Le ossessioni di Nixon
Accadde cinquant’anni fa: nel giugno del 1972, un gruppo di presunti “idraulici”, in realtà spie assoldate dall’entourage del presidente Richard Nixon, allora in piena campagna elettorale contro il candidato democratico George McGovern, entrarono nel palazzo del Watergate, a Washington, al tempo sede del Democratic National Committee, per installarvi micro-trasmittenti. L’operazione, assai confusa, rispondeva all’ossessione del presidente per le informazioni riservate, visto che, a seguito della guerra del Vietnam, in molti casi la stampa era venuta a conoscenza di documenti secretati relativi alla conduzione delle operazioni. Oltre a ciò, il tentativo di carpire elementi utili a demolire l’avversario attraverso lo spionaggio rappresentava, per una parte della classe politica americana, un comportamento considerato illecito ma necessario.
Bob Woodward e Carl Bernstein
Sulle prime, i collegamenti fra l’effrazione e la Casa Bianca sembrarono piuttosto labili, ma la ricerca impostata da due reporter della Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein, rivelò via via dettagli sempre più sconcertanti. In realtà, i meccanismi di copertura costruiti dagli stessi “uomini del presidente” a propria garanzia, una volta scoperto il vero motivo dell’irruzione nel Watergate, finì per portare lo stesso Nixon – pur rieletto trionfalmente a novembre del ’72 – a presentare le proprie dimissioni per evitare l’impeachment – cioè la procedura di rimozione dalla carica per gravi reati, prevista dalla Costituzione – nell’agosto 1974.
Il giornalismo d’inchiesta al suo culmine
Il caso Watergate fu seguito, ad eccezione delle fasi finali, soprattutto da minoranze colte o da élite politicizzate: Nixon continuò ad esercitare i suoi poteri di presidente, godendo del sostegno dell’America profonda. L’abilità dei due giornalisti, ma anche del blocco d’interessi che stava dietro le grandi testate, consistette nel rendere le menzogne del presidente e del suo entourage una questione politicamente rilevante, tale da trasformarsi – attraverso la formalizzazione giuridica dell’inchiesta – in un’arma letale per l’amministrazione. Dal momento che di rado capita che le attività di reporter dotati di fiuto e determinazione inneschino processi clamorosi, il caso di Woodward e Bernstein, poi insigniti del famoso premio Pulitzer per il giornalismo, resta tuttora una grande testimonianza delle potenzialità di una libera stampa.
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