Dall’armistizio al tragico inverno del 1944
Il settembre del 1943 è un mese decisivo per l’Italia che sta combattendo la Seconda guerra mondiale. L’8 settembre viene reso noto l’armistizio alla popolazione e nello stesso giorno Vittorio Emanuele III e Badoglio fuggono verso Brindisi. Il 12 settembre i tedeschi liberano Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso e lo conducono da Hitler in Germania, dove conferma la sua fedeltà al Führer e definisce la creazione della Repubblica Sociale Italiana.
Da questo momento il Paese vive spaccato in due da una feroce guerra civile, segnata da scontri armati, rastrellamenti, rappresaglie che coinvolgono anche i civili.
Nel corso del 1944 gli Alleati avanzano, ma non rapidamente quanto dovrebbero. E così per la popolazione italiana che vive al di sopra della Linea Gotica l’inverno del 1944-1945 si trasforma nel periodo più tragico. Il freddo e la fame, i bombardamenti prolungati, le violenze dei nazifascisti (sempre più consapevoli che la loro sconfitta si avvicina) colpiscono duramente i civili. È soprattutto in questo frangente che i partigiani – attivi con azioni di sabotaggio e guerriglia sin dal 1943 – giocano un ruolo determinante per gli esiti del conflitto civile.
In occasione della festa della Liberazione, in classe possiamo invitare studentesse e studenti a ripercorrere la storia dei partigiani italiani attraverso alcune fotografie d’epoca. A partire da queste immagini potremo così delineare i tratti salienti della Resistenza italiana.
Chi sono i partigiani
I partigiani italiani sono un mondo eterogeneo: ex soldati che hanno abbandonato l’esercito dopo l’armistizio, antifascisti che da tempo vivono in clandestinità, donne e uomini comuni, spesso giovani, disposti a rischiare la vita per riconquistare la libertà. I primi gruppi di resistenza armata nascono in modo spontaneo, quindi si organizzano in brigate (spesso in base all’orientamento politico), che successivamente iniziano a coordinarsi tra di loro. Vivono nascosti nei luoghi più difficili da raggiungere dai nazifascisti e colpiscono di sorpresa, attaccando i reparti nemici.
In questa fotografia del 1945 vediamo un gruppo di partigiane e partigiani a Venezia con il pugno alzato. I loro abiti sono poveri e logori, alcuni di loro imbracciano un fucile. Al collo molti portano il fazzoletto rosso, simbolo della loro brigata.
Le montagne come rifugio
Durante la guerra molti partigiani si rifugiano sulle montagne, dove riescono a trovare ripari e luoghi in cui nascondersi dal nemico. I territori delle montagne sono infatti ben noti alla popolazione locale e ai partigiani, che vi si muovono con abilità, mentre i reparti tedeschi faticano a orientarsi. Inoltre i mezzi corazzati dei nazifascisti stentano a raggiungere i territori montani: in questo modo si riduce il divario militare tra le forze armate di Mussolini e Hitler e le forze partigiane, che con i loro attacchi rapidi ed efficaci mettono in crisi il nemico.
In questa fotografia vediamo un gruppo di partigiani che presidia una postazione sull’Appennino emiliano nel 1944.
Le donne: un ruolo di primo piano
Un ruolo di primo piano nella Resistenza è ricoperto dalle donne. Prestano soccorso agli uomini feriti, si occupano dei servizi logistici, forniscono i rifornimenti di viveri e di materiali, organizzano manifestazioni contro la guerra. Le più giovani svolgono la funzione di “staffetta”, cioè portano notizie e informazioni tra i vari gruppi partigiani. Molte donne, poi, sono combattenti armate e lottano in prima linea.
Alla fine della guerra poche donne (35.000 contro 150.000 uomini) si vedranno riconosciute come partigiane combattenti, anche se nei fatti il loro impegno è stato molto più consistente.
In questa fotografia vediamo alcune donne partigiane armate per le vie di Milano nel 1945.
I rastrellamenti e gli eccidi fascisti
Nel corso della guerra, i nazifascisti compiono rastrellamenti ed eccidi ai danni di intere comunità di civili. Una delle prime e più feroci stragi avviene nel marzo del 1944, prima della liberazione di Roma da parte degli Alleati. Per punire un’azione compiuta dai partigiani in via Rasella in cui sono morti 33 militari tedeschi, i nazifascisti arrestano 335 persone scelte a caso tra la popolazione (con un rapporto di più di 10 civili per ogni soldato tedesco deceduto). Poco dopo le fucilano nei pressi di una vecchia cava, nota con il nome di Fosse Ardeatine.
Nel corso della guerra i nazifascisti compiono altri massacri in diverse località, come a Sant’Anna di Stazzema, nei pressi di Lucca, in cui vengono uccise 560 persone, o a Marzabotto, vicino a Bologna, dove i morti sono più di 800.
In questa fotografia, che risale al 23 marzo del 1944, vediamo la lunga fila di civili rastrellati per le strade di Roma, all’indomani dell’azione partigiana in via Rasella.
Una famiglia distrutta
I sette fratelli Cervi fanno parte di una famiglia di contadini che risiede nei pressi di Reggio Emilia. Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore (questi i loro nomi) sono convinti antifascisti e prendono parte attiva alla Resistenza. Nel novembre del 1943 vengono arrestati dai fascisti e durante la detenzione vengono torturati. Il 28 dicembre 1943 vengono fucilati come rappresaglia dopo l’uccisione, da parte di altri partigiani, di un segretario comunale fascista.
In questa fotografia vediamo la famiglia Cervi al completo: oltre ai sette fratelli vi sono due sorelle e, al centro, la madre e il padre. È proprio quest’ultimo, sopravvissuto, a raccontare insieme ad altri testimoni la tragica vicenda dei suoi figli.
La primavera porta la libertà
Con l’arrivo della primavera del 1945 gli Alleati riescono a superare la Linea Gotica. A questo punto i partigiani sono pronti per lanciare la rivolta generale. Il Comitato di Liberazione Nazionale invia ai vari gruppi un telegramma con un messaggio in codice divenuto celebre, che recita: “Aldo dice 26×1. Nemico in crisi finale”: è l’avvio dell’insurrezione. Il 25 aprile 1945 i ribelli si sollevano nelle grandi città come Milano, Torino e Genova, ancor prima dell’arrivo dell’esercito angloamericano. La Repubblica Sociale Italiana crolla.
Nella fotografia si vede una formazione partigiana che avanza in Corso Ticinese a Milano, salutata dalla folla festante. La città è appena stata liberata.
Qualche spunto didattico
Prendendo spunto dalla ricorrenza della Liberazione, si possono proporre in classe diverse attività, lavorando sulle competenze di scrittura e di produzione orale e favorendo un coinvolgimento “emotivo” di ragazze e ragazzi.
- Far scegliere a studentesse e studenti una fotografia del periodo della Resistenza (anche tra quelle qui proposte), chiedendo loro di “entrarvi dentro” con l’immaginazione, di guardarsi attorno osservando i dettagli e di esplorare lo spazio, ipotizzando di parlare con i personaggi ritratti e ascoltare ciò che si dicono tra di loro. Potranno così cimentarsi in un’attività di scrittura creativa.
- Far realizzare un’intervista: ragazze e ragazzi potranno intervistare i loro nonni sul periodo della guerra e della Liberazione. Pur non avendola vissuta in prima persona per motivi anagrafici, i nonni possono riportare le vicende raccontate dai loro genitori. Una volta raccolte le risposte, potranno essere riferite al resto della classe, cercando di ricostruire insieme un quadro del vissuto di quell’epoca.
- Organizzare un breve video-notiziario sulla Resistenza lavorando in piccoli gruppi: a partire dalle informazioni presenti nell’articolo, alcuni studenti si occupano di rielaborare i testi “trasformandoli” in notizie, altri le leggono mentre altri ancora si dedicano a filmarli; alcuni poi, alla fine, si occupano del montaggio del video, che può essere arricchito con immagini e musiche.
Sitografia per approfondire
- Museo Nazionale della Resistenza: https://museonazionaleresistenza.it/
- Memoriale della Resistenza italiana: https://www.noipartigiani.it/
- Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia: https://www.straginazifasciste.it/
- Schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne della Resistenza: https://www.partigianiditalia.beniculturali.it/