Il mais (Zea Mais L.) è un cereale cosmopolita coltivato in ogni parte del globo e ampiamente utilizzato nell’alimentazione umana, in zootecnia, nell’industria e nel campo delle energie rinnovabili.
Il mais, con un valore medio di amido di oltre il 70%, rappresenta il principale ingrediente glucidico nelle diete per l’alimentazione animale coprendo il 47% del fabbisogno totale (Baccino, 2022); rappresenta inoltre la fonte di sostentamento primaria delle popolazioni delle aree del mondo sottosviluppate, in particolar modo in Africa, Asia e America latina.
La granella di mais, nelle diverse forme utilizzate (granella integrale, farina di granella, granella schiacciata, fioccata), rappresenta il principale concentrato energetico nelle razioni animali. L’insilato di mais rappresenta, a livello globale, la base alimentare delle diete per ruminanti da latte e da ingrasso. A questo si affianca l’utilizzo dei residui industriali della lavorazione del mais e quelli derivanti dall’estrazione dell’amido e dell’olio (farina glutinata e glutine di mais, farina di estrazione), della produzione della farina (germe, crusca) e della produzione di biocarburanti (distiller di mais).
L’uso di questo cereale però presenta delle importanti criticità da non sottovalutare. Nel 2022 i prezzi medi di mercato del mais hanno subito un’impennata (+ 24,35% rispetto al 2021) dovuta al conflitto in Ucraina (principale Paese esportatore di mais a uso zootecnico) che hanno reso, di fatto, insostenibile il suo utilizzo (Baccino, 2022). Lo stesso Autore indica che negli ultimi 10 anni, la dipendenza dall’importazione di mais sia passata dal 15 al 50%. Questo dato viene confermato dal trend pubblicato da ISTAT (2023) relativo alla produzione del mais nazionale che è praticamente dimezzata negli ultimi 10 anni sia in termini di superficie (da circa 1 milione di ettari del 2010 agli attuali 563.704 ettari del 2022), sia in termini di produzione (85 milioni di quintali del 2010 agli attuali 46 milioni della campagna 2022).
Queste criticità si sommano all’aumento dei costi energetici (carburanti, elettricità), alla scarsa piovosità nelle aree maggiormente vocate alla produzione, alla riduzione delle risorse idriche e, non da ultimo, al taglio considerevole (-40%) dei pagamenti diretti della nuova P.A.C. (2023-2027) a sostegno degli agricoltori (Soldi, 2023).
Il mais è un cereale che, a fronte di ottime caratteristiche chimico nutrizionali, presenta delle criticità dal punto di vista ambientale. Le coltivazioni di mais presentano un’elevata richiesta di nutrienti che causa un forte impoverimento del terreno. Dalle fasi vegetative giovanili in poi presenta una bassa competitività con le infestanti ed è una coltura altamente suscettibile a numerose patologie e a diversi parassiti. Questi numerosi aspetti comportano un’alta dipendenza della pianta del mais dai fertilizzanti, dagli erbicidi, dai pesticidi e dai fungicidi. Tutto ciò causa, a livello globale, la lisciviazione dei nitrati, la contaminazione delle acque sotterranee, la riduzione della fertilità dei suoli e, non da ultimo, la perdita della biodiversità (EU commission, 2000).
Alla luce di tutte queste considerazioni, è ancora conveniente l’utilizzo di questo cereale? La migliore strategia per continuare a coltivare mais in modo sostenibile è quella di mettere in campo modelli produttivi per affrontare le molteplici criticità, come l’utilizzo di ibridi resistenti allo stress idrico, coltivare secondo i principi della precision farming e, non da ultimo per importanza, ottenere un prodotto di qualità che riesca a contenere i livelli di contaminanti (micotossine) garantendo ai consumatori un prodotto sicuro.
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