Il 27 gennaio si celebra la Giornata internazionale della Memoria che, come è noto, è la data nella quale si ricorda la liberazione dei detenuti del campo di concentramento di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa. Un evento, quindi, strettamente legato all’orrore della Shoah.
Non va dimenticato, però, che la Shoah è stato il frutto delle teorie razziste che sono state sposate da ampi settori della scienza della prima metà del Novecento. A che punto è, oggi, la scienza? Che cosa ci dice a proposito delle razze e del razzismo?
Le buone notizie arrivano dall’America. Dall’altra parte dell’Oceano, da quasi un secolo gli psicologi stanno analizzando le credenze e i sentimenti reciproci della popolazione bianca e della popolazione di colore. Ebbene, gli studi dimostrano un marcato e costante calo degli stereotipi e degli atteggiamenti negativi.
Le novità più importanti, però, arrivano dalle neuroscienze, ovvero dalla scienza che osserva da vicino il comportamento del cervello. Uno studio condotto da alcuni studiosi e studiose della Harvard University e della New York University, pubblicato su Nature Neurosciences del 2012, fornisce alcune chiavi di lettura che possono essere la base per una discussione o un’attività in classe.
Di fronte alla foto di una persona di un’etnia diversa, il nostro cervello si attiva in due tempi diversi:
- la prima reazione produce una sorta di “allerta”, una reazione sostanzialmente negativa e di preoccupazione. Subito dopo, però, interviene la parte più razionale del cervello che mitiga il rifiuto;
- tuttavia, se vengono mostrate immagini di persone famose, pur appartenenti a un’etnia diversa, la prima reazione di paura e rifiuto non si verifica.
Ovviamente, la stessa dinamica si presenta nel caso in cui la foto mostri una persona non famosa, ma comunque conosciuta dalla persona che si sottopone all’esperimento. Anche questa è una buona notizia. Qualsiasi sia la reazione della parte più arcaica del nostro cervello, le neuroscienze ci dicono che la conoscenza reciproca è la chiave per realizzare una società a misura di tutti.
E allora, ecco ribadita una delle principali funzioni della scuola, oggi: essere luogo di incontro e di conoscenza delle mille diversità. L’inclusione sostanziale inizia con la conoscenza.