Secondo Teresa Amabile, eliminare ogni forma di creatività dal lavoro scolastico è semplice. Basta impostare la vita di classe in questo modo:
- far lavorare i bambini e le bambine per un riconoscimento;
- predisporre situazioni competitive;
- focalizzare la classe sulla valutazione;
- tenere i bambini e le bambine sotto stretta sorveglianza;
- proporre una ristretta gamma di scelte.
Visto che non si tratta di pratiche poco diffuse, si può facilmente dar ragione allo psicologo Mihály Csíkszentmihályi: la scuola ha generalmente un impatto poco positivo sulle persone creative.
Allo stesso tempo, però, nelle biografie di singoli “creativi di successo” l’incontro con singoli maestri risultano momenti decisivi.
Qualsiasi sia la definizione di creatività, qualsiasi analisi si cerchi di approfondire, si arriva sempre a questa distinzione: l’insieme delle regole e delle richieste della scuola sono poco funzionali allo sviluppo della creatività.
Le singole personalità degli insegnanti possono invece fare la differenza.
Questo perché il lavoro di un creativo si basa su problemi poco formulati, i cui dati e il cui processo di soluzione appaiono poco chiari. Le questioni difficili da definire o per le quali la procedura risolutiva non è evidente sono l’ambito specifico della creatività.
In termini prettamente didattici, è difficile sostenere il pensiero creativo quando si chiede di applicare un algoritmo esecutivo o l’applicazione di una regola.
La stessa struttura della lezione composta da spiegazione- studio – interrogazione risulta essere un nonsenso in ambito creativo.
Molto più funzionale, invece, è una didattica per progetti, nella quale si propone agli alunni e alle alunne non un contenuto da memorizzare o applicare, ma una sfida cognitiva aperta e accattivante.
Si tratta, cioè, di creare situazioni nelle quali sia possibile sperimentare l’insight, il salto di qualità concettuale che porta a ristrutturare le informazioni disponibili (siano esse nuove o vecchie) all’interno di un paradigma, uno schema o una situazione nuova.
Non sfuggirà che più si scende nel dettaglio più emergono le caratteristiche fondamentali di una didattica per competenze.
Infatti, in una didattica per competenze:
- i bambini e le bambine non lavorano per un riconoscimento esterno, ma per la realizzazione di un artefatto;
- le situazioni competitive non sono “il motore” dell’azione. Il campito si sostiene attraverso la motivazione intrinseca;
- la valutazione avviene in forma narrativa con l’ausilio di diari di bordo, osservazioni sistematiche e autobiografie cognitive. Quindi, in sostanza, la valutazione è percepita non come giudizio esterno ma come feedback sul lavoro che tiene conto anche del proprio punto di vista;
- i bambini e le bambine hanno un discreto grado di libertà di azione per svolgere il compito o la sfida;
- le soluzioni sono aperte: un compito di competenza ben progettato dovrebbe prevedere un ampio ventaglio di soluzioni.
La strada per favorire un atteggiamento creativo a scuola c’è ed è ben delineata da un approccio didattico basato sullo sviluppo delle competenze.
Ovviamente questo è possibile solo con il modeling dei docenti: la creatività nella progettazione didattica, nelle richieste e nelle soluzioni che gli insegnanti propongono è un ingrediente fondamentale.