Le ferite di una giovane nazione
La memoria dell’Olocausto si sviluppa ovviamente nello stato d’Israele prima che altrove, dal dopoguerra. Le ferite aperte nel corpo della giovane nazione sono profonde e sanguinanti. Alla fine degli anni Cinquanta, il governo israeliano stabilizza Yom HaShoah, la giornata del ricordo, il 27° giorno di Nissan, data mobile fra aprile e maggio. Si tratta, però, di una dinamica memoriale ancora tutta interna alle comunità ebraiche, come del resto conferma la scelta della giornata secondo il calendario tradizionale.
La memoria dell’Olocausto negli altri paesi
Bisogna attendere l’ultimo decennio del XX secolo perché molti paesi si dotino di una memoria “fissa” della Shoah. In generale, nei primi lustri post-bellici prevale piuttosto la rimozione del tema: basti pensare al lungo tempo impiegato da Se questo è un uomo di Primo Levi per diventare un successo editoriale.
Gli Stati Uniti di Jimmy Carter dal 1978 per primi hanno iniziato un percorso che avrebbe condotto nel 1993 all’inaugurazione di un imponente museo/memoriale nazionale dell’Olocausto. L’attenzione riservata ai diritti umani sotto l’amministrazione Carter (1977-1980), nonché la conclusione degli accordi di pace di Camp David fra Israele ed Egitto (1978), sono stati supportati da un forte recupero culturale dell’esperienza drammatica dello sterminio degli ebrei in Europa. Lo testimonia, fra l’altro, la miniserie televisiva Holocaust, programmata proprio nel ‘78 dalla rete NBC e poi tradotta e replicata da altre emittenti a livello mondiale.
Altri paesi hanno poi sviluppato politiche analoghe: la Francia ha fissato la data del ricordo nel 1993, utilizzando una memoria “interna” (il 16 luglio, anniversario del rastrellamento del Velodromo d’Inverno nel 1942); la Germania nel 1996 ha scelto invece la liberazione di Auschwitz (27 gennaio), e così hanno fatto la Gran Bretagna e l’Italia nel 2000.
La decisione italiana e delle Nazioni Unite sul 27 gennaio
L’Italia ha scelto il 27 gennaio dopo una discussione nel corso della quale è stata scartato il giorno del rastrellamento del ghetto di Roma (16 ottobre 1943). In un primo momento, si è cercato di “nazionalizzare” il ricordo dell’Olocausto, collegandolo ad un evento accaduto nel proprio territorio; dagli inizi del XXI secolo si è invece imposta una data comune, il 27 gennaio, suggellata dalle Nazioni Unite nel 2005.
Il patriottismo dell’Umanità
L’aspetto più significativo è rappresentato proprio dall’assunzione del 27 gennaio a data simbolo per l’intera Europa. Diversamente da quasi tutti i paesi del mondo, l’Unione si ritrova accomunata non dal ricordo di una vittoria, ma dalla ripulsa dell’antisemitismo, dal quale tutti i popoli del vecchio continente sono stati contagiati, in una fase o nell’altra della loro storia. Si celebra una sconfitta comune, quindi, in nome di un “patriottismo dell’Umanità”. E’ una novità assoluta e importante nel panorama delle diverse “memorie collettive” che animano (e hanno animato) il pianeta – in genere nazionaliste e molto etnocentriche -, della quale dovremmo tutti essere orgogliosi.