In nessuna epoca il mondo ha conosciuto una minaccia esistenziale così sconvolgente come quella di un perentorio cambiamento climatico, giunta purtroppo a sovrastare ormai il nostro pianeta, e, contestualmente, un impatto micidiale quanto pervasivo come quello provocato dal Coronavirus, un’epidemia senza precedenti rispetto ad ogni altra manifestatasi in passato, in quanto il virus attuale ha investito ogni parte del globo.
Come sappiamo, il Vecchio Continente è stato colpito molto duramente dal Covid-19 e ancor oggi, nonostante sia in corso la somministrazione su larga scala di un apposito vaccino, messo a punto nei laboratori scientifici, non è dato prevedere quando potremo considerarci affrancati del tutto da una grave emergenza sanitaria che ha falcidiato un gran numero di vittime.
Un passo importante è intanto avvenuto con l’adozione, da parte dell’Unione europea, del “Next Generation”, un piano di vasta portata che ha per obiettivo la costruzione di un’Europa più avanzata tecnologicamente e insieme più verde; mediante la propagazione delle tecnologie digitali su ogni versante economico e sociale, e il taglio, entro il 2030, del 55 per cento delle emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990.
In virtù di questo duplice “salto di qualità”, la Comunità europea non dovrebbe incorrere nel pericolo, che sino a qualche tempo fa veniva dato per inevitabile, di finire relegata in una posizione secondaria nel nuovo quadro geopolitico ed economico mondiale: tanto marcata appariva, in complesso, la sua inferiorità strutturale, a causa di varie ipoteche e criticità, rispetto alla poderosa stazza di due colossi come la Cina e gli Stati Uniti, impegnati in una competizione sempre più serrata per la conquista tanto dell’egemonia economica e cibernetica che della supremazia politica nelle relazioni internazionali.
Oggi invece, grazie al Recovery Fund, varato nel dicembre 2020, l’Europa non risulta più fuori gioco, condannata perciò all’emarginazione, se non a subire un declino inesorabile. Anzi, le sue quotazioni sono risalite, in quanto, da un lato, può avvalersi di un cospicuo pacchetto di risorse finanziarie non solo per rilanciare la propria economia e accrescere le sue potenzialità, ma anche per migliorare concretamente le condizioni di vita dei propri cittadini. D’altra parte, in un’epoca in cui è tornato a imporsi il ruolo dello Stato (in seguito alla notevole mole di provvedimenti d’emergenza attuati dai governi e, quindi, di una crescita esponenziale del debito pubblico), si ritiene che la classe politica dei Paesi europei sia particolarmente attrezzata, in base ad attitudini ed esperienze maturate in passato, per elaborare determinate riforme che valgano a coniugare le innovazioni immateriali e la valorizzazione del capitale umano ai fini della formazione di un sistema sociale più equo e inclusivo. Qualora si affermasse questa prospettiva politica, potrebbe anche ricostituirsi una stretta connessione, con nuove visuali e linee direttrici, tra le due sponde dell’Atlantico. A questo riguardo la decisione del neo-presidente americano Joe Biden di riportare gli Usa agli accordi di Parigi sul clima sembra costituire un preludio significativo.
Per approfondire
Proponi un dibattito con i tuoi studenti sul tema del recovery fund. Ecco alcuni link da sottoporre loro per entrare nel merito e commentare non tanto gli importi quanto le voci che sono comprese nel quadro europeo e nella proposta attualmente in discussione nel nostro Paese:
- https://www.ilsole24ore.com/art/tutto-quello-che-c-e-sapere-recovery-fund-10-domande-e-risposte-ADE6jzp
- https://ec.europa.eu/info/strategy/recovery-plan-europe_it
- https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2021/01/11/la-bozza-del-recovery-plan-tabella-per-tabella-_14b33f47-de39-43bc-ae5b-b03a645260ec.html