“Delfi è a metà strada tra il cielo e la terra. E’ situata ad una altitudine di circa 570 metri, ma poiché il villaggio ed il sito archeologico sono situati su un pendio molto ripido, si ha l’impressione di essere sospesi a mezz’aria.”
V. Alexakis, La linguamaterna, Crocetti, Milano 2001
Un santuario “pubblico e privato”
Così si presenta al viaggiatore moderno il santuario dedicato ad Apollo, che lì parlava agli uomini attraverso il più celebre oracolo dell’antichità; qui una sacerdotessa dalle virtù profetiche, la Pizia, vaticinava sia su faccende private che su questioni di Stato: non c’è quasi evento del mito o della storia greca in cui le profezie delfiche non abbiano svolto un ruolo primario, dalla tragica vicenda di Edipo agli eventi delle guerre persiane. E’ un vaticinio della Pizia che predice all’eroe che sarà causa di vicende funeste per la propria casata e, in questo modo, lo spinge lontano da Corinto e verso Tebe, dove effettivamente consumerà il suo scellerato ma incolpevole destino.
Così scrive con estrema precisione M. Scott:
“All’alba la Pizia si recava a fare il bagno nella sorgente Castalia, vicino al santuario. Una volta purificata, essa tornava al santuario, probabilmente accompagnata dal suo seguito, ed entrava nel tempio, dove bruciava ad Apollo un’offerta di foglie di alloro e farina di orzo. Più o meno contemporaneamente, i sacerdoti del tempio dovevano verificare che potessero avere luogo le consultazioni. La procedura consisteva nell’aspergere di acqua fredda una capra, forse nel focolare sacro all’interno del tempio. Se la capra rabbrividiva, voleva dire che Apollo era lieto di essere interpellato.” (M. Scott, Delfi, Bari, Laterza 2015).
La profezia “per enigmi” a favore di Atene
Secondo la tradizione riferita da Plutarco, sarebbe stato proprio un responso delfico all’origine della nota profezia secondo cui gli Ateniesi avrebbero trovato scampo dalla minaccia persiana difendendosi attraverso un muro di legno.
Gli oracoli, si sa, avevano il vezzo di parlare per enigmi e quello delfico non faceva di certo eccezione; ma se si aveva la fortuna e l’assennatezza di interpretarne correttamente il verbo, essi erano in grado di indirizzare le azioni umane nel segno della verità e della prosperità. E fu così che, nel caso testé menzionato, toccò all’ateniese Temistocle di ricoprire la parte dell’accorto esegeta del responso: il muro di legno altro non indicava se non le triremi, quelle navi che di lì a non molto avrebbero garantito agli Elléni combattenti a Salamina la vittoria sulla pur potentissima flotta persiana.
I legami di Sparta con Delfi
Anche Sparta, secondo la tradizione, aveva profondissimi legami con Delfi e con la sua divinità, Apollo. Proprio lui, attraverso i suoi mediatori, avrebbe comunicato al legislatore Licurgo il nucleo fondante della costituzione spartana, la nota rhetra. Ed Erodoto ci racconta che il re di Sparta aveva dei consiglieri speciali, detti pythioi, che erano responsabili dei rapporti tra la città e l’oracolo.
Le grandi aspettative dei pellegrini
Del resto non molto diversa doveva essere l’impressione suscitata sugli antichi pellegrini che giungevano al sacrario carichi di ansie e di domande. Essi salivano al grande tempio di Apollo, che dall’alto dominava l’intero scenario e la valle dirupata che lo ospita, attraverso la “via sacra”, una strada tortuosa che si inerpicava sul fianco della collina e ai lati della quale si ergevano gli splendidi monumenti votivi offerti al dio dai Greci e dai dinasti del Vicino Oriente e i cosiddetti “tesori”, sorta di piccoli templi costruiti dalle singole città – stato e destinati ad ospitare i doni e gli ex voto offerti ad Apollo dalle diverse comunità o da privati cittadini: è la stessa strada che percorriamo noi oggi e che percorse nel II secolo d.C. il periegeta ed antiquario Pausania.
Una descrizione poetica, ancora di Alexakis
“Il mio sguardo si perde nella vallata già ricoperta di ulivi, si sofferma sulle pendici del monte che sta di fronte e da cui scorre un fiume, lo segue verso destra, in basso, e infine arriva allo sconfinato bosco di ulivi, che si estende a perdita d’occhio. In fondo si scorge il profilo morbido di altre montagne. Il mare è nascosto dalla montagna di fronte. […] In mezzo agli ulivi spuntano alcuni cipressi. E’ facile distinguerli perché sono quasi neri. Sembra quasi che il paesaggio sia costellato di punti esclamativi. Contrariamente alla terra il cielo è a portata di mano. Sembra che sia sorretto dalle rocce. […] Il soffitto del tempio di Apollo era blu, rosso e oro.”