Il mese della solidarietà e della gentilezza
Novembre è il mese in cui si celebra la giornata mondiale della solidarietà umana e anche quella della gentilezza: due giornate simili per il significato di fondo, cioè quello di aver cura, degli altri e del mondo. Sicuramente un buon punto di partenza per apprendere una competenza così elevata e profonda è quello di saper scegliere le giuste parole, quelle che curano, che danno senso, che nutrono.
La cura delle parole
Come dice Cristina Bellemo nel suo meraviglioso libro “La cura delle parole”, aver cura delle parole nelle relazioni è un gesto di umanità, di responsabilità e partecipazione.
Per iniziare con i bambini una sensibilizzazione alle parole, si può costruire collettivamente un magazzino di parole, da una parte le parole che curano, dall’altra le parole che tagliano, chiedendo a loro attraverso un brainstorming di scovarne il più possibile.
Una volta completate le liste, far scegliere ai bambini e alle bambine 3 parole, e per ciascuna scrivere un pensiero: è importante chiedere a loro di andare a fondo, di raccontare ciò che quella parola ci ispira, ci racconta, ci vuol dire. Non è necessario scrivere tanto, ma scrivere di qualità, di sensazione, di pancia. Noi insegnanti dobbiamo prima di tutto fare da modello: scegliamo una parole e alla lavagna facciamo vedere cosa scriveremmo.
Ad esempio, prendiamo la parola SGUARDO, io maestra scriverei così:
Quando mi guardi negli occhi mi sento visto, sento che mi guardi davvero. I tuoi occhi sembrano entrare nella mia pelle, a caccia dei miei racconti, dei miei sorrisi, dei miei perché. Un amico è chi ti sa guardare, chi sa sentire con lo sguardo quando qualcosa non va. Mi piace incontrare lo sguardo di chi incrocio per strada, del gatto alla mattina, del signore alla fermata del tram, della mamma che mi saluta e mi dà un bacio. Nei tuoi occhi vedo te che mi guardi, nel tuo sguardo sento vita.
La condivisione
La parte più importante di questo lavoro è sicuramente la condivisione: permettere a bambini e bambine di leggere i propri pensieri, di dare voce a sentimenti e sensazioni aiuta a costruire un lessico condiviso, uno spazio dove seminare buone parole, buoni sguardi.
Per concludere sarebbe bello far scrivere i loro pensieri e unirli con un’illustrazione da loro preparata e attaccare il tutto in corridoio: insegnare la cura delle parole significa anche renderle frequenti, alla portata di tutti.
La cura delle parole può restituire parole che si prendono cura di noi, anche se la reciprocità non è così lineare e automatica. Io credo che la cura delle parole possa cambiare il nostro mondo, e dunque il mondo. (Cristina Bellemo)