News Secondaria di secondo grado Storia

Che Storia! | La polveriera d’Europa: una lettura geostorica dei Balcani

di  Daniele Dapiaggi

Scarica l'articolo in PDF

TRA GEOGRAFIA E STORIA

La geostoria, approccio storiografico fondato da Fernand Braudel a inizio Novecento, fornisce una chiave di lettura interessante dei fenomeni complessi, in quanto costringe lo storico a domandarsi quali siano le dinamiche profonde che reggono gli eventi, lo studio dei quali non è sufficiente a dare ragione dei movimenti lenti della Storia. Tali movimenti possono essere colti se le due componenti delle azioni umane, cioè spazio e tempo, vengono posti sullo stesso livello, perché le scelte delle comunità umane sono sempre influenzate dall’ambiente in cui esse vivono. Da qui la necessaria interazione tra Storia e Geografia.

Questa breve riflessione ha l’obiettivo di indagare il profondo legame tra l’instabilità politica dell’area balcanica e la sua geografia fisica.

Ponte tra Europa orientale e Anatolia, tra Mar Nero e Mediterraneo, i Balcani hanno una morfologia complessa, caratterizzata dalla catena dei Monti omonimi, dai Carpazi e dal Danubio. L’unità geostorica che vogliamo trattare in questa sede si estende più a nord, fino a comprendere tutta la catena dei Carpazi e le Alpi orientali: si costituisce così un’area che isola la regione dalle grandi pianure dei Bassopiani Germanico e Sarmatico. Le vicende storiche mostrano come il controllo politico e militare dei Balcani non sia affatto semplice: la frammentazione culturale dei popoli che vi abitano, dovuta da una parte alle discontinuità del territorio fisico, dall’altra alle continue migrazioni, non ha mai dato origine a entità statali forti e durature capaci di governare l’intera regione; la conseguenza è che soggetti esterni abbiano visto nei Balcani una preda da conquistare o il luogo dove sfidare gli stati avversari in scenari di guerra indiretta.

 

CONFINI E VARCHI

Come dimostrano i piani di conquista completa della regione, principalmente romani, austriaci e turchi, per un controllo diretto e stabile non è sufficiente fissare i confini lungo i rilievi. Il Danubio apre tre grandi varchi spezzando la continuità delle montagne: il passaggio tra le Alpi e i Carpazi (dove sorge, non a caso, Vienna), la gola delle Porte di Ferro tra i Balcani e i Carpazi (lungo la quale Traiano fece realizzare opere viarie utili alla penetrazione in Dacia) e la sua foce che, chiusa a ovest dai Carpazi e a est dal mar Nero definisce il corridoio di Focșani. Questi punti devono essere controllati se si vuole godere del controllo sull’area, che peraltro comprende due tra le pianure più fertili d’Europa, la Pannonia (odierna Ungheria) e la Valacchia (oggi divisa tra Romania e Ungheria).

 

L’ESPANSIONE OTTOMANA

Che la conoscenza del territorio sia la chiave per pianificare una conquista lo si vede nei piani di espansione dei turchi in epoca medievale, quando il tentativo di sottomettere la parte meridionale della penisola Balcanica seguiva due direttrici ben precise: verso le Porte di Ferro a nord-ovest e verso la foce del Danubio a nord-est. Nonostante i numerosi interventi militari delle monarchie europee a supporto di polacchi e ungheresi, che avevano ambizioni regionali, a metà Quattrocento i turchi detenevano saldamente il controllo di quei due punti strategici e quindi buona parte dei Balcani meridionali cadeva nella loro sfera di influenza.

Interessante è notare come la fase di espansione successiva dovesse inevitabilmente prevedere di puntare al corridoio Alpi-Carpazi, quindi Vienna. I due assedi falliti del 1529 e del 1638 impedirono di saldare i confini turchi alla geografia e resero indifendibili tutti i territori a nord delle Porte di Ferro, costringendo i sultani a un’espansione mutilata.

Espansione ottomana tra il XIV e il XVI secolo

 

LA QUESTIONE D’ORIENTE E LA SCINTILLA DELLA GRANDE GUERRA

Nel gioco balcanico il successivo intervento dell’impero russo e il suo appoggio ai serbi non è casuale. L’obiettivo di rendere accessibile il Mediterraneo alla flotta russa del mar Nero era difficilemte raggiungibile tramite uno scontro aperto con gli Ottomani, lo dimostra la sconfitta nella guerra di Crimea (1853-1856). Il tentativo russo di inserirsi nella regione seguì due vettori, entrambi dettati dalla geografia: soffiando sulle braci dei nazionalismi slavi, i russi da una parte puntarono ad accedere alla foce del Danubio (acquisizione della Bessarabia meridionale nel 1878, al termine della guerra russo-turca), dall’altra diedero il loro appoggio alla Serbia, divenuta indipendente nello stesso anno. Cuore geografico dei Balcani, il Principato poi Regno di Serbia, deteneva il controllo delle Porte di Ferro, come visto, punto strategico.

Sulla scia di queste dinamiche si può leggere anche l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo. Il tentativo austriaco di mantenere una certa influenza in area balcanica attraverso l’occupazione militare della Bosnia fallì miseramente; la regione si stava disgregando sotto i colpi dei nazionalismi (dalla guerra russo-turca alle guerre balcaniche) e delle molte ingerenze straniere. 

Impero Ottomano 1877-1913

Si evince, da quanto detto, che la stabilità della penisola balcanica ancora a inizio Novecento dipendesse molto alla sua morfologia, infatti agganciare i propri confini ai rilievi e ai varchi definiti dal Danubio era l’unico modo per garantirsi il controllo dell’area. Oggi lo sviluppo delle tecnologie militari ha mitigato il legame tra controllo politico e geografia fisica,  ma non lo ha del tutto eliminato. Le barriere geografiche rappresentano ancora dei confini tra culture, popoli e aspirazioni politiche. Per questo, ancora oggi, molte aree balcaniche rimangono altamente instabili.

 

PER APPROFONDIRE

Ti proponiamo alcuni materiali da La Storia in 100 lezioni di Antonio Brancati e Trebi Pagliarani 

  • L’espansione ottomana fra XV e XVI secolo.
  • La questione d’Oriente .
  • Verso la prima guerra mondiale.