varani, «Didattica costruttivista e Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione: una sinergia potente,» Bibliotec@swif. 
[12]  J. E. S. P. Stefania Bocconi, Versione Italiana del “DigCompEdu. Il quadro di riferimento europeo sulle competenze digitali dei docenti e dei formatori”, 2017.