Garantire la piena espressione delle potenzialità di ciascuno e il successo formativo nei propri percorsi apprenditivi è l’obiettivo prioritario che la scuola deve perseguire mettendo in gioco professionalità di chi in essa opera, mobilitando risorse di vario tipo e ponendo attenzione alla progettazione di spazi, contesti e metodologie sempre più rispondenti ai reali bisogni di tutti e di ciascuno.
Già nelle Indicazioni Nazionali del 2012, tutto ciò veniva indicato in maniera molto ben definita: “La scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi per il successo scolastico di tutti gli studenti, con particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di svantaggio. Questo comporta saper accettare la sfida che la diversità pone, innanzitutto nella classe, dove le diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate, evitando che la differenza si trasformi in disuguaglianza.”
Promuovere in questa prospettiva la cultura della personalizzazione significa per gli insegnanti incentrare tutta la progettazione educativo-didattica sulla persona alunno, riconoscendo le diverse potenzialità di ciascuno, offrendo una molteplicità di approcci alla conoscenza, riducendo gli elementi di debolezza e sviluppando le potenzialità latenti di ogni singolo studente, spesso non scoperte ne valorizzate appieno dalle attività scolastiche consuete. Uno strumento prezioso e potente che i docenti possono far proprio ed utilizzare, diretta conseguenza della implementazione della Teoria delle Intelligenze Multiple a scuola, è il bridging.
Il bridging: attività ponte tra potenzialità e punti di debolezza per il successo negli apprendimenti
Con il termine bridging, letteralmente “gettare ponti”, si fa riferimento al processo che permette di utilizzare i punti di forza degli studenti per connetterli cognitivamente alle aree più problematiche. Invece di concentrarsi sulle debolezze per cercare di recuperarle, le attività di bridging propongono di partire dalle potenzialità a disposizione dell’alunno per stimolare e potenziare le sue aree deficitarie. Questo strumento metodologico cosi sperimentato, permette di operare all’interno delle classi personalizzando ogni proposta didattica e consentendo a tutti di vivere l’esperienza del successo, spesso nuova per alcuni di loro.
Le attività di bridging garantiscono inoltre di arrivare alla totalità dei bambini e delle bambine, promuovendo una didattica universale: operando globalmente all’interno del gruppo classe, sollecitano e potenziano non solamente il singolo studente ma l’intero gruppo, coinvolgendo contemporaneamente canali apprenditivi diversi. Il punto centrale della personalizzazione, diventa quindi il dare la possibilità a ciascuno di trovare ed utilizzare il canale in cui si riconosce per poter apprendere in modo autentico.
Il bridging in classe
Il bridging può avvenire in vari modi all’interno del gruppo classe e può operare a diversi livelli di complessità:
- lo studente scopre un punto di forza, prova piacere esplorandolo e si sente bene con se stesso; l’esperienza del successo dà all’alunno (anche al più demotivato) la fiducia necessaria per avventurarsi in aree meno consolidate o al di fuori della sua comfort zone;
- il contenuto, i linguaggi e le attività relative al settore di forza sono “utilizzati” in altre aree, in particolare quelle centrali per il successo scolastico: ad esempio un bambino con interessi, conoscenze e abilità nella cura degli animali può essere invitato e sollecitato a scrivere (area di suo scarso interesse e abilità) un breve opuscolo sull’argomento per i compagni di classe.
Per lavorare in questa ottica è indispensabile avere ben chiara la costituzione del gruppo-classe in termini di punti di forza e di debolezza dei singoli studenti, in modo da poter iniziare una attività significativa catturando l’attenzione e l’interesse di quelli più difficili da gestire e coinvolgere. Le attività di bridging possono essere proposte e articolate in modo semplice all’inizio (sollecitando magari solo un canale apprenditivo) e poi via via gradualmente in modo sempre più complesso.
Bridging e matematica: il racconto di un’esperienza
L’attività, relativamente semplice, (proposta e sperimentata ad inizio classe terza, ma può andar bene anche al termine della classe seconda) consente di approfondire il concetto matematico di moltiplicazione, la sua rappresentazione concreta (schieramenti) e la conoscenza della Tavola Pitagorica, attraverso una singola proposta corporeo-cinestetica e di manipolazione, basata sui punti di forza rilevati in molti bambini del gruppo-classe. È una attività semplice e di facile controllo in quanto si esaurisce nell’arco temporale di una consueta lezione (max due ore), anche se è replicabile nei giorni successivi; tutti gli alunni, in gruppi, svolgono contemporaneamente la stessa attività.
Svolgimento:
il gioco si svolge in palestra (o in uno spazio libero da arredi): si costruisce un percorso con i vari attrezzi disponibili, si formano le squadre (si consiglia non più di 4 componenti a squadra), si consegna ad ogni gruppo tappi di bottiglia, penna e alcuni post-it. L’insegnante pronuncia una moltiplicazione compresa nella tavola pitagorica, subito ogni squadra ricostruisce con i tappi lo schieramento corrispondente alla moltiplicazione menzionata.
Una volta realizzato lo schieramento, i bambini verificano il risultato e lo scrivono sul post-it da consegnare all’insegnante. Le squadre che avranno scritto il risultato corretto e costruito lo schieramento corrispondente avranno diritto a un punto come buono premio e a far compiere a tutti i suoi componenti il percorso. Ogni squadra avrà quindi un punteggio totale di un punto, più un punto per ogni canestro effettuato dai singoli componenti durante il percorso motorio.
Successivamente avranno diritto a compiere il percorso anche le altre squadre che non avranno scritto il risultato o costruito lo schieramento correttamente e quindi avranno come punteggio solo quello relativo ai canestri effettuati. Il gioco può continuare fino a raggiungere un numero di punti stabilito inizialmente, cambiando di volta in volta moltiplicazione. Il ruolo dell’insegnante può essere svolto anche da uno o più alunni a rotazione.
Nell’esperienza sperimentata, alla fine del percorso motorio era stato previsto il lancio al canestro, proprio perché in quello specifico gruppo era presente un alunno, particolarmente “difficile” da coinvolgere e gestire, ma molto abile nel basket. Nel giro di poco tempo, dopo aver replicato spesso l’attività, lo stesso bambino ha visto cambiare nettamente il proprio ruolo all’interno del gruppo classe: da colui che nessuno voleva con se perché “impegnativo e difficile da gestire”, al campione di basket che tutti volevano nella propria squadra, riconoscendogli finalmente non solo i punti di debolezza che già emergevano prepotentemente, ma abilità e punti di forza fino a quel momento sconosciuti a tutti.
Questo ha contribuito a potenziare il suo senso di autoefficacia e parallelamente a modificare anche i suoi comportamenti disturbanti non più necessari per rendersi “visibile” agli occhi dei compagni. Tutti si sono mostrati piacevolmente coinvolti fin da subito, tanto da richiedere più volte di replicare il gioco nei giorni e settimane successive. Le evidenze raccolte durante i diversi momenti di monitoraggio in itinere, hanno documentato un netto miglioramento non solo nella conoscenza delle tabelline (sulle quali si allenavano costantemente a casa), ma anche nell’utilizzazione dell’operazione di moltiplicazione in contesti nuovi e più complessi.
Per approfondire
- Gardner H., (1987), Formae mentis: saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano
- Gardner H. et al. (2001), Cominciare a costruire dalle potenzialità dei bambini: l’esperienza del Project Spectrum, Ed. Jiunior, Azzano San Paolo (BG)
- Gentili, G., (2011), Intelligenze multiple in classe, Erickson, Trento
- Gentili, G., (2015), Il laboratorio di italiano 1, Erickson, Trento